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Emanuele Mongiardo
Come Anguissa e Lobotka hanno distrutto il Liverpool
08 set 2022
08 set 2022
La loro prestazione è stata decisiva nel roboante 4-1 rifilato al Liverpool.
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Emanuele Mongiardo
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Ivan Romano/Getty Images
(foto) Ivan Romano/Getty Images
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Oggi forse ci sembra normale ma penso che nessuno, anche solo un paio d'anni fa, poteva prevedere che due tra i protagonisti principali di una Napoli-Liverpool finita 4-1 sarebbero stati André Frank Zambo-Anguissa e Stanislav Lobotka. Entrambi, infatti, hanno avuto una carriera travagliata in cui hanno conosciuto sulla propria pelle la crudeltà delle valutazioni del calcio contemporaneo ma entrambi, a differenza di tanti altri giocatori promettenti di cui invece abbiamo perso le tracce, hanno avuto la fortuna di trovare una mano tesa nel momento in cui sembravano dover sparire dal calcio di alto livello.

Per il camerunese, ad esempio, è stata la mano di Cristiano Giuntoli, DS del Napoli, che lo ha prelevato gli ultimi giorni di mercato della scorsa estate dal Fulham appena retrocesso in Championship. Prima di finire in Inghilterra, Zambo Anguissa era il mediano del Marsiglia di Rudi Garcia, finalista dell’Europa League 2017/18 – dove il centrocampista del Napoli ha parte della sconfitta sulla coscienza, col pallone dell’1-0 regalato a Griezmann. Sedotto dal Fulham, la stagione successiva era retrocesso con gli inglesi e aveva trovato una momentanea via d’uscita con un prestito al Villarreal di Javi Calleja e dell’ultimo Santi Cazorla. In Liga Zambo Anguissa aveva ripreso a brillare, con statistiche nei dribbling eccellenti per un centrocampista. A fine stagione, anche grazie al suo contributo, il Villarreal era tornato in Europa League, ma la dirigenza non aveva voluto pagare i 25 milioni richiesti dal Fulham per liberarlo. Così, Zambo Anguissa, convinto a rimanere a Craven Cottage dallo strapotere economico della Premier, era stato costretto a un'altra stagione col Fulham, finita con un'altra retrocessione.

La traiettoria di Lobotka, se possibile, sembrava ancora più amara. Talento in rampa di lancio all’Europeo Under 21 del 2017, che gli era valso l’acquisto da parte del Celta Vigo, a Balaídos aveva disputato una prima stagione ad alti livelli, uno dei centrocampisti più interessanti nel campionato dei centrocampisti per eccellenza. Lo slovacco stupiva per la sua capacità di uscire dal pressing e di condurre palla da un lato all’altro del campo, in maniera poco convenzionale per un regista. A vederlo in azione, chiunque avrebbe scommesso su un futuro ai massimi livelli per lui. Poi, però, il Celta Vigo ha iniziato a sprofondare nelle gerarchie del calcio spagnolo, tenuto in vita solo da un immortale Iago Aspas. Di Lobotka hanno iniziato ad emergere più i difetti che i pregi e così, a gennaio 2020, si è ritrovato nello zoppicante Napoli di Gattuso, ultimo centrocampista delle rotazioni alle spalle di Demme e persino di Bakayoko. Alla fine della stagione 2020/21 accumula appena 139 minuti in campo. Poi, però, arriva Spalletti, che dopo un inizio complicato per via di problemi muscolari forse rivede in lui, per la capacità di conservare il pallone nello stretto, il suo amato David Pizarro. Lobotka, così, diventa un titolare di valore assoluto, tanto più dopo la cessione di Fabian Ruiz al PSG di pochi giorni fa. Per il modo in cui ha recuperato la carriera dello slovacco, e in cui ha cambiato quella del già citato Pizarro e di Brozovic, non si loda mai abbastanza Spalletti nella gestione dei suoi registi.

Napoli-Liverpool, in questo senso, è stato il ritorno definitivo al grande calcio di Zambo Anguissa e Lobotka, lì dove chi aveva visto in loro dei talenti speciali pensava sarebbero arrivati: in Champions League, a governare la partita contro un avversario del livello della squadra di Klopp.

Lobotka per tenere basso il ritmo

Zambo Anguissa e Lobotka, all’apparenza, non potrebbero essere più diversi come centrocampisti, e non solo perché tra i due ci sono quindici centimetri di differenza. Il camerunese e lo slovacco, però, hanno una qualità in comune: un grande talento nell’eludere il pressing, anche con pochissimo spazio. Lo fanno a partire da un vantaggio fisico, oltre che tecnico, ognuno a modo proprio: Anguissa inganna gli avversari perché nessuno si aspetterebbe che un giocatore con quelle gambe chilometriche possa muoversi in modo così sinuoso nello stretto – leve lunghe che, dopo aver attratto il pressing, sfrutta per superare di slancio gli avversari in conduzione. Lobotka inganna gli avversari perché riceve in situazioni scomode da cui esce grazie al baricentro basso, ribaltando poi il campo in conduzione grazie alla frequenza di passo delle sue gambe tozze.

Contro la squadra migliore al mondo nel pressing alto, Spalletti non ha ideato un’uscita bassa particolarmente elaborata. Il Napoli, più che per una costruzione paziente, ha prevalso per la capacità di divorare in corsa il campo, a volte in collaborazione con la passiva difesa inglese, altre volte con le transizioni date da una difesa bassa inappuntabile. Il grande merito degli azzurri, però, è stato di evitare in ogni momento che i ritmi della partita potessero alzarsi. Se il Liverpool non avesse aumentato i giri in fase di attacco posizionale, avrebbe potuto comunque farlo grazie a pressing e gegenpressing. Spalletti e i suoi, però, sono stati abili a non concedere recuperi palla pericolosi, che avrebbero accelerato i battiti dell’incontro. Da questo punto di vista gran parte del merito è stato di Anguissa e Lobotka, entrambi impossibili da pressare per il Liverpool di ieri.

Il camerunese, in posizione più avanzata rispetto al compagno, è stato utile con le conduzioni e con la capacità di accompagnare le ripartenze, arrivando anche sul limite dell’area. Lo slovacco, invece, si occupava del primo possesso. Non doveva per forza creare situazioni vantaggiose eludendo l’aggressività inglese: gli bastava anche conquistare un fallo o aprirsi lo spazio per un retropassaggio sui centrali o su Meret per il lancio, l’importante era evitare di perdere palla sanguinosamente, mantenere basso il ritmo. Questo era il contesto migliore possibile per il Napoli contro il Liverpool.

Accettare la pressione, per un centrocampista, significa ricevere in situazioni scomode, magari spalle alla porta e magari in zone centrali dove perdere il pallone significa regalare quasi sicuramente un’occasione da gol. Lobotka, però, è uno specialista. Non cerca mai ricezioni facili, accetta di mettersi in situazioni scomode, chiede la palla dove è più difficile conservarla. La pretende anche di spalle, perché con quel baricentro basso può girarsi fronte alla porta in un battito di ciglia. Così Lobotka guarda i suoi centrali e si posiziona alle spalle degli attaccanti del Liverpool per dare una linea di passaggio che di solito, al momento della ricezione, non è sicura, ma che con lui lo diventa.

Il Liverpool nel primo tempo pressava con un 4-3-3, dove le ali Diaz e Salah restavano strette vicino alla punta Firmino per negare il passaggio verso il centro, sulle mezzali Anguissa e Zielinski. Lobotka, che di solito trovava la posizione sul centro destra, a metà tra Firmino e Diaz, inizialmente era libero di ricevere da Rrahmani. Milner avrebbe dovuto alzarsi sulla sua ricezione e trascinare con sé il resto del centrocampo del Liverpool, provando a recuperare palla in una zona sensibile. Lobotka, però, legge bene la direzione del pressing e la distanza dell’avversario, in modo da sapere dove girarsi. Mentre ruota, poi, ha la rara capacità di tenere comunque coperta la palla, magari lasciandola sfilare, proprio perché sa da dove arriva il marcatore e quanti centimetri gli lascia per provare ad uscire dal pressing. Milner, difatti, ha corso a vuoto e non ha mai capito come riuscire a sporcare le sue ricezioni. Se poi non c’era spazio, allora Lobotka scaricava all’indietro per i centrali o per Meret, momentaneamente liberi dal pressing, dando così aria al Napoli.

L’alternativa per gli azzurri, in costruzione, era allargare con un lancio sui terzini per poi attivare le catene di fascia. Uno sviluppo tutt’altro che agevole, un po’ perché Meret non è un portiere regista, un po’ perché alzare la palla significa dare più tempo alla mezzala del Liverpool di scalare sulla ricezione del terzino. La giocata non è riuscita spesso, ma al primo tentativo ha portato al rigore di Zielinski.

La posizione stretta di Diaz e Salah, oltre a chiudere il passaggio verso le mezzali, nega il passaggio rasoterra sui terzini. Meret allora alza la palla a sinistra per Olivera.

Elliott, la mezzala destra del Liverpool, esce su di lui in pressing. Olivera, però, è preciso nell’appoggio a Zielinski che viene incontro.

Il polacco, pressato da Fabinho che segue lo scivolamento di Elliott, si inventa un tocco di collo esterno di prima per Kvaratskhelia qualche metro più avanti.

Olivera intanto si lancia nello spazio sguarnito da Fabinho al centro e riceve l’appoggio di Kvaratskhelia. L’uruguaiano può condurre frontalmente in campo aperto. Con una prima falcata salta Alexander Arnold. Nel frattempo Kvaratskhelia da dietro si lancia in profondità. Gomez dovrebbe assorbire la sua corsa scappando all’indietro, invece è come se non sapesse della presenza del georgiano e guardasse solo Osimhen al centro; così, l’inglese fa un mezzo passo in avanti, forse per mettere in fuorigioco il nigeriano, ma in questo modo non copre l’inserimento sulla sinistra di Kvaratskhelia, innescato sulla corsa da un preciso lancio di Olivera col destro, il piede debole.

Kvaratskhelia gioca a rimorchio per Zielinski, libero sul limite dell’area visto che Fabinho sta rientrando dalla pressione in fascia. Il tiro del polacco colpisce Milner sulla mano.

La pessima prestazione difensiva del Liverpool

L’uscita del Napoli sul primo gol è ben congegnata, ma è anche un preludio della pessima serata di Joe Gomez, disastroso in qualunque fase di gioco. Intorno alla mezz’ora, nel giro di tre minuti, si fa togliere per ben due volte il pallone dai piedi, in maniera inspiegabile per un giocatore di quel livello. Nel primo caso, Osimhen gli scippa la sfera e crea l’occasione di Kvaratskhelia. Vale la pena soffermarsi su quell’azione per riflettere sull’attaccante nigeriano. Di certo Kvaratskhelia avrebbe dovuto segnare, ma il pallone che gli offre Osimhen al centro dell’area è davvero scomodo, non all’altezza di un giocatore con ambizione di diventare tra i migliori del ruolo. Il passaggio dell’ex Lille è una cannonata, rimbalza prima di arrivare sul destro di Kvaratskhelia: difficile calciare in maniera pulita con un pallone del genere.

Per fortuna di Osimhen e Kvaratskhelia, il secondo scippo su Gomez porta al secondo gol. L’inglese, di spalle, invece di tornare da Alisson scopre la palla e se la fa portare via dal georgiano. Kvaratskhelia lo punta sul lato corto, poi va indietro da Zambo Anguissa. Il Liverpool nel frattempo rientra e porta sette uomini nella propria area. Anguissa appoggia sul limite a Zielinski e si lancia in profondità. In quel settore ci sono loro due contro cinque giocatori inglesi. Il problema è che la difesa del Liverpool è di una passività inaccettabile. Zielinski riceve a palla scoperta e, ancora, nessuno scappa all’indietro. Fabinho, addirittura, trotterella in avanti, mentre se avesse tenuto la posizione avrebbe potuto assorbire l’inserimento di Anguissa. Per postura, potrebbe coprirlo anche Alexander Arnold, che però rimane immobile ad ammirare l’inserimento del camerunese. Al di là degli errori, l’appoggio di Zielinski è di una dolcezza unica, mentre Anguissa è freddo a colpire il solo angolo lasciato libero da Alisson.

Insomma, il Liverpool in difesa è stato disastroso, ma per approfittarne il Napoli ha tirato fuori il meglio del proprio repertorio, soprattutto nelle giocate individuali. Il terzo gol, ad esempio, nasce da una veronica di Anguissa e da una conduzione furiosa di Kvaratskhelia. Alexander Arnold prepara malissimo l’uno contro uno, resta molle sulle gambe contro un avversario che, lo sa chiunque ormai, vive per sfidare il diretto avversario. Poi Gomez se lo lascia scivolare davanti come fosse cosparso di olio. Tuttavia, l’intraprendenza e la convinzione di Kvaratskhelia sono sorprendenti per questo livello di calcio, tanto quanto i suoi mezzi tecnici e atletici. Un giocatore che si assume responsabilità creative, sfrontato, che però per esprimersi e conservare la propria unicità ha bisogno di sbagliare: la speranza è che il nostro calcio continui a concedergli questa libertà anche quando arriveranno partite frustranti.

Sul quarto gol, invece, la responsabilità è quasi tutta della linea arretrata inglese. Bastava una lettura davvero elementare per evitare la doppietta di Zielinski. Su un lancio, ancora a palla scoperta, di Anguissa, la difesa resta immobile, concedendo la profondità a Simeone. Carragher, opinionista di Sky Sports, si è lamentato invitando i difensori a scappare all’indietro invece di provare a fare il fuorigioco. Il problema, però, è che i giocatori della linea arretrata non hanno provato a mettere in fuorigioco Simeone, sono semplicemente rimasti immobili. I quattro sono troppo indietro rispetto all’argentino per attivare il fuorigioco, ma comunque né si alzano né rinculano. Dopo il lancio, giusto Matip prova a rientrare su Simeone. Van Dijk, invece, resta proprio inchiodato sul posto.

Nessuno va in avanti, nessuno va indietro. Errore più unico che raro a questi livelli.

La grande prova difensiva del Napoli e le sue ambizioni in Champions

Dopo la vittoria di ieri, è inevitabile che l’attenzione intorno al Napoli cresca, anche a livello europeo. Il girone è difficile, ma gli azzurri sembrano, più che mai, una squadra adatta a competere in Europa. Forse il tasso tecnico rispetto ai cicli precedenti si è abbassato, ma la squadra di quest’anno è ricca di calciatori autosufficienti, capaci di esprimersi a ritmi alti e di prendere di petto le partite. Per una linea difensiva lottare contro una punta come Osimhen, infaticabile negli attacchi alla profondità, è davvero dura. Un terzino, contro un’ala intimidatoria come Kvaratskhelia, magari non può sganciarsi in attacco come vorrebbe. Un centrocampista non può pensare di aggredire Lobotka a cuor leggero, senza un sistema di pressing sofisticato alle spalle.

Certo, il Napoli ha perso la sua individualità migliore in difesa, Koulibaly. Ma anche la retroguardia ha dato risposte convincenti. Spalletti ha accettato di difendere soprattutto nella propria metà campo, ma lo ha fatto in maniera intensa, senza mai rimanere passivo. Di Lorenzo aggrediva Diaz in avanti come fosse un centrale di una difesa a tre. Rrahmani sfruttava la densità centrale per staccarsi dalla linea, memore dei tempi di Verona con Juric, e non lasciava mai una ricezione pulita a Firmino. Anguissa è stato puntuale negli intercetti, allungando le gambe sulla linea di passaggio, mentre Lobotka, col suo dinamismo, ha coperto tutto lo spazio di fronte ai centrali. Particolarmente utile il suo lavoro di schermo sul limite dell’area, specie sui passaggi a rimorchio, dove ha sfruttato la frequenza di passo per accorciare sui giocatori del Liverpool.

L’atteggiamento difensivo del Napoli ha inceppato la fase di possesso del Liverpool. Da segnalare il contributo difensivo di Politano, chiamato a seguire Robertson. Lo scozzese si alzava spesso sulla linea degli attaccanti e l’ala azzurra lo seguiva anche in zone profonde: nella prima fase di partita, vista l’attenzione di Politano per il terzino del Liverpool, sembrava quasi che il Napoli difendesse a cinque. La puntualità senza palla di Politano ha permesso a Di Lorenzo di concentrarsi su Luis Diaz. In generale, il Napoli ha difeso bene sul colombiano e su Salah quando stringevano nei mezzi spazi. Il classico meccanismo di catena del Liverpool, con il passaggio in diagonale dal terzino all’ala nel corridoio intermedio, liberato dal taglio profondo della mezzala, è stato letto con attenzione: i terzini o i centrali, se scivolavano verso la fascia, hanno impedito a Diaz e Salah di girarsi e attivare combinazioni pericolose sul limite dell’area.

Il poco spazio e l’assenza di soluzioni hanno costretto spesso il Liverpool a giocate sterili. Spesso cross o filtranti affrettati che, visti i tanti uomini sopra la linea della palla e lontani dal punto in cui era stata persa, impedivano anche di attivare il gegenpressing, motivo per cui il Napoli è riuscito spesso a ripartire in campo aperto, impedendo agli inglesi di imporre un ritmo alto con la riaggressione.

Insomma, il Liverpool è stato inefficiente in tutte le fasi. I "Reds" sono reduci da un pessimo inizio di stagione ed era il momento migliore per affrontarli. Tuttavia, una vittoria così categorica lascia pochi dubbi sulla qualità del Napoli, a livello individuale e collettivo. Dopo un risultato del genere sarebbe un peccato non provare ad alzare l’asticella dell’ambizione, fosse solo un exploit in Champions come Villarreal o Ajax negli scorsi anni.

Da troppo tempo non succede a una squadra italiana e il Napoli sembra avere la fame per mettere fine a questo digiuno.

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