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Fondamentali: Roma-Inter 2-2
20 lug 2020
20 lug 2020
Cosa ci ha detto la partita sulle squadre di Fonseca e Conte.
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L’interruzione del campionato ha creato una strana dimensione temporale. La Serie A 2019/20 va ormai avanti da 11 mesi e, nonostante si sia stati fermi da marzo a giugno, la sensazione è di aver vissuto più stagioni contemporaneamente.


 

La nostra percezione sull’Inter, per esempio, è cambiata così tante volte che ora si fa fatica ad avere un giudizio univoco sulla sua stagione. Inizialmente sembrava poter vincere anche senza giocare bene, poi invece c'è stato un periodo, tra ottobre e novembre, in cui si è trasformata in una macchina perfetta. Nel 2020, invece, il suo gioco si è man mano inaridito - la sua efficacia si progressivamente spenta e la sua classifica è diventata sempre più ambigua. Una settimana fa aveva quasi gli stessi punti di Spalletti lo scorso anno (sei in più, per la precisione), poi, grazie alla crisi della Lazio, è diventata seconda: come se fossimo entrati in un multiverso paradossale in cui più si va piano e più si scalano posizioni.


 

Non meno equivoco è stato il campionato della Roma, che sembra essere all'incirca alla posizione che attribuiamo al valore della sua rosa, ma che nel percorso è passata attraverso molteplici stati di euforia e depressione, trovando la sua forma più felice nel momento più sfortunato, quando - tra fine ottobre e dicembre - aveva mezza squadra in infermeria e Fonseca era stato costretto ad adattare Gianluca Mancini mediano con risultati sorprendenti.


 

Nel momento di massima difficoltà l’allenatore portoghese aveva trovato una soluzione tattica ai problemi di rosa e rendimento - la stessa cosa che ha fatto a inizio luglio, quando la Roma ha perso contro l’Udinese inanellando la seconda sconfitta di fila e mettendo in campo una delle peggiori prestazioni stagionali. In quella partita i giallorossi erano stati inoffensivi davanti e fragilissimi dietro. Fonseca ha quindi di nuovo rimodellato la sua squadra, scegliendo una difesa a tre che già si era vista qualche volta in stagione, ma che non aveva mai scalfito il 4-2-3-1 di riferimento.


 

In questo modo, le due squadre che si affrontavano ieri tendevano a somigliarsi molto più di quanto avevano fatto nella partita d’andata, quando a San Siro l’Inter arrivava da capolista e lo 0-0 finale era stato soprattutto il frutto delle prestazioni miracolose di Mirante, Mancini e Smalling. La partita era un buon esame per misurare la condizione di Inter e Roma, alla fine di un periodo molto discontinuo di risultati, ma aveva anche un certo peso di classifica. L’Inter aveva ancora qualche flebile speranza di Scudetto e comunque la posizione in cui arriverà alla fine - seconda, terza o quarta - non è indifferente ai fini del giudizio del lavoro di Conte rispetto alle scorse due stagioni (in cui i nerazzurri sono arrivati quarti); per la Roma c’era da difendere il quinto posto da un Milan praticamente inarrestabile dopo la sosta. Il 2-2 che ne è venuto fuori è stato spettacolare, rocambolesco e condizionato dagli episodi. Non ha fatto contento nessuno ma ha comunque messo in evidenza i limiti e i punti di forza delle due squadre in questo momento.


 

L’Inter palleggia bene ma crea poco


Il marchio più definito dell’Inter di Conte è senz’altro il palleggio dal basso per attirare la pressione e giocarle alle spalle. Non solo l’aspetto che, a cascata, ne definisce tutto il gioco, ma anche quello maggiormente compiuto della squadra di Conte; quello che anche nei momenti più opachi della stagione non l’ha mai abbandonata. Anche contro la Roma, soprattutto nel primo tempo, è stato l’aspetto che più ha funzionato e che aveva inclinato la partita dalla propria parte.


 

La Roma ha sbagliato un gol a porta vuota con Mancini sugli sviluppi di un calcio d’angolo, e poco dopo l’Inter ha trovato il vantaggio con un gol di de Vrij sempre su calcio d’angolo. Ma nel mezzo l’Inter aveva dimostrato con quanta facilità riusciva a manipolare il pressing della Roma. Barella poteva finire in posizione di terzo centrale a destra, con Skriniar largo e Candreva in posizione quasi da mezzala a giocare a muro di prima. È un meccanismo che Conte ha sviluppato soprattutto dopo il lockdown, che ieri cercato con insistenza anche dall’altro lato. Nelle immagini vediamo anche Gagliardini prendere il posto di Bastoni, poi cercato dal lancio di Handanovic in posizione esterna. L’insieme di queste rotazioni ha manipolato il pressing della Roma meglio di quanto era successo nella partita d’andata, quando a Fonseca era bastato escludere Brozovic dalla partita per arrugginire la costruzione nerazzurra.


 

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Brozovic ieri ha giocato in maniera più fluida, ruotando molto la sua posizione. A volte finiva sulla trequarti, dove si spingeva sempre in pressing, altre volte prendeva il posto di Young in posizione di esterno. È dai suoi piedi, e dalla connessione con Sanchez sul lato sinistro, che l’Inter riusciva a rendersi pericolosa sul lato più debole della Roma, quello difeso da Bruno Peres e Mancini, il più in difficoltà nella difesa all’indietro. Proprio da quel lato, sul triangolo Young-Brozovic-Sanchez, l’Inter ha costruito l’unica altra grande occasione dopo il gol, con il croato arrivato a concludere fuori equilibrio a pochi metri da Pau Lopez.


 

Dopo il gol l’Inter ha trovato sempre più confidenza e ha continuato a battere il pressing della Roma con una certa facilità, ma non per questo riusciva a rendersi pericolosa. Una volta superato il primo pressing l’Inter aveva, come al solito, tanto campo da risalire e, sacrificando diversi centrocampisti nel palleggio basso, finiva spesso senza riferimenti sulla trequarti. A meno che non ci finisse Brozovic. Un problema ormai cronico forse sin da quando Sensi è uscito dai titolari per infortunio, e che Conte ha provato in maniera incerta a risolvere con l’ingresso di Eriksen, senza però grande successo. L’Inter di Conte a volte arriva al paradosso di attirare la pressione e di giocargli alle spalle senza trarre alcun vantaggio significativo, come fosse un esercizio di stile.


 

Con Lautaro fuori dalla partita (19 tocchi, 70% di passaggi riusciti), Sanchez aveva sulle spalle tutto il peso creativo dell’Inter. Doveva venire spesso a cucire il gioco spalle alla porta sulle verticalizzazioni dalla difesa, ma poi doveva anche attaccare la profondità e trovare il modo di rifinire l’azione. Da quando è ripreso il campionato ha già servito 7 assist, compreso quello di ieri, meno solo di Messi in Europa. Nella partita di ieri, però, doveva fare semplicemente troppe cose. Alla fine l’Inter ha chiuso la partita con appena 0.8 Expected Goals, riassumibili nella rete e nell’occasione di Brozovic.


 

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Una delle più belle azioni dell’Inter. Sanchez fa bene da raccordo, i centrocampisti accompagnano l’azione e provano a verticalizzare per il cileno scappato alle spalle di Mancini. Nell’occasione una grande lettura di Ibanez ferma l’azione.


 

I miglioramenti della Roma con la difesa a tre


Se l’Inter ha creato poco, comunque, è stato anche grazie all’aggressività della Roma, che paradossalmente sembra riuscire a esprimere meglio i principi di Fonseca ora che ha abbandonato il suo modulo di riferimento. Almeno senza palla la Roma tiene un baricentro più alto con maggiore efficacia. Dopo aver sofferto l’uscita dal basso dell’Inter nel primo tempo - come ammesso da Spinazzola ai microfoni - la Roma si è sistemata, pressando meno ma concentrandosi di più a schermare le ricezioni centrali. Ha recuperato poche palle ma ha controllato gli spazi, coprendo il centro e tenendo i reparti corti e legati.


 

L’interpretazione della linea difensiva è uno dei miglioramenti più significativi della difesa a tre di Fonseca. I centrali possono rompere la linea in avanti con più sicurezza, e lo fanno sempre con grande qualità. Sia Ibanez che Mancini sono efficaci quando possono difendere aggressivi in avanti, più a loro agio a ridosso della metà campo avversaria che nella difesa posizionale. Mancini ha sofferto un po’ Sanchez, ma lo ha anche limitato quando riusciva ad accorciare in avanti: i 6 falli commessi - almeno 4 in più di qualsiasi altro giocatore in campo - sintetizzano bene il suo stile di gioco.


 

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Mancini sempre molto aggressivo su Sanchez.


 

Avere un difensore in più permette anche a uno dei due mediani di essere più liberi di salire, sia in conduzione che in pressing, come fatto ieri da Diawara e soprattutto da Veretout sul centrocampista dell’Inter che si metteva come vertice alto del rombo di costruzione.


 

Ma anche in termini di pulizia del possesso la Roma ha tratto benefici dal 3-4-2-1. Se contro il Verona aveva preferito lasciare palla agli avversari per attaccare poi in modo estremamente diretto (appena il 34% di possesso palla), ieri si è vista una circolazione più raffinata. La Roma riusciva a essere in superiorità numerica nell’uscita dal basso, e a liberare uno dei due centrali. Palleggiava preferibilmente a destra per aprire lo spazio per una giocata in diagonale verso Mkhitaryan e Spinazzola, oppure direttamente su Dzeko.



Una delle più belle azioni della Roma ieri.


 

Mkhitaryan oggi è un giocatore essenziale: da solo sembra aver risolto i problemi di creatività e di finalizzazione che affliggono la Roma da mesi. Se nelle prime partite si era distinto soprattutto per l’intelligenza delle sue letture e dei suoi smarcamenti, oggi sembra aver recuperato anche brillantezza fisica. Ieri in conduzione è stato devastante in diverse occasioni, compresa quella del gol, quando ha preso palla poco oltre il centrocampo, l’ha portata fino in area e ha usato Dzeko come un muretto per farsi alzare la palla da tirare in porta. A tratti è sembrato davvero di rivedere il trequartista iper-verticale di Dortmund. I suoi numeri cominciano a essere notevoli: 4 assist e 9 gol con poco più di mille minuti giocati.


 

C'è da dire che il nuovo modulo della Roma ha funzionato particolarmente bene contro squadre che giocano con un baricentro alto e che provano una riconquista offensiva, come Inter e Verona, mentre contro il Parma, che ha preferito aspettare basso e difendere il centro, ha trovato sbocco soprattutto nei tanti cross sugli esterni. Una situazione poco interessante per la poca qualità tecnica dei “quinti” della Roma e per le difficoltà ad attaccare l’area di rigore.


 

In ogni caso la squadra di Fonseca ieri ha sfoderato la miglior prestazione post-lockdown, forse la prima del 2020 davvero all’altezza del suo periodo migliore. Dopo i primi adattamenti, il modulo sembra dare più garanzie difensive alla squadra senza rinunciare del tutto ai princìpi di gioco del tecnico. Non è la prima volta, però, che la Roma non riesce a vincere partite giocate in modo brillante. Era già successo in occasione del derby di ritorno, per esempio. Una conferma dei limiti della rosa e della fragilità di una squadra vittima perenne degli infortuni e dei propri errori individuali, come quello incredibile di Spinazzola in occasione del rigore.


 

Dall’altra parte l’Inter continua a essere una squadra con pregi e limiti molto spiccati che Conte riesce a risolvere, in un equilibrio virtuoso, solo a tratti. L’arrivo di Eriksen, a cui non si riesce a trovare un senso in campo, ha dimostrato che le lacune della squadra non possono essere colmate soltanto dal calciomercato. Questo dovrebbe preoccupare l’allenatore ben più del calendario.


 

 

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