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CL 16-17: guida ufficiosa al girone F
12 set 2016
12 set 2016
Il Real Madrid campione in carica sfida la gioventù del Borussia.
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È un ragionamento in partenza un po’ fallace, che si presta benissimo

da professionista del trolling di Piqué ma meno a un’analisi a posteriori. Qui avevamo parlato apertamente di «

», a fronte di soluzioni tattiche decisamente rivedibili e di tante, tantissime partite (probabilmente tutte) decise da serate di grazia dei singoli giocatori. Però ecco, anche solo il poter schierare tutti quei campioni insieme è un “merito” da ascrivere al Real (alla sua storia, al suo fatturato, ai suoi dirigenti), e questi valori hanno poi avuto un peso anche sulla finale, dove l’Atlético di Simeone è parso per la prima volta indeciso, insicuro, impaurito, nonostante un avversario di gran lunga inferiore a Barcellona e Bayern Monaco.

 



Non si può fare del talento una colpa ai giocatori del Real, né si può contestare l’ipoteca posta dalla Finale 2014 su quella dello scorso maggio. Certo sarebbe stato bello vedere il Real guadagnarsi l’accesso alla finale contro un avversario di livello, non contro la peggiore squadra che la storia delle semifinali recenti di Champions League abbiano mai visto, il City di Pellegrini. La Juventus, tanto per citare una candidata, aveva le carte in regola per figurare nelle prime quattro d’Europa, e costituire più di un’insidia per la squadra di Zidane.

 



 



Lo dico io, dai: per quello che ha espresso in campo nella passata edizione della CL, no. La cavalcata del Real Madrid è stata un’incredibile combinazione di fortuna e bravura individuale, affrontando ogni volta l’avversario più abbordabile. Non si può negare però che il Real sia stato quasi perfetto nei doppi confronti, ha sbagliato solo la partita di Wolfsburg, e questo è un merito. Nel frattempo in campionato si era riportato vicinissimo al Barcellona, insomma c’è stata davvero un’inversione di tendenza che ha portato alla vittoria finale. Anche questa è epica madridista, ha vinto una Champions facendo pesare agli avversari la sala trofei.

 



A me l’idea che i trofei debbano essere assegnati attraverso algoritmi meritocratici spaventa. Del resto quasi sempre vincono le squadre che lo hanno meritato, quando questo non succede serve a ricordarci quanto i risultati, nel calcio, dipendano da una serie di variabili pressoché infinita e mai del tutto controllabile. Ero allo stadio nella finale di Champions e l’autorità con cui gente come Kroos, Marcelo, Bale e Ronaldo è scesa in campo, guardando l’Atlético dall’alto verso il basso, ha pesato parecchio. Ha pesato magari in modo impercettibile ma ha pesato, e continuerà a farlo anche in questa edizione.

 

 



 



Io sono primo firmatario della mozione “il player trading non serve a nulla”, il che mi impone di sposare la campagna acquisti del Real Madrid (a meno che tu non abbia solo titolari ultra-trentenni e decida ugualmente di offrire rinnovi quinquennali a tutti, cioè a meno che tu non sia l’Inter). Il Real ha conservato la stessa struttura con cui ha vinto la Champions, quel 4-1-4-1 molto compatto, ma è migliorato in alcuni automatismi che l’anno scorso non funzionavano, come l’inizio azione e il successivo consolidamento del possesso. Questa è un’evoluzione naturale per una squadra che può schierare un blocco centrale dalla tecnica finissima come quello costituito da Ramos, Pepe (o Varane), Kroos e Modric, ma è anche un adattamento cui ti impone la Liga, un campionato interessantissimo sul piano tattico. Il Real ha già affrontato due squadre molto aggressive come il Siviglia di Sampaoli e il Celta Vigo di Berizzo, e tutto sommato ha ben figurato, con gli alti e bassi comprensibili per il mese di agosto.

 



I ritorni di Asensio e Morata erano già previsti e sono fondamentali ora più che mai per rendere la rosa profonda sotto ogni punto di vista (parliamo di un progetto di fenomeno e di una delle punte giovani migliori d’Europa da poter fare entrare dalla panchina). La storia dell’estate del Madrid è più interessante di quanto sembri: Zidane voleva l’arrivo di un big dal mercato, più precisamente voleva Pogba. La cosa incredibile è che per la prima volta è stato proprio Florentino a non voler proseguire la trattativa. Da Madrid dicono sia stato proprio l’Europeo a far ritenere a Florentino inadatta la cifra richiesta dalla Juve per prendere Pogba, un giocatore che lui non pensa ancora al livello di Kroos e Modric, e quindi non un titolare di questo Madrid. Insomma dopo il flop dello scambio tra James Rodriguez e Di María sembra che Florentino abbia capito quanto l’erba del vicino non sia sempre la più verde. Considerando enorme il potenziale di Asensio e Morata, e avendo ora Zidane potuto lavorare tutta l’estate, direi che il Real Madrid è più forte di quello che ha alzato la coppa a Milano.

 



Si è rivelata una scelta miope solo dopo che la FIFA ha respinto le istanze in appello dei madridisti. Oggi al Real Madrid è vietato fare operazioni di mercato in entrata fino all’inizio della sessione invernale del gennaio 2018. E se ricordate la recente esperienza del Barcellona, ai giocatori che sono costretti dalle circostanze a rimanere, viene una voglia irrefrenabile di scappare. Prima della sentenza, il messaggio di Zidane, di estremo rispetto per le qualità dentro e fuori dal campo di questa rosa di calciatori, era inequivocabile. La titolarità dei migliori undici è ancora più indiscutibile: né Asensio né Morata hanno le qualità per scalzare Cristiano Ronaldo e Benzema dalle loro posizioni. Questo non significa che non giocheranno, in una stagione lunga avranno certamente le loro chance, quando i titolari avranno bisogno di tirare il fiato.

 

https://www.youtube.com/watch?v=H76VU6IPYmY

Però Asensio...



 



Non riesco mai a credere a un sincero ravvedimento di Florentino, ma magari stavolta è cambiato. Anch’io preferisco un Real Madrid che cambia poco a quell’incredibile ed eterno casting di giocatori a cui ci ha abituato, chissà se anche Zidane è contento, vista la squalifica della FIFA. Potrebbe essere una grande opportunità di dare spazio alla cantera della Casa Blanca, che è molto sottovalutata, nonostante

di grandi giocatori cresciuti nella “fàbrica”. Per esempio, quanto ci sarebbe stato bene Borja Valero nel Real di Zidane, come emblema del famoso señorío blanco?

 

 



 



Il più bel trucco del Diavolo sta nel convincerci che 16 gol in 12 partite di Champions League sia un traguardo irripetibile, ha scritto qualche poeta francese. Seriamente, dopo la consacrazione mitologica degli ultimi Europei la sua leadership non può che aumentare, anche in virtù della rinnovata credibilità del suo carisma e delle sue capacità da trascinatore. Del resto anche il finale della passata stagione in maglia blanca non è stato brillante, ha dovuto smaltire in fretta un infortunio e si è ripresentato in campo pesante, quasi ingombrante - per poi firmare ovviamente il quinto rigore a Milano, quello decisivo per la Undécima. Ronaldo è già sceso a patti con il minore controllo del proprio corpo, con le punizioni meno precise e i dribbling meno rapidi, ma siccome farebbe qualunque cosa per vincere e per qualche mistero della genetica conosce esattamente in anticipo tutto quello che serve per vincere, ha compensato il calo atletico con la presenza spirituale. Probabilmente accetterà di toccare meno palloni, un sacrificio cui si presterà volentieri considerando la profonda stima che nutre per Zidane, ma sarà ancora il leader di questa squadra e segnerà ancora tantissimo.

 



Io a un CR7 che si accontenti di toccare meno palloni non posso e non voglio credere. I trofei di fine stagione e l’epilogo drammatico e romanzato dell’Europeo hanno restituito di Cristiano Ronaldo un’immagine da leader senza macchia. Ricordiamoci che quattro mesi prima, dopo la sconfitta casalinga nel derby con l’Atlético, aveva messo alla berlina tutti i suoi compagni di squadra. Ronaldo ha un’ambizione che lo divora e che finisce per fagocitare anche chi gli sta intorno. Continuerà a chiedere a sé stesso e agli altri di dare sempre di più.

 

https://www.youtube.com/watch?v=cMJAhRQp4F0

Cristiano Leader.



 



Il declino fisico è iniziato, quello psicologico no. Ronaldo rimarrà una splendida shooting machine, ma imporrà ai compagni un lavoro aggiuntivo; lo vedremo svariare di meno, forse dovrà cominciare ad adattarsi alla posizione di punta centrale che non ha mai amato, magari dovrà passare più tempo nella sua vasca per la crioterapia. Non lo sappiamo, ma è di sicuro un tema bellissimo: capire come la perdita della supremazia fisica influenzerà il modo di giocare di CR7. Di sicuro finirà in doppia cifra in Champions, come gli capita da ben cinque stagioni consecutive: la costanza realizzativa di Ronaldo è impressionante.

 



È proprio il fatto che al declino fisico non corrisponda una diminuzione dell’egocentrismo di Cristiano nelle proprie squadre che però potrebbe far esplodere questa situazione. Arriverà il momento in cui l’ambizione smisurata di Ronaldo, il suo desiderio di centralità, dovrà fare i conti col restringimento dei propri limiti. Magari però la scorsa stagione potrebbe aver generato una nuova consapevolezza, un Cristiano che magari sentirà meno bisogno di dover dimostrare al mondo di essere il migliore in ogni partita. Intanto però non è scontato, e magari lo stop alla trattativa per Pogba era anche un ragionamento sull’equilibrio di spogliatoio: aggiungendo un’altra minaccia alla sua leadership la quotidianità di Ronaldo sarebbe diventata un inferno.

 

 



 



A Tuchel mancano i risultati, perché come allenatore potrebbe persino rivelarsi più completo di Klopp. Ovviamente non potrà mai raggiungere quel carisma, forse può essere un limite per una squadra che ha davanti un gigante come il Bayern Monaco, perché serve una scintilla di pazzia per soverchiare quella supremazia indiscussa. Quest’anno il Borussia ha costruito una squadra dall’immenso potenziale offensivo, ma ha anche perso due cardini del sistema come Hummels e Gundogan: il doble pivote Rode-Castro ancora non è ben sincronizzato, ci vorrà tempo per recuperare la brillantezza dei grandi momenti. Non riesco a immaginarla come vincente (e neppure Klopp ci è riuscito), ma come grande outsider sì.

 



Ha perso anche Mkhitaryan, che negli scambi verticali e rapidissimi con Reus e Aubameyang si integrava perfettamente, molto meglio di quanto non si sia integrato per il momento a Manchester. Questo per dire che tutti, anche gli acquisti da 30 milioni, hanno bisogno di tempo, tanto più i giovanissimi che ogni anno arrivano a Dortmund per sostituire i titolari. Al BVB e a Tuchel manca quella continuità che per ragioni di forza contrattuale la società non è mai riuscita a garantire, per quanto esaltante sia il mercato condotto ogni anno. Poi manca sempre un po’ di lucidità e solidità mentale nei momenti-chiave, un difetto che forse è sempre figlio dell’inesperienza (dei giocatori così come di Tuchel): l’eliminazione dall’Europa League dell’anno scorso dopo aver controllato ampiamente andata e ritorno del turno contro il Liverpool è sinceramente inspiegabile.

 

https://www.youtube.com/watch?v=PmnFG7cD_AA

La partita più epica dello scorso anno.



 



Sul piano del gioco il Borussia Dortmund della scorsa stagione aveva un potenziale superiore rispetto a quella dogmatica di Klopp, perché presentava controllandoli alla perfezione più registri. Il finale a bocca asciutta e l’estate di rivoluzione sul mercato però ha dimostrato come forse non sarà mai possibile per Tuchel raggiungere Klopp dal punto di vista dei risultati perché pensare di fare due vittorie in Bundesliga consecutive e una finale di Champions League rimanendo nel player trading puro, come la strategia attuale sembra indicare, è francamente impossibile. Concordo con il discorso della “pazzia” di Emiliano, ma aggiungo anche che quel Dortmund ha avuto la “fortuna” che le squadre più in alto nella catena alimentare sono andate solo al terzo anno a prendersi tutti i migliori (stessa cosa successa col Porto di Mou). Adesso Tuchel ha a disposizione un gruppo che sa già che a fine stagione perderà minimo due giocatori chiave ed è difficile costruire così.

 



L’integrazione dei nuovi acquisti nei meccanismi di Tuchel non sta procedendo come auspicato e specie a centrocampo, si sente la mancanza di Gundogan, che per il mix di caratteristiche di cui è dotato non è probabilmente rimpiazzabile. Penso che molto passerà dal recupero di un giocatore come Gotze che potrebbe rivestire un ruolo chiave a centrocampo, magari anche arretrando il suo raggio d’azione. Sono convinto che se l’anno scorso il Dortmund fosse stato in Champions League sarebbe potuto arrivare in fondo, ma quest’anno non riesco ancora ad inquadrarne le potenzialità. Ci sono molti giocatori interessanti e talentuosi, ma dovranno imporsi in fretta perché i gialloneri riescano a spingersi molto avanti nella competizione.

 

 



 



Il Real Madrid in Europa è una squadra che generalmente è a suo agio se può rifiatare nella propria metà campo, come ha fatto in Champions l’anno scorso e come ha fatto in Supercoppa Europea. D’altra parte Zidane ha evidentemente lavorato sui meccanismi di pressing, che hanno creato molti problemi alla costruzione bassa non proprio fluida del Siviglia, quindi non vedremo più una squadra completamente passiva di fronte al palleggio avversario (anche se prima o poi Ronaldo e Benzema prenderanno il posto di Asensio e Morata, e il Real perderà necessariamente qualcosa in termini di aggressività e sacrificio). Tuchel invece dovrà per un attimo seppellire l’ambizione di controllare ogni partita e rassegnarsi alla disparità dei valori in campo, soprattutto perché ogni tanto il Real va inspiegabilmente in confusione con la disposizione in campo, spesso a causa di Casemiro, e regala dei palloni sanguinosi. Poi con Aubameyang diventa semplice risalire il campo.

 



 



Magari sbaglio, ma la scorsa Europa League ha dimostrato come la squadra di Tuchel non sia ancora abbastanza esperta da non cadere nelle possibili trappole disseminate da una squadra come il Real Madrid. Ora si trova senza tre giocatori esperti come Hummels, Gündogan e Mkhitaryan. Io me la immagino così: il Borussia Dortmund nei primi minuti controllerà il pallone facilmente, il Real sembrerà attento solo a limitare i lanci verso Aubameyang con i propri centrali. Il Dortmund allora cadrà nella trappola: alzerà il baricentro, giocherà in fiducia, fino alla verticalizzazione giusta di Kroos per il gol vittoria di Bale. La mia speranza è che la partita d’andata causi un cambio di registro per il ritorno, con un atteggiamento più simile a quello descritto da Francesco.

 



È innegabile che, ora come ora, il Dortmund vada in difficoltà quando viene pressato. Mainz prima e RB Lipsia poi ne hanno messo in mostra le carenze in questa situazione, sia per un’intesa di squadra che è praticamente da ricostruire dopo il calciomercato, sia perchè non ci sono più tre giocatori come Hummels, Gundogan e Mkhytarian che in quanto a consapevolezza con il pallone tra i piedi e resistenza al pressing avversario non hanno da invidiare niente a nessuno. Staremo a vedere che atteggiamento proporrà Zidane, ma quella di aggredire i gialloneri, magari in apertura di match, potrebbe essere un’ottima tattica.

 

 



 



Non si sa più che squadra sia, lo Sporting di Jorge Jesus, dopo che gli hanno venduto i giocatori più forti, João Mário e Slimani. Markovic è un’ala rapida e tecnica che si è persa tra Liverpool e Fenerbahce, ma ha un talento enorme da sfruttare e ha solo 22 anni. Jorge Jesus lo aveva lanciato giovanissimo nel Benfica, perfetto con le sue conduzioni palla al piede per transizioni rapide. All’allenatore portoghese piace una squadra compatta, molto corta nella zona del pallone e capace di andare continuamente in verticale (la famosa vertigine verticale). Stavolta gli serve un’impresa, perché Das Bost punta centrale in questo sistema non mi sembra granché: di sicuro lo Sporting sarà una squadra molto piacevole da vedere.

 

https://www.youtube.com/watch?v=-wuocJONbMg

Quanto va veloce palla al piede Lazar Markovic?



 



Sono un convinto assertore della superiorità morale del gioco di Jorge Jesus, però penso che stia esagerando con il piede sull’accelleratore ora allo Sporting CP. Il suo Benfica aveva anche un ottimo controllo dei tempi di gioco e la capacità di uscire dal pressing avversario con le combinazioni corte. Questo Sporting CP però sembra voler puntare veramente tutto sulla capacità di proteggere il centro con il blocco centrale Carvalho-Adrien e la velocità di esecuzione del suo gioco verticale e delle conduzioni palla al piede dei suoi giocatori di fascia. Questo potrebbe pagare in campionato, dove può controllare il pallone senza problemi e decidere quando verticalizzare, ma rischia di trasformarsi in un gioco di difesa e contropiede contro squadre come Real Madrid e Borussia Dortmund, in grado di controllare il pallone senza problemi. A quel punto l’assenza di Slimani peserà in modo forse determinante per le fortune in zona gol. Per quanto riguarda Joel Campbell sono ottimista: ha il livello e la motivazione per inserirsi subito nel gioco di Jesus (pare sia stato lui a chiedere la cessione a Wenger per poter giocare con continuità in Champions) e non vedo l’ora di rivederlo in coppia con l’elegante compagno di nazionale Bryan Ruíz.

 

 



 



La proposta di gioco è molto elementare, un 4-3-3 disposto con ordine sul campo senza grande compattezza tra i reparti. Generalmente provano ad aggredire sulla palla persa con un sistema di marcature a uomo, ma non sono molto coordinati, e in ogni caso dubito vedremo un atteggiamento aggressivo contro Real e Borussia. Contro il Dundalk nei preliminari non hanno mai conquistato il pallino del gioco e si sono limitati a sfruttare con lanci lunghi in transizione gli spazi che si aprivano nei minuti finali della partita, in cui hanno ipotecato sia l’andata che il ritorno. La finalizzazione è affidata all’ungherese Nikolic, discreto realizzatore, riserva agli Europei francesi, e a proposito di Europei, avremo modo di rivedere all’opera Michal Pazdan, colonna della difesa e dell’intera squadra. Non sarà lo stesso, però, separato da Kamil Glik, il suo partner in maglia polacca: la coppia più emozionante dai tempi di Baby e Johnny in Dirty Dancing.

 



Per rispondere alla domanda di questa guida ho guardato l’ultima partita del Legia Varsavia. Si trattava di una trasferta in casa del Nieciczka, in uno stadio in cui dietro la porta era possibile

il palco di un concerto non ancora smontato. Ho visto una squadra in difficoltà a gestire le transizioni negative del Nieciczka, che ha vinto 2 a 1 (in gol anche “la biscia” Jovanovic). Il Legia ora è quintultimo in Ekstraklasa, il campionato polacco, e forse non c’è squadra più sgangherata in tutto il roster della Champions.

 

 

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