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Cosa manca al Milan
06 gen 2022
06 gen 2022
Il calo della squadra rossonero ha riaperto la discussione.
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Foto di Jonathan Moscrop/Getty Images
(foto) Foto di Jonathan Moscrop/Getty Images
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A inizio dicembre, dopo aver battuto per 2-0 la Salernitana, per la prima volta in stagione il Milan si ritrova da solo in testa alla classifica. Ha dominato la Salernitana come ci si aspettava che facesse, ha segnato due gol in diciotto minuti e poi ha creato e sbagliato molto nei minuti successivi senza concedere nulla agli avversari. Sono passate poche settimane e tre partite eppure sembra un momento già molto lontano, ora che il Milan è scivolato al secondo posto a quattro punti dall’Inter, dopo aver sprecato un vantaggio di sette punti sui nerazzurri - ora, soprattutto, che si è tornati a parlare della squadra con toni più dimessi, più critici. Nessuno è escluso: Stefano Pioli e i tanti infortuni a cui non si è riuscito a trovare un rimedio, la rosa corta e inadeguata in certe posizioni, la società e i mancati rinnovi dei giocatori più forti, un indizio delle difficoltà a fare l’ultimo salto in avanti, a riportare le ambizioni ai livelli della storia del Milan e a vincere qualcosa dopo tanti anni.

Tra i tifosi milanisti sono temi ricorrenti, che riemergono a ogni momento difficile nelle ultime due stagioni. Non solo le critiche sembrano ripetersi, ma anche i risultati sono incredibilmente simili. Il Milan ha chiuso il girone d’andata con un solo punto in meno rispetto a un anno fa, come lo scorso anno ha perso in casa contro Sassuolo e Napoli e ha strappato un pareggio all’ultimo secondo contro l’Udinese, dopo una partita in cui ha fatto grande fatica ad attaccare l’eterno 3-5-2 dei friulani. Come un anno fa ha avuto un calo di rendimento coinciso con un momento critico a livello di infortuni e ha subito il sorpasso dell’Inter, anche se con qualche giornata di anticipo rispetto allo scorso campionato.

Se è vero che il Milan non è migliorato, non era però nemmeno così scontato che si ripetesse, dopo i mancati rinnovi di Donnarumma e Calhanoglu e un mercato più attento ad arricchire di alternative la rosa che a trovare sostituti del livello dei due giocatori persi. E se è vero che ha sperperato il vantaggio sull’Inter mettendo insieme appena dieci punti nelle ultime sette giornate, va detto che il ritmo tenuto nelle prime dodici partite era impossibile da sostenere. Dieci vittorie e due pareggi contro Juventus e Inter - un ritmo da Manchester City, Bayern Monaco o Paris Saint-Germain, squadre con una potenza di fuoco inarrivabile per il Milan - tenuto nella stagione del ritorno in Champions League dopo sette anni, affrontando il gruppo più difficile della competizione con Liverpool, Atlético Madrid e Porto. Forse sarebbe stato assurdo aspettarsi queste prestazioni fino alla fine della stagione.

È innegabile però che certi meccanismi si siano inceppati, e la colpa non è solo degli infortuni. La palla circola con meno qualità e il pressing non è sempre brillante, senza contare gli errori sui calci d’angolo avversari che hanno causato diversi gol nell’ultimo mese (contro Fiorentina, Sassuolo, Napoli ed Empoli). La media di gol segnati è rimasta più o meno la stessa (26 gol nelle prime 12 giornate, 14 nelle ultime 7), ma il Milan attacca peggio, è meno pericoloso, fa più fatica a far uscire la palla da dietro, e di riflesso difende peggio, è più vulnerabile e subisce più gol: 11 nelle ultime 7 giornate, gli stessi subiti nelle prime 12.

La riflessione più semplice è che a incepparsi siano stati innanzitutto i meccanismi difensivi. Le assenze sono state pesanti (tutti i difensori più utilizzati, Tomori, Kjaer, Romagnoli, Calabria e Theo Hernández, hanno saltato almeno una partita nell’ultimo mese) e la linea difensiva titolare non si vedrà più fino al termine della stagione, dopo il grave infortunio al ginocchio subito da Kjaer contro il Genoa. A questo si aggiungono poi i soliti discorsi sulla stanchezza, su un calo di intensità, che vengono tirati fuori spesso nei momenti di difficoltà e che però Pioli ha sempre respinto, arrivando a dire dopo la sconfitta contro il Napoli che, in quanto ad aggressività, quella era stata una delle migliori partite del campionato del Milan.

È difficile tenere costante il livello del pressing nel tempo, e per i rischi che si prende il Milan, per quanto punta forte sui duelli individuali, per i metri che lascia alle spalle dei difensori, qualche passaggio a vuoto è anche normale. Il recupero palla è però andato davvero in crisi solo contro il Sassuolo, che ha mostrato in modo esemplare le debolezze del sistema di pressioni del Milan.

Due in particolare: lo spazio dietro i mediani, che in generale tengono poco la posizione, per seguire in avanti o lateralmente i movimenti delle prime linee e marcare l'avversario lasciato libero dai compagni più avanzati, e quindi possono concedere comode verticalizzazioni alle loro spalle, in uno spazio dove non sempre salgono i difensori centrali; e la zona dietro Leão, dopo Ibrahimovic il peggior giocatore della rosa per pressioni portate (8,84, dato StatsBomb per FBref). E proprio in quelle zone il Sassuolo aveva i giocatori perfetti per far girare a vuoto i rossoneri. Al centro Maxime Lopez e Matheus Henrique, difficilissimi da pressare per fisico, baricentro basso e tecnica nello stretto, più avanti Scamacca, un appoggio sicuro quando si abbassava dietro i mediani, e sulla destra Berardi, la stella della squadra e un maestro nella protezione della palla.

Il Sassuolo esce a destra su Müldür, Leão è pigro nella pressione e il terzino turco può dosare il passaggio in diagonale verso Scamacca, che così come Raspadori si è liberato alle spalle dei mediani del Milan.

Per il Milan resta comunque più facile smarrire la propria pericolosità, non trovare il modo di far circolare la palla come desidera, che ritrovarsi a girare a vuoto come contro il Sassuolo, la peggior partita dell’ultimo mese per palloni recuperati, specie in zone medio-alte (secondo i dati di Wyscout). È cioè capitato più spesso che a incepparsi siano stati i meccanismi offensivi, con l’effetto collaterale di rendere il Milan più instabile a livello difensivo. Basta guardare la ripetitività di certi gol subiti, dal Sassuolo, dal Liverpool e dall’Udinese, tutti presi dopo un errore in uscita dalla difesa.

È stata però la Fiorentina a indicare la strada, a mostrare come spargere granelli di sabbia negli ingranaggi offensivi del Milan, che pure quella partita l’ha persa in modo rocambolesco (4-3), creando molto senza finalizzare e subendo gol a ogni tiro in porta dei "viola". Lo ha fatto tenendo la difesa alta, accettando di lasciare parecchi metri alle spalle dei difensori ma restringendo il campo, togliendo spazi alla circolazione palla a terra del Milan, costretto a quel punto a trovare un altro modo per risalire il campo, e cioè a lanciare lungo. Come aveva spiegato Vincenzo Italiano dopo la partita: «Portarsi dentro l’area Ibrahimovic è sempre un problema ma l’obiettivo è sempre lo stesso. Più stiamo lontani dall’area e meno soffriamo».

I due terzini sono aperti e lontani, Tonali è coperto e Kessié è marcato, far passare la palla tra le linee è complicato e così Kjaer ha un’unica soluzione: il lancio lungo verso Brahim Díaz, che così come Leão sta scattando dietro la difesa della Fiorentina.

Dopo la Fiorentina, diverse altre squadre hanno scelto di affrontare il Milan con la difesa alta, pressando in modo più o meno aggressivo il primo possesso ma comunque puntando a rimpicciolire il campo e a far lanciare lungo i rossoneri, e così a farli finire in fuorigioco. Fiorentina e Sassuolo sono le squadre che hanno messo più volte in fuorigioco (7) il Milan nel girone di andata, il Napoli (5, compreso il contestatissimo fuorigioco di Giroud sul gol annullato a Kessié al novantesimo) è subito dietro. In fuorigioco ci finisce spesso Ibrahimovic (6 volte tra Fiorentina e Sassuolo), ma contro l’Udinese il peggiore in questo senso è stato Theo Hernández. Non a caso due dei giocatori più importanti per il Milan a livello offensivo, tra i più cercati con un cambio di gioco o una palla alta dalla difesa.

Le difficoltà a muovere il pallone all’interno degli schieramenti avversari hanno ridotto l’impatto di Brahim Díaz, che pure ha tra le sue migliori qualità il posizionamento e il controllo in spazi stretti. E l’infortunio di Leão contro la Salernitana ha tolto di mezzo un giocatore ormai indispensabile per il Milan, il principale creatore di pericoli della squadra, quello che tira e dribbla di più, che ha più conduzioni in avanti e più di ogni altro porta la palla nell’ultimo terzo di campo e in area di rigore (tutti i dati sono di StatsBomb per FBref). Il giocatore, cioè, che più di tutti poteva risolvere da solo i problemi nella circolazione, facendosi dare la palla e portandola nell’area avversaria.

Pioli ha provato a chiedere qualcosa di simile a Messias, l’alternativa che dà continuità a un principio a cui il tecnico rossonero non rinuncia mai, quello di avere un esterno più offensivo (Messias o Leão) e uno più abile nelle pressioni e nei ripiegamenti (Krunic o Saelemaekers). Pioli ha tenuto Messias aperto a destra per dargli la possibilità di ricevere e puntare gli avversari, di accumulare duelli e di creare pericoli vincendoli, ma la produzione dell’ex Crotone, al momento, non sembra poter avvicinare quella di Leão.

L’ultima partita di Leão nel 2021, una buona dimostrazione della sua importanza nel Milan.

Non è solo l’assenza di Leão, o quelle di Rebic e Calabria (di cui si è parlato meno ma che non è meno importante, specie a inizio azione e nella possibilità di avere più soluzioni per risalire il campo a destra), o le condizioni di forma non esaltanti di Theo e Brahim a rendere il Milan più innocuo, più gestibile dagli avversari. C’è qualcosa di più strutturale che riguarda il modo in cui fa circolare la palla e prova a farla uscire dalla difesa.

Il Milan punta infatti ad avere molte linee di passaggio dietro il centrocampo avversario, con un esterno (di solito Saelemaekers o Krunic) che si sposta verso il centro e insieme a Brahim Díaz si muove negli spazi tra le linee. A dare ampiezza invece ci pensano l’altro esterno, quello che non entra dentro il campo, o i terzini secondo una chiara divisione di compiti tra compagni di fascia: uno resta più aperto, l’altro si accentra e aggiunge un’opzione dentro lo schieramento avversario. Le posizioni non sono mai fisse, e ognuno può occupare zone diverse a seconda dei momenti, per aggiungere imprevedibilità alla risalita del campo.

Una disposizione del genere, però, utilizzata per aprire e allargare gli schieramenti avversari, finisce per allungare le distanze anche da chi imposta, e cioè i due difensori centrali e i due mediani. Trovare i giusti collegamenti, specie con avversarie con la difesa alta e le linee strette in pochi metri, si è quindi fatto più difficile per il Milan. A risentirne non è stata solo la pericolosità della circolazione ma la tenuta difensiva a palla persa, con i diversi gol subiti dopo errori in costruzione.

Anche i difensori centrali e i mediani possono scambiare le posizioni durante il primo possesso, ma lo schieramento si mantiene sempre più o meno stabile: una prima linea a tre, formata dai difensori e da un mediano, e un punto d’appoggio più avanti (l’altro mediano) che collega la zona di costruzione con quella di rifinitura. In quel passaggio dalla difesa alla trequarti, che deve tagliare le linee avversarie, c’è sempre una quota di rischio e se non è comodo non ci sono tante alternative per far salire la palla. L’uscita più semplice, quella sui terzini, non c’è perché di solito sono alti e distanti, e a quel punto non resta che alzare la palla su Ibrahimovic o lanciare dietro la difesa avversaria sul movimento in profondità di un compagno.

Kessié forma la linea a tre con Kjaer e Romagnoli, più avanti Bennacer è solo a centrocampo, il terzino destro (Florenzi) dà ampiezza, quello sinistro (Theo) è dentro il campo. Kjaer non può giocare corto e allora sceglie di lanciare Leão dietro la difesa del Sassuolo.

L’errore di Bakayoko da cui ha origine il gol di Scamacca parte proprio da queste premesse. Bennacer si è aperto a destra sulla linea dei difensori, la pressione del Sassuolo è indirizzata su quel lato e quindi Bakayoko prova ad aiutare il compagno andandogli incontro. Così però si allontana da Saelemaekers, che come Brahim Díaz prova a smarcarsi ai fianchi del mediano avversario, e va a ricevere la palla in condizioni difficili, girato verso il fallo laterale e senza un compagno con cui scambiare sul corto. Bakayoko prova comunque a raggiungere Saelemaekers ma il suo passaggio viene intercettato e apre la strada al gol di Scamacca.

Anche contro l’Udinese i due protagonisti dell’errore che porta al gol di Beto sono Bakayoko e Bennacer. Il Milan è già a centrocampo perché l’Udinese difende più bassa, anche se la difesa è comunque sulla trequarti, ma lo schieramento è più confuso del solito. I terzini sono alti e i trequartisti tra le linee, ma sono vicini e coperti, Ibrahimovic è largo a destra e non al centro a impegnare i difensori, e questo complica ulteriormente la circolazione. Poi c’è Bakayoko, che si allontana da Bennacer in uno spazio che, come ha rivelato Pioli dopo la partita, non doveva occupare: «Bakayoko non doveva stare tra le linee, anche nel passaggio sbagliato di Bennacer la sua posizione era troppo alta». Bennacer di certo si prende un rischio ma Bakayoko non lo aiuta: è posizionato male e aspetta la palla senza andarle incontro. Il passaggio viene intercettato e Beto poco dopo porterà in vantaggio l’Udinese.

Può darsi che Bennacer e Bakayoko non siano una coppia ben assortita, ma anche con Tonali e Kessié la circolazione milanista ha avuto momenti di blocco. E se a risolvere le cose non c’è la conduzione di uno dei tanti portatori di palla (Theo e Leão in particolare, ma anche Brahim Díaz, Saelemaekers, gli stessi Tonali e Kessié si trovano meglio a portare la palla che a passarla), la via d’uscita resta il lancio lungo, una soluzione che però rende il Milan più prevedibile.

Contro l’Empoli, nell’ultima partita del 2021, si è vista invece una squadra più lineare, con una disposizione più classica, senza le solite rotazioni in possesso e un po’ più conservativa nelle uscite in pressione. Pioli ha sperimentato avanzando Kessié sulla trequarti, per riempire meglio l’area e pressare con più efficacia il mediano e i difensori centrali avversari, e le cose sono andate bene. Kessié ha segnato una doppietta e le temute verticalizzazioni dell’Empoli dietro i mediani sono state controllate con la collaborazione degli esterni offensivi e dei terzini. Giroud e Kessié sono stati lasciati a pressare in inferiorità numerica il triangolo formato dal regista e dai centrali difensivi, e più indietro esterni e terzini si aggiungevano a centrocampo per non lasciare soli i mediani contro le mezzali e il trequartista avversari.

È arrivata così una vittoria (4-2) che ha permesso al Milan di ripetere più o meno il girone d’andata dello scorso campionato. Un anno fa però al giro di boa la parabola del Milan era già in discesa, nonostante il primo posto, oggi invece la tendenza può invertirsi con i rientri di tutti gli infortunati (a parte Kjaer) e magari con qualche rinforzo nella finestra invernale di mercato.

L’Inter sembra poter scappare come l’anno scorso ma non è ancora così distante, e anche se per Pioli e per la società la priorità sembra essere la conferma della partecipazione alla Champions League, è chiaro che il Milan farà di tutto per restare vicino all’Inter il più a lungo possibile, come non gli era riuscito nella seconda metà dello scorso campionato. Magari non è l’ambizione a cui sono abituati i tifosi del Milan, ma i grandi traguardi si possono raggiungere anche a piccoli passi.

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