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Cosa succede all'Italia?
16 nov 2021
16 nov 2021
Dall'Europeo vinto ai playoff il passo è stato breve.
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Belfast non portava alla mente ricordi felici per il calcio azzurro: sessantatre anni fa, il 15 gennaio 1958, l’Italia perse al Windsor Park la qualificazione al mondiale di Svezia che si sarebbe tenuto quella stessa estate, perdendo 2-1 con la nazionale nord-irlandese. È una delle delusioni storiche della nazionale azzurra assieme a quella contro la Corea del Nord ai mondiali inglesi del 1966 e allo spareggio perso contro la Svezia per le qualificazioni ai mondiali del 2018. Ieri, sempre al Windsor Park, all’Italia sarebbe servita almeno una vittoria, possibilmente con più gol di scarto, per mettersi al riparo da una larga vittoria della Svizzera sulla Bulgaria – evento che si è effettivamente verificato - ma gli azzurri non sono riusciti a scalfire la solidissima difesa messa in piedi dal tecnico Ian Baraclough, che è riuscito a tenere inviolata la porta della sua nazionale in ognuna delle quattro partite casalinghe giocate nel girone di qualificazione. La partita di Belfast, però, è solo l’ultimo tassello di una deludente fase finale delle qualificazioni mondiali della nazionale azzurra.

L’Italia è giunta al doppio impegno contro Svizzera e Irlanda del Nord a pari punti con la nazionale elvetica: nella prima partita dopo la vittoria agli Europei l’Italia aveva sprecato i due punti di vantaggio sino ad allora accumulati pareggiando 1-1 a Firenze contro la Bulgaria, in una partita da 27 tiri in porta. Poi ha fallito il suo primo match-point a Basilea, anche per via del rigore parato da Yann Sommer a Jorginho, prima di fallire anche il secondo nello scontro decisivo giocato all’Olimpico lo scorso venerdì.

Le difficoltà contro la Svizzera

La partita di Roma contro la Svizzera costituiva la prima e più importante occasione per qualificarsi ai mondiali del Qatar. Roberto Mancini ha dovuto fare i conti con le assenze di Chiellini, Verratti e Immobile. I primi due sono stati sostituiti con Acerbi (anche Bastoni era indisponibile per il match contro la Svizzera) e Locatelli; la sostituzione di Ciro Immobile ha posto Roberto Mancini di fronte a una scelta piuttosto netta, in considerazione del fatto che nelle ultime tre partite disputate (contro la Lituania e le due della Final Four di Nations League) erano state disputate con Giacomo Raspadori o Federico Bernardeschi al centro dell’attacco: stavolta il tecnico azzurro ha preferito tornare al centravanti classico schierando Andrea Belotti, con Chiesa e Insigne ai lati.

La partita contro la Svizzera ha presentato parecchie difficoltà per gli azzurri, in particolar modo nei primi quarantacinque minuti. Il tecnico elvetico Murat Yakin ha diversificato la strategia in fase difensiva della sua squadra, prevedendo un pressing piuttosto aggressivo nelle prime fasi della manovra azzurra, per poi compattare le linee sul possesso palla consolidato dell’Italia. Il pressing svizzero era fortemente orientato sull’uomo, mirando in particolare ad escludere dal gioco Jorginho e Locatelli, i due centrocampisti di costruzione di Mancini.

Partendo dal suo 4-2-3-1 la Svizzera si adattava al 3-2-5 con cui l’Italia iniziava la propria fase offensiva marcando Jorginho col trequartista Shaqiri ed alzando Remo Freuler su Locatelli. Più dietro, Zakaria controllava da vicino i movimenti di Barella.

Più indietro nel campo le linee della Svizzera si stringevano in un 4-4-1-1 compatto e piuttosto attivo, orientato a difendere il centro del campo e pronto a scivolare lateralmente sui pallone diretti verso gli esterni azzurri.

L’Italia ha sofferto l’organizzazione e l’energia difensiva della Svizzera e ha provato a forzare accelerando le giocate e andando in verticale più rapidamente di quelle che sono le sue abitudini: Una fase offensiva insolitamente frettolosa, che non ha permesso all’Italia di abbassare e disordinare la Svizzera e, allungando il campo, ha reso difficoltosa la transizione difensiva degli uomini di Mancini.

L’Italia ha finito col soffrire proprio le transizioni, specie nel primo tempo, e in maniera esemplare ha subito il gol da una ripartenza lunghissima della Svizzera che ha allungato il campo con il movimento in profondità del solito Okafor, i cui attacchi alla linea difensiva hanno più volte fatto penare i difensori azzurri.

A rimorchio dell’allungo di Okafor giungono due giocatori svizzeri, Widmer e Zakaria, e un solo giocatore azzurro, Locatelli. Okafor può quindi servire Widmer che realizza il gol del vantaggio svizzero.

Ma l’Italia è apparsa fragile anche in fase di non-possesso, in cui il pressing è sembrato impreciso e poco aggressivo e ha lasciato quindi comodi corridoi di passaggio agli uomini di Yakin. Per tutto il primo tempo la Svizzera ha trovato facili soluzioni di passaggio alle spalle della linea di centrocampo azzurro, specie con il taglio interno di Vargas nell’half-space di sinistra.

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Una delle tante azioni in cui la Svizzera è penetrata con troppa facilità all’interno della struttura difensiva azzurra. Sommer è in possesso di palla. Barella si alza in pressing su Freuler, liberando alle sue spalle Zakaria che viene raggiunto dal passaggio del portiere. Zakaria è libero di controllare, alzare la testa ed imbucare per Vargas che si è smarcato tra le linee. Vargas può quindi girarsi e, guardando indisturbato la linea difensiva italiana, scegliere tra tre soluzioni di passaggio.

Nel secondo tempo l’ingresso di Berardi per Belotti e lo spostamento di Insigne in posizione di centravanti ha leggermente migliorato la fase offensiva. I movimenti verso la palla dell’attaccante del Napoli sono riusciti a muovere maggiormente la struttura difensiva, liberando più spazi efficaci per la circolazione del pallone degli azzurri. Ma non è bastato (ancora una volta anche per via del rigore sbagliato da Jorginho) a portare a casa i 3 punti, che sarebbero stati fondamentali per la qualificazione ai mondiali dell’Italia.

Insigne si muove verso il pallone, muovendo la coppia di interni Freuler e Zakaria. Si libera lo spazio per la ricezione di Tonali sul fianco destro di Freuler e il centrocampista milanista riceve quindi il pallone da Jorginho.

Il muro dell’Irlanda del Nord

Il pareggio contro la Svizzera ha messo l’Italia in una situazione scomoda: la probabile vittoria della Svizzera con la Bulgaria e la possibilità che la squadra di Yakin potesse segnare più di due gol, lasciavano prevedere la necessità di una vittoria con più gol contro la rocciosa difesa dell’Irlanda del Nord. Il tecnico Baracluogh ha schierato la sua squadra con il consueto 5-3-2, con le linee particolarmente strette anche a costo di lasciare spazio alle spalle della linea difensiva, per tenerla il più possibile vicina ai tre centrocampisti. Roberto Mancini ha invece schierato Insigne al centro dell’attacco, con Berardi a destra e Federico Chiesa a sinistra e, in mezzo al campo, ha rinunciato a Locatelli a favore di Tonali.

Nelle rotazioni adottate in fase d’attacco, Mancini ha scelto di utilizzare Chiesa per presidiare l’ampiezza, forzando quindi il terzino sinistro Emerson a rimanere nella linea arretrata, con Acerbi al centro e Bonucci a destra, con Di Lorenzo invece impegnato largo a destra. Combinando la posizione di Chiesa a sinistra e la posizione di Bonucci, forse l’idea era quella di attaccare il blocco compatto degli avversari raggiungendo l’esterno della Juventus in isolamento sul lato debole, anche utilizzando il gioco lungo del capitano azzurro. Ma è una soluzione che ha funzionato poco.

Inoltre, rispetto alla partita con la Svizzera, Barella è stato spostato sul centro-sinistra, con Tonali sul centro destra, e in fase di possesso entrambe le mezzali si alzavano lasciando al solo Jorginho l’onere di supportare il terzetto arretrato in fase di impostazione.

Lo strettissimo 5-3-2 dell’Irlanda del Nord, contro lo schieramento 3-1-6 degli azzurri.

L’Italia ha avuto enormi difficoltà nel creare occasioni da rete, andando a sbattere costantemente contro il muro dei padroni di casa. Come la Svizzera, l’Irlanda del Nord non ha concesso niente, riducendo al minimo le distanze, la zona tra le linee – vitale per gli attacchi azzurri – e l’Italia non ha creato occasioni da rete sfruttando la frequente ricerca di un inserimento delle mezzali o degli esterni dopo una ricezione corta di Insigne o Berardi, funzionale a muovere la linea difensiva nord-irlandese.

L’Italia è riuscita solo raramente a creare densità in zona palla efficace a liberare un uomo con vantaggio posizionale, e non è riuscita ad allungare la squadra irlandese minacciando la profondità con i movimenti del centravanti o di un altro giocatore offensivo. Il gioco azzurro è stato piuttosto monodimensionale, è mancata non solo la precisione ma anche la brillantezza tecnica necessaria per scardinare una difesa compatta come quella britannica.

Anche la scelta di Tonali, impegnato in posizione piuttosto avanzata, non si è rivelata particolarmente efficace. Locatelli era stato autore di una prova grigia contro la Svizzera, ma per caratteristiche è forse più adatto a muoversi sulla trequarti rispetto alla mezzala milanista.

Gli azzurri hanno prodotto solamente 11 tiri, molti dei quali di bassa qualità, in una partita in cui avrebbero dovuto segnare parecchi gol. Nel secondo tempo, con sempre maggiore ansia per via delle notizie dei gol della Svizzera, l’Italia è sempre più andata in confusione, variando frequentemente uomini e assetto senza però riuscire a invertire l’inerzia tattica di una partita che ha visto gli azzurri non riuscire a creare gli spazi negati dalla strategia difensiva degli avversari.

E adesso?

L’Italia ha fallito la qualificazione diretta ai mondiali qatarioti nella partita in casa contro la Svizzera, giocata in maniera poco brillante, specie nella prima frazione di gioco. Lo stile e le direttrici di gioco dell’Italia sono ormai conosciute dagli avversari e lo status di grande nazionale, prima acquisito con la qualità delle prestazioni e la continuità dei risultati, poi suggellato dal titolo europeo, suggeriscono alle squadre avversarie di adattare la propria strategia di gioco a quelle degli uomini di Mancini. Pur con grosse differenze tra le due squadre nell’approccio al pressing, sia per la Svizzera che per l’Irlanda del Nord è stato fondamentale negare gli spazi tra le linee agli azzurri, anche a costo di concedere qualcosa in profondità.

In risposta alle strategie difensive avversarie il gioco azzurro è sembrato piuttosto rigido e incapace di adattarsi. La fluidità posizionale della nazionale di Mancini è sembrata troppo spesso legata alla necessità di arrivare a uno schieramento offensivo predefinito, piuttosto che rispondere a quello di ottenere vantaggi leggendo la posizione degli avversari. Negati gli spazi fondamentali allo sviluppo efficace della manovra offensiva, l’Italia non ha avuto la precisione esecutiva sulla trequarti per superare schieramenti difensivi pensati ad hoc, proprio per negare le nostre consuete trame di gioco. Né ha avuto la libertà posizionale e di lettura necessarie a trovare i vantaggi posizionali in modo più spontaneo.

La manovra italiana, quindi, è diventata da un lato sterile e dall’altro frettolosa, sporcando in tal modo anche la fase di transizione difensiva, e le difficoltà tattiche si sono presto tradotte in difficoltà tecniche, negli spazi stretti della manovra d’attacco.

Il lavoro svolto da Roberto Mancini con la nazionale italiana è assolutamente mirabile e ha già raggiunto un risultato enorme con la vittoria degli Europei. Ma, come per ogni allenatore ed ogni squadra di calcio, lo sviluppo, gli adattamenti e i miglioramenti non hanno mai fine, anche per la capacità degli avversari di sviluppare le giuste contromosse. In vista dello spareggio di marzo è quindi necessario continuare a lavorare per trovare soluzioni ai problemi tattici che, al di là dei risultati ottenuti, sono emersi nelle ultime partite, ma che in qualche maniera covavano all’ombra già da qualche tempo.

Mancini e il suo staff hanno ampiamente dimostrato di esserne capaci e certamente faranno di tutto per fare in modo che Belfast rimanga indelebile nella storia del calcio azzurro solo per la partita del gennaio del 1958.

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