Il Bari è uno dei club più seguiti tra quelli che attualmente non militano in Serie A. La sua tradizione e il suo blasone sono stati consolidati nel tempo, dalla lunga permanenza nella massima serie negli anni Trenta e Quaranta fino alla squadra di culto degli anni '90, con Phil Masinga e Antonio Cassano.
Ora che è nuovamente nelle zone alte della classifica di Serie B, quinto ma a soli 3 punti dal Palermo primo, il Bari (o, più affettuosamente, "la Bari") è tornato a far parlare di sé come una squadra che può ambire alla promozione in Serie A. Non è la norma: dal 2002 i biancorossi non hanno mai concluso la stagione nella parte sinistra della classifica di B, anche se nel mezzo hanno attraversato un biennio d'oro. Dal 2008 al 2010 il Bari ha vissuto due stagioni esaltanti, all'insegna della continuità nei princìpi di gioco, con la promozione ottenuta da Antonio Conte e il successivo decimo posto in Serie A della squadra di Gian Piero Ventura e della coppia Bonucci-Ranocchia. Un percorso simile a quello della Nazionale, naufragato però l'anno successivo con l'esonero proprio di Ventura e l'ultimo posto in campionato.
Un percorso ondivago
Da quel momento, il Bari ha attraversato fasi delicate dal punto di vista societario che sono state perfettamente rappresentate dall'andamento altalenante delle questioni di campo. Nel 2014 l'amministrazione, guidata dalla famiglia Matarrese da 37 anni, ha dichiarato l'auto-fallimento dopo aver generato debiti per circa 35 milioni di euro. La formula dell'auto-fallimento ha consentito alla nuova società, il Football Club Bari 1908, di preservare il posto in Serie B dopo aver acquistato il titolo della squadra per 4,8 milioni di euro in asta pubblica.
L'uomo che mise la faccia nell'operazione fu l'ex prestigioso arbitro barese Gianluca Paparesta, il quale tuttavia non sciolse i dubbi su chi fossero i misteriosi investitori alle sue spalle: «Non ci possono più essere singoli imprenditori nel calcio, ma ci vogliono sinergie tra investitori e partner commerciali per raggiungere risultati importanti».
Tuttavia lo stesso Paparesta, nel dicembre 2015, ha venduto il 5% del capitale sociale all'imprenditore Cosmo Antonio Giancaspro. Nato a Molfetta, nel barese, Giancaspro è un commercialista proprietario di Kreare Impresa S.r.l., azienda di informatica che attualmente detiene oltre il 99% delle quote del Bari. La sua attività all'interno della nuova società calcistica è stata intensa: dopo aver acquisito la maggioranza del Bari il 23 giugno 2016, ed esserne attuale amministratore unico, Giancaspro qualche mese fa ha avviato un cospicuo aumento di capitale per coprire gli oltre 7,8 milioni di perdita del bilancio 2016 del Bari.
Nel frattempo la squadra è passata attraverso frequenti cambi di allenatore che hanno generato strade tecniche molto diverse. Nel 2015/16 il Bari ha iniziato sotto la guida di Davide Nicola, per concludere con quella di Andrea Camplone. L'anno successivo è stato Roberto Stellone a guidare l'avvio di stagione, esonerato tuttavia dopo 13 partite per fare spazio a Stefano Colantuono.
Quest’estate è arrivato l'ennesimo e finora ultimo cambio di panchina: a Bari è arrivato Fabio Grosso, dopo un'esperienza lunga quattro anni nella Primavera della Juventus, tra il ruolo di vice e quello di allenatore vero e proprio. La sua permanenza, in ogni caso, non ha ancora permesso di consolidare un'identità precisa nel gioco del Bari, proseguendo su quel filone della mutevolezza che ha caratterizzato tutti gli ultimi travagliati anni della storia del club pugliese.
La ricerca dell'identità
Il Bari veniva da una parte di stagione, quella di Stellone, caratterizzata dal suo classico 4-4-2 che abbiamo notato anche nel suo Frosinone, mentre l'arrivo di Colantuono è coinciso con il passaggio al 4-3-3. Grosso ha impostato la nuova stagione in linea di continuità con questo schema di gioco, approfittando anche del fatto che fosse lo stesso con il quale vinse il Torneo di Viareggio con la Juventus nel 2016.
Ma prima del modulo, agli allenatori interessano i princìpi di gioco, attraverso i quali costruire un'interpretazione funzionale ai giocatori. Appena arrivato, Grosso ha dichiarato: «Mi piacciono alcuni modi di giocare, che non cambiano in base al modulo. Il mio compito sarà mettere i giocatori nel posto dove rendono meglio».Grosso ha cambiato molte forme di gioco durante la stagione, ma sempre fedele a un unico principio generale: la volontà di sfruttare tutta l'ampiezza del campo per abbassare e allargare le squadre avversarie. Seguendo questo obiettivo, Grosso ha seguito un percorso impervio, nel quale ha ogni volta adattato gli schemi di gioco alle esigenze del momento.
In questo senso lo ha aiutato la lunga esperienza nelle giovanili della Juventus, nelle quali è sempre difficile gestire profondi ricambi in rosa anno dopo anno. Il Bari quest'anno ha impiegato molti uomini con caratteristiche diverse e Grosso ne ha approfittato di volta in volta per sperimentare la ricerca dell'abito giusto.
Il 4-3-3 delle prime partite di stagione è un punto di partenza importante per capire dove è arrivato ora il Bari, tornato allo stesso modulo. Innanzitutto il 4-3-3 ruota intorno ai movimenti e alle decisioni prese dai due esterni d'attacco: in questo senso è importante sottolinearne le differenze. Cristian Galano, pugliese di Foggia ma cresciuto nel Bari, è sicuramente il giocatore che spicca di più per qualità tecnica e influenza sulla manovra e sulla definizione del gioco. Partendo da destra, Galano riceve spesso in corsa, tagliando verso il centro, magari dialogando con la punta che gli fa da sponda spalle alla porta. Ma anche nella rapidità di inserimento in area si dimostra un attaccante vero: è il miglior marcatore della squadra con 11 gol in 13 partite. Il suo pacchiano soprannome,il "Robben di Puglia”, in realtà rende abbastanza l'idea delle sue qualità.
Sul lato opposto gioca Riccardo Improta, un giocatore dalle caratteristiche molto diverse. Improta è meno dotato di Galano nell'uno-contro-uno e negli spazi stretti, ma è più veloce in campo aperto e con la stessa abilità nell'attaccare gli spazi dentro l'area di rigore. La sua tendenza a rimanere sempre molto largo, tuttavia, induce Grosso a diversificare il piano delle due catene laterali, l'idea di gioco principale con la quale il Bari ha iniziato la stagione.
A sinistra, la posizione aperta di Improta crea i presupposti per due movimenti principali, abbastanza automatizzati: in caso di pressing, dove l'esterno è costretto ad abbassarsi, la mezzala del suo lato taglia profondo alle sue spalle; viceversa, quando il Bari riesce spesso a schiacciare la squadra avversaria, la mezzala scende per aprire lo spazio alla sovrapposizione del terzino, quasi sempre interna, vista la posizione larga di Improta.
La catena di sinistra del 4-3-3 del Bari. Improta rimane largo: contro la difesa schierata dell'Empoli, la mezzala (Salzano) prima si alza nel mezzo spazio, e successivamente si abbassa creando i presupposti per la veloce sovrapposizione interna del terzino D'Elia.
Anche dalla parte opposta vengono assecondate le caratteristiche, diverse, di Galano. La mezzala da quel lato non si alza nel mezzo spazio (cercando, anzi, di liberarlo per il taglio interno di Galano) ma taglia esternamente oppure rimane in posizione, favorendo la sovrapposizione del terzino. Una situazione sempre più frequente da quando è stato promosso titolare Djavan Anderson, terzino destro classe 1995 cresciuto nell'Ajax, velocissimo e bravo nel dribbling.
Per assecondare un calcio molto manovrato, Grosso ha bisogno di un'unica punta che lavori bene spalle alla porta. Il titolare di inizio stagione è stato Nenê, che esegue quasi soltanto movimenti incontro ma che è bravissimo a proteggere la palla con il corpo e a scaricare, anche di prima, ma molto limitato invece quando può puntare frontalmente la difesa avversaria.
Di recente, invece, Grosso ha deciso di puntare su Karamoko Cissé, ex Benevento. Cissé forse è meno abile di Nenê nella protezione del pallone ma è comunque efficace nelle sponde e soprattutto offre una maggiore ricchezza di soluzioni tecniche, sia in transizione che contro le difese schierate. Può allargarsi e puntare l'avversario in uno-contro-uno quando c'è spazio, ma è anche bravo a sterzare e a sgusciare in mezzo a molti avversari, trovando velocemente una conclusione.
I compromessi
Un altro principio di gioco implementato inizialmente da Grosso è stato quello del pressing. In Serie B i meccanismi di pressing spesso sono rudimentali, ma è vero che a volte anche una semplice pressione individuale, che in Serie A andrebbe a vuoto, forza la squadra avversaria a uno sterile lancio lungo.
I maggiori margini di riuscita del pressing in Serie B. Contro il 3-5-2 del Cesena, il Bari crea un 3-contro-3 sui difensori e attacca l'esterno del lato palla (Kupisz) con la mezzala Salzano che abbandona il suo omologo Vita. Così facendo, si creano scalate a catena che lasciano libero l'esterno sul lato debole (Eguelfi), che non verrà mai raggiunto. Nonostante l'uscita di Salzano sia molto lunga, il pressing si è rivelato efficace anche in questo caso.
Ma già nelle prime partite della stagione, e a Empoli in particolare, il Bari ha subìto tanti gol e concesso tante occasioni a campo aperto alle spalle della difesa, sia in transizione che in profondità, scoperta in virtù del pressing. Il giocatore più in difficoltà in queste situazioni è parso il difensore Denis Tonucci, forte fisicamente e sulle palle alte ma piuttosto lento. Pur disponendo invece di un difensore veloce, aggressivo e rapido in uscita in anticipo (Elio Capradossi), Grosso ha deciso dalla quarta giornata di passare alla difesa a 3 (ormai di moda in Serie B), per avere una linea più elastica e che difendesse anche meglio la profondità.
Per far fronte all'assenza di Galano, Grosso ha temporaneamente impostato un 3-5-2 molto più verticale, ma senza venire contro il principio base dell'apertura in ampiezza delle difese avversarie. La trama di gioco è diventata la verticalizzazione da un centrale difensivo esterno, Cassani in particolare (ma non solo), verso le punte, per avere l'angolo di passaggio diagonale. Gli esterni, quasi sempre Improta a destra e D'Elia a sinistra, rimangono molto larghi e raccolgono gli scarichi delle punte, crossando o cambiando gioco sul lato debole. Se nel 4-3-3 erano soprattutto le decisioni degli esterni a far partire tutta la manovra, con il 3-5-2 il gioco dipende dai movimenti delle punte.
Manifesto del 3-5-2 del Bari di Grosso: esterni larghi e alti da subito, verticalizzazione di Cassani per le due punte, velo di una di esse (Brienza) con l'altra alle spalle sulla stessa linea di passaggio.
Il rientro di Galano dall'infortunio ha coinciso con il passaggio al 3-4-3 e a un calcio più manovrato, sempre con la ricerca dell'ampiezza ma non attraverso le catene laterali. Grosso ha impostato il 3-4-3 nella maniera moderna, con 3 difensori più 2 mediani (o "WM"https://www.ultimouomo.com/il-ritorno-del-wm/) in fase di costruzione e una linea a 5 offensiva che occupasse tutti i 5 corridoi verticali (centro, fasce e mezzi spazi), grazie alla posizione alta degli esterni di centrocampo e a quella negli half-space di quelli di attacco.
Il 3-4-3 del Bari che diventa 3-2-5, ormai un classico soprattutto delle squadre di alto livello.
Questo modulo ha funzionato molto di più contro le difese a 4, che andavano in inferiorità contro la linea offensiva a 5. In particolare contro l'Avellino (che difendeva con il 4-4-2) dove c'era sempre spazio sulle fasce per gli esterni di centrocampo. Ma anche contro il Cittadella che difendeva a rombo, Grosso chiedeva costanti cambi di gioco per sfruttare la scarsa copertura dell’ampiezza, strutturale nel 4-3-1-2, e poteva permettersi di tenere l'esterno destro di centrocampo (Fiamozzi) più basso per sfruttare le sovrapposizioni aperte dai tagli interni di Galano.
Con il 3-4-3, il Bari ha fatto fatica a costruire il gioco contro Palermo e Brescia, che difendevano a 5, ma anche contro la Pro Vercelli che spesso scivolava anch’essa a 5 in difesa, partendo dal 4-5-1. In questo caso la rigidità del 3-2-5 offensivo del Bari ha costretto i giocatori a troppi movimenti verticali incontro e a troppe ricezioni spalle alla porta. Un contesto che limita le qualità di Galano. Il Bari oggi è tornato al 4-3-3, ma mostra sia similitudini che differenze con quello di inizio stagione. Pressa di meno ed è più attento a coprire la profondità rispetto a prima, ma ha mantenuto gli automatismi nelle catene laterali, soprattutto quella di destra che, come detto, è facilitata ora dalla qualità delle sovrapposizioni di Anderson.
Spesso nelle ultime partite il terzino sinistro (Fiamozzi) è rimasto più bloccato, approfittando della tendenza di Improta a restare largo. In questo modo il Bari ha impostato dal basso mantenendo di fatto la linea a 3, anche contro una sola punta centrale.
Anche contro squadre con una sola punta (come la Virtus Entella e il Foggia del centravanti Beretta) il Bari sta ora costruendo spesso l'azione lasciando Fiamozzi asimmetricamente in linea con i difensori centrali, liberando solo Anderson.
Questi accorgimenti mostrano che Grosso ora stia evidentemente puntando su un terzino di spinta e uno invece di maggiore copertura, ma che decida di utilizzare quello più offensivo a destra ovviamente per connessione con le caratteristiche di Galano. Sembra quindi difficile vedere nuovamente titolare il veloce D'Elia, mentre Grosso potrebbe schierare di nuovo Cassani a sinistra nel 4-3-3, essendo quasi sempre l'uomo più utilizzato per uscire dal pressing e impostare.
Il mantenimento della linea arretrata a 3, oltre che proteggere meglio la squadra in caso di transizione difensiva, favorisce l'uscita dal pressing e permette a Galano e Improta di partire da posizioni più avanzate. Il Bari stava facendo fatica a costruire dal basso, non disponendo di difensori centrali dalla grande qualità tecnica e non potendo affidarsi solo alla grande protezione del pallone con il corpo del mediano Basha per resistere al pressing avversario. Impostare pulito è la prima condizione per poter sviluppare un'azione corale che coinvolga tutto il campo in ampiezza.
Quale strada per la Serie A?
La storia della stagione del Bari dimostra, quindi, che Grosso sia ormai orientato su due schemi di gioco: il 4-3-3 e il 3-4-3. Attraverso quest’ultimo modulo riesce ad avere una circolazione perimetrale più lunga e sicura, in attesa di un varco. Inoltre, la posizione alta degli esterni di centrocampo e nei mezzi spazi (vicino alla punta) di quelli di attacco contribuisce ad abbassare e allargare costantemente la difesa avversaria, di più rispetto al 4-3-3. Tuttavia, la rigidità del 3-4-3 (che finora ha previsto quasi solo movimenti verticali) aiuta le squadre avversarie a trovare riferimenti nelle marcature e limita Galano.
Con il 4-3-3, anche nell’interpretazione fluida con la costruzione arretrata con 3 difensori, il Bari è più imprevedibile. Le combinazioni sulle catene laterali danno meno punti di riferimento, soprattutto i tagli interni in diagonale di Galano e la corsa da dietro di Anderson. Alzare il terzino olandese fin da inizio azione ne limiterebbe la grande efficacia e qualità nelle combinazioni proprio con Galano.
Tuttavia i dubbi sul Bari riguardano soprattutto la costruzione e la fase difensiva, più sicure con il 3-4-3. I biancorossi hanno concesso 25 gol in 18 partite, troppi per poter ambire alla promozione diretta. Soltanto 10 squadre hanno subìto più gol del Bari, che pure vanta il quarto miglior attacco con 30 gol. Questi numeri dimostrano perché Grosso sia sempre in bilico tra sfruttare la qualità del suo gioco e dei suoi uomini offensivi e limitare le carenze difensive, alla ricerca di un equilibrio permanente. Fabio Grosso, insomma, è ancora in una fase sperimentale. Tuttavia ha mostrato una grande intelligenza nel capire subito come adattare i propri princìpi di gioco alla difficile e insidiosa realtà della Serie B. Mescola concetti classici (come le catene laterali del 4-3-3 o le verticalizzazioni del 3-5-2) ad altri più moderni, come l'occupazione degli half-space con il 3-4-3 e l'attuale modulo fluido, ormai classico nel calcio contemporaneo, attraverso il quale imposta a 3 e difende a 4.
È importante, quindi, che Grosso raggiunga finalmente un equilibrio stabile dopo le tante sperimentazioni, che sono però servite per scoprire ogni volta pregi e difetti della squadra assecondando i calciatori. Tuttavia, a parte qualche elemento (Galano, Anderson, Basha e forse Capradossi e Cissé), l'organico attualmente non sembra in grado da solo di reggere eventualmente l'impatto con la Serie A. Anche per questo motivo Grosso ha il compito di trovare un'identità precisa non solo dal punto di vista dei princìpi di gioco, ma anche di come questi vengono realizzati.
In un campionato che più di tutti premia una continuità difficile da raggiungere, questa spesso passa per una chiarezza di idee che il Bari finora ha mostrato solo a tratti. Grosso deve decidere che squadra vuole costruire, i risultati arriveranno di conseguenza.