
Comincio correggendo me stesso. O meglio, riprendo quel discorso che avevo fatto nella prima puntata di questo diario in cui sostenevo che - forse, era questa la mia impressione prima dell’esordio con l’Albania - Spalletti avesse le idee più chiare di quel che lasciasse trapelare, di quel che si vedeva “da fuori”. In parte è vero, Spalletti continua a nascondere le proprie carte, per questo ancora adesso i giornali sono pieni di “l’Italia potrebbe cambiare così o così” seguiti subito dopo da “magari però non cambierà affatto”.
Al tempo stesso, se le sue idee chiare sono quelle mostrate con l’Albania, non so se mi sento proprio tranquillo. Mi permetto di iniziare questa puntata del diario enumerando le cose che non mi sono tornate nella partita d’esordio, perché tutto sommato l’Italia ne è uscita bene. Più che bene, anzi. Negli occhi di quasi tutti è rimasto soprattutto il primo tempo, la reazione allo svantaggio - al tempo stesso ingenuo e sfortunato - dopo neanche trenta secondi di gioco (23 per la precisione): cosa può succedere di peggio che cominciare subendo il gol più veloce della storia degli Europei?
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