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La delusione dell'anno: Krzysztof Piatek
12 ago 2020
12 ago 2020
L'attaccante polacco ha passato una mezza stagione da incubo al Milan.
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Esiste delusione più grande dell’essere dimenticati? Di non provocare più nemmeno il bruciore delle aspettative tradite, di essere finiti in un anfratto così recondito della memoria da non essere più considerati degni di ferirci? Di essere rimossi, inconsciamente o non, come qualcosa di cui ci vergogniamo e che adesso consideriamo ridicola? Evidentemente no, se allo spettacolare naufragio della prima stagione in Serie A di Lozano, alla definitiva discesa agli inferi di Balotelli e all’inconsistenza senza colore di Ramsey avete preferito come delusione dell’anno Krzysztof Piatek, il cui PUM PUM PUM che la scorsa stagione terrorizzava la Serie A ha oggi la stessa credibilità dell’emoji della pistola giocattolo di Whatsapp.

 

La realtà in cui Piatek è l’attaccante titolare del Milan di Giampaolo oggi ci sembra un’allucinazione, un

di una parodia di Mel Brooks. Eppure, per quanto ci possa sembrare assurdo, è esistita davvero ed è stato appena un anno fa.

 


Un anno o un secolo?


 

Esattamente un anno fa il Milan si preparava all’ennesima stagione della rifondazione e Piatek veniva da una stagione in cui aveva segnato 30 gol tra campionato e Coppa Italia con due maglie diverse. Erano giorni in cui ci si chiedeva

che non stesse segnando, anche se erano solo amichevoli - come se il gol fosse connaturato nella sua stessa natura, come il modo di sorridere o di salutare.

Marco D’Ottavi nel pezzo con cui idealmente gli consegnavamo il premio AIC di febbraio 2019: «Se Piatek dovesse improvvisamente smettere di segnare, ci stupiremmo al contrario».

 

Quando Piatek ha vinto quel premio ci sembrava assurdo che un giocatore che pareva poter continuare a segnare con la stessa continuità al di là del contesto, che poteva fare gol con il diretto marcatore attaccato alle spalle (come nel gol contro l’Atalanta) o girando intorno a Koulibaly e piazzando il pallone sul palo più lontano (come nel 2-0 a Napoli in Coppa Italia che lo aveva incoronato come l’ennesimo salvatore del Milan), che aveva segnato in ognuna delle sue prime quattro partite da titolare in rossonero come prima di lui aveva fatto solo una leggenda del Milan come Oliver Bierhoff, ecco, che un giocatore così potesse semplicemente perdere la capacità di mettere il pallone in rete. Oggi, invece, ci sembra assurdo il contrario - di esserci illusi che quell’incantesimo potesse durare per sempre, di aver creduto a un bluff così sfacciato.

 

https://www.youtube.com/watch?v=_tqOMdNqyGY

 

La stagione di Piatek è sembrata prendere la piega sbagliata fin da subito, da quando, cioè, Giampaolo lo ha escluso dall’undici titolare alla seconda giornata di campionato contro il Brescia preferendogli André Silva, che sarebbe passato all’Eintracht di Francoforte appena due giorni dopo. «Piatek è un grandissimo giocatore»,

Giampaolo, «Ma se non gioca non finisce il mondo».

 

Poi una sfilza di partite anonime, il gol decisivo contro il Verona e quello inutile nella sconfitta contro il Torino, fino ad arrivare alla famosa partita contro il Genoa, prima del preventivato esonero di Giampaolo. La sua uscita dal campo, insieme a quella di Calhanoglu alla fine del primo tempo, che trasforma un Milan vacuo e in svantaggio, e che ribalta una partita che si rivelerà essere la definitiva vittoria di Pirro dell’ex allenatore della Sampdoria.

 

Da quella partita di Piatek non è rimasto quasi niente, se non quella sua incrollabile fiducia nel futuro e in se stesso che senza il gol ha finito per trasformarlo in una parodia vivente dell’ideologia del miglioramento perpetuo. «Nel calcio bisogna sempre stabilire nuovi obiettivi»,

l’attaccante all’emittente polacca TVP il 18 novembre dell’anno scorso, dopo quasi un mese senza gol, «Sono costato 38 milioni di euro, ora voglio far di tutto perché per il prossimo trasferimento mi paghino 60-70 milioni». Pochi giorni dopo verrà fischiato da tutto San Siro mentre esce dal campo, sostituito all’85.esimo da Leao in un Milan-Napoli finito 1-1. Sono passati appena 10 mesi dal Milan-Napoli di Coppa Italia in cui decise la partita con una doppietta, alla sua seconda presenza in rossonero.

 

Piatek è sembrato poco credibile persino agli occhi dei suoi stessi allenatori, che poi è la cosa peggiore in assoluto. «Piatek non sia ossessionato dal gol»,

a un certo punto Giampaolo a un attaccante che ha il gol come unico scopo nella vita, «Mi è piaciuto molto in questi giorni, non deve pensare solo ad attaccare gli ultimi metri, giocare un calcio piratesco. Deve essere un giocatore completo, andare in profondità o legare il gioco». Pioli, invece, in una conferenza stampa di fine novembre è andato persino oltre mettendo in scena la sua personale reinterpretazione del proverbiale “stai sereno” renziano. Interrogato sul possibile approdo di Ibrahimovic e sull’influenza di questa voce sul rendimento dell’attaccante polacco, l’allenatore del Milan

che secondo lui Piatek non leggeva molto i quotidiani sportivi. Una dichiarazione che ha un ulteriore layer ironico se pensiamo che solo pochi giorni prima l’ex numero 9 aveva detto che «per i giornalisti italiani sei il re del calcio un giorno, il peggiore un altro» e che «le copertine dei giornali» non lo toccavano.

 

Il Milan si è liberato di Piatek negli ultimi giorni del mercato di gennaio come un regalo di Natale sgradito, nonostante lui a metà dicembre

che poteva ancora segnare «anche 6-7 gol in poche partite». A Berlino ha trovato una situazione caotica e la realtà ha continuato a tramare contro di lui. Jürgen Klinsmann, che sembrava avere fiducia in lui, si è dimesso poco più di 10 giorni dopo il suo arrivo, lasciando l’Hertha (che già si posizionava appena sopra la zona retrocessione) nel caos. Poi un lungo periodo di interregno prolungato ulteriormente dalla pausa della Bundesliga per via della pandemia di Covid-19. Tornati in campo con un nuovo allenatore (Bruno Labbadia), Piatek si è ritrovato a fare la riserva a Vedad Ibisevic, 36enne bosniaco attualmente svincolato il cui nome richiama sinistramente quello di Ibrahimovic (anche lui di origini bosniache), che nel frattempo cancellava la sua memoria da Milano.

 

L’incubo in cui è entrato Piatek quest’anno è stato ben rappresentato in forma metaforica alla penultima giornata di Bundesliga, quando l’Hertha Berlino ha affrontato il Bayer Leverkusen in casa. Quando la partita era ancora in bilico sull’1-0, l’attaccante polacco si è presentato da solo davanti al portiere avversario dopo un bel taglio sulla trequarti, al limite dell’area. Piatek ha fintato una volta il tiro, mettendo a sedere il portiere e Wendell che aveva provato a intervenire disperatamente, e poi si era portato la palla fin davanti alla porta vuota, facendo sbattere un altro avversario sul palo. Proprio mentre stava per trasformare la sua grande azione in gol, però, si è ritrovato davanti il suo compagno Lukebakio, che ha calciato il pallone in rete scippandoglielo dai piedi, con un gusto per il sadismo francamente crudele.

 



 

Al di là di come la pensiate su Piatek, non può non farvi male vederlo girarsi verso il suo compagno con le braccia larghe come a chiedergli “perché?”. Magari sto proiettando su di lui un’introspezione che non ha, ma me lo immagino così mentre ripensa all’ultimo anno che ha passato, chiedendo il perché a se stesso, a Dio o al destino, a seconda di cosa crede.

 

Ovviamente ci sono diverse spiegazioni logiche del suo fallimento: forse è stata la difficile situazione del Milan, o magari è stata colpa di allenatori poco capaci di metterlo nelle condizioni migliori per rendere al massimo o più semplicemente sono stati i suoi stessi limiti tecnici ad essere troppo grandi per non emergere a un certo punto. Probabilmente tutte queste cose insieme. Io, però, non riesco a non pensare alle sue parole quando la scorsa estate ha deciso di sfidare la celebre

, abbandonando il 19 con quella fiducia senza sfumature che adesso, alla luce di cosa gli ha riservato il futuro, ci sembra ridicola.

 

«Il 9 è un numero importante per un attaccante, tutti i migliori ce l’hanno: Lewandowski, Suarez, Benzema, Kane»,

Piatek a fine luglio dell’anno scorso. «Sono felice perché la società ha creduto nelle mie qualità, mi avevano detto che me la sarei dovuta conquistare, io dissi che avrei lottato con tutte le mie forze per averla e ce l’ho fatta. Non credo alla scaramanzia e a questa maledizione. Per me la 9 è la normalità, andrà tutto bene come con la 19».

 

«Sarò in grande forma, vedrete. La cosa non mi fa paura».

 

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