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I demoni della Russia
17 nov 2021
17 nov 2021
La Nazionale russa ha un innato istinto al suicidio.
(articolo)
12 min
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Quelle della Russia non sono mai normali sconfitte. Si trasformano sempre in disfatte: partite epiche, dall'andamento melodrammatico, che si concludono, puntualmente, nel modo più tragico (o tragicomico, se preferite) possibile. E ogni tragedia che si rispetti necessita di un anti-eroe, di un protagonista negativo, che con un suo gesto inconsulto fa precipitare gli eventi. Più prosaicamente, un capro espiatorio a cui addossare tutte le responsabilità per l'ennesima bruciante sconfitta.

Negli ultimi giorni tale ingrato ruolo è toccato a Fedor Kudryashov, autore dell'autogol beffardo che è costato alla Russia la mancata qualificazione diretta ai Mondiali. Fino a dieci minuti dal termine, la selezione guidata da Valery Karpin era riuscita a difendere con le unghie e coi denti lo 0-0 nell'acquitrino di Spalato: rinunciando a giocare a calcio, come ammesso dallo stesso CT nel post-partita, ma concedendo comunque poche occasioni agli avversari. Un pareggio che avrebbe costretto la Croazia vicecampione del mondo a giocare i temuti playoff. Poi, improvvisamente, nel giro di venti secondi è cambiato tutto.

Kudryashov si stira il polpaccio destro, ma il giocatore russo non può essere sostituito perché Karpin ha appena effettuato il quinto cambio. Si continua così a giocare, con i croati che crossano in mezzo alla disperata, il pallone viene lisciato da tutti e poi deviato goffamente nella propria porta dallo stesso Kudryashov, rimasto stoicamente in campo. Un intervento tanto maldestro quanto sfortunato, perché causato dalle condizioni del terreno di gioco e dal suo infortunio precedente, che non gli ha permesso di intervenire sulla palla in modo pulito.

Kudryashov, terzino sinistro di 34 anni che ora gioca in Turchia, è uno degli uomini più esperti della Russia: un fedelissimo del precedente Commissario Tecnico Cherchesov (giocò tre gare da titolare, compresa quella con la Spagna, nel Mondiale casalingo del 2018), al quale Karpin si era affidato nella partita più delicata della sua gestione. Negli spogliatoi, le telecamere lo hanno ripreso immobile, emotivamente distrutto, come del resto tutti i suoi compagni. Una celebrazione della sconfitta tipicamente russa, in totale controtendenza con il racconto moderno dello sport, che sembra interessarsi unicamente dei vincitori.

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Il povero Kudryashov, in ogni caso, è soltanto l'ultimo di una lunga lista di anti-eroi russi che hanno causato l'eliminazione (o la mancata partecipazione) della Sbornaya da un Mondiale o da un Europeo. La sua autorete potrebbe rimpiazzare nell'immaginario collettivo russo quella realizzata dal difensore Yury Kovtun contro l'Islanda in un incontro di qualificazione per Euro 2000: un colpo di testa in tuffo che, in Russia, è diventato sinonimo stesso della parola autogol.

La tragedia sportiva di Filimonov

Sono proprio le qualificazioni per gli Europei del 2000 a rievocare i ricordi più spiacevoli ai tifosi russi. Un percorso iniziato in modo scioccante (con tre sconfitte di fila) e concluso in modo a dir poco drammatico. Nel 1999, con il ritorno in panchina di Oleg Romantsev, la Russia inanella un impressionante filotto di vittorie - tra cui lo storico successo per 3-2 allo Stade de France, contro la Francia campione del mondo in carica - e si rilancia prepotentemente in classifica. Nell'ultima giornata, davanti a un Luzhniki gremito (sugli spalti c'è anche il neo presidente Vladimir Putin, da poco eletto), ospita l'Ucraina, in un vero e proprio spareggio per il primo posto. La Russia ha un solo risultato a disposizione: con una vittoria vincerebbe il girone, mandando clamorosamente Zidane e compagni ai playoff; con un pareggio o una sconfitta arriverebbe addirittura terza. Il confine tra quella che sarebbe potuta diventare la più grande impresa della Nazionale russa e quella che ancora oggi viene ricordata come la maggiore delusione nella storia del calcio russo è molto labile. E a deciderlo è un uomo solo: il portiere Alexander Filimonov, che all'epoca difendeva i pali dello Spartak Mosca. Mancano due minuti alla fine e la Russia conduce per 1-0 grazie a un gol di Karpin (proprio lui!), quando un'innocua punizione, calciata da Shevchenko da posizione defilata, sorprende incredibilmente Filimonov, che in pratica si butta il pallone in porta da solo.

Il telecronista russo simula un infarto in diretta, per qualche secondo non riesce a dire altro che Боже мой (ovvero, "mio Dio"). La Russia, nella partita più sentita della sua storia, contro i rivali ucraini (da allora mai più affrontati in gare ufficiali), passa così dalle stelle alle stalle per colpa di un unico giocatore. Il suo compagno di nazionale Smertin ricorderà in seguito che Filimonov, subito dopo essersi scusato con il resto della squadra, si coprì la testa con un asciugamano, rimanendo per ore in quella posizione; poi prese la borsa e se ne andò, senza nemmeno farsi la doccia. La carriera di Filimonov ad alti livelli finisce quella sera stessa: farà ancora qualche comparsata in Champions League, trascorrerà un breve periodo ironicamente in Ucraina con la Dynamo Kiev e continuerà a giocare addirittura fino ai 45 anni (vincendo al contempo un Mondiale di Beach Soccer con la Russia!), senza tuttavia riuscire a togliersi di dosso l'onta di aver causato la delusione più cocente ai propri tifosi. Per quanto si siano sforzati altri giocatori per cercare di eguagliarlo, l'anti-eroe per eccellenza del calcio russo rimane, senza alcun dubbio, ancora lui.




La coppia più bella del calcio russo o quasi

Non è soltanto una questione di nostalgia, la coppia d'attacco formata da Andrey Arshavin e Alexander Kerzhakov è davvero stata la più esaltante nella storia recente del calcio russo, per come i due riuscivano a completarsi a vicenda. Un tandem micidiale, perfetto connubio di tecnica e velocità, che ha fatto sognare i tifosi dello Zenit nei primi anni Duemila, in un periodo in cui la Gazprom non aveva ancora completamente rilevato il club di San Pietroburgo. Hanno giocato a lungo insieme anche in Nazionale, senza tuttavia riuscire a togliersi le stesse soddisfazioni.

Per un capriccio del destino, infatti, sembrava che il duo non riuscisse a disputare un torneo insieme. Nel 2004 mancava Arshavin, nel 2008 Hiddink aveva scelto Pavlyuchenko come partner del suo numero 10, mentre nel 2006 e nel 2010 la Russia non era clamorosamente riuscita a qualificarsi ai Mondiali. Euro 2012 sembrava essere finalmente la volta buona per vederli all'opera: Kerzhakov, sotto la guida di Spalletti allo Zenit, era reduce dalla seconda stagione più prolifica della sua carriera, mentre Arshavin - pur avendo ormai imboccato la parabola discendente all'Arsenal - era arrivato all'appuntamento tirato a lucido. La Russia, nel frattempo passata dalle mani di un tecnico olandese (Hiddink) all'altro (Advocaat), illude i suoi tifosi di poter addirittura migliorare il risultato ottenuto quattro anni prima: alla vigilia dell'Europeo, strapazza in amichevole l'Italia di Prandelli e poi travolge per 4-1 la Repubblica Ceca all'esordio. La scena se la prende il giovane Dzagoev, autore di una doppietta, mentre su Kerzhakov si scatenano le ironie della stampa (soprattutto inglese, che conia il verbo kerzhakov-ed) per via di un curioso anti-record da lui stabilito: sette tiri, nessuno nello specchio della porta.

Nonostante questo, per la Russia sembra tutto andare liscio come l'olio. Nella seconda partita, però, contro i padroni di casa della Polonia, Arshavin in contropiede fallisce l'assist che avrebbe potuto portare la Russia sul 2-0 e sul ribaltamento di fronte gli avversari trovano il pareggio con un missile di Błaszczykowski. Alla Russia basta un punto per vincere il girone e la gara contro la Grecia sembra una formalità. Ma, proprio come tre anni prima nello spareggio mondiale contro la Slovenia, la Sbornaya sottovaluta gli avversari, scende in campo troppo rilassata e viene punita. Perde 1-0 e torna mestamente a casa: a passare il turno sarà la Repubblica Ceca, umiliata nella prima giornata. I media locali se la prendono soprattutto con Arshavin e Kerzhakov, attraverso parodie e prese in giro. In particolare, una arrogante dichiarazione di Arshavin ("Il fatto che la Russia non abbia rispettato le aspettative dei tifosi non è un nostro problema, ma un vostro problema") scatenerà un putiferio in patria.

Se ne renderà conto, suo malgrado, anche Fabio Capello nella sua prima partita da CT della Russia: al momento del suo ingresso in campo, Arshavin viene subissato di fischi dal pubblico del Luzhniki e Don Fabio, per il bene della Nazionale, deciderà di non convocarlo più. Kerzhakov, che aveva mantenuto un profilo più basso nelle uscite pubbliche, continuerà invece a giocare, diventando il miglior realizzatore nella storia della Nazionale russa.




L'incubo brasiliano di Akinfeev

Degno erede di una grande tradizione di portieri che ha avuto in Yashin e Dasaev i suoi più illustri rappresentanti, Igor Akinfeev ha numeri da predestinato assoluto. Debutta in prima squadra a 16 anni parando un rigore; appena maggiorenne, diventa il più giovane esordiente nella storia della Nazionale russa; a 19 anni, vince da protagonista la Coppa UEFA con il suo CSKA Mosca (la squadra a cui giura eterna fedeltà, rifiutando in seguito anche una ricca offerta del Manchester United).

Ai Mondiali in Brasile del 2014 avrebbe dovuto rappresentare la principale certezza della Russia e invece, a sorpresa, sarà lui a tradirla. Nel match inaugurale contro la Corea del Sud appare insolitamente teso fin dai primi minuti, e al 68' combina il patatrac, non riuscendo a trattenere un banale tiro di un avversario. A distanza di 15 anni, i tifosi russi sembrano rivivere l'incubo già vissuto con Filimonov.

Grazie a un gol di Kerzhakov, gli uomini di Capello riescono quantomeno a limitare i danni, per poi perdere di misura contro il Belgio nella seconda partita. Contro l'Algeria serve una vittoria e un colpo di testa di Kokorin sembra indirizzare la gara sui binari giusti. Nella ripresa, però, Akinfeev, questa volta disturbato dai laser puntati dai tifosi algerini, ci ricasca: esce a vuoto sugli sviluppi di un corner, permettendo a Slimani di insaccare. La Russia, ancora una volta, esce ai gironi. Fabio Capello, che quattro anni prima non si era fatto problemi a silurare l'inglese Green dopo una papera con gli USA, difende a spada tratta il suo portiere, consapevole del suo valore. Tuttavia, complice anche qualche incertezza in Champions League, la reputazione all'estero di Akinfeev si incrina. Per la completa riabilitazione bisognerà aspettare altri quattro anni: nel Mondiale disputato in casa, con la fascia di capitano al braccio, Akinfeev guida la Russia a un passo dalle semifinali, parando due rigori decisivi agli ottavi contro la Spagna e divenendo, a tutti gli effetti, un eroe nazionale. Per una volta, giustizia è fatta.




Paura e delirio a Montecarlo

Nel 2016 la Russia disputa il peggior torneo della sua storia calcistica. Agli Europei francesi acciuffa per miracolo un pareggio in extremis contro l'Inghilterra, cade sotto i colpi della Slovacchia di Hamšík e viene addirittura umiliata dal Galles nell'ultima partita con un netto 3-0. Tutti i partecipanti di quel disastroso Europeo vengono presi di mira da stampa e tifosi: questa volta sembra non esserci un capro espiatorio da gettare in pasto al pubblico, sono tutti ugualmente colpevoli. E invece no: l'attaccante Alexander Kokorin e il fantasista Pavel Mamaev, compagni di bevute e scorribande notturne fuori dal campo, decidono di "festeggiare" l'eliminazione in un night di Montecarlo, spendendo oltre 250 mila euro in champagne. Apriti cielo. Immediatamente diventano i bersagli perfetti contro cui sfogare le proprie frustrazioni, l'emblema dei calciatori ricchi e viziati che non hanno rispetto per nessuno, neanche della loro Nazionale. Due anni e mezzo dopo Kokorin e Mamaev dimostreranno di non aver rispetto soprattutto di se stessi, gettando al vento le rispettive carriere con una folle notte brava costata loro un anno di prigione.




Gli insulti social a Semenov e Zobnin

Il capro espiatorio è insomma una tradizione di una Nazionale sfortunata come quella russa. All'ultimo Europeo è stato il turno del centrale difensivo Andrey Semenov, schierato come titolare dall'ex C.T. Cherchesov nella prima gara contro il Belgio e poi umiliato da Lukaku, al quale ha regalato il gol del vantaggio. Subito dopo quel brutto errore, i tifosi russi hanno invaso in massa il suo profilo Instagram, costringendo il difensore dell'Akhmat Grozny a chiuderlo provvisoriamente, almeno fino a quando non si fossero calmate le acque. Non è bastato: come uno sciame di api gli insulti si sono spostati sull'account Instagram della moglie di Semenov, a sua volta costretta a chiudere il profilo.

La stessa sorte, anche se con modalità diverse vista la differente caratura del giocatore, è toccata a Roman Zobnin, ormai da diversi anni una colonna dello Spartak Mosca, la squadra più titolata del paese. Il centrocampista siberiano con uno scellerato retropassaggio ha condannato la Russia all'eliminazione contro la Danimarca, in una partita fino a quel momento equilibrata. Zobnin è stato così esposto al pubblico ludibrio, con tanto di interventi di atleti olimpici russi scandalizzati dal suo stipendio.

Come ha fatto notare nei giorni scorsi l'attuale C.T. Valery Karpin, il calcio in Russia troppo spesso non viene vissuto serenamente, fin dalla più tenera età. C'è troppa paura di sbagliare, di finire nel mirino dell'allenatore o della stampa. Perché si ha la fastidiosa abitudine di trovare un colpevole a tutti i costi per spiegare i frequenti fallimenti della Nazionale (o delle squadre russe impegnate nelle coppe europee), senza analizzare la situazione più a fondo.

Forse è per questo o forse è solo un caso. Fatto sta che, come abbiamo visto, la Russia ha sul serio una tendenza all'autodistruzione nel proprio DNA, forse ereditata da Alexey Kirillov, il tragico personaggio dostoevskiano de "I demoni", ideatore del suicidio razionale. Una caratteristica che, ai nostri occhi, rende la Nazionale russa imprevedibile e affascinante. E che porta a chiederci come riuscirà a suicidarsi la prossima volta. C'è tempo da qui fino alla fine di marzo per farsi venire in mente un modo più creativo di questi per farlo, per i playoff qualificazione a Qatar 2022.




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