Dopo la sconfitta contro l’Osasuna, alla penultima giornata di una Liga ormai persa, Leo Messi si è sfogato davanti ai microfoni: «Non ci aspettavamo questo epilogo ma tutto ciò conferma l'andamento della stagione. Siamo una squadra debole e molto irregolare, che ha perso punti dove non avrebbe dovuto. Il Real Madrid ha fatto la propria parte e, dopo lo stop, non ha perso alcuna partita. Noi, al contrario, abbiamo perso molti punti e dobbiamo fare autocritica, cominciando proprio da noi giocatori per arrivare a tutti gli altri. Siamo il Barcellona e siamo obbligati a vincere ogni partita. La squadra lascia molto a desiderare e lo ha fatto in tante, troppe partite. Se si continua così sarà difficile vincere la Champions. Adesso abbiamo bisogno di un po' di pausa e di concentrarci sulla Champions. Si parte da zero. È normale essere arrabbiati, tutti nel club lo sono. Le persone stanno esaurendo la propria pazienza, perché noi non diamo nulla in cambio».
I problemi tra dirigenza, allenatore e giocatori
Storicamente l’argentino viene visto come un giocatore poco carismatico, ma è una visione distorta da un passato remoto in cui i leader dello spogliatoio del Barcellona erano altri e in cui soprattutto le cose andavano bene, per gli standard del Barcellona ovviamente. Che sia per chiarire rumori di mercato che lo riguardano da vicino o per lavare in pubblico i panni sporchi con una dirigenza che non sente “amica”, negli ultimi tempi Messi ha iniziato a esporsi apertamente, in campo e fuori, per far sentire la sua voce con tutto l’ambiente. Le dure parole dopo la partita con l’Osasuna sono servite non solo come autocritica da parte della squadra, ma anche e soprattutto per mandare un messaggio a staff tecnico e dirigenza in un momento difficile.
Nei giorni successivi c’è stato un lungo confronto al campo d’allenamento, durato più di un’ora, tra l’argentino e Quique Setién, un confronto che il presidente Bartomeu ha definito “autocritica interna”: «Si è fatta un'autocritica interna nei giorni scorsi e penso che abbia contribuito a rinnovare le energie per questa Champions in un formato unico nella storia e in una stagione atipica ed eccezionale, con uno stop e una Liga bloccata che viene riavviata. Sono contento dell'autocritica che hanno fatto i giocatori, lo staff e tutto il club, che è servita ricongiungersi agli obiettivi e recuperare energia».
Il presidente del Barcellona pur gettando acqua sul fuoco ha confermato il particolare momento storico che sta affrontando una delle società più vincenti di questo secolo. Victor Font, rivale di Bartomeu alle elezioni per la presidenza che si svolgeranno nel 2021, ha detto apertamente che - per come stanno andando le cose - il Barcellona rischia di «finire come il Milan o il Manchester United». Ovvero una squadra dal passato recente illustre che però sul campo non riesce più a competere con le altre grandi del calcio mondiale. Se il Barcellona dovesse uscire dalla Champions League con il Napoli, o nel mini-torneo successivo, chiuderebbe la stagione senza trofei per la prima volta dal 2007/08, l’ultimo anno di Frank Rijkaard, e ci sono diverse similitudini tra questo Barcellona e quello crepuscolare dell’allenatore olandese.
Il burrascoso rapporto tra staff tecnico e squadra
Dal ritorno in campo dopo l’interruzione, la squadra di Setién non riesce a giocare come vorrebbe e sembra avvicinarsi a questa mini Champions League quasi con fatalismo, consapevole di come sia difficile invertire un trend negativo in così poco tempo, soprattutto con un rapporto tra giocatori e staff tecnico estremamente deteriorato. Le continue tensioni tra i senatori della squadra e l’allenatore sono certamente uno dei motivi del pessimo rendimento del Barcellona dal ritorno in campo. Come ha detto recentemente Mauricio Pochettino, in una grande squadra, più che il modello di gioco, ormai la discriminante per il successo di un allenatore sta nella capacità di trasmissione delle proprie idee ai giocatori: «La proposta, la conoscenza, il metodo e la filosofia di gioco ora non sono più tanto importanti come una decina di anni fa. Grazie a internet, la capacità di analisi e di ottenere informazioni, tutto tende ad assomigliarsi molto. Più che parlare di conoscenza, perché tutti sappiamo molto, io parlerei di come si trasmette il messaggio e la propria personalità; questo fa sì che il gruppo e la squadra funzioni».
Quique Setién sta fallendo proprio in questo, nel convincere la squadra della validità delle sue idee: in questi mesi non è riuscito a costruire un rapporto con i senatori della squadra, infilandosi in scelte difficilmente spiegabili come tenere Griezmann in panchina contro la sua ex squadra solo per farlo entrare nei minuti di recupero (nonostante le cinque sostituzioni) oppure ostracizzare Arthur Melo non appena la sua cessione è divenuta ufficiale. Gli attriti tra giocatori e staff hanno sopraffatto anche i miglioramenti nel gioco che Setién era riuscito a portare, soprattutto all’inizio, riportando il Barcellona ad una situazione molto simile a quella che aveva portato all’addio di Valverde, anche in termini di risultati.
I due allenatori si sono avvicendati a gennaio, dividendosi quasi perfettamente la stagione, ma i numeri sono rimasti simili: 40 punti per Valverde nel girone d’andata, 42 punti per Setién in quello di ritorno (con una differenza reti di +26 per Valverde e +22 per Setién). Il Barcellona ha perso 3 partite con Valverde e 3 con Setién. Negli scontri diretti ha pareggiato con il Real Madrid e vinto con l’Atletico mentre era allenato da Valverde, e perso con il Real Madrid e pareggiato con l’Atletico con Setién in panchina. Con Valverde è stato eliminato dalla Supercoppa spagnola, con Setién dalla Coppa del Re. Con Valverde ha passato il girone di Champions League senza brillare e con Setién ha pareggiato l’andata degli ottavi col Napoli.
La posizione dei giocatori in campo e un’età media alta
Insomma, per quanto dal punto di vista tattico i due allenatori hanno dimostrato un approccio differente, con Setién più propenso a sperimentare, questo non ha modificato le sorti di una squadra il cui lento declino è evidente ormai agli stessi giocatori. Uno dei problemi più evidenti di questa stagione è stata la difficoltà dei nuovi acquisti di inserirsi immediatamente in un gruppo che sembra non avere ulteriori margini di miglioramento. Una squadra con un'età media alta (29,4) e soprattutto con il nucleo principale sopra i 30 anni: Messi, Vidal, Piqué e Suárez hanno 33 anni, Busquets e Rakitic 32, Jordi Alba 31. Questo influisce naturalmente anche sul piano tattico perché comporta una serie di vincoli per l’allenatore soprattutto per quanto riguarda il lavoro senza palla, che non può essere di altissimo livello per le 50 partite che una squadra come il Barcellona si trova a giocare in una stagione. Anche per questo Setién ha inserito stabilmente nelle rotazioni due giovani come Ansu Fati e Riqui Puig, trovando in loro quello che sta mancando dai titolari: dinamismo, verticalità e creatività.
In quest’azione si vede come il continuo movimento di Riqui Puig aiuti la manovra, creando sempre linee di passaggio per i compagni anche quando l’attacco è statico. Qui con Messi che si è accostato alla fascia, l’azione sarebbe rimasta incastrata se non fosse stato per il movimento di Puig che Messi trova subito con il lancio.
Affidarsi a due elementi della cantera non è stata una scelta scontata, anche perché implicitamente è significato ammettere che la rosa costruita in estate aveva delle lacune. Va detto che anche l’allenatore ci ha messo un po’ per trovare la giusta posizione ad alcuni giocatori e ancora oggi il suo Barcellona sembra una squadra che si regge su degli equilibri sottilissimi.
Frenkie de Jong, ad esempio, ha trovato stabilità con Setién, ma ha anche dimostrato di non trovarsi perfettamente a suo agio nel ruolo di mezzala offensiva che gli è stato affidato, mentre Griezmann, dopo diversi tentativi falliti, sembra aver trovato la sua dimensione come seconda punta in grado di associarsi con Messi. Avere due giocatori così importanti con un modo di giocare così unico ha limitato ancora di più lo spazio di manovra dell’allenatore, che è dovuto scendere a compromessi tra la sua visione del Barcellona e la necessità di schierare tutti i grandi talenti della rosa, giocatori eccezionali ma con caratteristiche molto peculiari. Busquets, Vidal, Luis Suárez, Jordi Alba e ovviamente Messi devono giocare perché sono tutti fondamentali, ma per trovare l’incastro giusto è stato necessario riprendere alcuni dei meccanismi di Valverde che però anche a inizio stagione non avevano funzionato, portando il Barcellona a incepparsi.
Il Barcellona è prevedibile e vulnerabile
Il Barcellona oggi è una squadra prevedibile, che con la palla finisce sempre per giocare allo stesso modo affidando le poche sorprese al genio di Messi o ai movimenti di Fati e Puig. Per le avversarie più attrezzate diventa relativamente facile fermare una squadra di cui oramai si conoscono le peculiarità di ogni singolo giocatore, un discorso che vale anche per Messi. Setién ha lavorato molto per metterlo in condizione di farlo ricevere più vicino all’area di rigore, ma senza una fase offensiva coordinata, l’argentino ha finito per rifugiarsi nei meccanismi di gioco più efficaci per lui, ma che sono anche i più prevedibili, come il passaggio dal mezzo spazio di destra per Jordi Alba che taglia dietro la difesa dalla fascia sinistra.
Una giocata con cui più di una volta Messi ha creato i presupposti per un gol, ma che ormai gli avversari della Liga sono talmente abituati a subire da invitarlo quasi a eseguirla, consapevoli di come - tolto l’effetto sorpresa - difendere su Jordi Alba sull’esterno è più semplice che difendere su Messi che carica verso l’area di rigore. Una volta che il pallone arriva al terzino, senza che questo ha ottenuto un vantaggio alle spalle della difesa attenta a non concederglielo, Alba non può fare altro che non sia provare un cross - che in una squadra senza specialisti nel gioco aereo non è una giocata pericolosa - o passarla indietro per riciclare il possesso.
Costringere il Barcellona sulla fascia sinistra permette inoltre alle avversarie, in caso di palla rubata, di poter attaccare in transizione contro una squadra posizionata male. Molte squadre contro la deficitaria transizione difensiva del Barcellona decidono di allargare un attaccante sulla fascia dove è stato recuperato il pallone, mentre uno rimane fisso al centro, alzando il centrocampista della fascia opposta così da avere, una volta superato Busquets un 3 contro 2 con Piqué e Lenglet che corrono disperati all’indietro.
Ecco un esempio del tipo di azioni che fanno male al Barcellona, in questo caso il Villarreal ha la palla a destra con l’ala Chukwueze e subito una delle due punte cerca la profondità, mentre l’altra rimane fissa a tenere occupato Vidal. Il terzino Gaspar si sovrappone a destra e dall’altra parte scatta Cazorla per un 3 contro 2 con Piqué e Lenglet. Il Villarreal segnerà con questa azione.
Per arginare i problemi del Barcellona nelle transizioni negative, Setién vuole una squadra che si ordina con la manovra, così da poter riaggredire immediatamente l’avversario in caso di perdita del possesso e non una squadra che pressa a tutto campo perché sarebbe evidentemente impossibile con le caratteristiche dei giocatori a disposizione. L’indice PPDA del Barcellona (12,7 a fronte di una media nella Liga di 15,4) indica la bontà di questa scelta, così come il numero di recuperi palla offensivi a partita (14,8, due in più della media in Liga). Ma per quanto funzioni, per come gioca il Barcellona è impossibile evitare almeno due o tre transizioni pericolose a partita contro avversari preparati, come accaduto proprio all’andata contro il Napoli. Se l’avversario riesce a superare la prima pressione del Barcellona, si ritrova con il campo aperto e la possibilità di creare occasioni pericolose.
Tutto ruota ancora intorno a Messi
Neanche gli acquisti di Griezmann e de Jong sono riusciti a modificare più di tanto le dinamiche tattiche della squadra. Perché, alla fine, lo scopo della manovra del Barcellona è far circolare il pallone per provare a far ricevere Messi fronte alla porta nei pressi dell’area di rigore. Anche in questa stagione, nonostante la presenza di tanti diversi creatori di gioco, le migliori azioni sono passate per i suoi piedi. Per dare un’idea di quanto peso abbia assunto la figura di Messi basta leggere i suoi numeri in Liga: l’argentino è stato il miglior realizzatore con 25 gol, ma anche primo per assist con 22, per grandi occasioni create con 36, per passaggi filtranti riusciti con 40, per passaggi in area di rigore con 126, per passaggi chiave con 96 e per dribbling riusciti con 182.
Si può parlare quindi dei diversi moduli con cui il Barcellona si è schierato in stagione, ma poi di fatto in campo quando ha la palla (ovvero circa il 70% del tempo) esistono due varianti il 3-3-4 o 2-3-5, due schieramenti per favorire le ricezioni di Messi. Nel primo l’argentino gioca solitamente nel mezzo spazio di destra, con la fascia destra occupata da un compagno e il solo Luis Suárez a tenere impegnati i centrali, mentre nel secondo Messi può contare sia su Suárez davanti che su un altro giocatore che parte dal mezzo spazio di sinistra, solitamente Griezmann. Nelle ultime partite si è vista anche una variante del 2-3-5 con Messi al centro della trequarti e Suárez e Griezmann centrali entrambi davanti a lui.
In quest’azione contro l’Atlético si vede bene come quando il Barcellona è schierato con il 2-3-5 ci sono comunque le due mezzali che possono a turno abbassarsi per aiutare l’uscita del pallone. Vidal dopo il passaggio si butterà in avanti, mentre Rakitic rimarrà in una posizione più conservativa.
Pur avendo ruotato tanti uomini e provato tante cose diverse in questi mesi, Setién ha capito che fondamentalmente ha due opzioni di gioco che dipendono da quanti uomini vuole mettere davanti a Messi, uno o due, e su come organizzare l’impostazione dal basso, ovvero se avere due difensori centrali e un giocatore che gioca vicino a loro (solitamente Sergi Roberto visto sia come terzino bloccato giocando a destra o come mezzala sinistra che si abbassa al lato) o avere solo i due difensori centrali con il portiere ter Stegen che si alza per giocare tra i due centrali e quindi partendo con un giocatore in più tra le linee nella metà campo rivale.
Sono queste le due opzioni di Setién prima ogni partita, moduli che poi in campo verranno interpretati in maniera leggermente diversa a seconda dei giocatori di contorno utilizzati, ma che non cambiano la proposta di fondo, che rimane sempre uguale.
La storia del calcio ci dice che chi è in una posizione di vantaggio deve continuamente cercare di migliorarsi provando cose nuove o attraverso lo sviluppo interno o prendendole dall’esterno. Dalla vittoria del triplete nel 2015, gli errori di pianificazione della rosa hanno portato il Barcellona a perdere parte di quel vantaggio che aveva accumulato nel tempo, finendo per essere sempre più prevedibile e quindi sempre più fragile dal punto di vista tattico.
Tra Juventus, Roma e Liverpool sono tre stagioni che il Barcellona esce malissimo dalla Champions League, giocando una partita in trasferta che mette in mostra un'improvvisa impotenza contro avversarie preparate. Le parole di Messi fanno riferimento proprio a questa sensazione di sconforto per un gruppo che ha vinto tanto e che vede ogni anno sempre più difficile tornare a farlo anche in Europa. Una squadra fragile mentalmente perché spaventata dalle sconfitte del passato e cosciente dei limiti atletici dei suoi giocatori migliori, che ricerca poi nel gioco delle risposte che il gioco soltanto non può dare.
Perché alcuni problemi tattici sono ormai strutturali e pur avendo giocatori di una classe tale da poter comunque svoltare una partita con una giocata, il Barcellona ha dimostrato ampiamente che nei 90 minuti può concedere a chiunque l’occasione per segnare.
Questo è bastato per perdere punti fondamentali per la Liga e la sensazione è che potrebbe bastare anche per perdere uno degli scontri diretti della mini Champions League che sta per partire.