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Lorenzo De Alexandris
From Perugia with love
03 ott 2016
03 ott 2016
I 10 giocatori più rappresentativi della folle presidenza Gaucci
(di)
Lorenzo De Alexandris
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Il 7 novembre del 1991 succedono tante cose. A Roma c'è un vertice dell'Alleanza Atlantica e durante la cena di gala George Bush senior tempesta Giovanni Spadolini di domande su Mussolini e la sua morte.

titola sulla possibile abolizione dell'Ordine dei giornalisti, mentre un infortunio in allenamento impedisce a Mike Tyson di affrontare Evander Holyfield per il titolo WBA, prolungando di altri sei anni la vita dell'orecchio del pugile di Atmore.

 

Nello stesso giorno si tengono due conferenze stampa diametralmente opposte.

In una sala del The Forum di Los Angeles, Magic Johnson dichiara di aver contratto l'HIV e si ritira dal basket professionistico. A Perugia invece, nella piccola sala stampa dello Stadio Renato Curi, si presenta un imprenditore romano in giacca e cravatta con qualche chilo di troppo e il doppio mento: si chiama Luciano Gaucci e sta ufficializzando l'acquisto del Perugia Calcio, dei “Grifoni”, dal gruppo Temperini.

 

Sta per iniziare per il Perugia un'epopea lunga e tortuosa. Da quel momento - e fino al 2004 e alla fuga di Gaucci a Santo Domingo - la squadra umbra vivrà sull'onda dell'entusiasmo un po' folle (Gheddafi jr) e ambizioso (Coppa Intertoto) del suo presidente. L'unico capace in qualche modo di riportare la memoria dei perugini agli anni '70, a Renato Curi e allo scudetto sfiorato da D'Attoma.

 

La parabola di Gaucci si è conclusa come era iniziata: partito dalla C1 con una squadra sull'orlo del fallimento, l'ha lasciata a suo figlio attaccata al Lodo Petrucci, a un passo dalla terza serie italiana.

 

Questi i migliori talenti - secondo una scelta ovviamente arbitraria - transitati a Perugia in quegli anni pazzi.

 

 


 

https://www.youtube.com/watch?v=JaNz--aEiCQ

 

Quando Andrea Mazzantini arriva a Perugia deve riscattare le stagioni passate a guardare dalla panchina dell'Inter Pagliuca. Non solo ci riesce, ma lo fa con grande stile: pantaloncino nero da ciclista, stretto quanto basta per generare un netto contrasto con la maglia larga. Ogni parata è interpretata con la plasticità necessaria a esaltarne i riflessi, e quando vola tra i pali i suoi capelli lunghi si agitano al vento.

 

 


 

https://youtu.be/-OWbuOYk4DY

 

L’acquisto di Vryzas

un’epica picaresca tipica della gestione Gaucci. “Successe tutto in un’amichevole a Salonicco: partì dalla panchina, boicottato dal suo allenatore, ma piacque da morire a Cosmi. Quando un tifoso, che parlava italiano, si mise a discutere dagli spalti  con Cosmi e svelò che era fuori solo per l’antipatia dell’allenatore e che era in realtà il beniamino dei tifosi, presero subito accordi”.

 

L'importanza di Vryzas in questa classifica è per lo più data dai numeri. Il greco vive tre stagioni intere in Serie A e segna abbastanza da diventare il giocatore con più reti nel massimo campionato della storia del Perugia. Le sue 25 reti non possono essere un dato di poco conto, seppure non abbia mai catturato l'attenzione del grande calcio. È stato un uomo d'area di rigore: i suoi gol sono per lo più semplici appoggi a porta vuota o corse solitarie verso il portiere o colpi in mischia su palla in attività. Nella sua praticità risiede però la sua importanza: la sua continuità ha permesso ad attaccanti più potenti, come Bazzani, o più talentuosi, come Miccoli, di integrarsi al meglio nel sistema di gioco di Cosmi.

 

L'Europeo che vince con la Grecia nel 2004, a un anno di distanza dalla sua cessione alla Fiorentina, è la rappresentazione della sua carriera: tutti ricordano le "testate" di Charisteas o il capitano Zagorakis, come ancora Dellas e Basinas. Tutto questo però non ci sarebbe mai stato senza il gol proprio di Vryzas contro la Russia: una apparentemente inutile rete della bandiera nel 1-2 finale per i russi, ma che alla fine è valsa alla Grecia il passaggio del turno.

 

 


 

https://www.youtube.com/watch?v=F57DjjmsCKA

 

Giunti arriva a Perugia nell’estate del 1991, percorrendo i 50 chilometri che separano Città di Castello dal capoluogo umbro. Gaucci ha già dato avvio alle pratiche che portano all'acquisizione del club ma di fatto non è ancora nelle sue mani. È quindi un brevissimo periodo di interregno.

 

Giunti però, che all’epoca aveva appena vent’anni, in breve tempo diventa l’anima del nuovo Perugia. Dalla Promozione passa in C1 senza perdere la sicurezza nel suo sinistro. Affronta tutte le sfide delle serie minori, di cui molte con la fascia da capitano, arrivando finalmente in Serie A nel 1996, quando ha da poco compiuto 25 anni. È una stagione importante per lui, visto che a distanza di un paio di mesi dall'esordio in campionato gli viene recapitata la convocazione di Arrigo Sacchi, l'unica della sua carriera.

 

 


 

https://www.youtube.com/watch?v=3ZAD-4asMC8

 

A Marco Negri, bomber dallo sguardo cupo, è già stato dedicato un

su L’Ultimo Uomo. Quando arriva in Umbria, acquistato dal Cosenza nel '95, deve sopperire all'addio di Giovanni Cornacchini, detto anche “Jo Condor”. Deve riempirne il vuoto lasciato nell'area di rigore in una stagione di B difficile, iniziata con Novellino, proseguita con Giannattasio, condotta infine da Galeone. Le grandi attese riposte su di lui si concretizzano nei 18 gol che permettono al Perugia di riconquistare la A dopo 15 anni (davanti a lui in classifica marcatori ci sono Hubner, Montella, Artistico e Luiso). Quando alla fine della stagione 1996-97 i “Grifoni” retrocedono, nonostante le sue 15 reti, Negri decide di cambiare vita e trasferirsi in Scozia.

 

 


 

https://youtu.be/jrXEAIRgHc8

 

Milan Rapaić era un indolente. A Perugia passa quattro stagioni alternandosi nel ruolo di ala sinistra o, più raramente, di attaccante centrale, senza mai raggiungere la doppia cifra di reti. Questo non ha ovviamente impedito alla Curva Nord di innamorarsi di lui, dei suoi capelli lunghi, dei suoi dribbling, del suo mancino fatato. Oltre che dei suoi tiri da fuori, da fermo o in movimento: il suo vero marchio di fabbrica, assieme a una furbizia da gattone che in qualche modo c’entra con la sua indolenza. L’episodio manifesto, in questo senso, si consuma in una partita casalinga contro il Napoli. Con gli “azzurri” in vantaggio il Perugia si spinge in avanti. Su un calcio d’angolo Rapaić schiaccia in porta il pallone con le mani ma nessuno se ne accorge del tutto. È più un impressione: tutti protestano, l'arbitro Nicchi si consulta con il guardalinee, ma nessuno ha visto bene. Resta una soluzione: chiedere al diretto interessato. Rapaić si tocca il volto e indica il mento, fa spallucce e continua a giocare.

 

 


 

https://youtu.be/KxJLl3dlF74?t=25s

 

Zé Maria è la costante, tra il 1998 e il 2004, della squadra multietnica messa in piedi da Gaucci. Una rosa che comprendeva la Corea di Ahn e la Cina di Ma Mingyu (mai sceso in campo), ma anche l'Iran di Rezaei e Semereh, l’Europa dei due greci, Vryzas e Dellas, il bosniaco Muslimovic, passando poi nel continente americano con cileni, argentini e un brasiliano, proprio il terzino destro, José Marcelo Ferreira.

 

Un melting pot tenuto in piedi da un uomo di Ponte San Giovanni, frazione di Perugia: Serse Cosmi. Le ottime prestazioni di Zé Maria in quelle quattro stagioni sono soprattutto figlie del suo rapporto con l’allenatore. Nella sua prima esperienza umbra, 1998-99, non aveva infatti trovato particolare feeling né con Castagner né con Boškov. In un anno e mezzo passa per tre squadre brasiliane per poi tornare a Perugia, diventando uno dei motivi del successo del modulo di Cosmi: la sua velocità, unita alla capacità tipica dei brasiliani di alternare la ricerca del fondo con il tiro in porta, viene sfruttata al meglio nel suo 3-5-2, pronto a modificarsi in fase di non possesso in una difesa a 5.

 

La sua avventura finisce con la triste retrocessione in Serie B dopo lo spareggio con la Fiorentina e il suo addio in direzione Milano, Inter. Le

di Gaucci da Santo Domingo un paio di anni dopo, riguardanti una presunta combine ordita da lui, Di Loreto, Fresi e Della Valle, hanno lasciato un sapore amaro sul ricordo di Zé Maria sulla fascia destra del Curi.

 

 


 



 

Oltre a molti calciatori stranieri, buoni alle volte solo per una lista di meteore, il Perugia di quegli anni è riuscito a lanciare anche tanti giovani italiani provenienti dalle serie minori e valorizzati spesso oltre ogni previsione. Mirko Pieri, ad esempio, arrivato dalla D con il Grosseto e rivenduto a 16 miliardi; o di Di Loreto, preso dalla Viterbese in C1, o anche Baiocco, prelevato dal Gubbio.

 

Fabio Liverani era partito dall'oratorio di Santa Maria Ausiliatrice al Tuscolano, è poi passato per la lenta gavetta delle serie minori - Nocerina e Viterbese - arrivando a Perugia nel 2000. Disputerà una stagione incredibile, iconica. Al centro del campo Liverani orchestra i tempi di tutte le azioni dell’undici di Cosmi. Sembra andare a una velocità insufficiente per il campionato italiano, con un passo cadenzato sempre in leggera differita rispetto agli altri. Il piede sinistro ha però delle intuizioni che gli permettono di risintonizzarsi e dimezzare i tempi di gioco.

 

Un anno dopo passa alla Lazio per 25 miliardi e Berrettoni. Una delle più grosse plusvalenze di quegli anni.

 

 


 

https://youtu.be/MHmmUrzw1Nk

 

Minuto 16 della finale di ritorno della Coppa Intertoto 2003. Lo stadio è la Volkswagen Arena di Wolfsburg; a sfidare la squadra tedesca c'è l'incredibile Perugia di Cosmi, vittorioso prima con i finlandesi dell'Allianssi, poi contro il Nantes. L'andata al Curi è finita 1-0 per il “Grifo” e l'impresa di accedere in Coppa Uefa pare possibile. Zé Maria batte una punizione dalla trequarti destra, mentre la mischia in area si accumula sulla parte opposta. Sono solo tre uomini in maglia biancorossa, più Bothroyd defilato. La palla cade perfetta e affilata all'altezza del dischetto; Giovanni Tedesco è partito da dietro, a fari spenti, sganciandosi dalla marcatura e prendendo tre metri di vantaggio sul difensore. I suoi 170 centimetri sono sufficienti ora, come lo sono stati magicamente in tutta la sua carriera, per girare quella palla con forza e precisione nell'angolino basso di destra. È il vantaggio che spiana la strada al Perugia.

 

Nonostante una carriera al di sotto delle sue possibilità, forse in parte condizionata da mezzi fisici che pochi consideravano all’altezza di un calcio sempre più atletico, difficilmente si è visto un centrocampista italiano interpretare il ruolo di

con quell’efficacia. La rapidità e l’istinto con cui attaccava l’area di rigore lo hanno portato a realizzare 24 gol con la maglia del “Grifone”.

 

 


 

https://youtu.be/9-VPX60oReg

 

Hidetoshi Nakata non è stato il primo giapponese a giocare in Italia, ma il primo a farci rendere conto che il Giappone fosse entrato nelle mappe del calcio internazionale. Nakata era un centrocampista rapido, aggressivo e bravo tecnicamente.

 

Nella sua partita d'esordio gli umbri perdono per

contro la Juventus campione d’Italia, Hide però segna una doppietta e nell'amichevole successiva a quel match, al campetto Liborio Mencucci contro i dilettanti del Castel del Piano, ci sono più di mille tifosi. I bambini lo cercano per gli autografi senza guardare neanche gli altri calciatori; lo stesso fanno reporter provenienti da Tokio. Sette giornali sportivi, tv nazionali come la Fuji e la Nhk ed anche un canale via cavo nipponico (WowWoW) che acquista la diretta di tutte le partite del Perugia. All’affare tecnico si aggiunge quello economico. Lo

il presidente della Provincia, Mariano Borgognoni, guardando agli introiti del turismo, come fa anche Alessandro Gaucci, figlio di Luciano, che si sfrega le mani registrando che in soli tre mesi di Hide, sono state vendute più di 25.000 maglie n.7 della Galex, azienda sportiva di famiglia.

 

È un colpo difficilmente ripetibile per momento storico e qualità oggettive del ragazzo: i 3 milioni di dollari spesi per acquistarlo diventano 30 miliardi guadagnati dalla sua cessione a Roma dopo solamente un anno e mezzo.

 

 


 

https://www.youtube.com/watch?v=31M6QHV9Sw8

 

Come altri, Materazzi arriva a Perugia dopo un lungo pellegrinaggio nelle serie minori: Messina, Tor di Quinto, Trapani, Marsala. Nel suo primo anno ai “Grifoni”, in Serie B, timbra una sola presenza; allora finisce in C1, con il Carpi, dove segna 7 gol in 18 partite, tra agosto e dicembre. Nel gennaio del ’97 ritorna al Curi, prende la fascia da capitano, segna qualche

e poi viene definitivamente ceduto all’Everton. In Inghilterra segna un’unica rete (su punizione, in

video il telecronista lo chiama “Mazerati”) ma rimedia quattro cartellini rossi.

 

Torna a Perugia l’anno successivo, che è un’anomalia: Materazzi segna 12 reti, superando Daniel Passarella come difensore con il record di reti stagionali in Serie A. Non segna solo di testa, ma anche da calcio di punizione e, soprattutto, di rigore (7 gol). Il suo piede sinistro, leggero nel tiro ma pesante nei tackles, raramente si è visto in un difensore a questi livelli.

 

 

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