La sfida tra Juventus e Lazio di ieri è stata con ogni probabilità decisiva per lo Scudetto, anche se non nel senso che potevamo immaginare fino a qualche giornata fa. Non è stata cioè la partita che ha deciso il campionato tra le due candidate più forti alla vittoria finale, come tutti immaginavano prima della sosta per la pandemia di Covid-19, ma quella che ha fatto compiere alla Juventus il passo finale verso il nono Scudetto consecutivo, in assenza di reali contendenti. La vittoria sulla Lazio mette infatti i bianconeri in una posizione decisamente privilegiata, con otto punti di vantaggio sull’Inter a quattro giornate dalla fine. Lo Scudetto potrebbe arrivare già alla prossima giornata, se l’Inter non dovesse battere la Fiorentina e la Juve vincesse contro l’Udinese.
Se non è stata una sfida scudetto lo si deve soprattutto al momento critico della Lazio, dovuto innanzitutto alle numerose assenze per infortunio. Simone Inzaghi era così a corto di giocatori che ha fatto esordire da titolare Djavan Anderson come esterno sinistro. In quel ruolo mancavano per motivi diversi Lulic, Jony (entrambi infortunati) e anche Lukaku, mandato invece in tribuna per motivi disciplinari. Così Inzaghi ha dato un’opportunità al terzino olandese, con un passato in Serie B alla Salernitana e al Bari, che lo aveva acquistato dopo un provino sostenuto durante una vacanza in Puglia con la fidanzata.
Oltre ad Anderson, l’altra novità nella formazione titolare della Lazio era la disposizione dei tre difensori centrali. Acerbi è stato infatti spostato a sinistra e il suo posto al centro della difesa è stato preso da Luiz Felipe, con Bastos a completare il reparto come centrale destro.
Il cambio di posizione di Acerbi è stato forse motivato dall'influenza di Dybala e Douglas Costa da quel lato, che porta la Juventus a concentrare i suoi possessi sulla fascia destra. Partendo più largo, Acerbi poteva così seguire più facilmente i movimenti ad abbassarsi verso destra di Dybala, il principale riferimento creativo della Juve. Ma il suo allargamento a sinistra aveva un senso anche in fase di possesso. In assenza di Radu, alla Lazio mancava un centrale mancino che da sinistra potesse far uscire la palla dalla difesa cambiando gioco o lanciando sugli attaccanti. Ad avere queste responsabilità contro la Juve è stato proprio Acerbi, il cui ruolo durante la prima circolazione era reso ancora più essenziale dall’assenza di Luis Alberto. Senza avere vicino a lui il giocatore più importante per la risalita del campo, Acerbi doveva per forza di cose prendersi qualche responsabilità in più nel far avanzare la palla.
Una situazione tipica per la Lazio: Milinkovic-Savic avanza sulla linea degli attaccanti e viene cercato con un lancio da sinistra. Acerbi riesce a raggiungerlo anche se poco prima il serbo era stato buttato giù da Alex Sandro.
Per la Lazio è stato comunque difficile far arrivare il pallone negli ultimi metri, e non solo perché il pressing della Juve non ha avuto cali vistosi di intensità come in altre partite. Le difficoltà della squadra di Inzaghi sono emerse in modo chiaro nelle azioni decisive che hanno portato ai due gol della squadra di Sarri.
L’azione conclusa con il fallo di mano di Bastos sul tiro di Cristiano Ronaldo, punito con il calcio di rigore dopo il ricorso al VAR, ha inizio ad esempio con un recupero della palla di Rabiot nella metà campo juventina a una decina di metri dalla linea di centrocampo. Poco prima la Lazio aveva rinunciato a sfidare palla a terra il pressing bianconero, lanciando con Strakosha verso Milinkovic-Savic. Senza Luis Alberto, il principale collegamento tra la costruzione bassa e gli attaccanti, il lancio verso il centrocampista serbo era forse la soluzione più sicura per la Lazio per portare la palla negli ultimi metri, appoggiandosi all’incredibile abilità con cui Milinkovic-Savic riesce a ripulire e mettere a terra i palloni alti che arrivano dalle sue parti. E in effetti anche in questa occasione il centrocampista serbo è riuscito a mettere giù la palla, facendola scorrere col petto verso Caicedo, che però è stato subito circondato e ha perso la palla.
Milinkovic-Savic vince il duello e raggiunge Caicedo, che però non riesce a conservare la palla. Da quel recupero di Rabiot ha inizio la ripartenza della Juve conclusa con il fallo di mano di Bastos.
Recuperato il possesso, la Juve è arrivata nell’area avversaria con due passaggi, il primo da Alex Sandro a Dybala, che spostandosi a sinistra ha attirato Luiz Felipe, il secondo da Dybala a Rabiot alle spalle del centrale della Lazio. Quando Rabiot è arrivato in area sulla sinistra sul passaggio di Dybala, tutto è girato a favore della Juve. Acerbi ha respinto il primo cross tentato dal centrocampista francese, che però è tornato in possesso della palla e ha provato ad appoggiarla all’indietro verso Ramsey al limite dell’area. Cataldi ha intercettato il passaggio ma la palla è schizzata su Acerbi ed è arrivata a Dybala, che a sua volta ha provato a calciare con il sinistro finendo per mancare il pallone e colpendolo con la gamba destra. La palla è quindi rotolata all’indietro verso Cristiano Ronaldo, che ha calciato senza pensarci un attimo, con il tiro respinto dall'avambraccio di Bastos.
L’assenza di Luis Alberto e le difficoltà nel trasmettere la palla in avanti sono ancora più visibili in occasione del secondo gol di Ronaldo. La Lazio ha bypassato ancora il pressing della Juve con un lancio, stavolta proprio di Milinkovic-Savic, abbassatosi a ricevere il passaggio da Luiz Felipe. Il serbo ha cercato Lazzari alle spalle di Alex Sandro. Quest’ultimo ha intercettato il pallone ma non l'ha recuperato, alzandolo senza raggiungere nessun compagno. Caicedo è intervenuto passando la palla con la testa a Immobile e a quel punto la Lazio ha potuto attaccare a sinistra vicino all’area avversaria.
Milinkovic-Savic si abbassa e cerca Lazzari, la palla alzata da Alex Sandro viene recuperata da Caicedo.
Arrivati proprio nella zona in cui è solito muoversi Luis Alberto, a sinistra sulla trequarti offensiva, i biancocelesti non sono però riusciti ad avanzare velocemente, agevolando il rientro sul lato destro dello schieramento bianconero di Douglas Costa e Bentancur. La loro pressione, insieme a quella di Cuadrado su Parolo, ha fatto tornare la palla indietro verso Acerbi, e poi ancora più indietro su Cataldi. A quel punto sia Dybala che Ronaldo sono stati abili a intuire le difficoltà nel palleggio avversario e sono andati entrambi a pressare Luiz Felipe, che ha perso la palla da ultimo uomo e ha concesso a Dybala e Ronaldo di attraversare la metà campo e di arrivare indisturbati davanti a Strakosha.
Dalla trequarti sinistra la Lazio indietreggia fino a perdere la palla con Luiz Felipe.
Forse la Juve non è riuscita spesso ad aprire lo schieramento basso della Lazio con una circolazione ordinata, ma ha aggirato questa difficoltà mostrandosi invece efficace nel recupero della palla, costruendo le due azioni decisive con due ripartenze che hanno attraversato velocemente la metà campo biancoceleste. Più che con la qualità della manovra, insomma, la Juve si è creata gli spazi da attaccare con la qualità del suo pressing.
Probabilmente lo schieramento con tre difensori centrali della Lazio ha spinto Sarri a chiedere qualche sforzo in più del solito ai suoi attaccanti nel primo pressing. La Juve non pressava partendo dal 4-4-2 abbassando l’esterno d’attacco destro, come ha fatto nell’ultimo periodo, ma tenendo avanzato Douglas Costa a schermare la linea di passaggio dal difensore centrale all’esterno sinistro, per poi farlo uscire in avanti in pressione su Acerbi. Ronaldo, invece, stava a sinistra nella zona di Bastos, il centrale meno sollecitato durante la prima costruzione, mentre Dybala si muoveva tra Cataldi e Luiz Felipe. In partenza il numero dieci argentino restava in posizione per schermare le ricezioni di Cataldi ma sulla circolazione della palla si alzava a pressare Luiz Felipe.
Alle spalle della prima linea i centrocampisti avevano compiti diversi. Bentancur era come al solito molto aggressivo e accorciava in avanti senza preoccuparsi troppo di difendere lo spazio davanti alla difesa. Ramsey si alzava su Parolo e lasciava che a pressare Djavan Anderson fosse Cuadrado uscendo dalla linea difensiva. Rabiot invece era più prudente, inizialmente restava nella sua zona per contrastare Milinkovic-Savic, ma doveva anche tenersi pronto a uscire su Lazzari, se Alex Sandro alle sue spalle si spostava più internamente per marcare Milinkovic-Savic. Questo passaggio di marcature tra Alex Sandro e Rabiot era forse il meccanismo più delicato nel sistema di pressing della Juve. In caso di errore infatti avrebbe liberato uno tra Lazzari o Milinkovic-Savic, cioè i principali riferimenti della Lazio per far avanzare l’azione.
Dybala va su Luiz Felipe, Ramsey e Bentancur sono alti su Parolo e Cataldi, vicino al cerchio di centrocampo Milinkovic-Savic è seguito sia da Rabiot che da Alex Sandro.
L’altalenante qualità del pressing è stato un tema ricorrente nella stagione della Juve. Dopo il pareggio contro il Sassuolo, Sarri aveva criticato la passività della sua squadra dopo che era passata in vantaggio per 2-0. Contro la Lazio, invece, non ci sono stati cali vistosi e, in vantaggio di due gol, Sarri è anche intervenuto per dare maggiore stabilità difensiva, alzando Cuadrado a centrocampo e inserendo Matuidi nella zona di Milinkovic-Savic. Dopo questi cambi, la Juve ha abbassato il suo pressing, tornando al 4-4-2 con Cuadrado più basso a destra e schermando la linea di passaggio verso Milinkovic-Savic con un centrocampista più difensivo, abile in pressione e a sdoppiarsi tra il centro e la fascia sinistra come Matuidi.
C’è da dire, comunque, che, mentre il Sassuolo puntava a superare le linee bianconere dopo averle attirate in avanti con passaggi corti per risalire il campo gradualmente, la Lazio ha invece alzato più spesso la palla cercando di arrivare presto dagli attaccanti, usando Milinkovic-Savic come riferimento. Contro la Lazio, insomma, il pressing bianconero è stato sollecitato di meno, o comunque in modo diverso, dovendo gestire più duelli fisici e situazioni più confuse, generate dai lanci e dalle successive contese sulle seconde palle. La squadra di Sarri se l’è cavata piuttosto bene e ha subito il gol su rigore da Immobile solo per un’ingenuità di Bonucci, che ha calcolato male i rimbalzi della palla su un lancio impreciso di Acerbi.
Al di là della sfida tattica, comunque, la disparità tecnica in campo era piuttosto evidente e ha finito inevitabilmente per premiare la Juventus, avvicinandola in modo deciso al nono Scudetto consecutivo. Le assenze e alcune debolezze strutturali della Lazio hanno impoverito il contenuto tecnico della partita, mentre la contingenza della classifica ha abbassato le aspettative sulla partita, che sarebbe stata di certo più bella e combattuta se i biancocelesti ci fossero arrivati in un momento di forma migliore.
Le tante sconfitte accumulate dalla ripresa del campionato hanno ridimensionato i giudizi sulla stagione della Lazio, che comunque resta positiva, come ha tenuto a precisare Simone Inzaghi nel post-partita: «Abbiamo organizzato un'ottima partita contro una squadra fortissima, mettendola in difficoltà. Va apprezzato quanto fatto dalla squadra in tutto l'anno. Quando qualcuno mi dice qualcosa mi arrabbio, perché questo gruppo si è migliorato di 14 punti rispetto all'anno precedente, vincendo una Supercoppa contro la Juventus e tornando in Champions per la prima volta dopo il 2007». Un buon modo per superare l'amarezza di un risultato che avrebbe avuto dell'incredibile e che mette la stagione dei biancocelesti nella giusta prospettiva.