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Redazione
Dove eravamo rimasti con la Serie A
03 gen 2023
03 gen 2023
Otto domande per prepararsi al ritorno del campionato.
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Vincenzo Izzo / IPA
(foto) Vincenzo Izzo / IPA
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Dopo due mesi di Mondiali, domani ricomincia la Serie A. Il campionato italiano, tra i cinque principali europei, è uno degli ultimi a riniziare, e oggi ci fa strano ritornare a parlare di sfida scudetto, corsa alle coppe europee e lotta salvezza. Eppure eccoci qua, volenti o nolenti, a provare a riabituarci alla temperatura della Serie A. Per non farvi avvertire troppo lo shock abbiamo provato a rispondere a otto domande che il campionato italiano aveva lasciato in sospeso. Il Napoli può riprendere da dove ha lasciato? Cosa può fare una pausa di un mese a una squadra dove va tutto per il verso giusto?Prima della sosta il Napoli non aveva dato alcun segno di stanchezza. L’ultima vittoria, poco prima di metà novembre, è un 3-2 in casa contro l’Udinese - una delle squadre più temibili del campionato italiano. Il Napoli aveva vinto con la facilità tipica delle squadre a cui gira tutto bene. Quando è stato annunciato il piccolo infortunio di Kvaratskhelia, una lombalgia, si erano addensate diverse nubi sul Napoli. Il sostituto, Elmas, era però diventato all’istante uno dei giocatori più importanti della squadra. Segno della capacità di Spalletti di coinvolgere tutti, ma anche della profondità di rosa del Napoli. Elmas aveva segnato il terzo gol in grande stile. Entrato in area, aveva rallentato con la suola sul rientro di Jaka Bijol, per poi chiudere sul primo palo. Non era l’unica assenza sopportata dal Napoli, che nell’ultimo mese aveva anche perso Amir Rrahmani per infortunio - esaltando la capacità di Kim Min-Jae di comandare un reparto insieme a un difensore che credevamo ormai poco utile come Juan Jesus.Sia Rrahmani che Kvaratskhelia sono guariti. Il difensore dovrebbe aspettare ancora per il rientro in campo, mentre il georgiano sarà già titolare contro l’Inter e in queste settimane è sembrato molto carico nel ribadire il proprio status di giocatore d’élite, visto che il Mondiale rischiava di farci dimenticare questi suoi primi mesi in Italia. Ha detto che è inutile che i suoi marcatori lo studino, perché lui rimarrà imprevedibile. In più, il Napoli aveva appena 5 giocatori ai Mondiali, tutti usciti precocemente. Per tutti loro è sembrata una piccola parentesi all’interno della stagione, incapace di drenare troppe energie emotive.Insomma, sulla carta questa sosta non può che essere stata salutare al Napoli, che recupererà un paio di giocatori cardine dell’undici titolare e che dovrebbe aver recuperato le energie. A riguardo Spalletti ha detto che la squadra aveva bisogno di questa pausa per recuperare il fiato. Dice che altrimenti il Napoli avrebbe recuperato in altro modo, cioè pareggiando. Eppure nessuna squadra, intesa anche come ambiente, ha affrontato con più paura questa pausa. Queste paure hanno a che fare più che altro con la dimensione irrazionale. Il Napoli ha paura che il momento di grazia si interrompa, che si spezzi il flusso, che la magia svanisca. Come se l’incredibile inizio di stagione vissuto dalla squadra di Spalletti non poggiasse sul suo valore ma su un irripetibile coincidenza di fattori, su uno stato mentale allucinato, che ne ha trasformato il rendimento. Un pensiero, intendiamoci, da pazzi. Il Napoli della prima parte dell’anno è stata una squadra spettacolare, una delle più entusiasmanti d’Europa, ma soprattutto la migliore squadra italiana per distacco: tatticamente, fisicamente, tecnicamente. Per gioco offensivo e difensivo. È la squadra che ha prodotto più xG, e la seconda che na ha subiti meno (dopo la Roma).Un segno tangibile a cui aggrapparsi per credere a questa scaramanzia negativa sono le amichevoli giocate dal Napoli. Dopo le prime due vittoria - contro Antalyaspor e Crystal Palace, con un Raspadori pazzesco, 4 gol in 2 partite - sono arrivate due sconfitte, contro Villarreal e Lille. Spalletti ha ammesso che c’è un ritardo di condizione della squadra: «Le gambe adesso non supportano le idee di gioco e le capacità tecnica che ha la squadra. Bisogna crescere come condizione ed è nei nostri programmi crescere sia come collettivo che a livello individuale. Ci stiamo allenando bene, con intensità e attenzione e non ci sono problemi sotto il profilo della mentalità».L’altra nube che incombe, questa da inizio anno, sul Napoli è la leggendaria capacità di Spalletti di mancare nell’ultimo passetto che lo separa dalla vittoria. In primavera, notoriamente, le sue squadre si sciolgono. In fondo bastano poche partite sbagliate per compromettere una stagione, quando l'obiettivo è vincere. Sono però tutte congetture, speculazioni, ombre che su squadre come il Napoli vengono gettate anche assecondando un minimo di pregiudizio verso club disabituati a vincere. Nei discorsi sul calcio italiano c’è una specie di pensiero magico per cui certe squadre sono naturalmente inclini alla vittoria e altre alla sconfitta. Più nel concreto, la prima partita dell’anno contro l’Inter è forse il peggior incastro possibile. Lo scorso anno l’incrocio tra Spalletti e Simone Inzaghi ha prodotto una vittoria per l’Inter e un pareggio. Nella partita d’andata il Napoli giocava con Insigne titolare e aveva riaperto la partita con un gol di Mertens; l’Inter aveva vinto sfruttando i vantaggi tattici provocati, a cascata, dalle avanzate palla al piede di Bastoni. Pare passato un secolo. Di sicuro è una partita psicologicamente importante per il Napoli, che dovrà se non altro evitare di perdere, e di addensare ansie intorno alla squadra. Nelle amichevoli le cose migliori di sono viste dalla fase di recupero alto del pallone: come sempre un elemento chiave quando si gioca contro una squadra che vuole rallentare palleggiando come l’Inter di Inzaghi.Il Napoli nel 2023 dovrà sconfiggere i pregiudizi. La vittoria della Serie A rappresenterebbe una rivoluzione nelle gerarchie del calcio italiano, che non propone una vincitrice diversa da Milan, Juventus e Inter dal 2001, anno in cui a vincere fu la Roma.La Juventus aveva trovato una specie di quadra intorno alle assenze, ma ora dovrebbero tornare tutti i titolari. È un bene o un male?La Juventus ha giocato le più convincenti partite stagionali poco prima della pausa, come la vittoria con l’Inter per 2-0 e quella con la Lazio per 3-0. Ha vinto anche partite giocate in maniera meno brillante, recuperando la distanza dai primi posti e chiudendo questo primo tempo della Serie A al terzo posto, un punto davanti l’Inter e la Lazio e due dietro al Milan. Paradossalmente questa spinta è arrivata nel momento peggiore, dopo l’eliminazione in Champions League con uno dei peggiori gironi della sua storia e con le assenze che si accumulavano partita dopo partita. In qualche modo, nelle difficoltà, Allegri ha trovato la formazione “migliore”, un 3-5-1-1 che ha permesso di esaltare le caratteristiche dei presenti. Danilo e Alex Sandro sono diventati i due difensori centrali accanto a Bremer, migliorando la fase di costruzione dal basso e permettendo al nuovo acquisto di giocare al centro, dove sembra sentirsi molto più sicuro; Kostic è stato lasciato libero di correre su e giù lungo la fascia ed è stato il giocatore più decisivo nella rimonta, mentre a centrocampo Allegri ha avvicinato i giocatori più tecnici e mobili come Locatelli, Fagioli e Miretti, usato come trequartista ma che scambiava molto la posizione coi compagni. Rabiot e Kean erano in un momento di forma smagliante, come raramente si era visto in bianconero. La costante rimane la fase difensiva: la Juventus ha subito 7 gol in 15 partite, 5 in meno della seconda miglior difesa, il Napoli. Mai come questa volta, però i numeri sono un po’ gonfiati: la Juventus è infatti solo la sesta migliore squadra per xG concessi (16.5). Questo scarto è un po’ dovuto al modo di difendere, ma sottolinea anche la grande stagione di Szczesny, come confermato dal Mondiale.

La Juventus riuscirà a sostenere questo ritmo, che l’ha portata a vincere le ultime sei partite di campionato prima della pausa? È difficile dire se quello era un momento di grande forma o se, invece, c’è in questo schieramento un futuro tattico, se, cioè, è questo il modo migliore di giocare per la Juventus. Una domanda che Allegri deve essersi fatto spesso in questo mese e mezzo di pausa, perché - di solito - è a gennaio che decide l’assetto finale delle sue squadre per lanciare la volata alla “Juventus di marzo”. Questa volta, però, potrebbe non essere possibile. Nelle prossime settimane, infatti, rientreranno, più o meno a regime, Vlahovic, Di Maria, Chiesa, Pogba (forse, non è chiaro), Bonucci e Paredes, sei giocatori che - teoricamente - dovevano far parte della formazione titolare. Come integrarli? Allegri dovrà decidere se cambiare modulo, cercare una soluzione che riesca a inserire quanti più di questi giocatori nell’undici titolare o, al contrario, confermare il modulo e poi adattare gli uomini. Una soluzione che però appare difficile: in questo 3-5-1-1 come far convivere Kostic, il migliore prima della pausa, e Chiesa, il giocatore più importante della rosa? E come inserire Di Maria in una squadra che ha rinunciato a giocatori che vogliono ricevere il pallone sui piedi? Per non parlare di Pogba, il cui stato di forma è un mistero e che certo non può fare il lavoro sporco di Rabiot. È difficile però immaginare una Juventus in cui questi giocatori diventano marginali o vengono impiegati fuori ruolo, quindi è lecito aspettarsi che, magari non subito, la Juventus cambi pelle, almeno in parte. La quantità di partite che aspetta la squadra di Allegri nei prossimi mesi - tra campionato, Coppa Italia ed Europa League - fa intendere che ci sarà spazio per tutti, ma tornare alla prima parte di stagione, quando a ogni partita cambiava modulo e interpreti potrebbe far tornare quella confusione che, invece, nell’ultimo mese era sparita.Insomma, come se non avessero già problemi fuori dal campo, Allegri e la Juventus dovranno capire in fretta quale forma assumere per il resto della stagione. Mancare uno dei primi quattro posti e uscire male dall’Europa League potrebbe rendere questa la peggior stagione della storia da molti anni a questa parte. Il Milan è alle prese con l’assenza di Maignan, che ormai è diventata quasi un caso. Quanto può incidere l’assenza di un portiere e cosa serve per tentare la rimonta sul Napoli? Per il Milan la situazione di Maignan è piuttosto complicata e i giornali ormai parlano di “mistero”, nell’assenza di una data di ritorno ufficiale. Per sostituirlo è stato accelerato l’arrivo di Devis Vasquez, altro mistero (ma attenzione a dubitare dello scouting rossonero che ha già regalato bellissime sorprese). Al momento c’è comunque forte instabilità, anche il fatto che dopo la sconfitta in amichevole con il PSV (un secco 0-3) Pioli abbia annullato il riposo del 31 dicembre fa percepire un po’ di tensione. L’impressione è che paradossalmente il ritorno alla competizione possa fargli bene, per restituirgli un po’ di quell’identità che questo Milan ha trovato proprio nei momenti di maggiore intensità.Quando Donnaruma è andato via al Milan è riuscito il miracolo di sostituire il miglior portiere del campionato con quello che sarebbe diventato poi, a sua volta, il nuovo miglior portiere del campionato. Ma dietro a Maignan è rimasto un buco che sta costando caro quest’anno e parte della sicurezza dipende proprio dalla sua assenza, anche al di là dei gol subiti da Tatarusanu su cui, chissà, magari, Maignan poteva fare meglio. Ma non va dimenticato che nelle ultime uscite prima della pausa sulle prestazioni della squadra di Pioli hanno pesato anche le assenze dei difensori centrali e di un terzino destro di cui fidarsi. Con il rientro di Calabria molte cose dovrebbero tornare al proprio posto, con Tomori-Kalulu al centro e Theo a sinistra. Pioli sta scoprendo i limiti della propria rosa passando anche per tentativi falliti, come quello di Sergino Dest a sinistra in amichevole contro il PSV (è probabile che l’americano ormai venga inserito solo in chiave offensiva, magari a partita in corso). Infortuni a parte, il Milan nella prima parte di stagione ha avuto difficoltà nel trovare un equilibrio, per non giocare partite di pura verticalità e duelli individuali. I momenti di brillantezza individuale offensiva (vedi il primo gol segnato alla Fiorentina, con la splendida combinazione tra Giroud e Leao) e difensiva (Tonali a volte ha dato l’impressione di tenere il centrocampo a galla da solo) hanno nascosto e compensato una fatica generale e forse, specie nelle ultime settimane prima del Mondiale, anche un po’ di stanchezza. Le vittorie arrivate allo scadere contro Fiorentina e Spezia hanno permesso di non allungare troppo il distacco dal Napoli nell’ultimo mese, dove invece la sconfitta con il Torino (l’unica in campionato oltre a quella proprio con la squadra di Spalletti) e il pareggio con la Cremonese hanno fatto suonare tutti gli allarmi di Milanello. Di sicuro servirà che qualcuno a centrocampo (Bennacer?) e sulla trequarti (Brahim Diaz che è atteso da inizio stagione? De Ketelaere che era partito bene ma poi ha avuto una grossa involuzione?) salga di livello per dare anche alla formazione titolare del Milan maggiore solidità. Non dimentichiamoci come nelle due passate stagioni sia stato proprio nel periodo invernale di gennaio e febbraio che il Milan ha ceduto il passo (all’Inter nel 2021) o allungato (nel 2022). A partire da mercoledì fino al derby di Supercoppa del 18 gennaio, il Milan giocherà una volta ogni tre o quattro giorni: da questo piccolo tour de force arriverà (oltre che, magari, il primo trofeo stagionale) una risposta parziale ma significativa su che finale di stagione aspetta i rossoneri.E l’Inter in tutto ciò, che possibilità ha di tornare a lottare per il titolo?Sull’Inter c’è un dato più significativo degli altri: cinque sconfitte. Non solo è la squadra ad aver perso più partite tra le prime otto in classifica, ma le sconfitte sono arrivate, appunto, con cinque di queste prime otto. L’Inter di Inzaghi si è sciolta come neve al sole quando ci si è avvicinata troppo e solo in parte l’assenza di Lukaku, e a ottobre di Brozovic, giustifica un inizio di stagione così deludente per la squadra più motivata di tutte a contestare l’egemonia del Milan in campionato. Le statistiche degli xG parlano di una squadra più in crisi mentale che altro, che crea molto (a proposito di dati: è seconda dopo il Napoli per xG creati) senza concedere altrettanto (è quarta per xG concessi) ma che si perde nei dettagli (come Bologna, Lecce e Cremonese, l’Inter ha concesso ben 4 gol da calcio d’angolo) e soprattutto nelle grandi occasioni. Battere 6-1 il Bologna cambia poco in una stagione in cui non si riesce a vincere con le rivali per un posto in Champions. Difficile dire cosa sia mancato all’Inter in questo inizio di stagione, tuttavia sembra lontana dalla squadra che un anno fa circa, per un paio di mesi, sembra tornata a dominare il campionato. Certo, ha dovuto assorbire l’addio di Perisic - Dimarco è cresciuto molto ma resta un giocatore molto diverso - e forse il trauma dovuto all’assenza di Lukaku ha avuto ripercussioni non esclusivamente tecniche o tattiche: l’Inter è sembrata una squadra fragile sul piano mentale, facile ad andare in crisi. Molto del suo futuro però dipende dallo stato di forma del belga, per le conseguenze che può avere sia sul piano realizzativo (impossibile ormai che ripeta le prime due stagioni da 23 e 24 gol in maglia nerazzurra, ma insomma ci si aspetta che torni quel giocatore lì) - sia tattico: potersi appoggiare sul suo gioco di duelli, sulla sua capacità di risalire il campo e creare spazi farebbe tutta la differenza del mondo. Edin Dzeko, in sua vece, non ha fatto male, ma con la sua staticità costringe l’Inter a una maggiore raffinatezza in possesso mentre Lukaku può esaltare le letture verticali di compagni come Calhanoglu, Barella, Dumfries e Lautaro. In difesa però il problema sembra più profondo. De Vrij, Skriniar e Bastoni (o Acerbi) sembrano soffrire una minore aggressività rispetto al passato - l’Inter è la squadra che fa meno azioni aggressive e che porta meno pressione sul portatore di tutto il campionato, ed è appena dietro al Torino tra quelle che provano meno il recupero nelle fasi immediatamente successiva alla perdita del pallone - e le difficoltà a difendere in posizione sembrano un po’ inevitabili con lo stile di gioco adottato. Serviranno grandi prestazioni individuali e l’Inter di sicuro ha una rosa che consente di pensare positivamente anche in questo contesto: la competizione però quest’anno è dura e la squadra di Inzaghi è già in una situazione in cui non può permettersi più errori.La Lazio è più da Champions o da Europa League?La brutta sconfitta per 3-0 contro la Juventus ha chiuso amaramente un 2022 positivo e soprattutto in grande crescita per la Lazio di Sarri. Tolta la brutta eliminazione in Europa League contro il Feyenoord, la squadra non era mai sembrata così competitiva, almeno da quel leggendario scorcio di campionato pre-covid. Sono arrivate vittorie importanti, in particolare contro l’Inter e contro la Roma nel derby, che hanno mostrato anche la flessibilità della squadra di Sarri. Mai una squadra troppo spettacolare - almeno non per lo standard a cui forse immaginavamo una squadra di Sarri - ma una squadra estremamente organizzata. La terza miglior difesa del campionato e il quarto miglior attacco, che nell’ultimo mese prima della sosta ha rinunciato anche a Immobile - trovando un nuovo assetto fluido con Felipe Anderson falso nove.L’ottimo inizio di stagione della Lazio ha tante ragioni - i miglioramenti della difesa costruiti sul mercato, una squadra un tantino più profonda del solito nelle rotazioni - ma soprattutto una: Sergej Milinkovic-Savic. Per la Lazio, con lui in questa forma, è stato come giocare con un uomo in più. Un giocatore dalle capacità creative prodigiose, e fondamentale anche nella costruzione di superiorità numerica della Lazio a centrocampo grazie ai suoi smarcamenti sempre intelligenti e alle sue protezioni palla. E infatti una delle peggiori prestazioni di Milinkovic, contro la Juve, ha coinciso con una sconfitta.Un altro dato significativo è la stagione sopra le righe di Provedel, miglior portiere in Serie A piuttosto nettamente in questo inizio di stagione. Provedel ha dato stabilità alla Lazio per la sua sicurezza tra i pali, ma anche per la qualità del suo gioco coi piedi che ha reso il possesso più sicuro e meno esposto a rischi. Nel derby contro la Roma la sua gestione del rischio, coi giallorossi tutti in pressing, è stata magistrale.In tutto questo la Lazio è riuscita a costruire una stagione leggermente oltre le aspettative. A inizio anno era considerata in un gruppo insieme ad Atalanta e Roma: squadre che miravano a una qualificazione in Champions. Fra le tre, le possibilità di scalare le gerarchie erano riservate più alla Roma, ma oggi è la Lazio, al quarto posto momentaneo insieme all’Inter, a essersi staccata in alto.Guardando le statistiche avanzate, la Lazio ha vissuto un inizio di stagione in grande overperformance. Sebbene si tratti di un dato ormai strutturale - visto che è la stessa cosa successa lo scorso anno - è verosimile che il rendimento della Lazio si normalizzi un tantino verso la media. In particolare la capacità di evitare i gol. La squadra di Sarri è la terza miglior difesa del campionato nonostante sia solo decima per meno npxg subiti; e nonostante sia il quarto attacco della Serie A, è persino sotto la media del campionato. Anche qui: il talento offensivo della Lazio è tale da poter garantire ancora l’overperformance (e la Lazio è anche seconda in A per xG per tiro), ma un piccolo ridimensionamento è possibile.Insomma, i dati, ma anche gli equilibri generali del campionato, la Lazio non sembra destinata a lottare per le prime quattro posizioni, a meno che l’Inter non prosegua la propria stagione difficile. E a meno che la società non giunga in soccorso di Sarri con qualche acquisto a gennaio (servirebbe un giocatore per reparto), ma andrebbe contro la propria tradizione. Nel gruppo di squadre che miravano alla qualificazione d’Europa League la Lazio sembra comunque la migliore, quella col posto più garantito.La Roma può risolvere i propri problemi offensivi?Definiamo i problemi offensivi della Roma, innanzitutto. Secondo i dati fbref, la squadra di Mourinho ha solo tre squadre davanti per non-penalty Expected Goals creati, e quelle squadre sono il Napoli, l’Inter e il Milan, e nessuna per Expected Goals per tiro, dato in cui è prima in Serie A. Allo stesso tempo, però, l’underperformance della Roma nella trasformazione di queste occasioni da gol è spaventosa: escludendo sempre i rigori, la squadra di Mourinho ha segnato quasi 8 gol in meno rispetto a quanto creato in termini di Expected Goals. Il Milan, che ha totalizzato un numero di Expected Goals quasi equivalente a quello della Roma, ha segnato 9 gol in più, sempre ad esclusione dei rigori. Per trovare un’underperfomance simile a quella della Roma bisogna scendere all’ultimo posto in classifica: la Sampdoria ha segnato 5.6 gol in meno rispetto ai non-penalty Expected Goals creati, che complessivamente sono meno della metà di quelli della Roma. Quali sono i problemi offensivi della Roma, quindi? È solo una questione di qualità del reparto offensivo oppure le loro radici vanno più a fondo? È difficile rispondere a queste domande affidandosi solo alle statistiche, da cui l’unico dato certo che è possibile trarre è il pessimo momento di Tammy Abraham - comunque già perfettamente visibile a occhio nudo. Secondo i dati StatsBomb, solo quattro giocatori in Serie A hanno più non-penalty Expected Goals per 90 minuti dell’attaccante inglese (Osimhen, Giroud, Beto e Dzeko), che però ne ha convertito in gol poco più della metà (0.24 di 0.51). Per fare un confronto particolarmente crudele, Edin Dzeko, conosciuto a Roma per la sua cronica incapacità di sfruttare le occasioni da gol, in questo momento a partire da un numero di xG per 90 minuti simile (0.52) è in leggera overperfomance (0.54 gol segnati per 90 minuti ad esclusione dei rigori). Se non vuole condannarsi ad un altro campionato da sesto posto, però, la Roma non può semplicemente aspettare che questo momento di Abraham passi, e dato che sembra difficile che Mourinho possa prendere in considerazione ragioni tattiche più strutturali, è probabile che la via maestra rimanga il mercato.

Uno degli errori più incomprensibili di Abraham in questa stagione.

La Roma ha già ufficializzato Solbakken, che idealmente nella rosa giallorossa dovrebbe prendere il posto di Shomurodov, già da settimane alla ricerca di una nuova squadra in questa sessione di gennaio. L’attaccante norvegese al Bodo si è però formato da ala destra in un sistema con un gioco di possesso molto codificato e la sua esuberanza atletica va testata in un campionato di primo livello come la Serie A. La speranza della Roma è che possa fare bene abbastanza da far sentire la pressione della competizione a Zaniolo, i cui inciampi sono oggetto della frustrazione per le lunghe e complicate transizioni con cui la squadra di Mourinho cerca invano di segnare. Al di là delle incognite e delle prospettive di Solbakken, la strategia del club giallorosso rimane comunque quella di interpretare ogni problema come semplice mancanza di motivazione. Per questa ragione era arrivato Belotti, e magari attraverso il suo scarso rendimento si può leggere anche il momento nero di Abraham, ma è difficile pensare che appena sei mesi dopo il suo arrivo la Roma possa già sostituirlo. Partendo da queste premesse i margini di manovra per migliorare l’attacco sono inevitabilmente molto stretti. Bisogna aspettarsi l'arrivo di una terza prima punta? Ai romanisti non rimane che sperare che il nuovo anno porti nuova linfa mentale agli attaccanti della Roma e un Dybala più integro in campo. Cosa dobbiamo aspettarci dalla seconda metà di stagione dell’Atalanta?Poco prima della cesura imposta dal Mondiale l’Atalanta stava vivendo un brutto momento. Finita la sbornia delle prime giornate, in cui sembrava poter continuare a sfruttare l’inerzia dei campionati passati anche cambiando completamente modo di giocare, la squadra di Gasperini ha perso quattro delle ultime cinque partite di Serie A giocate, di cui una contro il Lecce. Il nuovo sistema di gioco fatto di difesa dello spazio e transizioni offensive portate con pochi uomini sembrava aver rivelato i suoi limiti. Dopo l’ultima sconfitta casalinga contro l’Inter, Gasperini aveva mostrato i primi segni di insofferenza, prendendosela con i suoi giocatori più anziani e parlando delle difficoltà del processo di transizione che stava attraversando la squadra. «Visto il gruppo ancora competitivo le strade in estate erano due: o potenziare la squadra con giocatori per alzare il livello e questo non è stato possibile, oppure puntare su un rinnovamento. Se vuoi far giocare i vari giovani devi dargli spazio, va stabilita una strada giusta: Demiral si è arrabbiato quando è uscito, Zapata anche. Questi sono giocatori che hanno dato tantissimo e non posso andare in competizione con loro ogni volta che faccio delle sostituzioni. In questo momento cerco forse di mantenere il piede in troppe staffe, c'è confusione. Se l’aspettativa è la Champions per noi è molto difficile».In questi casi ci si chiede sempre se una lunga pausa faccia bene o male: è meglio fermarsi e resettare le idee oppure continuare a giocare e dimenticare subito il passato? Nel caso specifico dell’Atalanta, viene da chiedersi come Gasperini abbia utilizzato questi due mesi di inattività: le ultime sconfitte l’avranno spaventato e convinto a tornare sulla vecchia strada oppure le avrà considerate come dei semplici incidenti di percorso sulla via della trasformazione? A rendere ancora più nebuloso il futuro prossimo dell’Atalanta c’è anche il fatto che, almeno a parole, Gasperini ha sempre detto di amare poco il nuovo stile di gioco da lui stesso adottato, “come se questo gioco fosse un esercizio di stile, una performance dimostrativa tipo Picasso che dipinge un dipinto realista per provocazione, per dimostrare che non è questione di saper fare” ha scritto Emanuele Atturo qualche tempo fa. Questi interrogativi sono pressanti anche in sede di mercato: che tipo di giocatore sta cercando l’Atalanta in questo momento, se non è ancora chiaro come sta giocando? Quando parla Gasperini sembra sempre lamentarsi implicitamente con la società per il mercato e lo stesso si può dire anche della conferenza stampa dopo la sconfitta con l’Inter già citata. «Se prendi Højlund Okoli e Scalvini devono giocare perché sono giovani di valore, altrimenti scoppia un casino tutte le settimane. Questa situazione non è accettabile. L'unica cosa che ci ha salvato è che siamo partiti forte, altrimenti sarebbe scoppiato un casino». Il ritorno in campo per l’Atalanta non sarà traumatico, con le sfide contro Spezia, Bologna e Salernitana, ma le certezze da cui parte al momento sembrano poche. L’equilibrio su cui si poggia sembra molto più fragile rispetto alle scorse stagioni. Sarà interessante seguirla fin da subito. La lotta per la retrocessione sembra già finita: Verona 5, Sampdoria 6, Cremonese 7, Spezia 13 e così via. Per almeno una di queste c’è possibilità di rientrare? Verona, Sampdoria e Cremonese hanno punti simili ma un percorso molto diverso. Il Verona non ha assimilato le cessioni estive e la partenza di Tudor; la Sampdoria è entrata in un loop negativo che riguarda anche i problemi della società, che è in vendita; mentre la Cremonese ha pagato la necessità di dover cambiare quasi tutto dopo la promozione, una promozione a cui forse non era neanche preparata (molti dei suoi giocatori l’anno scorso erano giovani presi in prestito da squadre di Serie A). Effettivamente recuperare 7-8 punti in 23 partite, praticamente quelli fatti nelle prime 15 giornate sembra proprio matematicamente difficile, ma il miracolo della Salernitana nella scorsa stagione ci ha insegnato che il mercato di gennaio può cambiare tutto, nel bene o nel male. Un discorso che vale soprattutto per la Cremonese, che rispetto a Verona e Sampdoria ha mostrato un’idea di gioco più chiara e precisa, ma che è sembrata troppo ingenua e inesperta per vincere una partita in Serie A. Non a caso è l’unica squadra che non ha esonerato l’allenatore e anzi Alvini sembra un più per questa squadra. Certo, per fare un mercato che ti permetta di fare tanti punti nel girone di ritorno devi avere i soldi o le conoscenze.

Quanto può cambiare la Cremonese nel prossimo mese? Può prendersi i rischi che si è presa la Salernitana la scorsa stagione (che però aveva appena cambiato proprietà, con Iervolino che non ha avuto paura di cambiare tutto)? La Cremonese sembra una società meno propensa agli scossoni, ma sembra anche più vicina a essere una squadra da salvezza: con 2-3 acquisti mirati e di rilievo, niente è impossibile.

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