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Eden Hazard e l'arte del dribbling difensivo
09 lug 2018
09 lug 2018
La grande partita del numero 10 belga contro il Brasile è un capolavoro fatto di tutte quelle cose che non servono a segnare.
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Ormai conosciamo i pro e i contro di vivere nella società dello spettacolo. Sappiamo che le emozioni sono apparenti ed effimere, che a un evento eccezionale ne deve seguire un altro. Sappiamo di avere la memoria corta e di essere assuefatti alla

. Ma venerdì sera a Kazan, Eden Hazard ha giocato una partita eccezionale contro il Brasile, di quelle che in un’epoca meno satura di informazioni e opinioni magari sarebbe servita per definire il suo valore.

 

Nella cornice di un quarto di finale straordinario,

grazie a un primo tempo praticamente perfetto e a un secondo di sofferenza, Hazard ha realizzato 9 dribbling su 9 tentati, con il 100% di precisione, e ha subito 7 falli.

 

Sabato sera, inizialmente,

, statistica che avrebbe reso Hazard il giocatore ad aver realizzato il più alto numero di dribbling in una partita di Coppa del Mondo (da quando Opta ha iniziato a raccogliere i dati, cioè dal 1966) tra quelli con il 100% di precisione. In una successiva revisione i dribbling sono stati abbassati a 9 e Eden Hazard adesso è il giocatore ad averne realizzati di più tra quelli con il 100% di precisione ma

, nella partita tra Nigeria e Croazia.

 

Il che dimostra due cose: (1) il dribbling resta difficile da definire concettualmente - se quello che oggi mi sembra un dribbling e domani non lo è; (2) con lo stesso numero di dribbling si può avere un’influenza più o meno grande e la partita di Hazard non è eccezionale per ragioni esclusivamente numeriche - perché la partita di Etebo, per quanto buona, è stata meno significativa di quella di Hazard.

 

Se è per questo ci sono giocatori a cui sono riusciti più dribbling in una sola partita del Mondiale (JJ Okocha è il recordman assoluto, con 15 dribbling riusciti contro l’Italia, a Usa ‘94, e 3 sbagliati). Ciò non toglie che quella di Hazard contro il Brasile è stata solo una delle performance più dominanti con la palla tra i piedi di un giocatore in un Mondiale, Russia ‘18, che ha distrutto tutte le storie individuali più attese.

 

Cristiano e Messi sono usciti addirittura lo stesso giorno, Neymar ci ha lasciato con una prestazione che definire sottotono è un eufemismo (gli sono riusciti solo 3 dribbling, ne ha sbagliati 4 e in generale è sembrato lontano mentalmente dalla partita, al netto di 7 passaggi chiave e un paio di assist potenziali che forse avrebbero cambiato la partita). Eden Hazard invece è fiorito nel momento più decisivo e più difficile per il Belgio (

, 2.6 a 0.4 a favore del Brasile, ci dice quanto meno che se avessero pareggiato non avrebbero rubato nulla).

 

Hazard non ha solo vinto “la sfida tra numeri 10” con Neymar, come è stato detto a caldo dopo la partita con il Brasile, ma ha dato una sontuosa dimostrazione di come oltre alle gambe e ai piedi per giocare bene a calcio serva - ancora, nel 2018 - un

.

 




 

So già che qualcuno troverà valide ragioni per relativizzare l’impresa di Hazard -

- e ovviamente ci sono sempre delle contingenze di cui va tenuto conto, ma a forza di relativizzare non possiamo neanche finire per considerare la partita giocata da Eden Hazard contro il Brasile come una partita “normale”, alla portata di tutti. La qualità, l’intelligenza e il controllo esercitato dal numero 10 belga è tanto più eccezionale se si considera il contesto di una partita intensa dal punto di vista atletico ed emotivo.

 

Anzi, forse a questo punto del Mondiale vale la pena fare una breve riflessione sulle cose eccezionali che abbiamo visto finora:

 


 

Da una parte è evidente che la globalizzazione ha avvicinato il livello tecnico delle Nazionali più piccole a quelle grandi. Già nel 2005 Branko Milanovic sosteneva che la libera circolazione dei calciatori, che poi devono tornare a giocare per il Paese in cui sono nati, creava “minore disuguaglianza tra le Nazionali” (e maggiore a livello di club).

 

Dall’altra dobbiamo riconoscere che, pur in un contesto che ha reso ormai impossibile anche ai migliori vincere da soli le partite - figuriamoci un Mondiale intero - stiamo vivendo un periodo ricco di giocatori straordinari, capaci di regalarci momenti e partite intere che varrebbe la pena ricordare per più di

.

 

Prendete anche solo la partita del Belgio di venerdì e fate caso a quante partite individuali di altissimo livello contenga.

 

Lukaku, 191 centimetri e 94 chili su Wikipedia, così a occhio anche qualcosina di più, ha protetto palla usando la schiena come un muro (con delle spalle che rovinerebbero il concerto a dieci file di pubblico dietro di lui) per poi lanciarsela nello spazio e battere in una corsa di velocità pura i suoi avversari. Ci ha costruito l’azione del secondo gol, così.

 

Gol in cui Kevin De Bruyne lascia partire con la massima naturalezza un tiro di collo di una precisione tecnica che ricorda un dritto incrociato di Federer, perché anche se immaginiamo che teoricamente faccia parte del bagaglio tecnico di tutti i calciatori migliori poi nei fatti nessuno colpisce la palla così bene.

 




 

Kompany, Fellaini e Witsel hanno fatto una partita difensiva fuori dal comune, Courtuois ha forse giocato la miglior partita di un portiere nel torneo (con almeno due parate decisive,

e

).

 

E poi ovviamente c’è Eden Hazard.

 

All’89.esimo minuto di gioco una palla alta esce dall’area belga, in direzione del centrocampo, ci arriva Hazard con Miranda incollato dietro, la controlla prima di petto, poi la incolla al piede e gira sulla sua destra, tenendosi dietro Miranda e accelerando. Arriva il raddoppio di Fagner, che può solo fare fallo (cioè lanciarglisi addosso in qualche modo e prendere il giallo) perché Hazard porta avanti palla con l’esterno del piede destro, nascondendogliela.

 

Anche nel primo tempo aveva creato un’occasione partendo da una situazione molto svantaggiosa, una palla a centrocampo, a sinistra verso la linea laterale, con Paulinho che lo pressava: Hazard riesce a girarsi, scambia la palla con De Bruyne e supera Fernandinho facendo passare la palla a destra mentre lui ha corso a sinistra (in francese questo numero lo chiamano

, per distinguerlo dal

che sarebbe il nostro tunnel).

 

Ma al di là della straordinaria sensibilità di Eden Hazard e del rapporto intimo tra il suo piede destro e la palla, il punto è che il numero 10 belga non dribbla per far impazzire il suo avversario diretto (come Neymar) né sempre e comunque per lanciarsi verso la porta (come Mbappé) o per crossare/tirare una volta rientrato (come Douglas Costa). Molti dei suoi dribbling possono essere considerati

.

 

Nel primo tempo il gioco di Hazard era più diretto, ma dopo la pausa, quando il Brasile è passato al 4-4-2 schiacciando il Belgio, ha approfittato degli spazi che si sono venuti a creare per controllare il ritmo della partita. Non è un caso che 4 dei suoi dribbling siano stati eseguiti negli ultimi 10’ di partita, quando alla difesa serviva disperatamente qualcuno che le facesse riprendere il fiato.

 

E quando si parla dell’arte del dribbling difensivo non si può non parlare della finale di Coppa Intercontinentale del 2000, giocata a Tokio da Boca Juniors e Real Madrid. E alla

di Juan Román Riquelme, che con i suoi in vantaggio contro i "Galacticos" si è trovato a gestire quasi tutti i palloni non per forza di cose con lo scopo di andare a fare gol.

 

Un capolavoro di sensibilità (nessuno usa la suola come la usava Riquelme) e gestione del tempo che sembra venire da un calcio di un secolo fa.

 



 

C’è un’ovvietà, che però dimentichiamo facilmente. Anche se lo scopo del calcio è mandare la palla in rete, non tutte le volte che una squadra o un giocatore hanno la palla stanno

cercando di fare gol.

 

All’83.esimo minuto di gioco Coutinho porta palla a pochi metri dalla difesa del Belgio, Hazard gli si avvicina da dietro e lo spinge ad allungarsi la palla finendo nella tela di Fellaini, che è rapido a toccarla in avanti con l’esterno sinistro. Hazard accelera nello spazio lasciato da Marcelo (che il Belgio ha cercato tutta la partita, soprattutto con Lukaku), ma Fernandinho gli si para davanti. A quel punto Hazard frena. Si ferma del tutto dopo il centrocampo, rilassa braccia e gambe come un pugile che abbassa la guardia in maniera provocatoria. Poi, quando Fernandinho sembra sicuro che il peggio sia passato, Hazard si sposta la palla verso il centro e accelera. Fernandinho lo abbatte, prende il giallo e il Belgio guadagna diverse decine di metri.

 

Hazard ha finito la partita giocando come unico attaccante. Martínez ha preferito sostituire Lukaku e spostare lui lì al centro, proprio per fare questo tipo di lavoro.

 

Nel secondo minuto di recupero, recupera un’altra palla respinta dalla difesa, verso la linea laterale di destra. Lascia sul posto Miranda accelerando verso il centro, poi rallenta subito dopo il centrocampo, con Fernandinho davanti, aspetta che Miranda lo superi e poi sterza tornando a destra. Al duello con Miranda tocca la palla di punta un attimo prima dell’intervento del difensore, cade a terra e quando sente che l’arbitro gli ha fischiato il fallo esulta con i due pugni.

 

(Anche il modo in cui prende i falli lo distingue da un numero 10 come Neymar: Hazard non si lamenta, non accentua, perché quell’entrata, per quanto violenta, è esattamente quello che voleva. Per Hazard subire fallo significa veder riconosciuto il proprio talento e la propria intelligenza).

 

Eden Hazard è uno dei calciatori che meglio risponde alle esigenze di un calcio con sempre meno pause, in cui l’istinto puro e la capacità di improvvisare in situazioni caotiche stanno diventando più importanti della visione di gioco e della gestione del ritmo. Insieme a De Bruyne, è uno dei calciatori con maggiore tecnica a disposizione a essersi adattato meglio al calcio inglese, e non sarebbe così strano se il Belgio arrivasse fino in fondo in questo Mondiale proprio grazie a loro.

 

Il suo di capolavoro, quello contro il Brasile, è fatto di protezioni del pallone con il bacino, di palle nascoste con tocchi leggeri di esterno e di interno, ed è dedicato a quell’aspetto del calcio che meno teniamo sott’occhio e che pure continua a contare moltissimo. Il capolavoro di Hazard a Russia 2018 è fatto di tutte quelle cose che

.

 
 

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