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Da dove nasce la crisi della Lazio
15 lug 2020
15 lug 2020
Le ragioni della crisi della squadra di Simone Inzaghi.
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Foto di Danilo Di Giovanni / Quality Sport Images
(foto) Foto di Danilo Di Giovanni / Quality Sport Images
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«Prima dello stop ho detto che ce la saremmo giocata fino alla fine. Ora guardiamo in faccia la realtà». Con queste parole pronunciate dopo la sconfitta contro il Sassuolo, la terza consecutiva per la Lazio, Simone Inzaghi è sembrato gettare la spugna nella lotta per lo scudetto con la Juventus, un obiettivo inseguito a lungo contro ogni pronostico e svanito con le sconfitte accumulate dalla ripresa del campionato dopo la sosta per la pandemia di Covid-19. «Il nostro scudetto è la Champions, in questo momento parlare di traguardi più ambiziosi è un azzardo», ha aggiunto Inzaghi.

Al momento della sospensione del campionato la Lazio era a un punto di distanza dalla Juve, poi però alla ripresa è stata sconfitta per 3-2 dall’Atalanta, subendo la rimonta dopo aver segnato due gol nei primi dieci minuti, e ha perso per tre volte di fila contro Milan, Lecce e Sassuolo. I punti di distanza dalla Juve sono diventati otto e l’obiettivo principale è ora la difesa del secondo posto dalla concorrenza di Inter e Atalanta, che ha recuperato dodici punti ai biancocelesti nelle ultime sette giornate.

Nelle dichiarazioni di questi ultimi giorni Inzaghi ha parlato soprattutto delle assenze per infortunio e dell’impossibilità di fare rotazioni per spiegare la crisi della sua squadra, a sottolineare un difetto noto già prima della sosta: la scarsa profondità della rosa. «Ho i soliti 9 o 10 che vanno in campo», si è lamentato Inzaghi dopo la sconfitta con il Sassuolo. Nei giorni precedenti aveva messo in luce anche le condizioni precarie di Leiva e Cataldi («Non avere i due play ci dà qualche problema», ha detto dopo la sconfitta a Lecce), mandati comunque entrambi in campo come sostituti contro il Sassuolo, e di quelle di Milinkovic-Savic («In situazioni normali non sarebbe stato convocato», aveva spiegato Inzaghi a Lecce), anche lui regolarmente tra i titolari contro il Sassuolo nonostante un fastidio al polpaccio. Oltre ai tre centrocampisti, che pur avendo problemi fisici hanno comunque giocato, a Inzaghi nelle ultime partite sono mancati per infortunio Lulic, Marusic, Luiz Felipe e Correa. Insomma, nel momento in cui avrebbe avuto più bisogno di gestire le energie Inzaghi si è ritrovato con una rosa ancora più ristretta del solito.

Va detto infatti che in stagione Inzaghi ha suddiviso in modo piuttosto rigido il gruppo di titolari e riserve, utilizzando i primi in campionato e lasciando a chi giocava meno le partite in Europa League, conclusa presto con l’eliminazione in un girone che sembrava alla portata (che includeva, oltre ai biancocelesti, anche Celtic, Rennes e Cluj). Già prima dell’accumularsi degli infortuni era quindi chiaro che la Lazio fosse una squadra con poche alternative, con un ampio scarto nel livello di titolari e riserve, specie in alcuni ruoli.

La mancanza di alternative, però, non è l'unica spiegazione che si è data la Lazio del suo crollo alla ripresa del campionato. Ciro Immobile, ad esempio, ha parlato di una sorta di blocco mentale: «Non riusciamo a fare le cose che tre mesi fa facevamo con facilità. Non riusciamo più a divertirci e divertire la gente». Un concetto simile, d'altra parte, è stato espresso anche da Inzaghi: «La squadra deve ricominciare a giocare come faceva prima, non siamo più spensierati e sereni».

Tensioni e insicurezze alimentate dalle sconfitte ravvicinate sembrano aver toccato soprattutto la produzione offensiva. Prima della sosta la Lazio creava 1,87 xG a partita (quinta miglior prestazione assoluta), nelle partite giocate dalla ripresa la media si è invece abbassata a 1,13 xG a partita, in percentuale il calo peggiore del campionato.

Le rotazioni limitate hanno tolto freschezza alla squadra e impedito di gestire al meglio le energie dei giocatori più importanti, ma è anche vero che il gioco della Lazio non prevede piani alternativi ed è fortemente condizionato dalla forma di alcuni giocatori. È soprattutto il talento di alcuni giocatori ad aver permesso alla Lazio di non perdere il controllo anche quando non aveva un chiaro dominio sul contesto, e a farle girare a suo vantaggio gli episodi decisivi in certi momenti della stagione, come negli scontri diretti contro la Juve e l’Inter o nell’incredibile striscia di vittorie ottenute nei minuti di recupero. Ora invece a risaltare è l’incapacità di cambiare spartito, di avere alternative nei momenti in cui i giocatori più importanti calano di forma.

Uno dei cali più vistosi è senza dubbio quello di Ciro Immobile, a segno in entrambe le partite vinte dopo la sosta, contro la Fiorentina (su rigore) e il Torino, ma molto meno efficace nel finalizzare le occasioni avute. Se nel resto del campionato era rimasto ben al di sopra degli xG prodotti, segnando 17 gol (esclusi i rigori) da 12,7 xG, dalla ripresa il rapporto si è invertito, con un solo gol segnato su azione pur creando 1,8 xG.

È noto però che a dominare la manovra nella metà campo avversaria, e quindi a contribuire in modo decisivo alla creazione di occasioni, sia il talento di Luis Alberto e Milinkovic-Savic. È facile quindi associare il calo nella produzione offensiva alle difficoltà che hanno incontrato i due giocatori più importanti per la pericolosità della Lazio. Milinkovic-Savic ha avuto dei problemi fisici ma ha giocato tutte le partite dalla ripresa del campionato, entrando dalla panchina solo contro il Lecce, quando ha sfiorato il gol del pareggio negli ultimi secondi con una giocata clamorosa di testa. Il suo unico contributo è rimasto quindi lo splendido gol da fuori area segnato all’Atalanta.

Luis Alberto, invece, è sempre stato titolare, tornando anche a giocare da trequartista nella sconfitta per 3-0 contro il Milan, quando mancavano per squalifica sia Immobile che Caicedo.

La passmap dalla partita contro il Milan, con Luis Alberto avanzato vicino a Correa.

Nelle ultime sei partite ha comunque dato un contributo significativo, con due gol e due assist. Il numero dieci spagnolo, però, fa più fatica a creare occasioni e in generale è più impreciso. Anche le statistiche confermano questa impressione. Prima della sosta Luis Alberto creava in media 3,1 occasioni per 90 minuti, dalla ripresa la sua media si è abbassata a 2,2 occasioni p90. Dopo la sosta è poi rimasto sopra l’80% di precisione nei passaggi solo contro la Fiorentina, ed è stato particolarmente impreciso contro Sassuolo, Atalanta e Milan, statisticamente le tre partite peggiori del suo campionato per percentuale di passaggi riusciti.

Luis Alberto è forse il giocatore che più riflette le oscillazioni nel rendimento della Lazio. È il migliore del campionato a verticalizzare, quello che fa guadagnare più metri con i suoi passaggi, e in una squadra come la Lazio, costruita per attaccare in verticale con pochi passaggi, ogni suo piccolo calo ha effetti profondi sulla produzione offensiva della sua squadra. Se Luis Alberto non riesce a verticalizzare, o è più impreciso del solito, questo porta automaticamente la Lazio a giocare in un contesto scomodo, magari perché soffre il pressing avversario e non riesce ad aprire spazi con la circolazione bassa, come è successo contro Sassuolo e Milan, oppure perché non riesce ad attaccare in transizione, o ancora perché si trova ad attaccare posizionalmente contro un avversario molto chiuso.

Luis Alberto ha segnato un gol al Sassuolo ma ha anche perso la palla nella sua trequarti originando il gol di Raspadori.

Se non riesce a imporre il suo piano, e i suoi giocatori più importanti non sono in forma, la Lazio perde riferimenti e non ha alternative di gioco. Gli esterni a disposizione di Inzaghi hanno caratteristiche variegate ma nessuno è abbastanza tecnico o creativo da accentrare i possessi se Luis Alberto e Milinkovic-Savic sono meno efficaci. A destra, Lazzari è un riferimento stabile per la manovra, ma si esalta in spazi ampi e perde pericolosità se riceve isolato. A sinistra, Inzaghi non ha trovato un’alternativa affidabile a Lulic, che con i suoi movimenti a entrare dentro il campo rendeva più imprevedibile il palleggio sul suo lato.

Alla Lazio sono mancate anche le iniziative di Correa, l’attaccante più abile a trovare la giocata risolutiva anche quando il sistema non funziona, e forse si è sentita ancora di più l’assenza di Lucas Leiva nella prima circolazione, e come equilibratore a palla persa. Un'importanza ancora più accentuata dall'avere due mezzali così coinvolte nelle fasi finali della manovra come Luis Alberto e Milinkovic-Savic, che porta per forza di cose la Lazio a prendersi qualche rischio in più, soprattutto in transizione, quando entrambi possono trovarsi in zone avanzate al momento della perdita del possesso, troppo lontani dalla palla per recuperare le loro posizioni.

Anche in un momento più felice della stagione lo schieramento biancoceleste poteva perdere facilmente equilibrio. Qui sia Luis Alberto che Milinkovic-Savic sono oltre la linea della palla su un cross sbagliato da sinistra, Leiva è distante da entrambi. Young innesca la ripartenza e poi va a concluderla, segnando il gol del vantaggio per l’Inter.

È Leiva che nella Lazio ha il compito di ricucire questi strappi nello schieramento, accorciando le distanze in transizione e coprendo le mezzali durante la difesa posizionale. Il blocco della Lazio invita infatti le squadre avversarie a uscire sulle fasce e sui passaggi laterali tocca alle mezzali uscire in pressione. Il mediano le accompagna scivolando lateralmente mentre alle sue spalle i difensori centrali escono in avanti, aiutandolo a proteggere lo spazio dietro le mezzali. La puntualità di questi movimenti è fondamentale per la stabilità difensiva. Con una circolazione veloce, che anticipa le scalate del blocco biancoceleste, la squadra avversaria può trovare ampi spazi di manovra, spostando la palla dalla fascia al centro o, al contrario, trovando un giocatore tra le linee e poi rifinendo lateralmente.

Dalla ripresa del campionato la Lazio è sembrata più fragile nella protezione del centro e dello spazio dietro le mezzali. Leiva stesso è sembrato in difficoltà nelle partite giocate contro Milan e Lecce, anche a causa del problema al ginocchio che forse lo porterà a operarsi di nuovo. La sua passività è stata decisiva ad esempio durante la circolazione che ha portato al gol di Calhanoglu nella sfida contro il Milan, in cui perde un contrasto con Bennacer e si fa saltare da Calhanoglu prima che calci, o nell’azione costruita dal Lecce per il gol di Babacar, in cui viene aggirato da Mancosu.

Nel primo caso Leiva viene saltato da Calhanoglu, nel secondo Mancosu gli passa di fianco.

Alle spalle del mediano, poi, anche i difensori centrali sono sembrati più fragili e incapaci di recuperare gli errori o le disattenzioni dei compagni più avanzati. Contro il Sassuolo, Acerbi e Radu escono entrambi su Bourabia dopo il suo contrasto su Luis Alberto, lasciando libero Caputo alle loro spalle. Nell’azione del gol di Babacar contro il Lecce, invece, Acerbi interviene in ritardo su Mancosu alle spalle di Leiva e poi viene superato da Falco, libero di crossare da destra per Babacar, smarcatosi dietro Patric. Contro il Milan nessun giocatore della Lazio riesce a contrastare una lunga circolazione che porta al gol di Calhanoglu e contro la Fiorentina Ribéry passa facilmente in mezzo a Patric e Parolo, prima di far girare Acerbi con una finta e di segnare con un tiro sul palo più vicino rientrando da sinistra.

Le ultime partite, insomma, hanno mostrato quanto fosse precario l’equilibrio che aveva permesso alla Lazio di diventare una candidata credibile per lo scudetto. È bastato che calassero di forma i suoi giocatori più importanti, e che mancassero le alternative migliori in rosa e le idee di gioco, che si sono rivelati gli scompensi del suo sistema. Qualcosa che forse ci si poteva aspettare in una fase in cui rimane fondamentale la capacità di gestire molte partite ravvicinate, anche se era difficile immaginare che avrebbe sofferto così tanto alla luce del suo cammino prima della pausa.

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