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Daniele V. Morrone
Fondamentali: Genoa - Milan
08 dic 2014
08 dic 2014
In una partita tutta di transizioni, la squadra di Gasperini è stata quella che ha mostrato maggior equilibrio e organizzazione.
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Daniele V. Morrone
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La corsa al terzo posto coinvolge praticamente tutta la parte alta della classifica di Serie A, con scambi di posizione ogni settimana. In questa corsa c’è chi è più o meno preparato, chi è più o meno abituato e chi era più o meno prevedibile ci finisse nei pronostici di inizio stagione. Il Genoa in serie positiva (imbattuti dal derby del 28 Settembre) è preparato anche se non molti a inizio stagione lo avrebbero inserito nella lotta per il terzo posto; dal Milan invece, da cui ci si aspetta ogni anno che lotti per traguardi importanti, non solo per il podio, veniva da tre scontri di alta classifica consecutivi, dopo i pareggi contro Samp e Inter e la vittoria contro l’Udinese (e si sommano la partita con il Genoa e le prossime due con Napoli e Roma in totale il Milan avrà giocato 6 partite di livello consecutive).

 



Il Genoa di Gasperini deve la lunga serie positiva a una ricetta molto semplice: pressing di squadra, aggressività e intensità. Il sacrificio collettivo nasconde le lacune tecniche dei giocatori e rende difficilissima la vita agli avversari. La ricetta è semplice, ma l’esecuzione deve essere continua durante tutta la partita. Come trattato da Emiliano Battazzi

sappiamo che il Genoa subisce più pericoli di quanti ne crea (-5,8 nel rapporto tra pericoli creati e rischi presi) eppure in una Serie A, dove il ritmo delle partite è letargico il più delle volte, il Genoa ha scelto di correre più dell’avversario, arrivare prima sui palloni, arrivare con un uomo in più. Questo forse sta facendo la differenza.

 

Costruisce azioni offensive sulle transizioni e limita al minimo indispensabile l’attacco posizionale: le meno occasioni di tante altre squadre (L’IPO a 45,5 è sui due punti e mezzo sotto la media della Serie A) si spiegano anche perché il Genoa cerca di massimizzare l’aspetto migliore del proprio gioco: creando pericoli in contropiede invece di attaccare anche staticamente. Gasperini non vuole che i suoi attacchino più degli avversari e dominino il possesso, vuole governare il ritmo della partita mantenendo alta l’intensità, con una velocità che rende le transizioni letali.

 

Non mi stupirei se durante l’intervallo Gasperini controllasse quanto sono sudate le maglie di chi ha giocato, per essere sicuro che a scendere in campo nel secondo tempo sia chi ha sudato di più per la squadra. La Genova rossoblu non è un paese per vecchi. Non è così importante quanto possa sembrare il modulo con cui Gasperini decide di mandare in campo i suoi, si può passare dalla difesa a 4 a quella 3 nell’arco dell’incontro, la posizione dei giocatori è secondaria rispetto all’equilibrio dei reparti e all’attenzione nelle transizioni sia difensive che offensive. Per il Milan Gasperini ha scelto la difesa a 4, disegnando un 4-3-3 molto semplice con Kucka davanti alla difesa e due mezzali “intense”, Bertolacci e Sturaro. Ai lati della punta, Matri, gli unici due giocatori a cui viene chiesto di dare qualità alla manovra: Perotti e Falque.

 





 


Per far arrivare la palla agli esterni il Genoa non ha paura di saltare il centrocampo (più utili in fase di non possesso, né Bertolacci né Sturaro riescono a garantire fluidità nella gestione della palla), molto più semplice far alzare la testa a De Maio che prova a trovare direttamente Perotti. Se la palla deve finire comunque sempre sui piedi del numero 10 tanto vale farcela arrivare direttamente dalla difesa.

 


Il Milan e la differenza tra volere e potere.


Inzaghi ha meno certezze del collega. Sa come vuole far giocare la propria squadra da inizio campionato, con pressing e contropiedi veloci aiutati da movimento e scambio continuo di posizioni tra gli uomini. Inzaghi ha chiaro quindi come vuol far giocare la squadra, eppure i giocatori in campo non sembrano in grado di fare i movimenti richiesti, eseguendo bene solo la fase di pressing per poi perdersi in quella che a tratti sembra anarchia pura in fase di attacco posizionale. O il Milan vive tra le due fasi di transizione o ecco arrivare imprecisione e incomprensioni sui movimenti di chi è in campo, il baricentro si abbassa e il volume del gioco finisce sui piedi di De Jong per improbabili lanci lunghi.

Per la partita ritorna dal primo minuto capitan Montolivo, giocando la prima partita da titolare della sua stagione. Il ritorno in pianta stabile di Montolivo dovrebbe aiutare il Milan dando più ordine proprio in fase di impostazione. Per il resto, confermata in blocco la formazione che ha battuto l’Udinese, 4-3-3 con Bonaventura mezzala (dove sembra estremamente utile nella transizione offensiva del Milan per la velocità alla conduzione del pallone) e l’attacco più talentuoso a disposizione: Menez da falso 9, El Shaarawy e Honda esterni.

 

Le fasi di transizione del Milan risultano efficaci nel recupero ma imprecise nella conclusione, con la prima vera occasione della partita che nasce da una buona pressione di Menez (complice l’errore di Kucka su passaggio di Bertolacci) che finisce da solo davanti a Perin scaricandogli il destro sul petto. Il Genoa è atleticamente superiore al Milan, la squadra arriva prima sui palloni e forza in modo più deciso un pressing costante che costringe il Milan ad arretrare il baricentro. Montolivo non incide come dovrebbe alla base del gioco, regalando protagonismo totale ai piedi di De Jong e finendo per rendersi utile solo nella trequarti del Genoa (dove è sempre meglio del confusionario Muntari).

I movimenti dei cinque offensivi del Milan sono continui, ma sembrano confondere più i compagni di squadra che gli avversari. Solo Bonaventura non viene mangiato dalla fame di volume di gioco di De Jong che finisce per imporsi su Montolivo (tornano costantemente i dubbi sul carisma del capitano del Milan che sembra sempre seguire la corrente e mai sfidarla); i due esterni sono protagonisti più senza palla che con essa, con El Shaarawy che si muove tanto ma che risulta totalmente impalpabile nel gioco. Per lunghi tratti non viene neanche inquadrato dalla telecamera se non per le urla di Inzaghi “Stephan! Stephan!” seguite da una richiesta tattica che il giovane fa segno di comprendere.

 



La prima mezz’ora della partita è stata resa piacevole dall’intensità delle due squadre che hanno eseguito il loro piano gara tutto di transizioni tenendo alto il ritmo. Il Milan non ha tirato indietro la gamba e non si è fatto intimidire dall’intensità del Genoa, che però ha attaccato con maggiore decisione sulle fasce. Quella sinistra è bruciata per i chilometri percorsi da Antonelli e Perotti, i due protagonisti della gara.

Antonelli è nella miglior forma della sua carriera, macina chilometri e aiuta i compagni sia quando la squadra ha palla fornendo una linea di passaggio o un movimento a sovrapporsi sull’esterno basso avversario, che in fase di recupero risultando spesso decisivo nelle tempistiche dell’intervento. Per quanto riguarda Perotti dobbiamo ringraziare Genova, anzi il Genoa e Gasperini, per averci restituito quel giocatore che sembrava tanto promettente nei primi tempi a Siviglia, prima di rischiare di uscire dal grande calcio. Il Perotti Genoano corre in pressione, si offre ai compagni, gestisce il pallone, crea occasioni (è stato il giocatore con il maggior numero di dribbling riusciti con 5 e passaggi chiave riusciti con 4). Senza ombra di dubbio è la stella della squadra, se le transizioni sono figlie di tutta la squadra, l’attacco posizionale si regge sulle sue spalle.

 





 

Con due squadre che fondano il proprio gioco sulle transizioni è quasi una beffa che il gol del Genoa sia arrivato da calcio d’angolo. Però con la mezzora di gioco appena passata il Genoa ha iniziato ad attaccare con più vigore e aveva già sfiorato il vantaggio con Bertolacci.

Il Milan non ha risposto male al gol e, se pur in quello che è continuato a sembrare un attacco dai movimenti confusi, la fase di non possesso è stata eseguita bene. Alla fine il Milan ha recuperato più palloni (66 contro 57) e soprattutto più palloni nella metà campo avversaria (14 contro 8). Le due squadre quindi confermano entrambe di voler e saper recuperare il pallone. Una sola però sa come attaccare in modo più preciso quando la palla è stata recuperata. Il salvataggio di Bonera sulla linea a fine primo tempo mantengono ferma l’idea di un Milan che crea ma non è veramente pericoloso e di un Genoa che crea forse meno, ma si rende più pericoloso.

 





 



Nel secondo tempo il Milan cala, Perotti domina (con tanto di cori a suo favore a sottolinearlo) e il Genoa costringe la squadra di Inzaghi a cadere nel peggior vizio di affidarsi alle palle lunghe. La presenza di El Shaarawy continua a rimanere legata a replay sporadici su ottime giocate individuali per stoppare il pallone, ma il prodotto finito è dato solo dalle corse senza palla.

Con l’ora di gioco alle spalle Inzaghi e costretto a far riposare Montolivo: il capitano lascia una partita in cui non è risultato influente nel gioco del Milan (1 solo passaggio chiave e solo 27 passaggi totali quelli tentati), in cui è stato impreciso (71% di passaggi riusciti) e fagocitato da De Jong, Montolivo potrebbe risultare determinante nell’aiutare la manovra milanista tanto confusionaria, ma deve assumersi più responsabilità col pallone.

 

La partita è cambiata tatticamente con due sostituzioni a distanza ravvicinata: Pazzini per Honda e Marchese per Kucka. Per il Milan l’entrata di Pazzini è significato il passaggio al 4-3-3 classico con Menez esterno. Per il Genoa le cose cambiano in modo più radicale con il passaggio a un 5-4-1 dal chiaro intento conservativo.

Gasperini, forse soddisfatto dall’andamento della partita, ha deciso di lasciare totalmente l’iniziativa al Milan stuzzicandone l’incapacità nell’attacco posizionale. Il possesso diventa del Milan con continuità ma i pericoli seri creati sono nulli. Con Perotti e Falque bassi il Genoa si affida al contropiede in caso di errore del Milan nel palleggio, se il Genoa crea poco normalmente, con il 5-4-1 Gasperini decide di diminuire ancora di più la produzione offensiva in cambio di un controllo maggiore nell’attacco del Milan.





 



L’incapacità del Milan di rispondere alla difesa a cinque del Genoa segna la conclusione della partita. Una dal ritmo alto resa interessante dalla sfida a chi meglio interpreta le fasi di transizione, in cui però non si può dire che il Genoa abbia dominato nel gioco il Milan. Ma sappiamo che a Gasperini interessa poco dominare il gioco, e con la squadra terza in classifica non possiamo che dargli ragione.

Un Genoa atteso alla partita contro la Roma che tanto patisce le squadre che pressano alte. Potrebbe essere l’occasione per la squadra di Gasperini di prendersi un altro scalpo importante in una stagione già ricca di soddisfazioni. Inutile pensare già ora alla volata Champions; la corsa per il terzo posto è una maratona. Gasperini però sa che con un gran ritmo e un’intensità costante nelle maratone si arriva fino in fondo.

 

La squadra di Inzaghi torna a casa senza aver imparato nulla di più di quanto già non sapesse su cosa non funziona e cosa invece va bene. La presenza di Bonaventura (10 duelli vinti) ha reso meno evidente di quanto potesse sembrare a prima vista la superiorità atletica del centrocampo del Genoa e forse il nazionale italiano è più utile come mezzala che come esterno, sopratutto ora che Montolivo è tornato titolare.

L’atteggiamento insofferente ai limiti dell’offensivo per i compagni da parte di Menez non aiuta la causa del francese, rimane però lui l’unico che sembra in grado di poter tirare fuori qualcosa dall’anarchia che a tratti acceca il gioco offensivo del Milan. In assenza di un sistema di gioco chiaro quando la squadra ha la palla, la creatività del francese gli garantisce il posto in squadra per il semplice fatto che potrebbe da un momento all’altro tirare fuori il coniglio dal cilindro. È poco come giustificazione, ma il convento Milan non passa di meglio in questo momento.

 
 



 
 

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