Conosci la tua squadra di Europa League: Wolfsberger AC
Dicembre 1893, le giornate finiscono presto e Hugo Graf Henckel von Donnersmark è affacciato dalle mura del castello di Wolfsberger. L’attaccatura dei capelli sempre più alta per le preoccupazioni, si passa le dita tra i baffi folti come comandava l’Imperatore. A dicembre lo scenario è fiabesco: l’architettura in stile Tudor si imbianca e le alpi della Lavantthal sembrano disegnate con gli acquarelli. Il castello è stato ristrutturato qualche mese prima, è il simbolo del suo potere al centro della Carinzia, dove Hugo Graf Henckel von Donnersmark ha tutto: la sua famiglia, i suoi affetti e soprattutto le sue fabbriche dell’acciaio.
Ottobre 2019, il castello appartiene all’industria mineraria Kartner e nei sabati di giugno e settembre, nelle sue sale, si celebrano matrimoni. Wolfsberger è stata finora un tacito segreto fra gli appassionati della pace romantica dei paesaggi della Carinzia, ma adesso è tutto diverso: la sua squadra è in Europa League, e alla prima partita, in trasferta in Germania, ha distrutto il prestigioso Borussia Monchengladbach. Ora ci si prepara per l’esordio casalingo: i lupi del Wolfsberger ospitano i lupi della Roma. C’è solo un problema, che la Lavantal-Arena, con i suoi 7mila posti, non è in grado di ospitare partite di Europa League, e allora il Wolfsberger deve spostarsi nella vicina Graz.
Lo Stadio Graz-Liebenau fino al 2005 si chiamava Arnold Schwarzenegger-Stadion-Graz-Liebenau, un tributo a una delle personalità più note della regione. Dopo che l’ex governatore della California negò la grazia a un condannato a morte, però, i Verdi cambiarono il nome dello stadio. Pensate che coscienza civile in Carinzia.
Il Wolfsberger è una squadra senza pedigree, che ha galleggiato serenamente nelle categorie inferiori fino alla stagione 2011/12. In Erste Liga poi non è che abbia combinato molto, fino allo scorso anno dove si è piazzato a un onorevole terzo posto e si è guadagnato l’accesso in Europa League. All’esordio gli austriaci hanno dato una lezione al blasonato Borussia Monchengladbach vincendo 4-0 e mostrando un calcio brillante in transizione e una grande organizzazione sui calci piazzati. Il tecnico Gerhard Struber è cresciuto nella scuola Red Bull - ha allenato sia vari livelli delle giovanili del Salisburgo che il Liefering, una squadra satellite - e gioca con un rombo che occupa benissimo gli spazi. Il numero 10 è il veterano Michael Liendl, la stella l’attaccante israeliano Shone Weissman, il giovane più interessante è invece il centrocampista in prestito dal Werder Brema con il nome da videogame fantasy: Romano Schmid. Attenti ai lupi.
Una birra per una squadra: Rosenborg - Dahls
Nel 1950 Eric Christian Dahl, figlio di mercanti, acquistò la Sugarhouse sulla Kalvskinnet a Trondheim per 6200 corone. Ci mise sei anni di lavori a convertire lo stabile in un birrificio, ma nel 1856 finalmente la prima bottiglia di birra vide la luce.
Dahl morì a 68 anni senza moglie e senza figli, lasciando tutto alla sua fondazione (ancora in attività) che si occupa di bambini disabili. Eccovelo in una vecchia foto dove sfoggia il classico look di Trondheim: capello liscio liscio appiccicato sulla testa, zero baffi, barba riccia riccia lunga fino all’ombelico.
Da quel momento, comunque, sulla baia non si è mai smesso di bere birra Dahl. La prima birra di successo è stata la Bayerol, una dunkel scura in stile bavarese, presto soppiantata per popolarità dalla pils. Lo stile di birra che va per la maggiore in tutta la Norvegia a dire la verità. Oggi Dahl appartiene al gruppo Carslberg e a Trondheim, tra le case strappate al livello del mare, la birra è ovunque. Costa molto - una pinta sui 7 euro, una latta da 0,5 al supermercato anche 3 euro - ma se hai uno stipendio norvegese non dovrebbe essere un problema. I suoi peggiori detrattori descrivono il suo gusto su RateBeer come “dolce e metallico” e ha una poco onorevole media di 2 stelle su 5. Tuttavia non ci aspettiamo certo una birra migliore mentre guardiamo le partite del Rosenborg. La birreria organizza anche delle visite guidate, qui trovate tutte le informazioni.
Organizza la tua trasferta: Bratislava
Dal 24 al 26 ottobre
Costo: 210 euro vitto e alloggio
Forse pochi di voi sanno che il nome Bratislava è stato scelto tramite un concorso pubblico tenuto il 6 marzo del 1919. Bisognava trovare un nome alternativo al tedesco Presporok e segnare la fine della dinastia Asburgica. Letteralmente Bratislava significa “Il castello di Braslav”, e chi era Braslav? Il duca di Pannonia nel IX secolo, una regione nel cuore dell’impero austro-ungarico anticamente abitata dagli Avari.
Bratislava è stata una crocevia di culture, lingue e religione, ed è oggi l’unica capitale al mondo al confine tra due stati. È stata per lungo tempo capitale del Regno d’Ungheria, simbolo del meltin pot dell’impero austro-ungarico. Tutte queste cose magari le sapete, e dovrebbero bastarvi a convincervi a partire per Bratislava tra un paio di settimane, quando lo Slovan affronterà il Wolverhampton.
Allora partiamo giovedì 24 - giorno della partita - e torniamo il sabato (risparmiamo i soldi di una notte fuori e ci prendiamo un giorno di decompressione prima del ritorno al lavoro, che comunque fa piacere). Dovrete atterrare a Vienna e da lì prendere un treno che ci mette un’ora e mezza. Gli aerei sono a 70 euro andata e ritorno (da Milano); di treno ne spenderete una quarantina. Per dormire vi ho trovato un piano alto in centro, interni tutti in legno come se foste in una stube in trentino: due notti poco più di 100 euro compresi i costi di pulizia. Pazzesco.
Giovedì tutto impegnato per la partita. Venerdì fate visita al castello, e tornando, attraversando il quartiere ebraico, fermatevi nella casa più stretta dell’Europa centrale. Dentro ci troverete il museo degli orologi. Dopodiché avete fatto il vostro, dedicatevi alla birra, che rimane una delle cose più belle di Bratislava.
Sergej Milinkovic-Savic è ancora il giocatore più determinante della Lazio
Le prestazioni di Savic sembrano viaggiare su di una montagna russa impazzita. In alcune partite sembra semplicemente uno dei centrocampisti migliori al mondo, un concentrato di fisica e tecnica costruito in laboratorio, in altre occasioni invece sembra perdersi per il campo, sempre alla ricerca della giocata più difficile e risolutiva. Detto questo il centrocampista serbo ieri sera ha dimostrato una volta ancora, di essere il giocatore più importante di questa Lazio.
Entrato al minuto 53 per Cataldi, dopo aver visto Morel segnare il gol del vantaggio del Rennes senza nemmeno toccare un pallone, Savic è salito in cattedra giocando 35 minuti di grandissimo calcio e risultando più che determinante nella rimonta della Lazio.
Schierato nella posizione di mezzala destra, molto avanzata, Savic è sembrato fin dal primo pallone toccato davvero molto ispirato. Nella sua partita ha segnato il gol del pareggio, con un sinistro di prima intenzione da dentro l’area di rigore; ha servito l’assist per il gol vittoria ad Immobile, con un preciso cross dalla trequarti, teso e a rientrare come tutti i cross dalla trequarti dovrebbero essere; ma ha anche vinto 3 duelli aerei e servito una serie di passaggi di prima in verticale che hanno permesso ad una Lazio statica di velocizzare il proprio attacco (dall’ingresso suo e di Luis Alberto, la Lazio ha creato 9 attacchi e avuto il 72% di possesso palla tra il gol del Rennes e quello del pareggio).
https://twitter.com/JosRodriguez37/status/1180044314728161280
Savic è stato quindi fondamentale per recuperare una situazione di svantaggio pericolosa, quando una sconfitta avrebbe voluto significare probabilmente un addio prematuro ai sogni europei della Lazio. Lo ha fatto alla sua maniera (verso la fine della partita ha bullizzato due avversari controllando un pallone difficile, tenendoli a distanza e poi servendo di tacco Lazzari sulla corsa) e la speranza dei tifosi della Lazio è che questo accada sempre più spesso: cambierebbe di certo la stagione della squadra di Inzaghi.
La mini crisi internazionale di Dudelange-Qarabag
Se pensavate che il Dudelange fosse utile solo a farci scrivere in questa rubrica sull’Europa League, beh, vi sbagliavate di grosso. Ieri, circa alla mezz’ora del primo tempo, quando il Qarabag aveva già segnato due gol agli avversari lussemburghesi, ha iniziato a sorvolare il campo un piccolo drone a forma di ragno, con appesa una stretta e lunga bandiera della Repubblica dell'Artsakh. Scatenando una mini crisi internazionale in salsa Europa League.
La Repubblica dell'Artsakh è uno stato a maggioranza armena autoproclamatosi indipendente dall’Azerbaijan agli inizi degli anni ‘90 a seguito del famigerato conflitto del Nagorno-Karabakh, come gli azeri chiamano quella regione. E la sua bandiera è sostanzialmente quella armena, con in fondo una specie di scalinata bianca a V che simboleggia la divisione dalla madre terra (cioè l’Armenia) e il pattern tipico dei tappeti tradizionali della zona.
Mostrarla sulle teste dei giocatori del Qarabag aveva un preciso intento simbolico. Il Qarabag, infatti, nasce inizialmente come squadra localizzata ad Agdam - città del Nagorno-Karabakh diventata fantasma a seguito della conquista delle forze armene e adesso facente parte proprio della Repubblica dell'Artsakh. E proprio per via del conflitto del Nagorno-Karabakh il Qarabag è dovuto trasferirsi da Agdam a Baku, la capitale dell’Azerbaijan, lo stato che si contende la regione con l’Armenia.
L’arrivo del drone ha costretto l’arbitro a interrompere la partita trasformandola nella versione Europa League della più famosa partita interrotta da un drone, quella tra Serbia e Albania dell’inverno del 2014. Niente pioggia di oggetti sul campo, niente rissa in mezzo al campo, niente polizia antisommossa sulla pista d’atletica, quindi: solo i giocatori del Qarabag che provavano ad abbattere il drone a pallonate, non riuscendoci nemmeno per sbaglio.
https://twitter.com/ilynhenke/status/1179843156155813888
In Lussemburgo, secondo l’Eurostat, ci sono tra le 83 e le 103 persone di etnia armena ed era veramente difficile pensare che ce ne fosse uno tra queste che potesse pensare un’azione dimostrativa di questo tipo. Sarà perché il Dudelange ha battuto la più importante squadra di Armenia (l’Ararat) ai preliminari, sarà per la magia dell’Europa League, non possiamo saperlo. Fatto sta che il Qarabag ha cercato di avere l’ultima parola in questa guerra di simboli: prima festeggiando con la bandiera azera sotto il settore ospite a fine partita, poi pubblicando sul proprio account Twitter in inglese questa GIF.
https://twitter.com/FKQarabaghEN/status/1179845373306839040
Certo, se scorrete sotto questo cavallo che corre all’impazzata su una spiaggia montato da una ragazza in piedi che tiene la bandiera azera, troverete decine di altre bandiere della Repubblica dell'Artsakh. È così che funziona internet, nessuno ha mai veramente l’ultima parola.
Lo stadio più FridayForFuture dell’Europa League è l’Estádio Municipal de Braga
Se siete appassionati di Europa League sensibili al tema del cambiamento climatico - e siamo certi che lo siete - sappiate che vi restano solo un paio di settimane per visitare l’installazione curata da Klaus Littmann all’interno del Wörthersee-Stadion di Klagenfurt (anche se dovrete fare a meno di godervi le prodezze di Weissman, ma mica si può avere tutto. Non siamo sicuri, peraltro, che allo shop dello stadio vendano ancora maglie del Wolfsberger biodegradabili).
Se invece, oltre al rispetto per l’ambiente, non volete proprio mancare la gioia di vedervi una partita, allora Novembre è il mese per visitare Braga (il 7 arriva il Besiktas e il 28 il Wolverhampton, però mettete in valigia un impermeabile e le calze pesanti) e il suo Estádio Municipal, in assoluto il più ecofriendly dell’Europa League, se non d’Europa tout court.
Se avete pensato «Ah, ma quello che non hanno fatto in tempo a finire» siete persone malvagie. (Foto di Gualter Fatia / Getty Images).
Ricavato da un ex cava del Monte de Castro, una formazione granitica che si staglia possente sulla “Roma del Portogallo” (che è il soprannome di Braga, anche se fonti locali ci assicurano che non ha a che vedere con la gestione dei rifiuti), l’Estádio Municipal è stato progettato da Eduardo Souto de Moura, archistar lusitana che per il concepimento di questo gioiellino di architettura simbiotica con il paesaggio ha ricevuto nel 2011 anche il Pritzker, un premio così prestigioso che potremmo dire che sta all’Europa League come il Nobel sta alla Champions League.
Il Municipal ha soltanto due gradinate laterali, coperte da tettoie sospese collegate - e tenute in tensione - tra loro da cavi d’acciaio, e al posto delle curve ha una parete di granito con una folta vegetazione ipogea da una parte, e una boscaglia che lascia intravedere il fiume Cálvado sullo sfondo dall’altra. Per convincervi definitivamente a farci un salto vi lascio qualche riga estrapolata dai Cadernos Azuis (Quaderni Azzurri), il memoriale che Souto ha tenuto durante la sua carriera, dedicata proprio al Municipal:
«Come combinare l’evacuazione in meno di otto minuti di 15.000 persone dai due settori della bancata Est e di 7.500 persone dal settore inferiore della bancata Ovest in condizioni di sicurezza, secondo le norme della UEFA, facilitando il più possibile l’uscita dal percorso sotto il campo ed ammettendo l’ingresso degli spettatori disabili alla quota del campo?
S A T O R
A R E P O
T E N E T
O P E R A
R O T A S
È stata una notte di combinazioni, diagrammi, alfabeti insufficienti. All’alba è finalmente possibile un sistema di rampe e di scale efficiente. Ascoltiamo Gould che suona J.S. Bach.».
Wow.
L’oroscopo di Niang - venerdì 4 ottobre / giovedì 24 ottobre
Torna l’oroscopo tenuto dal famoso attaccante e astrologo Mbayé Niang. Se vi siete persi la prima puntata vi rispieghiamo brevemente di cosa si tratta: i venerdì post-Europa League Niang interpreterà le congiunture astrali a proposito di 5 segni legati a 5 giocatori di Europa League passati e presenti (l’oroscopo, esatto). Niang è qui per dirvi cosa vi aspetta nelle prossime tre settimane, quelle che ci separano dal prossimo turno di Europa League.
Leone – Rafael Forster
A causa di Karius in Sagittario l’amore è un disastro: il vostro partner vi lascia, il motorino si ferma, salta internet nel vostro quartiere. Non datevi per vinti però, vi consigliamo di approfittarne per fare un viaggio tra i boschi della Transilvania, giusto in tempo per assistere a Cluj e Rennes.
Bilancia – Diego Costa
Avrete tre settimane pazzesche, dentro le quali statisticamente festeggerete il vostro compleanno. Vi regaleranno una maglia di Shapi del Krasnodar e un drone con cui far volare bandiere sopra stadi troppo piccoli. Occhio a non alzare il gomito.
Sagittario – Manuel Lazzari
Lunedì piove, martedì piove, mercoledì incontrate Vennegoor of Hesselink sull’autobus, giovedì piove.
Ariete – Marius Lundemo
Non potete dedicare tutta la vostra vita a lavoro. Iscrivetevi ad un corso di falegnameria giapponese e cambierete totalmente l’approccio alla vostra vita. Se nella vostra città non fanno questo tipo di corsi, va bene anche un corso prenatale al consultorio.
Cancro – Vid Belec
Andate a vedere Joker al cinema con una persona a cui volete bene e poi parlatene male, anche se segretamente lo avete adorato.
Gabigoal quello vero, finalmente?
Siamo i primi a riconoscere che sarebbe ingiusto sovraccaricare di pressione questo ragazzo di diciotto anni che diventerà sicuramente il più forte calciatore al mondo, multivincitore di Palloni d’Oro, ma sarebbe anche da miopi non soffermarci un secondo sulla prestazione di ieri sera contro lo Standard Liegi dell’erede di Pelè, cioè Gabriel Martinelli, aka GabiGOAL (che chiamerò così, con le maiuscole per distinguerlo da Gabriel Barbosa, che intanto si sta giocando l’accesso a una finale di Libertadores, comunque).
DEAL WITH IT.
A diciotto anni, tre mesi e otto giorni, vale a dire solo nove giorni fa, Gabriel Teodoro Martinelli Silva ha fatto il suo esordio da titolare con l’Arsenal: nel 5-0 di Coppa di Lega con il Nottingham Forest ha segnato una doppietta, aprendo e chiudendo la mattanza dei Garibaldi Reds. Ieri sera, segnando due reti (distanziate da appena 131 secondi l’una dall’altra), è diventato il più giovane Gunner a scrivere il proprio nome sul tabellino delle competizioni europee per più di una volta nella storia dell’Arsenal.
Sette tiri in porta, un assist, cinque chances create e cinque recuperi di palla: una serata, come si dice, da incorniciare per questo brasiliano tutt’altro che semisconosciuto, che l’Arsenal ha prelevato dall’Ituano vincendo la concorrenza del Barcellona, tra le altre, e che dice di ispirarsi a Cristiano Ronaldo per i movimenti senza palla e per la tendenza a attaccare gli spazi.
Sì, lo sappiamo che fremete per il play-by-play della sua serata. Eccolo!
3’: con Willock che converge dalla fascia sinistra GabiGOAL manda al manicomio Zinho Vanheusden: lo mesmerizza fintando di andare verso il dischetto, anzi torno indietro, ma no taglio la profondità verso la bandierina sinistra. A Willock intanto si spalanca di fronte una prateria.
5’: ruba palla a Cimirot, uno con lo sguardo molto triste, lo disarciona proprio, poi punta l’area.
12’: Zinho ormai comincia ad avvertire quelle cefalee che preannunciano le serate disastrose. Galleggia al limite della sua area, tiene d’occhio GabiGOAL, poi ci ripensa, ma guarda se devo perdere tempo con sto diciottenne, anzi sì, fammelo controllOH WAIT: GabiGOAL lo anticipa sul primo palo e con un’incornata segna il suo primo goal.
14’: Willock sembra perdere palla sull’out sinistro, poi con una giravolta riesce a involarsi e mettere la palla al centro. GabiGOAL arriva sul pallone insieme a Zinho, ma siccome è in Re Mida Full Effect dal contrasto esce fuori una palla che rimane ferma, come imbalsamata, che non aspetta altro che farsi accarezzare dal tiro a giro di destro. Secondo gol.
47’: GabiGOAL riceve palla sulla trequarti ed è SOLO, nel senso che intorno ha il deserto: come se fosse un appestato, o un Dio iracondo al quale nessuno vuole pestare i piedi, o il tuo boss un venerdì in cui gli girano particolarmente. Il tiro forse è un po’ affrettato, ci stava anche l’assist per Willock.
52’: Zinho tira una specie di sospiro di sollievo, perché non c’è niente che non va in lui: anche Laïfīs subisce lo stesso trattamento di ipnosi, si perde GabiGOAL che in scivolata non riesce però a segnare la sua tripletta.
56’: Zinho ripiomba in depressione quando GabiGOAL cerca di farlo fuori con un tunnel di tacco. Poi l’azione va avanti, Gabriel si propone sul vertice destro dell’area, si allunga troppo la palla ma riesce a difenderla. Scambia con Maitland-Niles, che gli restituisce un pallone ricoperto di glitter con l’esterno e GabiGOAL diventa per un attimo GabiASSIST scodellando con un pallonetto pregevole l’assist per Dani Ceballos.
75’: Zinho sta contemplando l’omicidio. O il suicidio. Tiene per un braccio Martinelli al centro dell’area come se volesse portarlo con sé nell’oblio, o supplicare il suo perdono, non si capisce.
81’: Vojvoda si unisce al club dei derisi della serata quando GabiGOAL lo supera con un tocco di destro in controtempo e successivo aggiramento. Tre tocchi e appoggio a Pepé, che ci arriva con una sufficienza onestamente non all’altezza del pregio di chi gli ha fornito l’assist.
84’: Largo sulla sinistra GabiGOAL riceve un pallone che addomestica con un gioco di tacco che lo fa davvero somigliare al giovane Cristiano Ronaldo mancuniano. Ma se Zinho è un ragazzo sensibile, e Laïfīs un intellettuale appassionato di ditirambi della tradizione cipriota, Vojvoda al contrario è quel tipo di ragazzo al quale non lanceresti una provocazione vicino al punchball del Luna Park. Al pestone segue qualcosa che potrebbe essere un rimprovero o uno sputo, vedete voi.
In novanta minuti, insomma, Gabriel Martinelli è riuscito ad attirarsi tutto l’amore e l’odio che giocatori più normali, tipo lui, impiegano una carriera a racimolare. Ma lasciamogli tempo: ne ha ancora di strada da fare, GabiGOAL, per diventare uno dei giocatori più Europa League.
La Cina è vicina
L’Espanyol ha espugnato la VEB Arena battendo 2-0 il CSKA Mosca, e se del gol che ha sbloccato il risultato vi è rimasto impresso che è stato segnato dal cinese Wu Lei e non grazie a un assist del “Monito” Vargas è perché di assist brillanti di giovani argentini promettentissimi ce ne sono un tot ogni anno, mentre di reti di cinesi in una competizione europea no.
https://twitter.com/OptaJose/status/1179827187568037888
Wu Lei, a voler essere precisi, è stato il primo cinese a segnare nella fase finale di una competizione europea: prima di lui, infatti, era riuscito a iscrivere il proprio nome nel tabellino di una partita di Europa League Wang Chu, trequartista con una carriera garibaldina tra Lussemburgo e sottobosco calcistico portoghese, capace di segnare un gol (anche pregevole) per il Jeunesse Esch sull’ostico terreno del TPS Turku, gol dopo il quale alcuni tifosi finlandesi, forse in segno di protesta, forse semplicemente perché gli era scaduto il parcheggio, se ne erano andati mestamente a casa.
Il primo ottobre Pechino ha festeggiato, con una grande parata militare e un dispiegamento di forze belliche senza precedenti, il settantesimo anniversario della Fondazione della Repubblica Popolare.
Ieri Wu Lei si è imposto come il primo cinese a segnare in una competizione europea.
Coincidenze? Non credo.
Karsdorp ti può svoltare anche una serata cominciata male
Nell’immaginario collettivo degli Anni Novanta attorno al pianeta Feyenoord gravitavano una serie di satelliti ben definiti, riassumibili in una lista non esaustiva che comprende la techno-hardcore dei Rotterdam Terror Corps, le scarpe Buffalo, le tute Australian, caratteri gotici, le Air Max, tagli di capelli radicali, un generico quanto autentico fascismo (cit.), Pierre Van Hojidoonk, le felpe della Napapijri.
Rivedere uno di quei giacchettini camo con la bandierina norvegese (anche se napapiiri, che significa “Circolo Polare, è una parola suomi) in tribuna al De Kuip, ieri sera, è stata una preziosa madelaine.
A indossarla è un tifoso tutto felice di essere coi suoi migliori amici in curva, a godersi una partita importante e prestigiosa, contro il Porto, che ancora non sa che vincerà 2-0.
Il nostro tifoso, insomma, ignora che quella sarà una serata speciale, ben oltre ogni più rosea aspettativa, ma è comunque pervaso da un entusiasmo immotivato, contagioso, che lo porta a dare, dopo una mezz’oretta di birre e risate, un mezzo buffetto al suo amico. Il quale, nella giocosità dei cuccioli d’uomo che si prendono a sberle per scherzo, gli rifila un cazzotto col sinistro che ogni VAR avrebbe sanzionato col rosso.
https://twitter.com/btsportfootball/status/1179826651703730176?s=21
L’immagine che segue, Napapijri che si tampona il naso con un fazzoletto e tuttavia non perde l’animo di incitare i suoi, è un bel manifesto di amore per gli amici e per i colori della propria squadra, ma anche di quanto - a volte - sappiamo essere scemi. E di quanto sia vero che sic transit gloria mundi: anche una serata in cui t’hanno quasi sfondato il naso può diventare meravigliosa, se addirittura può segnare Rick Karsdorp con una serpentina à la Messi.
Quando il social media manager di un club turco fa il simpatico con il social media manager di un club tedesco, il social media manager del club turco è un social media manager morto
Un po’ come succede a me quando Emanuele e Marco mi chiedono di scrivere qualcosa per questa rubrica, allo stesso modo sui social media manager delle squadre che ogni anno si trovano nello stesso girone del Borussia Moenchengladbach cala come un senso di ansia da prestazione che li porta, presto o tardi, a cascare nel tranello del post Ora Vediamo Di Fare I Simpatici Con Il Fatto Che Scrivere Il Loro Nome Sia Così Complicato™.
Diciamolo subito: dal club di Erdoğan non ci aspettavamo uno sbracamento del genere, speravamo mantenesse un certo aplomb istituzionale, invece niente da fare, eccoli anche loro alle prese con il divertentissimo siparietto della lavagna che incute timore (molti kudos invece per l’inside joke della scelta del Minuetto e Badinerie dalla Suite n.2 di Bach come colonna sonora).
https://twitter.com/IgnacioOstertag/status/1179835642718703617
Come a voler sfidare in una battle di barzellette Berlusconi o in una challenge di rovèghe Moussa Sow, chiaramente il Başakşeir si è messo in un cul-de-sac dal quale come sarebbe potuto uscire, se non umiliato?
https://twitter.com/borussia/status/1179052548185038850
Insomma, 1-1 e palla al centro. Un po’ come è successo allo stadio Fatih Terim ieri sera.
(Poi magari l’anno prossimo facciamo che il Borussia capiti con Braga, Astra e Astana, così vediamo dove vanno a parare?).
Chi sa solo di Europa League, non sa niente di Europa League
Ha detto Antonino Cannavacciuolo che “Le parole non riempiono. Solo se il piatto è buono si può parlare di filosofia dopo”. L’Europa League - crediamo - si troverebbe d’accordo con il pantagruelico cuoco della tv, perché - va bene - in giro per il vecchio continente si è fatta grande filosofia, ma anche e soprattutto grande cucina. Come avrete oramai capito ogni squadra è una città e ogni città è un piatto, ma anche: ogni squadra è un giocatore dal nome strano e ogni giocatore dal nome strano potrebbe essere un piatto, se non siete abbastanza attenti. Il quiz di questa settimana è quindi un (gradito?) ritorno: gioca a centrocampista o piatto tipico?
1) Rieks
Centrocampista sinistro del Malmo FF o biscotti al burro e cannella tipici di Malmo?
2) Sarmale
Centrocampista centrale del Cluj o involtini di cavolo farciti tipici della zona della Napioca?
3) Schweinebraten
Ala ultratrentenne tedesca del LASK oppure un arrosto di maiale servito con una salsa e degli gnocchi?
4) Canbaz
Esterno sinistro del Trabzonspor o spiedino di agnello tipico di Trebisonda?
5) Chorniy
Centrocampista del PFK Oleksandrija o secondo piatto a base di patate e carne macinata tipica della città di Oleksandra?
6) Naco
Trequartista portoghese in forza al Vitória o filetto di vitello tipico di Guimaraes?
7) Koopmeiners
Promettente centrocampista dell’Az Alkmaar o zuppa di piselli e pancetta tipica di Alkmaar?
Risposte:
1)Søren Krucov Rieks: nell’estate del 2017 è passato a parametro zero dal Goteborg al Malmo venendo pesantemente criticato.
2)Sarmale de post: involtini di cavolo farciti con un composto di carne trita, riso, uovo e semolino.
3) Schweinebraten mit knödel: arrosto di maiale tipico delle feste, servito con degli gnocchi tipo canederli.
4) Ahmet Canbaz: centrocampista turco nato ad Hannover, nel giro della Nazionale U21.
5) Artem Chorniy: centrocampista ucraino cresciuto nel MFC Mykolaiv.
6) Naco à Conquistador: filetto di vitello servito con i migliori prodotti delle terre di Guimaraes, ma soprattutto con una piccola spada infilata tra le fibre della carne.
7) Teun Koopmeiners: giovane mediano cresciuto nell’AZ con il vizio del gol. In estate Tare sembrava interessato a portarlo alla Lazio.
Coreografia dei tifosi del Saint-Etienne
https://twitter.com/ASSEofficiel/status/1179802826823946240
I tifosi del Saint-Etienne sono conosciuti per il modo magniloquente e coreografico con cui usano agghindare la loro curva nelle partite importanti. E cosa c’è di più importante della prima partita di Europa League in casa?
Diversi i messaggi lanciati dai tifosi, il primo ai tifosi del Wolfsburg con la scritta “Ricorda che esiste un solo club verde e bianco” (le due squadre hanno gli stessi colori sociali), il secondo invece - più spettacolare e centrato sull’Europa League: sullo sfondo un cielo irradiato da raggi bianco e verdi a sormontare un mare celeste dove una barca naviga verso il trofeo dell’Europa League protetta da un gigantesco Cristoforo Colombo. Sotto la scritta On ne va jamais aussi loin que lorsqu’on ne sait pas où l’on va ovvero una frase attribuita al navigatore genovese che può essere tradotta così: non andiamo così lontano come quando non sappiamo dove stiamo andando.
Il gol più Europa League: Leonardo Spinazzola
https://twitter.com/SkySport/status/1180014689322971138
Virilità: 0
Assurdità: 9
Anti-epicità: 10
Paura della morte: 9
Insomma abbiamo provato a spiegare più volte che il gol più Europa League non è un gollonzo, una rete in cui il pallone sfida le leggi del caso per finire nel modo più buffo possibile in rete, tuttavia - soprattutto nei primi turni di ogni nuova Europa League- i calciatori in campo si impegnano per creare qualcosa di assurdo e catastrofico che non possiamo non citare in questa rubrica.
Il gol di Spinazzola sembra voluto da una mano superiore che muove i fili dell’Europa League: l’esterno della Roma colpisce una prima volta il pallone di testa, ma questo finisce sulla spalla di Ritzmaier, per rimpallare di nuovo sulla fronte di Spinazzola e schizzare verso l’angolo alla sinistra del portiere, dove l’uomo predisposto a coprire il palo non è che fa proprio un lavoro accurato.
Ecco quindi materializzato un gol che, ci pare, possa accadere solo il giovedì, in serate fresche e umide, in stadi mezzi vuoti della mitteleuropa. Sono gol che continueremo a vedere ancora per qualche mese e che quando le cose si faranno serie (dagli ottavi in poi diciamo) ci mancheranno come gli amici scemi del liceo.
Cosa ha tatuato Vanja Milinkovic-Savic dietro al collo?
(Foto di Sebastian Frej / MB Media / Getty Images).
Vanja Milinkovic-Savic è soprattutto conosciuto per essere il fratello di Sergej, ma ha fatto anche altro nella vita, soprattutto cose strane: una volta in Coppa Italia ha preso una traversa su punizione (è strano perché è un portiere), ad Halloween ha girato per le strade di Ferrara indossando una maschera da giraffa, indossando una tunica e impugnando una pistola.
Ma niente di paragonabile al tatuaggio di due occhi, due sopracciglia ed un accenno di naso che ieri sera spuntava dal suo colletto mentre l’Arsenal lo bombardava di tiri. Il più giovane dei Milinkovic-Savic infatti da questa stagione è il portiere dello Standard Liegi, un mestiere piuttosto difficile ieri sera. Ma non divaghiamo di chi o di cosa sono gli occhi tatuati sul collo di Vanja?
Di Vanja Milinkovic-Savic
Per quanto assurdo possa sembrare, è forse la soluzione più logica: Savic si è tatuato i propri occhi dietro al collo perché un portiere deve vedere tutto, avere i classici “occhi dietro la testa” (in questo caso collo, perché gli occhi dietro ai capelli non sono molto utili).
Di Sergej Milinkovic-Savic
Amore fraterno, invidia per il talento, scommessa da ubriachi. Tre motivi abbastanza validi da spingerlo ad immortalare per sempre lo sguardo del fratello sul proprio collo.
Dello zio Vanja
Se ti chiami Vanja, conoscerai sicuramente una delle opere più famose di Anton Checov. Senza entrare troppo nel dettaglio, questo zio vive in campagna, manda avanti una tenuta agricola con la nipote Sonia, ma soprattutto ad un certo punto spara.
Un’opera struggente e significativa, un protagonista sfaccettato e turbolento che tutti vorremmo tatuarci dietro al collo (anche se non esiste una versione figurativa dello zio Vanja, chissà a chi si è ispirato).
Sfruttamento bambini?
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Non è un buon momento per il Manchester United, che arrivava al giovedì di coppa con 6 sconfitte e 3 pareggi nelle ultime 9 in trasferta. Tuttavia è pur sempre il Manchester United, una delle squadre più forti del mondo (almeno nelle classifiche di guadagni e tifosi). L’AZ avrà pensato quindi che ogni mezzo era lecito per fiaccarne la resistenza, anche i più subdoli.
Il malcapitato è stato Daniel James, che secondo Wikipedia è alto 170 centimetri, ma che - è evidente - è almeno 5-6 centimetri più basso di Mata che a sua volta dovrebbe essere alto 170 centimetri. Ora senza metterci a prendere le misure, possiamo dire che l’altezza non è la caratteristica di Daniel James, mentre invece lo era della mascotte che gli hanno affidato all’ingresso in campo. Un bambino che promette di diventare molto alto, almeno a guardare la differenza con tutti i suoi colleghi e che sembrava più in imbarazzo di James mentre gli si stagliava davanti oscurandone la visuale.
Una mossa forse casuale da parte dell’AZ o forse no: forse hanno appositamente sfruttato un bambino troppo alto per la sua età per mettere in imbarazzo un calciatore professionista, il tutto per guadagnare un vantaggio psicologico in una partita di Europa League. Beh che dire: tanto di cappello.
Che si sono detti Pepe e Nakajima?
A prima vista Pepe e Nakajima sembrano le due persone più distanti sulla terra: collerico, scoordinato e feroce uno; leggero, rapido e quieto l’altro. Le loro strade si sono incrociate nel Porto, dove uno sta finendo una carriera abbastanza strepitosa (Pepe ha vinto tanto e bene), mentre l’altro sta provando a ritagliarsi il suo spazio in un’Europa più prestigiosa dopo due buone stagioni al Portimonense.
Non è quindi tanto una questione linguistica, Nakajima potrebbe aver messo su un degno livello di portoghese, ma quanto di intensità: i due sembravano più al tavolino di un bar dopo troppi drink che non al centro dell’area avversaria in attesa di un calcio d’angolo in una partita bloccata sullo 0 a 0. È quindi improbabile stessero parlando di calcio (Pepe spiegava a Nakajima alto 164 centimetri come impattare un bel calcio d’angolo teso), ma piuttosto di altro.
Feng shui
Pepe stava facendo quella cosa un po’ razzista di confondere Cina e Giappone, coinvolgendo Nakajima in un discorso riguardo l’organizzazione della propria stanza da letto dopo aver scoperto questa antica arte cinese.
Guardate come muove le braccia ad indicare la più giusta sistemazione dei mobili e del letto. Il compagno annuisce perché è una brava persona.
Marie Kondo
Meno razzista della versione Feng shui (Marie Kondo è nata a Tokio come Nakajima), ma non per questo meno appropriata. Perché Pepe dovrebbe parlare di come tenere al meglio in ordine al propria casa durante Porto-Feyenoord? Eppure se guardate con attenzione, sembra proprio di quello che sta parlando.
Nuovo film di Quentin Tarantino
Nelle ultime due settimane ho visto discussioni tanto accese solo intorno alla validità o meno di Once upon a time in Hollywood. Probabilmente quindi stavano parlando di quello.
Ambient giapponese
Alla ricerca di una nuova vita più calma, Pepe ha scoperto l’incredibile scena ambient giapponese e se ne è innamorato perdutamente. Ora non è che il Porto brulichi di giapponesi o appassionati di musica ambient, per cui avrà dovuto sfruttare l’unica possibilità per parlare della sua passione.
Giocatore più Europa League: Diego Lopez
Quanto ci abbiamo creduto: 7
Quanto è stato realmente forte: 8
Quanto è caduto in disgrazia: 6
Quanto sembra depresso: 7
Diego Lopez è passato dal rubare il posto a Casillas, a farselo rubare da un sedicenne. Certo: è il destino del portiere, quello di avere qualcuno pronto a pugnalarti alle spalle o essere quel qualcuno, ma per il non più giovane portiere spagnolo la carriera è stata una serie di rapidi passaggi dalle stelle alle stalle, che come giusto sta per concludersi tra le nebbie del giovedì con indosso la maglia dell’Espanyol.
Dopo essere cresciuto nel Real Madrid, Diego Lopez si era costruito un’onesta carriera da numero 1 al Villarreal, tornando però al Real nell’inverno del 2013 (dopo un breve passaggio al Siviglia) a causa di un infortunio a Casillas. A questo punto succede l’imponderabile: Lopez ruba il posto a Casillas, scatenendo anche una guerra interna al Real, fomentata da Mourinho che davanti ai microfoni lo etichetta come un portiere migliore dello spagnolo «Come portiere Diego Lopez mi piace più di Casillas. Non ci sono problemi personali, non voglio pregiudicare nessuno».
Sembrare forte per un po’ è proprio la caratteristica di un giocatore Europa League, ed effettivamente Diego Lopez difende bene una delle porte più scottanti del mondo. E se i maligni potevano dire che giocava per il sadismo di Mou, che voleva punire Casillas, nella stagione successiva Ancelotti lo conferma titolare. Essendo però l’allenatore italiano molto più diplomatico, Lopez diventa il portiere di campionato, lasciando la Champions a Casillas. E che succede quell’anno? Il Real Madrid vince la decima, un risultato storico che vede Lopez ai margini.
Il resto è storia: Lopez firma a parametro zero con il Milan e finisce per passare da cocco dell’allenatore a trombato, messo da parte da Mihajlovic (non senza polemiche) per fare posto al sedicenne Donnarumma. In questa stagione - dopo quasi 10 anni di assenza - Lopez è tornato a difendere una porta in Europa League, invecchiato di certo, ma anche molto più pronto alla competizione che più lo rappresenta.
La battaglia del ponte
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Nella scorsa puntata vi avevamo spiegato come organizzare la vostra trasferta da Malmo a Copenaghen, speriamo ci abbiate preso in parola. Il derby del ponte (questo perché pur essendo in due stati diversi, le due città sono divise solo dal ponte di Oresund, il più lungo ponte strallato d’Europa) è stato povero di emozioni in campo, ma non fuori.
Le due squadre sono infatti scosse da una accesa rivalità, nonostante dividano un ponte e non un campionato. Questo perché oltre a reclamare il titolo di squadra più forte di Scandinavia (chissà cosa ne pensa il Rosenborg), nel 2005 un incontro della defunta Royal League degenerò in una rissa tra i tifosi svedesi e la polizia danese dopo il 2 a 1 del Malmo.
I tifosi hanno sempre sostenuto di essere stati picchiati senza motivo, ma non è quello che sostengono a Copenaghen. Ci fu anche uno strascico legale, ma dopo tre anni il processo (con i tifosi sostenuti finanziariamente dal Malmo) è stato chiuso per mancanza di prove.
Insomma, c’è maretta, che ieri si è vista principalmente nel quantitativo di fumogeni accesi sugli spalti. La partita è stata interrotta dopo appena un minuto a causa di quella che sembrava una nebbia polare, ma era invece solo l’effetto di un derby troppo sentito.