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Igor Akinfeev, eroe della Russia
04 lug 2018
04 lug 2018
Il racconto dell'ascensione del portiere del CSKA Mosca a eroe nazionale.
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Foto di Oleg Nikishin/Getty Images
(foto) Foto di Oleg Nikishin/Getty Images
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A ventitré anni, Anatolij Lebed volava nei cieli afgani a bordo di un elicottero militare. Qualche anno dopo prestava servizio nei distretti militari della Buriazia, di Sakha (anche detta Jacuzia), di Cita e Siberia. Superati i trenta raggiunge dei veterani al centro della guerra in Kosovo, per poi spostarsi in Cecenia, arruolato nelle operazioni di contro-terrorismo. Lì tra i villaggi di Ulus-Kert e Selmentausen, non lontano dai ricordi di un Eroe del nostro tempo o di un Chadži-Murat tolstojano, Lebed calpesta una mina. Perde un piede: da quel giorno si dedica al paracadutismo e alle arti marziali, indossando una protesi. Ma la guerra lo chiama. All’alba del gennaio 2005, vittima di un’imboscata e schiacciato dall’inferiorità numerica, difende a mani nude la sua pattuglia; due settimane dopo protegge “i suoi uomini” dalla deflagrazione di una granata e, nonostante la schiena martoriata, neutralizza il mitragliatore nemico e una base terroristica. Il 27 aprile 2012 Anatolij Lebed muore per un incidente di moto a Mosca. And so it goes. Queste informazioni si trovano facilmente in giro; quello che Google non può dirmi è… cosa rende un essere umano, un eroe? Per capirci qualcosa per esempio sono state inventate delle medagliette da appendere al petto, spesso in cima hanno la forma che per convenzione diamo alle stelle fin da bambini, e sotto delle stoffe colorate: come nel calcio, intere vite sacrificate a dei simboli. Il 6 aprile 2005 Putin, per capirci qualcosa, ha nominato Lebed “Eroe della Russia”, la più nobile onorificenza della nazione. Ecco, a quanto pare Aleksej Navalnij, il famigerato attivista anti-putiniano, dopo il passaggio degli ottavi avrebbe proposto di insignire Igor Akinfeev dello stesso titolo.

Per cercare di capirci qualcosa, per capire se il cammino di Akinfeev verso la medaglietta poggi su delle premesse solide, abbiamo stilato il Gradiente dell’Eroismo. Si parte dal 2, come a scuola. 2/10: Akinfeev vs Anguilla

Il titolo non nasce come provocazione: è stato lo stesso Akinfeev a definire “infantili” i suoi buffi errori di Brasile 2014. Buffi e misteriosi, da premio Nobel: il più eclatante è senza dubbio il gol regalato alla Corea a Cuiaba, capitale del Mato Grosso. Quando il Brazuca si è fatto anguilla elettrica, e negli occhi di Igor sono tornati alla memoria gli argini della Bittsa, l’acqua della sua Vidnoe. 3/10: Viktor Stepanovic Cernomyrdin

Alexander Natruskin / AFP / Getty Images. Viktor Stepanovič Černomyrdin, vice di Eltsin e uno degli uomini più potenti degli anni Novanta, è passato alla storia per un motivo: la sintassi disastrosa. Tra le sue perle: «meglio della vodka non c’è niente di peggio», «bisogna pensare a cosa capire» o, la mia preferita, pronunciata in qualità di primo presidente della Gazprom: «la mia vita è passata all’atmosfera di petrolio e gas». La più famosa però, l’Icona černomyrdina, è senza dubbio una dichiarazione del 1993, pronunciata durante le settimane di una disastrosa riforma finanziaria. Accordandosi al diapason nichilista del Paese (che secondo l’autore vedrà uscire male la Russia da questo mondiale), Černomyrdin disse: «speravamo in qualcosa di meglio, ma le cose sono andate come al solito”. Eroismo da tre decimi. Un ultimo appunto: nel 2010 i suoi funerali sono stati trasmessi in diretta dalla televisione di Stato, un onore concesso solo a Eltsin e Alessio II, patriarca di Mosca e di tutta la Rus’. 4/10: Akinfeev vs Destino

Ryan Pierse/Getty Images. Chi l’avrebbe detto, un autogol. Spagna 1, Russia 0: si nascondeva un autogol alla fine del sogno russo, proiezione ricorsiva nei pianti di notti bianche a venire. Trapassato dal fuoco amico, il Mondiale di casa trafitto da un disgustoso lob ironico, come una pistola carica nascosta nel set, come Puškin a duello, anzi, un po’ meno, come Lermontov. 5/10: Fedor Michailovic Dostoevskij

Nel 1848 Dostoevskij, tra i primi vagiti di socialismo russo, viene condannato a morte per attività sovversive. Un istante prima della sua esecuzione, gli indici del plotone già appoggiati ai grilletti, viene graziato – una procedura non così insolita, al tempo – e mandato in Siberia, ai lavori forzati. Dostoevskij cercherà poi di sopravvivere a sei anni di leva obbligatoria e una volta tornato no, non parteciperà più a cospirazioni notturne. Grado eroismo quindi a metà tra lo Zero di un nichilista annichilito dal Potere e il Dieci giustificato dal chiudersi in casa, per decenni, a scrivere curvo di psicotici e prostitute e bambini morti di fame e assassini instabili che si strappano i capelli camminando su e giù per le stanze. 6/10: Akinfeev vs Iniesta

Matthias Hangst/Getty Images. Uno dei pochi lampi di luce in una delle partite più brutte di questo mondiale. Dobbiamo essere severi con noi stessi, non emergere mai dall’oceano della consapevolezza, insomma, non dimentichiamoci come siamo arrivati a questo momento: uno dei giocatori più vincenti e celebrati degli ultimi trent’anni, consacrato definitivamente otto anni fa per avere regalato il primo mondiale nella storia della sua nazione, neutralizzato dal portiere più europa league del mondo. 7/10: Nikolaj Starostin

In breve: - fonda lo Spartak Mosca con i suoi fratelli, l’unica squadra “del Popolo” in mezzo a CSKA e Dinamo Mosca, le squadre di Armata Rossa e polizia segreta. - inizia a vincere tutto, inemicandosi Lavrentij Berija, semplificando: l’Himmler sovietico, il Carnefice, che lo farà arrestare e deportare. - dopo otto anni Starostin torna a Mosca perché il figlio di Stalin vuole fargli allenare la squadra delle Forze Aree Sovietiche. - finisce stritolato in una lotta di potere che lo costringe a tornare al confino. - morti Stalin sr e Berija, torna a Mosca dove vince decenni di trofei da dirigente dello Spartak Mosca, la squadra più vincente di Unione Sovietica e Russia. 8/10: Akinfeev vs Koke

Matthias Hangst/Getty Images. Dopo avere parato il rigore di Koke, Akinfeev si allontana dalla porta camminando con lentezza, come se non fosse successo nulla, dando le spalle… come quando sta per esplodere qualcosa, e non hai niente da perdere. 9/10: Lebed

Colpa della moto. 10/10: Akinfeev vs Iago Aspas

Dan Mullan/Getty Images. Si finisce dall’inizio, dalla prima presenza di Akinfeev da professionista, da sempre al CSKA Mosca. Subentra a partita in corso, para un rigore, la porta resta inviolata fino al fischio finale: ha sedici anni. Ne sono passati quasi altri sedici, lo stadio è un altro, uno stadio che ne ha viste tante. Rivisto da più angolazioni, il rigore di Iago Aspas conserva sempre un lampo di magia bianca – l’istante successivo all’impatto del pallone sul piede di Akinfeev è sospeso nell’anticipo del boato di 81.000 esseri umani, lo sfasamento che trasforma l’essere umano in eroe.

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