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Come va la nuova vita di Patrik Schick
16 mar 2022
16 mar 2022
Spoiler: alla grande.
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Era il 14 giugno, faceva caldo e con l’Italia agli Europei ci andavamo ancora con i piedi di piombo. Dopo l’esordio contro la Turchia era meglio non farsi false speranze e ancora pensavamo che avremmo ricordato quegli Europei per Patrik Schick, che aveva squarciato il cielo segnando da centrocampo. La Repubblica Ceca aveva vinto fortunosamente contro la Scozia con due lampi del suo numero dieci e il giorno dopo Emanuele Atturo aveva scritto di quel gol, misurando la distanza tra il nostro stupore verso il giocatore che era diventato Schick e le aspettative che aveva generato a Genova qualche anno prima. “In un certo senso è stato più eccezionale il gol segnato da Schick nel primo tempo, bello ma solido come quello di un numero nove che non è mai stato. Uno stacco di testa in mezzo ai due difensori centrali della Scozia, colpito con l’angolo della testa e indirizzato sul secondo palo. Il tipo di gol che ci si aspetta che segni con costanza, e che lui sembra rifiutare”.


 

Quasi esattamente otto mesi dopo il caldo sta tornando, gli Europei fanno parte della storia della Nazionale italiana e Schick esulta mostrando i muscoli dopo aver segnato gol a grappoli. Certo, sulle sue braccia i muscoli non sono ancora apparsi ma nella sua vita è successa una cosa per certi versi ancora più sconvolgente: Schick è diventato un attaccante vero. L’unico ad aver segnato di più di lui in Bundesliga si chiama Robert Lewandowski, arrivato alla cifra disumana di 29 gol in campionato, eppure nemmeno il fuoriclasse polacco può vantare i suoi numeri in fase di finalizzazione. Schick ha segnato ben 6.5 gol in più rispetto ai non-penalty Expected Goals avuti a disposizione (13.5) - più di qualsiasi altro in Bundesliga - uno scarto di quasi tre volte più largo di quello di Lewandowski, che si ferma a +2.3 (dati StatsBomb). E a questo si potrebbero aggiungere i dati sui gol segnati ad esclusione dei rigori per 90 minuti (che vedono Schick nel 98esimo percentile nei cinque principali campionati europei) o sui tiri totali (89esimo). Cosa sta succedendo? Ci aspettavamo Bergkamp e invece all’improvviso eccoci Jan Koller. Forse quel gol da centrocampo contro la Scozia ci ha fatto entrare tutti in una nuova realtà in cui non ci si mette più a ridere di fronte al paragone tra Schick e un coccodrillo che sotto il pelo dell’acqua aspetta che lo gnu si pieghi sulle sue zampe nodose per abbeverarsi.


 

Al di là di come la si pensi su Schick e i coccodrilli, il paragone con i predatori del mondo animale non è giustificato solo dal numero di gol segnati - anche se per arrivare ai 20 gol che Schick ha segnato in questa stagione non basta sommare quelli segnati nelle tre giocate in Italia e nemmeno quelli segnati nelle due precedenti a questa, in Germania - ma anche dal modo in cui questi gol sono arrivati, che racconta di una trasformazione ai nostri occhi sconvolgente. Non è che manchino i gol belli, tutt’altro, il fatto è che la loro bellezza non è quella che ci saremmo aspettati fino alla scorsa estate da Schick.



Prendete per esempio questo gol contro l’Arminia Bielefeld: avreste mai detto che Schick sarebbe mai stato capace di segnare un gol simile? Il numero 14 del Bayer Leverkusen si infila nel lato cieco del diretto marcatore, gli si avvicina alle spalle come se dovesse dirgli qualcosa all’orecchio e poi, poco prima che quello riesca a colpire la palla di testa, lo anticipa con una frustata del collo. Con la fronte Schick infila il pallone sotto al sette alla sinistra del portiere dopo avergli fatto sfiorare la parte bassa della traversa: è un gol che in altri tempi sarebbe stato definito da "rapace dell’area rigore", perché è tipica dei rapaci questa capacità violenta ma elegante al tempo stesso di catturare il momento al volo. Chi si sarebbe mai sognato di paragonare Schick a un'aquila o a un avvoltoio? Dopo aver segnato Schick si gode lo spicchio del settore ospiti guardandolo soddisfatto. I tifosi si aspettavano il suo gol e lui non ha potuto fare altro che ripagare le loro aspettative: eccomi arrivato, sembra dire mentre si avvicina verso gli spalti per piegare le braccia come un culturista, questi sono i muscoli che simboleggiano la mia forza. Schick ha detto alla Bild di aver copiato l'esultanza dal suo lottatore di MMA preferito, Nate Diaz, cioè, secondo un pezzo scritto qualche tempo fa da Tommaso Clerici, «l’idealtipo del fighter duro, coriaceo, incassatore quando si difende, demolitore quando prende le misure all’avversario». Tutto molto Schick, no?


 

I gol di testa segnati in questa stagione sono quelli che più lo allontanano dall’ideale di bellezza eterea con cui ci aveva ingannato in Italia: guardate per esempio con quale concretezza si è infilato tra i due centrali dell’Hoffenheim inserendosi da fuori area per incornare il pallone sul secondo palo. L'altro aspetto che in assoluto sembra essere maturato di più è la freddezza sotto porta. Lui che si era sciolto come neve al sole davanti a Szczesny diventando l’immagine di chi di fronte all’attimo fuggente scivola su una buccia di banana, oggi sembra essere diventato una goal machine - uno strumento di fredda precisione meccanica fatto per trovare l’angolo di tiro su cui il portiere avversario non può farci niente. Sono diverse le volte in questa stagione in cui Schick si è ritrovato a rivivere il film di quella maledetta Juventus-Roma di quattro anni fa che avrebbe dovuto definirlo per sempre, e ogni volta, questa volta, ha preso il bivio giusto. Contro il Greuther Furth, contro cui ha segnato quattro gol in circa 27 minuti, ha fatto passare la palla tra le gambe del portiere che provava a difendersi con una croce iberica. Contro il Colonia si è invece allungato in scivolata per anticiparne l’uscita con la punta, piazzando il pallone sul secondo palo. Contro il Borussia Dortmund ha tenuto la caviglia rigida per dare una traiettoria tesa che non desse il tempo al portiere avversario di scendere a terra in tempo. Contro il Bayern Monaco ha messo il corpo tra il pallone e il ritorno di Lucas Hernandez e, utilizzandolo come appoggio, ha incrociato il tiro sul palo più lontano spiazzando Neuer. Come in quei film horror in cui si rivive all’infinito sempre la stessa giornata, ma al contrario: ogni volta Schick rivive quell’incubo solo per evitarlo all’ultimo e sciogliere la maledizione.



Insomma, per rispondere alla domanda: la nuova vita di Schick va alla grande e lui stesso dice di amare la sua vita in Germania. Nei video promozionali del Bayer Leverkusen lo vediamo scherzare rilassato con il suo amico Lukáš Hrádecký mentre giocano a “Chi sono?” con dei post-it attaccati alla fronte. Sembra stare bene, insomma. Con questa stagione l’attaccante ceco sta dimostrando di poter essere la punta di una squadra verticale e moderna, che fa del pressing una delle sue fonti di gioco. Il Bayer Leverkusen è una squadra che fa affidamento sulle transizioni in maniera spensierata, senza avere il timore di prendersi qualche rischio, per esempio lasciando che l’ala opposta alla posizione del pallone non si interessi dei compiti difensivi per permetterle di rimanere più alta e innescare un’eventuale ripartenza. Dentro la squadra di Seoane questo compito è lasciato soprattutto alla classe di Wirtz e alle progressioni di Diaby, che sembra giocare in Bundesliga solo per dribblare tutti gli avversari che si ritrova davanti e consegnare il pallone sulla linea di porta a Schick. L’attaccante ceco non deve quindi caricarsi il mondo sulle spalle e può concentrarsi su alcuni compiti semplici, tatticamente parlando: attaccare la profondità tra i centrali avversari in transizione, occupare l’area in fase di attacco posizionale, cercare di sfuggire alle marcature avversarie.


 

Non è molto rispetto al sublime che ci aveva promesso a Genova, ma c’è da dire che lo fa molto bene - di sicuro molto meglio di quanto credessimo e quindi viene da chiedersi se non sia questo, alla fine, il vero Schick, e non gli stop al velcro, le piroette e i tiri di seta. In un gioco codificato e senza troppe pressioni l'attaccante ceco sta riuscendo a far emergere in maniera più chiara i suoi punti di forza, e questa è già una notizia straordinaria per un giocatore che alla Roma sembrava il manifesto dell’inconsistenza. Il direttore tecnico del Bayer Leverkusen, Rudi Völler, rispondendo a quanto fosse giusto mettere Schick nella stessa categoria di Lewandowski e Haaland (sì, esatto), non ha fatto alcuno sforzo ad elencarne tre: «Colpire il pallone di testa - in questo è il migliore dei tre [Schick, Lewandowski e Haaland, ndr]. La sua velocità. E il suo sinistro, che è magnifico». E allora cosa gli ha impedito di mostrare queste qualità anche in Serie A? Per Völler è chiaro: «È stato costretto a giocare fuori ruolo. Lui è una classica prima punta». In Germania il mistero che sembrava circondarlo è evaporato.


 

Certo, non stiamo parlando di uno scambio di persona, quindi non sono sparite del tutto le tracce del vecchio Schick. Nel bene...



Bene: tunnel di tacco sulla linea di fondo dopo aver plasmato il pallone come argilla con la suola.


 

...e nel male.



Male: tentativo di rovesciata finito in fallo laterale dopo essersi coordinato come una gallina lanciata in aria.


 

Ma questo ormai è il passato, nessuno si dispera più se Schick non è come ce lo aspettiamo, e anche l’urlo di Carlo Zampa di fronte all’occasione mancata contro la Juventus sembra provenire da un passato ormai dimenticato. Tempo di guardare a un futuro fatto di prospettive rosee e interesse dei top club europei: oggi Schick è talmente sereno da poter riscrivere la sua storia come quella di un bomber che nel suo percorso di crescita, tra alti e bassi, si è sempre aggrappato al gol come àncora di salvezza. «Dovunque sia stato ho sempre segnato», ha dichiarato Schick in una recente intervista all’Independent in cui ha descritto la sua esperienza alla Roma come “il periodo più difficile della sua carriera”, «Era una nuova esperienza per me e guardando indietro ci sono sicuramente delle cose che farei diversamente. […] Ero sicuro della mia qualità, credevo in me stesso, ma le circostanze non erano il massimo per me e sapevo che avrei dovuto cambiare per salvare la mia carriera. Adesso non sono più preoccupato per il futuro, anche se le cose dovessero andare male, perché so che quel periodo mi ha reso un giocatore migliore». Schick è diventata una persona solida, convinta dell’imperturbabilità della sua forza di fronte ai capricci del caso, che la scorsa estate con quel gol assurdo agli Europei è sembrato voler cambiare tutto. «Gli Europei mi hanno dato tanta fiducia ma non direi che sto facendo qualcosa di diverso. Direi che sono arrivato a un punto nella mia carriera dove sono un giocatore molto più completo. Ci è voluto molto lavoro ma adesso il lavoro mi sta ridando tutto indietro». Schick oggi è talmente sicuro di se stesso che ha persino iniziato a togliersi qualche sassolino dalle scarpe, come quello che teneva sotto al piede fin da quando giocava nell’Under 18 dello Sparta Praga e il direttore sportivo della squadra ceca lo aveva criticato per la mancanza di intensità e intelligenza tattica. «Dicevano che non ce l’avrei mai fatta ad arrivare ai massimi livelli. Ho dimostrato che si sbagliavano».


 

Lo so che in Italia la scaramanzia ci impone di guardare queste dichiarazioni con sospetto ma è innegabile che la percezione intorno a Schick sia ormai cambiata. Anche se è diventato un giocatore diverso da quello che ci aspettavamo, forse meno affascinante ma di sicuro più solido, oggi a nessuno sembrerebbe strano se un grande club scommettesse una grossa cifra su di lui a fine stagione (qui ad esempio si parla di Barcellona).


 

Nel frattempo Schick ha dovuto fermare per un attimo la sua corsa. Il 19 febbraio, contro il Mainz, si è strappato il polpaccio e ha già saltato l’andata degli ottavi di finale di Europa League contro l’Atalanta, che ha visto la squadra di Gasperini vincere di misura per 3-2. Il suo possibile ritorno in campo domani potrebbe essere l’ago della bilancia di una sfida in cui il Bayer Leverkusen deve vincere di almeno un gol di scarto per rimanere in vita, e l’apprensione del Bayer di rivederlo in campo è riportata dai giornali sportivi italiani per far tirare un sospiro di sollievo ai tifosi dell’Atalanta. È questa la normalità adesso, chi l’avrebbe mai detto.


 

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