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Il bello del giovedì sera 2022 vol. 9
11 mar 2022
I momenti più gassosi di due competizioni piene di gas naturale.
(articolo)
21 min
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Conosci la tua squadra di Europa League: Vitesse

Fino al ventesimo secolo, la vita ad Arnhem era stata serena. Qualche occupazione straniera, certo, ma niente che gli abitanti non giudicassero normale. Durante il 1800, per esempio, i ricchi si accorsero della pittoresca bellezza della cittadina. Casette basse tipicamente olandesi, un vecchio centro medievale un po’ decrepito e tutto intorno: foreste, foreste a perdita d’occhio. Intorno ad Arnhem si stende infatti la più ampia area forestale d’Olanda, quella del Veluw. Per questo i ricchi hanno cominciato a venire qui in villeggiatura e a costruire le proprie seconde case ai bordi della città, stanchi di Hague, la città costiera ormai inflazionata, cafona. È in quel periodo che Vitesse prende il nome di “piccola Hague dell’est”. Poi il ‘900 è dovuto arrivare a rompere la pace. Tutto è cominciato con l’operazione “Market Garden” a settembre del 1944: le truppe alleate dovevano assicurarsi il controllo di cinque ponti togliendoli dal possesso dei tedeschi, approfittando del loro momento di sbandamento. La guerra sarebbe finita in fretta. I piani sono andati lisci fino all’ultimo ponte, troppo lontano, quello di Arnhem. C’erano pochi velivoli per trasportare i soldati, che sono arrivati troppo scaglionati. Atterrati col paracadute nei boschi intorno ad Arnhem, piuttosto sereni, non sapevano che avrebbero trovata lì nascosta una delle divisioni di panzer tedeschi più temibili, un corpo d’elite delle SS. Si stavano ritirando dalla Normandia dopo aver combattuto sulle spiagge del fronte per mesi. In quei mesi i tedeschi si stavano ritirando con ogni mezzo, persino a bordo di carri funebri. Vedono i soldati inglesi scendere dal cielo e all’inizio pensano sia neve, ma è settembre e a settembre non nevica. Sono paracadute: gli alleati vogliono stabilire una testa di ponte oltre il Reno. Si sono fatti male i conti però, ad attenderli non ci sono rimasugli patetici dell’esercito tedesco, ma una delle divisioni corazzate d’elite delle SS. Scesi a terra, si sono trovati di fronte colonne di persone in camice bianco, fuggiti dal vicino ospedale psichiatrico bombardato prima dell’atterraggio. Un cattivo presagio. Poco dopo incontrarono il fuoco nemico dei tedeschi. Seguono poi eroiche azioni che per poco non permettevano agli alleati di conquistare comunque il ponte. Se volete tutti i dettagli, però, guardatevi il film “Quell’ultimo ponte” del 1977 di Richard Attenborough. L’operazione Garden Market alla fine è riuscito al 90%, fallendo solo nella conquista ultima del ponte di Arnhem.

Se ci pensate è incredibile, che la squadra di calcio di Arnhem sia stata fondata mezzo secolo prima di quella battaglia sul ponte. Ed è anche incredibile che il suo nome sia, per qualche ragione, in francese e non sia legata in nessun modo ad Arnhem: il Vitesse, che in francese significa “Velocità”. Hanno scelto un nome francese e non greco o latino come andava di moda all’epoca, e lo hanno scelto per sembrare meno elitista (da quando si sceglie il francese per suonare meno snob?). Il Vitesse è il secondo club più antico d’Olanda dopo lo Sparta Rotterdam - anche se qualcuno discute anche a una possibile data di nascita precedente a quella ufficiale, che risale al 1892 (un anno prima del Genoa, per darvi un’idea). Essendo nata quasi prima di tutte, potreste farvi un’idea del Vitesse come di una società gloriosa. In fondo basta nascere prima per accumulare un po’ di titoli mentre gli altri sono ancora presi col podismo o col cricket. Invece tenete presente che stiamo parlando di un club sfigato, maledetto, che tra la fine dell’’800 e i primi quindici anni del ‘900 ha perso sei volte il campionato in finale, quando il formato del campionato nazionale era ancora basato sui playoff in cui si scontravano i vari campioni regionali. Il Vitesse diventava spesso campione della Gheldria - in fondo contro chi gli toccava giocare, l’Apeldoorn? - ma poi venivano sempre sconfitti nelle finali nazionali. In queste storie di solito interviene una sorta di lieto fine. È tutto triste fino alla frase “fino a che” con l’intervento di qualcuno o qualcosa che riscatti un destino triste. Al Vitesse non è successo: a parte una coppa d’Olanda vinta nel 2016/17 - dopo comunque altre tre finali perse, e un’altra persa nel 2021.

Il Vitesse, insomma, perde sempre, e anche se non sapevate nulla della sua storia avreste potuto anche intuirlo solo dalla partita di ieri contro la Roma, in cui hanno sbagliato una sfilza di occasioni clamorose prima di subire il gol quasi al primo tiro avversario.


Cose da fare ad Arnhem per i tifosi romanisti che hanno deciso di rimanere per il weekend

Andare a skateare in chiesa, nella chiesa trasformata in uno skate park, cioè San Giuseppe.

Andare al Burger’s Zoo, uno zoo col nome di una catena di fast food ma che in realtà è molto bello e molto grande. Forse il singolo posto più bello di Arnhem, se non avete problemi etici con gli zoo.

Prendere la bicicletta e fare un giro nella campagna circostante: da una parte i boschi, estesissimi, dall’altra la pianura, i mulini etc. Al Parco De Hoge Veluwe ci sono dei tratti molto vicini al livello del mare, con distese di sabbia. Classica gita olandese.

Andare al parco Zypendaal con un telone e Dark Side of the Moon nelle cuffie. In confronto a questo parco cittadino, quelli italiani vi sembreranno ridicoli e inospitali. Conoscete l’arte paesaggistica?

Visitare il museo dell’acqua. Un museo sotterraneo per sviscerare il controverso rapporto tra gli olandesi e il loro nemico più caro: l’acqua.

Ascoltare un concerto al Musis Sacrum, struttura di pregio architettonico. Stasera suona Karsu, musicista olandese sottovalutata, forse.

La sua voce mi fa versare qualche lacrima d’amore e amarezza.




Come dicono i giovani: un meme

Tre canzoni rappresentative degli Slipknot in onore a questo tifoso del PSV che ieri era allo stadio con il cappellino degli Slipknot

Che tipo di fan di un gruppo devi essere per averne il nome su un cappellino da baseball? Ok la maglietta, passi la felpa se fai un liceo in centro, ma il cappellino è da vero appassionato. Gli Slipknot inoltre fanno parte di quei gruppi derivativi del metal, troppo poco puri per piacere ai puri, ma anche troppo “troppo” per piacere a tutti gli altri. Cioè sono un gruppo che può piacere, a me non dispiace, ma è difficile starci così in fissa da avere il cappellino. Per rispettare l’amore di questo tifoso ecco tre grandi canzoni degli Slipknot. Se non conoscete gli Slipknot: grandi chitarre distorte, un po’ di growl, moltissime maschere.

Eyeless

“You can't see California without Marlon Brando's eyes”. Il bello del nu metal è che poteva essere tutto, anche un misto tra rap e, boh, del reggaeton con lo speed al posto dell’erba. Era il 1999 e tutto sembrava possibile se solo avessimo superato il Millennium bug. Gli Slipknot si affacciavano al mondo con un gruppo di otto elementi, indossando maschere horror che rendeva impossibile riconoscerli. All’uscita del primo album si disse che erano «talmente duri che i Limp Bizkit al confronto sembrano gli Osmonds». In quel momento poteva sembrare un complimento, oggi non sarei più così sicuro.

Duality

Se nel 2004 bazzicavate MTV vi sarà capitato più volte sotto gli occhi il video di Duality, una specie di festa da college americano degenerata in una rissa da ultras russi. Negli Slipknot esiste questa tensione tra il nu metal più Rust Belt e un anima horror da boschi dell’est Europa. Duality è un misto tra una ballata rock e una sparata metal, con quell’inizio sussurrato “I push my fingers into my” seguito da una voce melodica e che accoglie le chitarre con il suo “eyes, It's the only thing that slowly stops the ache”. Ancora qualche secondo e poi entrano dure le batterie: il resto è storia.

Psychosocial

Forse la canzone più famosa degli Slipknot, presente nell’album All hope is gone. Poco dopo il bassista Paul Gary sarebbe morto per overdose, il mondo avrebbe iniziato il suo declino. Gli Slipknot forse sapevano. Qui si parte dritti: riff di chitarra, rullata di batteria, growl, poi una grande apertura: “I did my time, and I want out”. Nel video suonano fuori da un fienile, c’è del fuoco intorno a loro. Bisogna sforzarsi per non infilarli in un immaginario di razzismo da Stati Uniti del Sud. Il ritornello purtroppo è una cosa a metà tra i Nickelback (male) e in Queens of The Stone Age (bene).


Le migliori recensioni Google di stadi delle squadre di Conference League: GelreDome

Lo stadio del Vitesse sorge alla sinistra della Nijmeegseweg, l’arteria stradale che porta dentro il cuore di Anaheim. Deve il suo nome all’antico ducato di Gheldria, in olandese Hertogdom Gelre, e la sua fortuna alla musica elettronica. È stato infatti il primo stadio al mondo a dotarsi di un terreno di gioco scorrevole, con il manto erboso che scivola all’esterno dello stadio scoprendo una pavimentazione che permette eventi e concerti. Qui si svolge il Qlimax, uno dei festival Hardstyle più famosi al mondo, uno spettacolo di luci, persone e musica techno hardcore: Olanda in purezza.

Ieri non sembrava essere un prato particolarmente all’avanguardia, anzi verrebbe da dire che lì sopra c’era appena stato un concerto o almeno una gara tra cavalli. Ma i calciatori non scrivono le recensioni su Google, almeno credo, e il GelreDome è uno stadio abbastanza apprezzato. La media delle 5.975 recensioni su Google è 4.2, quasi tutte riguardano la sua funzione di arena per concerti, ma alla fine, calcio e musica sono due esperienze davvero così differenti dal vivo? Scopriamolo.

Preferisco contrarre una malattia venerea piuttosto che dover riutilizzare il portafoglio, che sistema di pagamento inutile e obsoleto, non aggiunge nulla visto che si può addebitare in modalità wireless con la carta di credito (1 stella - traduzione google)

Caotico, fangoso, sporco. (1 stella)

GelreDome = ARNHEM ❤️ (5 stelle)

Peccato che non si possa fare un funerale qui perché qui c'è un'atmosfera così mortale (1 stella - traduzione Google)

La migliore squadra di calcio secondo me e uno stadio fantastico! (Non sono foto recenti, ma questo è come appare normalmente) (5 stelle)


Un consiglio per chi volesse mangiare al Gelredome

Panino con crocchetta: € 3.00

La crocchetta del broodje kroket contiene un impasto di carne - manzo, pollo, vitello o tacchino - verdure - di solito carote o piselli - e besciamella aromatizzata alle cipolle. Consigliamo la versione secca, cioè senza salse (come nella foto qui sopra), per apprezzarne al meglio il gusto.


Le parate di Hradecky accompagnate dalla Marcia di Radetsky

Turututurututurututtuttù.




No, sul serio, guardiamo meglio la parata di Hradecky su Muriel

Quel singolo pezzetto di piede di Hradecky è ciò che ha separato l’Atalanta dal 4-1 e quindi da una partita praticamente decisa. Il portiere finlandese è preso in totale controtempo: Muriel è quel tipo di attaccante rettile che prima di calciare guarda spesso come oscilla la figura dell’estremo difensore. Voleva spiazzarlo e ci era riuscito, tranne che per l’estremità del suo corpo. Muriel allarga le braccia e si guarda intorno per capire se è tutto reale, poi si congratula col portiere.

Scommetto che ora vorreste sapere qualcosa in più su Lukas Hradecky. Innanzitutto sapere che è nato a Bratislava ma si è trasferito molto giovane in Finlandia perché il padre, pallavolista, ha accettato l’offerta di una squadra locale. Così Hradecky ha preso la cittadinanza finlandese e oggi è il portiere titolare della Nazionale. È cresciuto nel Turun Palloseura, la squadra di Turku, città in cui è cresciuto (personaggi noti nati o cresciuti a Turku: Rauno Aaltonen, Kaapo Kakko, Darude, Christina Krook, Niklas Moisander, Rasmus Rostolainen). Vi farà piacere sapere che anche i fratelli di Hradecky sono calciatori, Matej per esempio gioca nell’HIFK.


Che giocatore del Rennes sei

Baptiste Santamaria

La prima volta che ti sei innamorato è stato su una collina verde della Val d’Aosta. Eri sdraiato a goderti il sole, i tuoi genitori vicini. Avevi otto anni: eri così piccolo che ti sembra incredibile ricordare tanti dettagli, ma ciascuno di noi ricorda il proprio primo colpo di fulmine, no? Forse per l’altezza, forse perché non avevi mangiato, la visuale si disgregava in piccoli bruchetti. Poi, sfocato, hai visto un piccolo punto di luce, un baluginare. «Questo che a notte balugina nella calotta del mio pensiero, traccia madreperlacea di lumaca o smeriglio di vetro calpestato, non è lume di chiesa o d’officina che alimenti: chierico rosso, o nero». Era una farfalla. Hai dovuto aspettare due o tre anni per la tua prima collezione. Dieci anni dopo il tuo primo incontro avevi consacrato un’intera stanza della casa dei tuoi a Torino. Cinque anni dopo eri restio a prenderti un posto tutto per te perché non volevi separarti dalla tua collezione di farfalle. Hai aspettato il tuo primo lavoro vero, come architetto in uno studio, pagato e contrattualizzato, per prenderti una tua casa, abbastanza spaziosa da poterti permettere una stanza delle farfalle. Quando conosci una ragazza avresti davvero voglia di dirgli di venire sopra a guardare la tua collezione di farfalle, ma come farebbero a crederci? È il tuo piccolo dramma personale.

Martin Terrier

Le bombe, i palazzi diroccati, i morti nella televisione ti disperano per due motivi: odi la guerra per la guerra in sé, e odi la guerra perché distoglie l’attenzione dalla guerra che invisibile scorre tutti i giorni fra le terre, i mari e i monti di questa terra, quella della crisi climatica. Hai letto troppi libri e troppi saggi scientifici, hai visto le foto, quelle più dure, e non puoi più tirarti indietro. Non puoi più proteggerti dalla catastrofe, o quanto meno dalla sua idea. Ogni mattina riempi una bacinella d’acqua: ti servirà per le abluzioni del giorno. Vai al lavoro col monopattino (non elettrico); la sera invece di accendere il termosifone indossi un paio di maglioni, non mangi da carne da quindici anni, la domenica vai a pulire le spiagge della costa laziale, vedi certe cose che ti fanno venire le vertigini. Tua sorella - e anche la tua terapista - ti dicono che dovresti prendere distanza da certe cose, che ti stai circondando di negatività. A volte di notte ti svegli per un sogno ricorrente. Una pianta rampicante si avvolge sul tuo corpo, ti prende l’alluce, risale i piedi, ti accarezza le cosce e senti una specie di attrazione sessuale; poi quella ignora i genitali e ti arriva al collo, prima ti avvolge dolcemente, poi comincia a stringere, il respiro che manca, una notte nel mare aperto, ti svegli.


La partita di Maxence Caqueret contro il Porto

Magari ve la siete persa perché è arrivata all’improvviso, di mercoledì sera, in un’ora imprecisata del tardo pomeriggio, quando a tutto stavamo pensando tranne che all’Europa League. (Ma poi quando è successo che l’Europa League giocasse prima della Champions?). Caqueret si era messo in mostra nel miracoloso Lione di Rudi Garcia, arrivato nella semifinale di Champions League muta di un paio d’anni fa. «Ha l’argento vivo addosso» scriveva Daniele Manusia, per restituire l’impressione di vivacità, elasticità, forza di Caqueret a centrocampo: primo su ogni pallone, anche sui più remoti, frapponendo le sue gambe lunghe e più rapide del previsto. Contro il Porto, una delle squadre più fisiche d’Europa, è sembrato sempre un passo più avanti degli altri, sia nel pensiero che nell’azione. Eccovi degli highlights - Caqueret è un giocatore che sta bene negli highlights - in cui dribbla in mezzo a due, recupera palloni persi, intercetta, contrasta.


Sebastiano Esposito contro la scrittura a mano




Il gol più giovedì sera: Bibras Natcho

Virilità: 1

Assurdità: 10

Anti-epicità: 10

Paura della morte: 10

Eccoci qui a parlare di Bibras Natcho, una delle “genti meccaniche, e di piccol affare” di questo universo. Natcho con la sua presenza discreta ma costante, il suo nome da libro fantasy e il suo cognome da snack. Nato a Kfar Kama (letteralmente: il villaggio di tartufi) nella Bassa Galilea, passato per il campionato israliano, russo, greco e ora serbo, una diaspora praticamente. 55 presenze in Europa League e mai nessuno che l’ha notato. Negli anni ha perso i capelli, la tonicità del fisico, l’aspetto giovane e immortale dei calciatori professionisti.

Ieri si è avventato su un pallone vagante al limite dell’area di rigore come ai bei tempi, se ci sono stati davvero dei bei tempi. Con il piatto destro l’ha sparato all’angolino: il suo decimo gol in Europa League, un bel traguardo. Mentre tutto lo stadio esultava l’abbiamo visto zoppicare, chiedere il cambio con una smorfia di dolore inconfondibile, avvicinarsi alla bandierina e piegarsi sulle ginocchia, lasciando intravedere i capelli grigi sempre più radi. L’età aveva richiesto il suo prezzo, dopotutto non si può vivere per sempre.




Un’azione che spiega abbastanza dettagliatamente cos’è la Conference League

Alcune cose notevoli da questa azione:

C’è una rimessa laterale sbagliata di almeno due metri

Su 12 tocchi, 12 sono di prima

In sei secondi ci sono 8 campanili

7 colpi di testa

una svirgolata

zero passaggi




Tomas Soucek x Rambo x l’Europa League

Nessuno è più dedito alla causa dell’Europa League di Tomas Soucek, un centrocampista di quasi due metri che gioca a calcio come se fosse uno sport più vicino alla lotta. Abbiamo imparato a conoscerlo con la maglia dello Slavia Praga, il suo picco proprio contro il Siviglia, eliminato dalla squadra polacca con un doppio confronto leggendario. Ieri è sceso in campo con la maglia del West Ham di nuovo contro il Siviglia, in testa una benda che sembrava una dichiarazione d’intenti. In realtà serve a coprire una delle ferite più recenti di Soucek, la cui vita sembra l’intervallo tra una ferita alla testa e un’altra. Se cercate "Soucek head injury" troverete migliaia di risultati, scene che fanno sembrare Chiellini un pivello. L'ultima è così splatter che non mi sento di mostrarvela, vi lascio però con questo collage.

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Vestiti come un tifoso dell’Eintracht Francoforte in trasferta a Siviglia

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La partita dei Glasgow Rangers, ma ripresa da un regista con velleità artistiche

La grammatica della regia sportiva può cambiare? Siamo abituati ad avere le stesse regole da decenni: telecamere posizionate in alto che riprendono il gioco nella sua interezza, telecamere a bordocampo per i primi piani e i dettagli, altre telecamere frontali per i tifosi. A Glasgow però stanno provando a cambiare qualcosa. Che ne pensate di questi carrelli usati dopo i gol per riprendere i tifosi? Un bel dolly? Vi viene il mal di mare? A voi la qualità vi ha rotto il cazzo?




Allan McGregor, the legend

I capelli spettinati dal gel effetto bagnato sono quelli di un ventenne rimasto intrappolato nel 2004 ma le occhiaie profonde intorno agli occhi, la barba incolta e lo sguardo disilluso tradiscono l’età di un giocatore che già le ha viste tutte. Allan McGregor ha firmato il suo primo contratto con i Rangers nel 1998, quando di anni ne aveva 16. Ieri, circa un mese dopo averne compiuti 40, ha tolto le castagne dal fuoco alla squadra scozzese per l’ennesima volta, in una partita molto più complicata di quanto il risultato non dica. «Alla luce della partita non ti aspetteresti un risultato simile», ha dichiarato l’allenatore dei Rangers, Giovanni van Bronckhorst, dopo aver visto l’arbitro annullare tre gol alla Stella Rossa e il suo portiere parare un rigore con un intervento spettacolare. Non è certo una novità per Allan McGregor che in tutta la sua più che ventennale carriera, che l’ha visto separarsi dai Rangers solo dopo il fallimento del club e tornarci (dopo aver indossato le maglie di Besiktas e Hull City) non appena ne ha avuto di nuovo la possibilità, ha parato ben 18 rigori, di cui quello di ieri a Aleksandar Katai è solo l’ultimo.

In totale McGregor ha giocato 12 stagioni con la prima squadra con i Rangers e, se questo non bastasse a renderlo già una leggenda della squadra, vi basti sapere che nella sua personale storia nell’Old Firm ha già parato quattro rigori, l’ultimo la scorsa stagione a Odsonne Eduard. Certo, ci sono stati alti e bassi: alcuni errori plateali, un paio di rossi per condotta violenta, di cui uno per un intervento con cui tre anni fa ha provato a dare un calcio sulla schiena a un giocatore dell’Hibernian dopo aver rinviato dal fondo.

“Ogni grande portiere ha momenti di assoluta follia”, dice l’utente YouTube Sean McNeill sotto questo video con grande saggezza ed è difficile dargli torto. Oggi persino McGregor ha i suoi hater, e anche nella tifoseria dei Rangers c’è chi lo vorrebbe sostituire con un portiere più giovane ogni volta che fa una sbavatura. Il portiere scozzese è agli ultimi mesi del suo contratto e non si sa ancora se gli sarà rinnovato. Chissà, forse una volta scaduto si toglierà i panni del portiere e salirà sugli spalti a sostenere la squadra: d’altra parte già assomiglia a un tifoso dei Rangers travestito da calciatore professionista e in un video della UEFA di un paio di anni fa aveva detto che all’interno della squadra quello che sarebbe andato in curva a fare i cori sarebbe stato lui. Nel frattempo McGregor rimane lì dov’è sempre stato a fare quello che sa fare meglio, mentre la storia parla per lui.




Una tragedia in 5 atti

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Il protagonista Paquetà prova l’elastico sul antagonista Pepe.

Il percorso dei due personaggi li avvicina inesorabilmente, si inizia a capire che lo scontro è inevitabile.

Il climax, lo scontro, il destino di Paquetà e Pepe si incrocia in una scena di grande tensione.

Dopo quel momento la vita dei due non sembra poter essere più la stessa.

Paquetà ritrova la felicità nell’idea stessa di Dio.




Tutti i modi in cui il PSV ha provato a perdere col Copenhagen

Ieri il PSV ospitava il Copenhagen a Eindhoven per una delle partite apparentemente più scontate di questa giornata, ma lo sappiamo cosa succede il giovedì sera, il sublime è sempre dietro l’angolo. La squadra di Roger Schmidt sembrava non poter fare a meno di farsi del male con le sue stesse mani, come nel seppuku di Mishima ma con l’effetto comico di Takeshi’s castle, e alla fine è riuscita a subire quattro gol controllando la gara per quasi tutto il tempo. Per lo meno non ha perso, ma il modo in cui l’ha fatto rimarrà nella storia di questa competizione (tanto è brevissima). Queste sono le tappe del suo suicidio.

Dopo cinque minuti il PSV è già sotto, lasciando Johanesson solo in mezzo all’area libero di dribblare il portiere. Dopo aver rischiato di subire subito dopo anche lo 0-2, Gakpo rimette la partita in equilibrio con un colpo di testa da vecchio numero nove. Le cose sembrano essersi rimesse apposto, adesso si può giocare con più tranquillità: impostiamo dal basso e arriviamo ordinati in area avversaria. Sono passati meno di due minuti dal pareggio di Gakpo, la palla viaggia placida da destra a sinistra davanti la difesa, ma quando il PSV prova a superare la prima linea di pressione, Veltman sulla mediana scivola su quella buccia di banana chiamata pallone e il Copenhagen può andare in porta. Biel riceve in area e realizza: 1-2.

Il PSV, però, non si disordina: dopo il secondo schiaffo si rimette apposto il gioco di posizione e ricomincia ad attaccare con calma. Azioni cerebrali fatte di passaggi in diagonale, movimenti senza palla studiati al millimetro, e finalmente Noni Madueke si libera in mezzo all’area. Il terzino inglese dopo aver chiuso un bel triangolo arriva a tirare al limite dell’area con lo specchio completamente aperto. 2-2? Ovviamente no.

Al 42esimo del primo tempo è già il momento di prendere contropiedi in tre contro zero da calcio d’angolo a favore. Sul calcio d’angolo nato da questo salvataggio sulla linea del PSV nascerà il gol dell’1-3 di Lerager (!).

Il PSV torna in campo per il secondo tempo con un altro spirito. Doan accorcia le distanze con un grande al volo da dentro l’area e la partita sembra miracolosamente riaperta. Sembra, per l’appunto, perché in realtà è tutto un espediente per vedere il PSV fallire occasioni incredibili come questa.

Basta così? Nient’affatto. Prima del momentaneo 3-3 non può mancare anche un rigore sbagliato.

Vabbè, il PSV è ancora vivo. Poco dopo, infatti, Gakpo riesce a farsi perdonare segnando il del 3-3 e rimettendo finalmente le cose appos…

…nooo! Sangaré ma cosa fai!

Ci deve pensare Zahavi a riportare il risultato per l’ennesima volta sul 4-4, questa volta definitivo. Adesso mancano i secondi 90 minuti. Lo so già cosa stanno pensando i tifosi del PSV: dai, senza regola per i gol in trasferta è come se fossimo sullo 0-0, ci basta una vittoria tranquilla, al ritorno sarà più facile. Eheh.


Ragazzi Alcolisti

I tifosi dell’AZ Alkmaar hanno attraversato il circolo polare artico per vedere la loro squadra perdere contro il Bodo/Glimt, una squadra con la barra obliqua nel nome e una forza quasi magnetica in Conference League, di cui è diventata una delle favorite. Insomma non il viaggio della vita per questi tifosi olandesi, ma almeno abbiamo scoperto che hanno un gruppo che si chiama Ragazzi Alcolisti, proprio così scritto in italiano.


Cose che accadono solo il giovedì

Obiettivamente sta diventando ridicolo tenere questa rubrica, adagiata sul fondo di un’altra rubrica, che a sua volta è piena di rubriche a cui abbiamo dovuto cambiare nome perché la Uefa ha pensato avesse senso inventare dal nulla una nuova coppa piena di squadre assurde tanto per rendere più difficile il nostro lavoro come se non bastasse che fuori c’è la guerra, un virus che potrebbe ucciderci, e dentro ci sono ore e ore di azioni guardate, momenti di assoluta noia all’interno di uno sport che è abbastanza noioso. Per il resto tutto ok, spero vi siate divertiti fin qui.

La conference League ma c'è qualcosa che non quadra

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L’Europa League ma come se il gioco del calcio fosse fatto solo da persone per bene che applaudono dopo ogni passaggio ricevuto

La Conference League, ma i cartellini gialli sono giganti (o almeno molto grandi) e li danno i tifosi dagli spalti

L'Europa League ma è una lezione sulla gestualità degli italiani

E pure sta volta, cortesemente, salutiamo.


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