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Cosa stanno facendo i giocatori italiani all'estero
26 feb 2020
26 feb 2020
Davide Lanzafame, Marco Verratti, Angelo Ogbonna e altre storie da non dimenticare.
(articolo)
19 min
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Per il secondo anno consecutivo, le classifiche dell’UE indicano l’Italia all’ultimo posto delle stime di crescita nella zona europea. È qualche anno, a tenerci bassi, che l’economia italiana va male e anche per questo motivo gli italiani sono tornati a essere un popolo di emigranti quasi come lo erano nel periodo precedente al boom economico.

Ma gli italiani non viaggiano solo per cercare fortuna. Siamo un popolo di navigatori: viaggiamo per esplorare, conoscere nuove culture, allargare i nostri orizzonti e imparare nuove lingue. Da questa curiosità e da questa sete di conoscenza sono spinti anche la maggior parte dei calciatori italiani che vanno a giocare all’estero - i più maligni pensano da qualche contratto particolarmente remunerativo magari a fine carriera ma noi non ci crediamo.

Va detto subito che non sono tanti: dal punto di vista calcistico siamo storicamente stati un campionato in cui si arrivava e non da cui si andava via. Così come per gli spagnoli o per gli inglesi. Questa classifica riportata da Esquire sembra dire il contrario, ma nel calcolo tiene conto di tutti i tedeschi di origine italiana e di tutti gli svizzeri di origine italiana.

Noi vorremmo invece parlare dei calciatori percepiti come emigranti, che hanno quindi una storia umana e calcistica radicata nel nostro paese e che a un certo punto hanno dovuto riempire una valigia di cartone dei loro sogni e delle loro speranze e andare all’estero.

C’è una cosa triste degli italiani all’estero: che tendiamo a dimenticarli. Anche in questi tempi in cui il nazionalismo va di moda, tendiamo a scordarci i nostri compatrioti in terra straniera. Per questo va ringraziato il grande lavoro della pagina Facebook "Calciatori italiani all'estero". Non li convochiamo più in Nazionale, finiscono alla periferia del nostro cervello; sono milionari, pensiamo, se la caveranno. Eppure magari a loro manchiamo, e quando tornano a casa dagli allenamenti riempiono le buste della spesa di pasta al pesto e nostalgia.

Come se la stanno passando questi italiani all’estero?

Marco Verratti, Paris Saint Germain

L’Abruzzo è storicamente una regione di emigranti, e dei 170 mila abruzzesi all’estero Marco Verratti è il loro principe. Strappato alla sua terra quando era ancora un cìtele (un bambino, in dialetto pescarese), a neanche 20 anni. La Gazzetta titolava “Au Revoir Verratti” in un pezzo che diceva che il PSG aveva superato la concorrenza di Inter e Juventus.

Il suo talento era troppo grande per dimenticarlo - per Buffon è l’unico talento italiano - e infatti lo rivediamo in Nazionale in ogni partita, e in ogni partita vorremmo qualcosa in più da lui. È il nostro miglior talento, e allora facesse quello che hanno fatto Baggio, Totti o Del Piero prima di lui. Ma Verratti al PSG è diventato grande a suon di passaggi corti, protezioni palla e dribbling nello stretto scellerati. Oltre che a una quantità non ricostruibile di cartellini rimediati dopo aver protestato con l’arbitro. Gioca ancora come per le strade di Manoppello e rompeva i vetri delle finestre di Piazza Caduti di Marcinelle (giuro che è vero, non è un film di Tornatore).

Ancora non lo capiamo del tutto, Verratti “il parigino”, con questo talento più argentino che italiano. Lui a Parigi è amatissimo, dal 7° arrondissement alle banlieu, dove i rapper gli dedicano barre di fuoco.

Lui mantiene solide le radici. In un’intervista a Daniele Manusia su Rivista Undici nel 2015 confessò di aver cambiato una casa perché non gli lasciavano montare la parabola per guardare le partite del Pescara; poi ne ha cambiata un’altra perché non gli lasciavano usare la griglia per gli arrosticini. Ora però è tranquillo: «Io ho una tradizione, quando qualcuno mi viene a trovare mi porta gli arrosticini. Ho anche degli altri amici di Pescara, che lavorano qui a Parigi, con cui ci ritroviamo per fare delle cene abruzzesi».

Quest’anno si è fatto crescere una barbetta un po’ luciferina ed è sempre più carismatico. In campo si trova a meraviglia con Neymar, Mbappé di lui dice che è un fenomeno, che è il giocatore che lo ha impressionato di più. Così forte che l’Italia si è arresa a prendere la sua forma, quella di una squadra che vuole dominare le partite col pallone e fargliene toccare il più possibile.

Le stagioni della sua squadra dipendono da pochissime partite, tra cui il ritorno degli ottavi di Champions League contro il Borussia Dortmund. Una partita che Verratti non potrà disputare: all’andata era diffidato e si è fatto ammonire per proteste. Classic Verratti.


Diego Fabbrini, Dinamo Bucarest

Forse avete dimenticato quel momento della vostra vita in cui Diego Fabbrini era considerato uno dei migliori talenti italiani. Il migliore nato nel 1990 dopo Mario Balotelli. Era il 2010, la Germania aveva appena finito di pagare i debiti del Trattato di Versailles del 1919 e la vita di Fabbrini era facile. Giocava nell’Empoli e nella Nazionale Under-21, trequartista o esterno d’attacco, tecnico e veloce. L’agente Gianni Di Marzio aveva consigliato al suo Napoli di non lasciarselo sfuggire: «Qualche tempo fa era paragonato a Kakà , ma io lo accosterei di più al nostro Lavezzi. Quindi a gennaio, caro Bigon non fartelo scappare…».

A luglio Fabbrini compirà 30 anni e se tutto va bene li compirà con addosso la maglia della Dinamo Bucarest, la sua dodicesima squadra negli ultimi 7 anni. Quando si è trasferito in Inghilterra, al Watford, è stato l’ultimo momento in cui la sua carriera poteva prendere una piega di alto livello. I tifosi gli dedicavano lo stesso coro di Maradona: «Diego ohhhhh / Diego oooohhhhh» e si aspettavano molto da lui. Fabbrini ha segnato 1 gol in 21 partite, e da lì una discesa che lo ha portato in Romania. La Dinamo Bucarest ha deciso di puntare su di lui dopo un’ottima stagione al Botosani un paio d’anni fa (questo il calcio del Botosani, se volete farvi un’idea).

Su Transfermarkt troviamo una sua foto con l’apparecchio ai denti e i suoi numeri stagionali: 10 partite giocate e 1 assist. Lui, però, è felice. La famiglia è con lui, il clima gli piace ma dice di sognare l’Italia. Qualcuno si metta una mano sul cuore.


Jorginho, Chelsea

È stato difficile per Jorginho, col suo stile di gioco sottile ai limiti dell’invisibile, affermarsi nel campionato dell’agonismo, dei tackle enfatici e dei centrocampisti box-to-box. Era impossibile per non essere frainteso e Rio Ferdinand si spinse a dire che, semplicemente, non serviva a niente.

I tifosi continuano a essere triggerati dalla sua presenza in campo. Come messi di fronte a un dilemma filosofico irrisolvibile, aprono thread sterminati su Reddit dai titoli enigmatici. L’addio di Sarri, l’uomo che lo aveva reso grande, secondo molti poteva essere la sua tomba. E invece il talento di Jorginho è semplicemente troppo grande per non imporsi anche contro tutte queste avversità. Lampard - per molti aspetti la sua nemesi calcistica: un centrocampista tutto bombe da fuori e lanci col compasso di 60 metri - in agosto si è sbilanciato: «Può dominare il centrocampo, cambiare una gara. È un esempio per tutti». Lui, da parte sua, è contento. Dice di essere tatticamente più libero ora. Ha giocato da titolare quasi tutte le partite del Chelsea, è diventato vice-capitano, anche se per molti proverà a raggiungere Sarri alla Juventus in estate.


Emerson Palmieri

È andato via come uno dei terzini più dominanti della Serie A, e ora Emerson Palmieri è una buona riserva del Chelsea. Niente di più. Certo, un giocatore di rotazione di tutto rispetto, che è stato titolare lo scorso anno durante la campagna d’Europa League conclusa in trionfo. Un terzino affidabile e versatile, con una grande tecnica in progressione. A gennaio sembrava potesse venire ad aiutare l’Inter nella corsa Scudetto, ma costava troppo. Forse a un certo punto dovrebbe trovarsi una squadra che gli permetta di non marcire in panchina.


Arturo Calbaresi, Amiens

È andato via meno di un anno fa, Arturo Calabresi, e già ce lo siamo scordato. Suo padre dice che è un problema del calcio italiano se uno come suo figlio - come altri giovani italiani - deve andare all’estero a giocare. Arturo dice che è stato coraggioso “a prendere e ad andare”. Qualche mese fa ha marcato Neymar e a fine partita si sono scambiati la maglietta. Calabresi dice che a Neymar piace tuffarsi.


Nicolao Dumitru, Gaz Metan Medias

La Wikipedia di Nicolao Dumitru dice che è nato in Svezia da padre rumeno e madre brasiliana, poi si è trasferito a Massa Marittima all’età di 7 anni. È incredibile che la sua vita calcistica sia riuscita a prendere una piega ancora più strana del suo inizio.

A 20 anni Dumitru era considerato uno dei migliori talenti del nostro calcio e De Laurentiis ne fece uno dei suoi primi acquisti del proprio Napoli. Un acquisto per guardare al futuro. Il DS dell’Empoli, la squadra in cui era cresciuto, aveva detto «La Juve e l’Inter sono state battute sul tempo dal Napoli. Hanno preso un attac­cante che già solo a guardare si fa ammi­rare: sembra Henry, fatte le debite propor­zioni».

Il suo cartellino è rimasto del Napoli per sette anni, in cui ha giocato un totale di 9 partite realizzando 0 gol. Si è fatto una marea di prestiti, come potete immaginare, ma la sua vita ora è ok. Nonostante il nome da pompa di benzina, il Gaz Metan Medias sta vivendo una buona stagione. È quinto in campionato e Dumitru ha realizzato il gol vittoria contro la Dinamo Bucarest la scorsa settimana. Il suo sogno è giocare per la Nazionale svedese.


Graziano Pellè, Shanghai Shenua

Graziano Pellè è stato nella testa degli italiani per poche settimane nell’estate del 2016, quando con la maglia della Nazionale, agli Europei, aveva elevato le sponde di petto a una forma d’arte. Era stato protagonista di uno degli atti di hybris più chiari del calcio recente: nella serie di calci di rigore contro la Germania mimò a Neuer il gesto del cucchiaio, poi tirò un rigore depresso tre metri ai lati del palo.

Gli italiani, quindi già lo odiavano, quando Pellè ha dato il colpo di grazia alla sua reputazione decidendo di andare a giocare in Cina finiti gli Europei. «Insegna ai cinesi a usare il cucchiaio invece delle bacchette» scrivevano sui social. Non solo aveva sbagliato il rigore, non solo lo aveva sbagliato da arrogante, ma ora diventava anche il quinto calciatore più pagato al mondo!

La discussione sullo stipendio di Pellè in Cina in Italia aveva preso pieghe surreali, volevamo credere che guadagnasse quanto Messi e Ronaldo, e avere un motivo per odiarlo ancora di più. Lui intanto postava foto su Instagram con la sua bellissima fidanzata, e gli italiani rosicavano. Aveva proprio tutto dalla vita!

Pellè non ha giocato sempre benissimo nello Shandong Luneng, ma quella finita a dicembre è stata la sua miglior stagione: 27 gol in 38 partite, di cui 7 su 8 nella Champions League asiatica. Dopo un periodo difficile d’ambientamento, Pellè ha migliorato progressivamente le sue prestazioni e ha portato una squadra che lottava per non retrocedere ai primi posti della classifica. Lo scorso anno pare abbia rifiutato un trasferimento al West Ham, e ha rinnovato il contratto con lo Shandong.

Ha confessato che se non gli avessero offerto tanti soldi non sarebbe andato in Cina. Ma rimane legato all’Italia e i soldi che sta guadagnando li sta investendo nel settore del lusso in Salento.


Pietro Pellegri, Monaco

Pietro Pellegri ha battuto il record di Amadei come più giovane esordiente della storia della Serie A. Poi ha battuto il record di Piola come più giovane a realizzare una doppietta in Serie A. Del resto non sembrava avere 16 anni: era enorme, letteralmente. Roberto Mancini lo aveva convocato anche per le due gare inaugurati della Nations League. Forse però era troppo grosso, e il suo corpo ha cominciato ad andare in pezzi quando ancora doveva finire di formarsi. La sua cronaca infortuni su Transfermarkt è quella dell’uomo di vetro: pubalgia, infortunio all'inguine, adduttori, coscia. 7 infortuni in 22 mesi, 80 partite saltate complessivamente da quando indossa la maglia del Monaco, che nel 2018 lo aveva acquistato per una cifra complessiva di 31 milioni di euro (11 più di Haaland).

Jardim è stato molto duro con la gestione del Genoa di Pellegri: «Se si fosse stati più attenti due o tre anni fa, durante la sua crescita, forse oggi non avrebbe tutti questi problemi muscolari. Oggi pensiamo che un ragazzo di 15 o 16 anni sia già formato, ma non è così. La maturità delle ossa e dei tendini arriva verso i 18-19 anni. Pietro è un bravo ragazzo, lavora bene e dà il massimo. Forse dobbiamo schiarirci le idee sul prendere giovani che hanno 14-15 anni pensando che siano degli adulti in miniatura. Dobbiamo rispettarli. Spesso uccidiamo i giocatori, ma nessuno si prende le responsabilità. Deve passare questo messaggio, perché tutto ciò può rovinare la vita dei giovani calciatori. Non è una questione di soldi, sono solamente triste quando vedo una situazione come quella di Pietro. Bisogna seguirli durante la crescita».

Pellegri non gioca una partita da settembre 2019; non segna un gol da agosto 2018.


Adam Masina, Watford

«Ho deciso di partire da ragazzino e spero di tornare a casa da uomo» aveva detto Masina nell’estate del 2018, quando il Watford lo aveva pagato 5 milioni di euro per portarlo via al Bologna. Masina che all’inizio sembrava un terzino forte e moderno, poi un terzino solo moderno, poi un terzino e basta. Un buon terzino, fisicamente all’altezza anche di un campionato di pentatleti come la Premier League.

Al Watford comunque non è mai stato titolare ma gioca con una discreta regolarità. In un’intervista di qualche giorno fa a Di Marzio dice di frequentare i ristoranti italiani di Londra ed è diventato padre da sei mesi. Si gode la sua vita da emigrato, ma dice comunque che «la parte più problematica diventa far arrivare la sera in solitudine».

Però è felice non ci siano più le sedute doppie non rimpiange i tempi in cui, con Donadoni, tornava a casa «Con il latte alle ginocchia». È un appassionato di filosofia, dice che il suo professore gli ha aperto un mondo, alla maturità ha portato Schopenhauer e ora sta leggendo un libro di Bauman.

Novecento di Baricco è la sua opera preferita, sogna di portarla a teatro con suo padre al pianoforte. Ultimamente sta giocando di più e a inizio febbraio, contro l’Everton, ha segnato il suo primo gol in Premier League. Un bel gol, in cui ha controllato un pallone che gli è piovuto addosso e poi ha incrociato un tiro schiacciato sul secondo palo.




Fernando Forestieri, Sheffield Wednesday

È decisamente cambiata la vita di Fernando Forestieri da quando era soprannominato El Topa ed era considerato il nuovo Maradona. Il Boca era disperato quando il Genoa glielo strappò a nemmeno 16 anni; l’Argentina era disperata quando l’Italia lo convocò nelle proprie selezioni giovanili. Forestieri con la primavera del Genoa saltava tutti i giocatori che aveva davanti.

Dopo alcune peregrinazioni si è affermato come giocatore di livello in Championship. Ha giocato nel Watford per tre stagioni e nello Sheffield Wednesday per quattro, ora è alla quinta. A dicembre del 2018 era stato emesso un mandato d’arresto nei suoi confronti per violenze con l’aggravante razziale. Ma alla fine se l’è cavata.

Da un paio di stagioni è in calo e il suo peak lo ha raggiunto nel 2015/16, quando con lo Sheffield ha segnato 15 gol e servito 6 assist, di cui alcuni incredibili. I tifosi lo amano e dopo il suo ritorno in campo, un anno fa, gli hanno tributato cori pieni di passione: «Give the ball to him / it will go in / Fernando». Non parlate di talento sprecato.


Angelo Ogbonna, West Ham

Non sembra mai abbastanza forte Angelo Ogbonna, ma alla fine nessuno può fare a meno di lui. Gioca sempre e ha ormai superato le 120 presenze con la maglia del West Ham. Pellegrini, il suo allenatore, in estate aveva che lo vedeva come una riserva di Issa Diop e Fabian Balbuena, ma complici gli infortuni Ogbonna è tornato al suo posto.

I tifosi su di lui sono divisi, ma ci sono editoriali sui siti che prendono le sue difese. «Ogbonna merita più rispetto», scrivono. A dicembre c’è stato il suo miglior momento di forma e in alcuni tweet veniva inserito fra i migliori centrali difensivi del campionato.

Ora però la squadra è in difficoltà, è terzultima in classifica, complice un calendario spigoloso, e Ogbonna si è fatto autogol in un recente 3-3 contro il Brighton. Come ha detto lui stesso: «In Premier le cose cambiano molto velocemente».


Stefano Napoleoni, Goztepe

Stefano Napoleoni è emigrato quando ancora non era un professionista. Giocava nella juniores del Tor Di Quinto e per qualche strana ragione Zibi Boniek decise di portarlo al Widzew Lodz, nella massima serie polacca. Napoleoni aveva diciannove anni, aveva vissuto tra il Tufello e il Tor Di Quinto, e ora si ritrovava davanti giganteschi difensori polacchi che gli facevano saltare i parastinchi.

Già all’esordio è diventato il primo calciatore italiano a segnare nel campionato polacco. Si trova ancora il video di quel suo gol, caricato ormai 13 anni fa (è qui sotto). Napoleoni con i capelli lunghi, tirati indietro da una fascetta nera, la carnagione scurissima, sembrava incarnare un cliché preciso dell’emigrato del Sud Europa.

L’idolo di Napoleoni era Roberto Baggio e da bambino portava il codino. Dopo il suo gol il telecronista polacco si cimenta in un italiano niente male: «Signore e signori, la televisione di canal plus presenta il dribbling, e la bomba, di Stefano Napoleoni»·

Bellissimo gol.

Napoleoni è l’archetipo dell’emigrato del calcio. Fosse rimasto in Italia non è detto che Napoleoni sarebbe diventato un calciatore, ma all’estero ha trovato la sua strada a ha costruito una carriera di tutto rispetto. Dalla Polonia si è spostato in Grecia, è rimasto quattro stagioni al Levadeiakos durante le quali hanno provato a prenderlo Olympiakos, Paok e il Siena di Beppe Iachini. Il presidente però lo ha costretto a restare fino alla scadenza del contratto.

È un tifoso della Roma ed è rimasto deluso quando, con una certa ironia, il Basaksehir ha pescato la Roma in Europa League proprio nei giorni in cui lo stavano cedendo al Goztepe. «In quei giorni mi ha scritto mezza Roma». Quando segna si tocca il Colosseo tatuato sul costato per ricordarsi casa.


Moise Kean, Everton

I primi mesi di Kean all’Everton hanno avuto tutte le caratteristiche dell’incubo: problemi disciplinari, panchina, zero gol segnati. Poi è arrivato Ancelotti ad aggiustare le cose. L’Everton è rinato, Kean ha cominciato a giocare e ha segnato il suo primo gol contro il Newcastle.

Ancelotti lo blandisce, dice che anche Platini ha avuto bisogno di tempo per ambientarsi nella Juventus. Walcott ne racconta le meraviglie: «Col pallone fa cose pazzesche, forse è il calciatore più potente che abbia mai visto. Ero contento quando ha trovato il primo gol, si vede che ha fame».

Quindi anche noi dovremmo restare tranquilli: Kean sta trovando il modo per non buttare via il proprio talento.


Davide Lanzafame, Honved

Lo ricordiamo per il titolo lisergico “Gioca nel Bari e può diventare il nuovo Cristiano Ronaldo”, lo abbiamo visto squalificato per calcioscommesse, poi lo abbiamo trasformato in un meme. Nel frattempo Lanzafame continuava la sua ottima carriera ungherese. Un articolo di Gazzetta titolava con uno spirito a metà tra un cinepanettone e Joseph Roth: «Lanzafame re di Budapest: "Segno tanto, mangio bene e magari vado in Nazionale».

Nel 2017 è diventato un eroe dell’Honved insieme al tecnico Marco Rossi facendo vincere un titolo al club che mancava dal 1993. Poi si è spostato nell’altra squadra di Budapest, il Ferencvaros, ha segnato 16 gol, è diventato capocannoniere e campione d’Ungheria, entrambe le cose per la seconda volta consecutiva. Poi è tornato all’Honved per la terza volta in carriera, club di cui può essere considerato una leggenda.

Un gol in Champions con il Ferencvaros. Fenomeno.

All’Honved ha trovato l’altro emigrante Giuseppe Sannino e ha già segnato 10 gol in 18 partite. Ha 32 anni, gli piace girare per parchi e ristoranti con la famiglia, è felice.


Vito Mannone, Esbjerg

A 17 anni l’Arsenal pagò mezzo milioni di euro per portare a Londra dall’Atalanta Vito Mannone, portiere nato a Desio ma con origini siciliane, diventato uno di quei giocatori sempre con la valigia in mano. Dopo una stagione al Minnesota UTD si è spostato all’Esbjerg, dalla Scandinavia degli USA alla Scandinavia vera e propria.

Nel 2019 Mannone ha vinto il premio di miglior portiere della MLS, e sembra sfuggirci qualcosa nel suo trasferimento all’Esbjerg a gennaio, con tutto il rispetto per i danesi. In un’intervista recente ha dichiarato che se dovesse trasferirsi in Italia dovrebbe ambientarsi: « Sono italiano ma è come fossi uno straniero».


Altri italiani che non dobbiamo dimenticarci

Federico Macheda dopo una carriera estremamente deludente ha trovato la sua dimensione in Grecia. È la seconda stagione consecutiva che va in doppia cifra al Panathinaikos (e questa stagione non è ancora finita).

Alessandro Diamanti è in Australia e fa ancora magie col suo sinistro arrotatissimo.

Sebastian Giovinco è uno dei nostri emigrati di maggior successo. Dopo essere stato il miglior giocatore del mondo negli USA è diventato il miglior giocatore del mondo in Arabia Saudita, all'Al Hilal. Quest'anno ha vinto l'AFC Champions League e ha partecipato al Mondiale per Club, spingendosi fino alla semifinale.

Daniele Verde compirà 24 anni a giugno. Anche a lui la vita va bene in Grecia, ha appena segnato una doppietta all'OFI Creta. Non ha voglia di imparare la lingua: «Lasciamo stare, il greco è impossibile. Ho imparato a dire 'buongiorno' e 'buonasera', stop. Ho il traduttore che parla spagnolo, per qualsiasi cosa passo da lui».

Mirko Pigliacelli è al Craiova. Di Craiova gli piace tutto e i tifosi gridano il suo nome dopo le parate. In centro c’è un ristorante gestito da una coppia che ha vissuto per vent’anni a Roma e parla solo romano: «Mi sembra di stare a casa!».

Ezequiel Schelotto è ancora al Brighton. Gioca poco ma gioca.

Mirko Antonucci è al Vitoria Setubal in prestito dalla Roma da un mesetto. Un infortunio alla caviglia lo ha tenuto lontano dal campo ma proprio un paio di giorni fa ha esordito partecipando all’azione di un gol.

Cristiano Piccini al Valencia sta vivendo una stagione difficile. La frattura della rotula lo tiene lontano dal campo da fine agosto.

Adrian Galliani, nipote di Adriano Galliani, è stato da poco ingaggiato dal Nottingham Forest. Ha 18 anni e la doppia cittadinanza italo-americana.

Alessandro Florenzi ha la varicella. Ha giocato due partite col Valencia: all’esordio ha quasi segnato un gol incredibile; nella seconda partita si è fatto espellere. È stato presentato col costume della Casa del Papel.

Lorenzo Crisetig a gennaio si è spostato al Mirandes. Deve ancora esordire. Speriamo che il Mirandes prenda anche il suo mentore Zeman in panchina.

Federico Piovaccari ha una storia d’emigrazione simile a quella di Napoleoni. Ora è al Cordoba, in segunda spagnola, dove due anni fa segnò 12 gol in 25 partite.

Massimo Sammartino è in Galles, al Bangor City. Squadra dal bellissimo nome e dal bellissimo logo.


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