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Foto di FRANCK FIFE / POOL / AFP
Calcio Daniele Manusia 21 agosto 2020 6'

Caqueret ha l’argento vivo addosso

Il Lione è uscito dalla Champions lanciando un altro giovane talento.

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Dopo sette minuti di partita, e almeno un’occasione limpida incredibilmente sprecata dal Lione, Bruno Guimaraes gestisce una palla difficile dentro la propria area, con il Bayern salito a pressare e le gambe lunghe e veloci di Alphonso Davies a poca distanza dalla palla. Per guadagnare un po’ di spazio si gira su stesso e arriva vicino alla rimessa dal fondo, con lo sguardo rivolto alla propria porta. Alzando la testa vede venirgli incontro Maxense Caqueret, il passaggio è preciso ma il controllo sciatto: il piatto destro di Caqueret è troppo aperto e la palla sfugge alla sua disponibilità entrando in quella di Goretzka che lo stava pressando. Prima ancora che sia anche solo immaginabile una qualche forma di pericolo, però, dopo solo un tocco di Goretzka, Caqueret torna sul pallone con un tempismo da pugile che colpisce di rimessa più forte di quanto sia appena stato colpito, e con il sinistro si riprende quello che era suo. Il centrocampista del Lione esce dall’area palla al piede e con un diagonale rasoterra lancia Cornet in contropiede.

 

Sembrava il classico errore giovanile che costa caro a tutta la squadra e che a posteriori spinge tutti a chiedersi se non si tratti in fondo di una moda, questa di far giocare giovani ventenni in contesti così importanti. Goretzka ha solo cinque anni in più di lui ma in termini calcistici sembra avere una vita intera di vantaggio, sembrava un Golia di un metro e novanta che aspettava al limite dell’area di mangiarsi il piccolo Davide, un metro e settantacinque, e se Caqueret arriva a settanta chili con i vestiti bagnati è tanto. I due giocatori riproducevano individualmente lo scontro simbolico tra il Bayern di Monaco, favorito per la vittoria del trofeo, e l’Olympique di Lione che nelle previsioni di quasi tutti sarebbe dovuto uscire agli ottavi con la Juventus.

 

Caqueret era alla sua diciottesima partita da professionista – una semifinale di Champions League disputata in partita secca, contro una squadra che aveva passato i quarti vincendo 8-2 contro il Barcellona, e che agli ottavi aveva fatto 7 gol in due partite al Chelsea.

 

Maxence Caqueret Vs Bayern Munichpic.twitter.com/fqEBlRpvef

— BNS Comps (@BnsComps) August 20, 2020

 

«Non penso che il mio fisico mi impedisca di essere efficace. Certo, ci devo lavorare sopra, ma penso che mi sia d’aiuto, ad esempio, per essere più tecnico. Io penso sia un vantaggio», ha detto Caqueret in un’intervista della scorsa stagione. Anche se di lui si parla da più di un anno, quando il Bayern ha battuto 7-2 il Tottenham lo scorso ottobre Caqueret giocava ancora con la seconda squadra del Lione. Rudi Garcia lo aveva fatto partire titolare qualche volta prima che il campionato si interrompesse bruscamente lo scorso marzo, poi da fine luglio lo ha fatto giocare sempre titolare: in finale di Coppa di Lega con il PSG, al ritorno contro la Juve, contro il Manchester City, contro il Bayern, senza mai sostituirlo. Contro il PSG, dopo i supplementari, ha anche segnato il suo rigore, il terzo. La capacità di compensare il dislivello fisico e mentale con i giocatori già maturi sembra un tratto della sua personalità. «Sapeva già fare tutto: controllare, passare, condurre la palla. Come un bambino che entra a scuola e conosce già l’alfabeto», ha detto di lui il suo primo allenatore.

 

L’occasione limpida incredibilmente fallita a inizio partita da Depay era nata dai suoi piedi. Al quarto minuto di gioco, dopo aver intercettato un passaggio di Thiago Alcantara, è finito sul centro-sinistra e ha giocato un diagonale rasoterra per Goretzka, lasciando un buco centrale. Caqueret ha tagliato la traiettoria con agilità, poi ha giocato velocemente una palla meno facile di quello che sembrava, di interno destro ma forte e rasoterra, per Depay, tra i due centrali del Bayern.

 

Il secondo gol del Lione contro il Manchester City è nato da un suo intercetto simile di un passaggio di Laporte, con Caqueret che scarica la palla a Aouar, che a sua volta serve Dembelé alle spalle dello stesso Laporte.

 

Dans la catégorie controle magnifique, vous ne devez en choisir qu’un.

CAQUERET ou POGBA ? pic.twitter.com/vowvz6QaaV

— J. Christophe Cesto (@JyssC) August 17, 2020

Al quarto d’ora di gioco, dopo che Toko Ekambi ha mancato per un soffio un’altra grande occasione da gol, colpendo il palo dopo essere rientrato da destra in area di rigore, solo davanti a Neuer, il Bayern spazza la palla e la difesa del Lione la respinge, Thiago la recupera e pensa di poterla gestire con calma, ma Caqueret gli si fionda addosso da dietro e lo pressa, gli impedisce di girarsi con l’esterno (anzi per poco non gli toglie palla) e lo spinge a passarla all’indietro al portiere. In un’altra occasione, a fine primo tempo, dopo essersi fatto togliere palla da Alaba con una spallata si è ritrovato in mezzo a un torello di giocatori del Bayern, non lontano dal calcio d’angolo: ha rimbalzato da un giocatore all’altro ma alla fine ha accorciato la distanza dalla palla fino a deviare il rilancio dello stesso Alaba e permettere a Bruno Guimaraes un recupero vicino all’area di rigore.

 

Sono azioni tipiche dell’energia che Caqueret mette in campo. Quella da cui ho cominciato contiene una delle poche sbavature della sua partita con il Bayern Monaco, giocata a grande ritmo, mettendo pressione ai giocatori avversari e resistendo a quella che loro mettevano a lui. Se il principio regolatore del calcio contemporaneo è l’intensità, nessuno meglio di un ventenne con l’argento vivo addosso è adatto a giocare ad alti livelli. E non c’è niente di più meraviglioso che vedere un calciatore così giovane già perfettamente a suo agio nel giocare ad alta velocità con l’uomo addosso, di prima o a due tocchi, controllando e orientandosi con in testa già il passaggio. Sempre equilibrato quando la palla è in possesso della sua squadra, con una tranquillità che neanche la pressione del Bayern ha scosso. Sempre aggressivo e feroce senza palla.

 

Caqueret dice di guardare i video di Iniesta in cerca di ispirazione. Ma il loro modo di ordinare l’azione è molto diverso. Con le nazionali giovanili, con i suoi coetanei cioè, si può permettere giocate rischiose e fantasiose (gioca numero 10) ma l’essenzialità di questa Champions si addice bene alla sua intelligenza.

 

Une des vidéos que j’étais le plus déçu d’avoir perdu, qui date de novembre dernier. Compilation de Maxence Caqueret. Joueur dont le talent et le manque de temps de jeu montre une fois plus que non, Bruno Genesio n’est pas un bon coach pour lancer des jeunes joueurs. #OL pic.twitter.com/mJZmfV5wDD

— Le chercheur de talents (@LeChercheurDT2) March 29, 2019

La divinità greca della gioventù, Ebe, era la coppiera dell’Olimpo, una cameriera, pur con un suo culto, che versava nettare e ambrosia a Zeus. Rudi Garcia ha detto che Caqueret «gioca per la squadra, fa giocare meglio i suoi compagni». A quanto pare la giovinezza per giustificarsi ha bisogno di essere al servizio di qualcos’altro. Eppure il Lione è arrivato in semifinale con Aouar e Bruno Guimaraes, che hanno 22 anni per uno, oltre a Caqueret che ne ha compiuti 20 a febbraio. Allora forse dipende da che tipo di giocatore stiamo parlando. Nel caso di Aouar è evidente che l’esperienza di alto livello fa molto di più di qualsiasi altra cosa, che venti partite in Champions o Europa League fanno più di una stagione intera in campionato, e per Caqueret sarà probabilmente la stessa cosa. Queste tre partite, più la finale della coppa di lega francese con il PSG, gli hanno fatto fare un altro salto in avanti. Da oggi è un giocatore da Champions, anche se il prossimo anno il Lione non giocherà neanche una competizione europea per la prima volta dalla stagione 1996/97.

 

Ci sono delle eccezioni, ovvio. Basta pensare a Renato Sanches che dopo un Europeo vinto da protagonista ha fatto non uno ma almeno un paio di passi indietro e solo quest’anno ha iniziato a riprendersi proprio nel campionato francese, nel Lille. Il passaggio dal Benfica al Bayern, dopo quell’Europeo, forse era stato il famoso passo più lungo della gamba, ma Renato Sanches ha ancora solo 23 anni. Caqueret non ha ragione per non continuare a crescere nella squadra per cui tifava da piccolo, con compagni giovani e un livello di competitività alto intorno a sé, in campionato come in Nazionale.

 

Se qualche delusione sarà capace di togliergli quella luce negli occhi che può essere il riflesso dei suoi capelli lucidi, impotatati all’indietro come nelle foto in bianco e nero dei calciatori di due secoli fa, come può essere il riflesso di quella sicurezza sfacciata che accompagna o dovrebbe accompagnare tutti i giovani, sarà solo l’ennesima vittoria dei cinici e dei materialisti che non permettono a nessuno di alzarsi a un centimetro da terra senza ricordargli che il sole scotta.

 

A 20 anni, la maturità di Caqueret, la perseveranza, la fiducia con cui gioca, sembrano quasi una provocazione. Il calcio che si gioca oggi, quello in cui il PSG distrugge il Lipsia e il Bayern il Barcellona, un calcio asfissiante che ti toglie il tempo e lo spazio per pensare, giocando novanta minuti come se la pandemia di Covid-19 abbia fatto capire persino a gente svogliata come Neymar che il piacere di giocare a calcio con giocatori forti come loro non è scontato, con la consapevolezza interiore del fatto che non c’è tempo da perdere, che se valiamo qualcosa dobbiamo dimostrarlo ora, ovunque ci troviamo. Ecco, quello è il calcio della generazione di Caqueret.   

 

 

Tags : champions leaguelionemaxence caqueret

Daniele Manusia, direttore e cofondatore dell'Ultimo Uomo. È nato a Roma (1981) dove vive e lavora. Ha scritto: "Cantona. Come è diventato leggenda" (Add, 2013) e "Daniele De Rossi o dell'amore reciproco" (66th & 2nd, 2020) e "Zlatan Ibrahimovic, una cosa irripetibile" (66th & 2nd, 2021).

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