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Alfredo Giacobbe
Finale immeritata
05 mag 2016
05 mag 2016
Tra Real Madrid e Manchester City passa la squadra con meno problemi, di due squadre con molti problemi.
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Alfredo Giacobbe
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Dimenticate la Guerra dei Mondi andata in scena all’Allianz Arena martedì. Dimenticate lo scontro filosofico tra lo stoico Simeone e l’epicureo Guardiola. Real Madrid e Manchester City sono due squadre lontane dalla perfezione, che hanno sofferto per battere i propri fantasmi prima dell’avversario nell’altra metà campo.

 

 



 

Nella partita d’andata, i quattro terzini hanno tenuto una posizione bassa sul campo: solo Marcelo  aveva goduto di una maggiore espressività offensiva, ma per un periodo limitato di tempo. Nella seconda frazione, infatti, ha dovuto fare presto i conti con i rischi a cui esponeva la propria retroguardia quando gli avversari riuscivano a ripartire.

 

Nel match di ieri, invece, Zidane ha permesso ai suoi laterali bassi di spingersi più in alto sul campo. Se da un lato Marcelo era seguito praticamente a uomo da Jesus Navas che ne ha annullato a lungo la pericolosità anche all’interno del campo, sulla fascia opposta Carvajal godeva di una maggiore libertà. De Bruyne, schierato a sinistra nell’inconsueto 4-1-4-1 disegnato da Pellegrini, ripiegava con fatica sul terzino spagnolo: nei tre minuti che precedono il gol di Bale, Carvajal arriva due volte al cross.

 

Clichy, preso in mezzo da due avversari, preferiva restare stretto e vicino a Mangala, piuttosto che uscire esterno in anticipo su Carvajal.

 



 

Al terzo tentativo di sfondamento a destra il Real passa, sfruttando nell’ordine: l’intelligenza tattica di un suo campione, una peculiarità difensiva delle squadre allenate da Pellegrini e un pizzico di fortuna.

 

Modric si allarga sull’esterno e riceve palla quasi in posizione da falso terzino, lontano sia da Yaya Touré che da De Bruyne. Tutto il Manchester City scivola in ritardo sul palleggio orizzontale dei madrileni, e la linea difensiva non accenna ad alzarsi sul viaggio del pallone (vogliamo tutti bene all’Empoli!). L’indolenza prevale anche sull’ivoriano; De Bruyne in ritardo prova ad uscire su Modric al posto suo, dimenticando Carvajal, già largo e alto alle sue spalle. Il movimento del belga dà a Modric il tempo di servire il compagno, con un tocco di esterno destro giocato di prima ad anticipare l’avversario.

 



 

L’ultima linea del Manchester, come sempre nelle squadre dell’ingegnere cileno, prendono come riferimento la linea dei sedici metri. Lì provano a mettere in fuorigioco gli avversari, anche fermando di colpo la corsa all’indietro, anche con palla scoperta. Il senso del tempo di Carvajal, che non ha nessuno davanti a sé e può vedere la linea muoversi, e un imperfetto disallineamento tra i difensori, con Otamendi un metro o due più basso degli altri, permettono a Bale di ricevere palla ancora in gioco. Sul gallese si fionda in un tentativo disperato Fernando, battitore libero davanti alla difesa, ma la sua scivolata spinge verso la porta di Hart un pallone che era diretto al centro dell’area.

 

Per tutta la partita, la posizione larga a destra di Modric ha infastidito i giocatori del City. La linea di passaggio tra il giocatore croato e Carvajal è stata la combinazione più frequente nella partita (33 passaggi tra i due). Modric e Kroos, se liberi da pressione, possono creare gioco come pochi altri centrocampisti: per il metronomo tedesco una precisione nei passaggi del 94%, 105 palloni giocati, più di tutti in campo; Modric commette qualche errore in più del compagno, ma le sue scelte hanno un coefficiente di difficoltà più alto.

 



 

Dopo dieci minuti del secondo tempo Zidane ha tolto dalla partita Jesé Rodriguez per inserire Lucas Vazquez; nelle intenzioni di Zidane, Vazquez avrebbe dovuto fare quel lavoro di copertura difensiva al quale Jesé era restio, tanto quanto lo erano Bale e Cristiano Ronaldo. Ma Vazquez in fase di possesso restava più largo, finendo per occupare lo spazio che fino a quel momento veniva preso da Carvajal. Zidane, così, ha chiuso goffamente la falla aperta sul fianco sinistro del City. Per sua fortuna Modric ha saputo trovare comunque il modo per innescare i propri attaccanti: il croato ha letto correttamente la nuova situazione e ha iniziato a stimolare la corsa di Bale o di Ronaldo nella sfida uno contro uno con Mangala.

 



 

Modric ha tolto le castagne del fuoco a Zidane, che non deve aver avuto una vigilia facile. Dall’ultimo allenamento ha avuto la certezza di aver recuperato Cristiano Ronaldo, ma ha dovuto abbandonare l’idea di far giocare Karim Benzema e Casemiro, i perni su cui si regge il fragile equilibrio tattico della sua squadra. Perché a Madrid spesso cambiano gli allenatori, ma i problemi restano: sia Benitez che Zidane hanno dovuto affrontare il medesimo busillis, riguardante il contemporaneo impiego di Modric e Kroos. I due playmaker garantiscono che la salita del pallone ad inizio azione sia più fluida, ma sono deficitari in termini di controllo degli spazi e di coperture difensive quando la palla tra i piedi ce l’hanno gli avversari.

 

La rinuncia al

col passaggio al 4-3-3 è giustificata quindi dalla ricerca di maggior equilibrio, soprattutto nella gestione delle transizioni negative. Casemiro, pomo della discordia tra Benitez e il presidente Perez, si è imposto in questo Real perché esercita un maggior controllo spaziale. Resta il fatto che il brasiliano in impostazione non è granché, quindi Modric e Kroos devono comunque abbassarsi per ricevere palla dai difensori, e non possono restare alti, magari alle spalle della linea di centrocampo avversaria, com’è richiesto alle mezze ali. Parzialmente a causa di questo gioco di pesi e contrappesi, Zidane è stato costretto a rinunciare al pupillo Varane per avere un difensore migliore nel giocare la palla, come Pepe.

 

Con Modric e Kroos che si abbassano, con Casemiro che non completa la rotazione del triangolo di centrocampo salendo come trequartista, con CR7 che aspetta che gli si consegni il pallone, l’intera responsabilità dell’occupazione dello spazio tra le linee ricade sulle spalle di Benzema. E se Benzema si muove, disordina lo schieramento avversario; e Cristiano può andare a riempire la casella lasciata libera dal compagno, in zone di campo dove il portoghese fa tanto male agli avversari (amo ricordare, ai pochi che non lo sapessero, che CR7 è alla vertiginosa quota di 360 gol in 344 presenze con la maglia del Real).

 



 

Zizou è stato quindi costretto a schierare Jesé nel tridente e un centrocampo di

, con l’inserimento di Isco al posto di Casemiro. I movimenti poco coordinati dei tre attaccanti, nessuno dei quali ama giocare spalle alla porta, hanno pregiudicato la fluidità della manovra del Madrid: le migliori sortite il Real le ha compiute quando ripartiva in contropiede e gli attaccanti potevano spingere a tavoletta puntando la difesa frontalmente. Jesé, Bale e Ronaldo hanno spesso scambiato la loro posizione, finendo per non dare riferimenti né agli avversari né ai compagni che dovevano servirli.

 

I tre hanno dato alla partita quello che le loro rispettive caratteristiche hanno concesso: Ronaldo ha cercato la porta in ogni occasione utile, ma dei 10 tiri tentati solo 3 sono finiti nello specchio; Bale ha provato da solo a cucire centrocampo e attacco, per lui 7 sponde ma anche 20 palle perse; Jesé ha toccato solo 23 palloni nei 55 minuti che è rimasto in campo (Vazquez, il subentrato, ne ha giocati 25 nei suoi 35 minuti).

 

Anche la forma difensiva del Real è stata pregiudicata dai movimenti dei suoi attaccanti: il Real ha difeso in fasi diverse della partita col 4-3-3, col 4-4-2 o col 4-5-1, a seconda della volontà delle punte di rientrare in aiuto del centrocampo dalla zona in cui finivano l’azione offensiva.

 



 

Isco dal canto suo non è stato messo nelle migliori condizioni per far bene: è stato pigro nelle occasioni in cui avrebbe dovuto prendere campo in avanti, cioè quando doveva controbilanciare le discese di Modric in soccorso di Kroos; e non ha goduto dello spazio d’azione del croato, perché agiva in una zona già presidiata da Marcelo e da Cristiano. Inoltre è stato coinvolto nel lavoro sporco di copertura del terzino brasiliano, per via della posizione molto larga di Jesus Navas.

 



 

Gli infortunati hanno minato le poche certezze di Zidane, e lo stesso può dirsi di Pellegrini. Il City si è presentato al Bernabeu con dieci undicesimi della formazione vista otto giorni prima al Etihad Stadium: David Silva non ha recuperato dal malanno che si era procurato nella partita di andata. Pellegrini ha optato per Yaya Touré, rientrante anche lui da un infortunio.

 



 

Touré non ha più la mobilità che gli permette di competere a questi livelli, forse già dall’anno scorso. Pellegrini si è reso conto dell’impossibilità di schierare l’ivoriano nei due mediani davanti alla difesa, pena la creazione di un pericoloso scollamento tra l’ultima linea e il centrocampo. Ieri l’allenatore cileno ha optato per il 4-1-4-1, nel quale Touré agiva da mezzala al fianco di Fernandinho, con Fernando ad offrire copertura alle loro spalle. Touré finiva naturalmente nella zona di influenza di Modric, che è riuscito a controllare nelle fasi di studio della partita.

 



 

Quando il croato ha iniziato a muoversi per cercare la posizione migliore lungo il campo, Touré non è riuscito più a seguirlo e ha iniziato a trotterellare flemmatico per il campo. Il 4-1-4-1 di Pellegrini si è trasformato per sua volontà in un 4-4-2: Touré finiva alto sulla linea di Agüero, ma incapace di pressare la costruzione di gioco avversaria; De Bruyne era così chiamato a presidiare porzioni di spazio per lui troppo ampie. Troppo tardi, nel secondo tempo, Pellegrini ha spostato Fernandinho nella piazzola di Touré, nella speranza che il brasiliano riuscisse quanto meno a creare un po’ di apprensione all’impostazione dei madrilisti.

 

Il palleggio dei Citizens non ha mai trovato sfogo a causa degli scarsi movimenti senza palla. Senza l’innesco di Silva, le combinazioni tra i giocatori del Manchester raramente hanno messo in imbarazzo i difensori del Real. Una volta arrivati sulla trequarti, Agüero e compagni erano costretti a rigiocare il pallone il più delle volte, perché era impossibile per loro entrare in area con una triangolazione e non potevano provare il cross in un’area di rigore presidiata da soli avversari.

 

La prestazione di De Bruyne, tra i migliori nella seconda parte di stagione dei Citizens, è stata disastrosa, suggellata dall’inspiegabile punizione ciabattata all’esterno del primo palo, a pochi secondi dalla fine e con tutti i saltatori in area. De Bruyne ha sbagliato 12 passaggi dei 31 giocati, ha perso 19 palloni e ha subito 5 volte il dribbling di un avversario.

 



 

Poi c'è l’inspiegabile scelta di Pellegrini di tenere entrambi i terzini così bassi, praticamente per 180 minuti. Anche a 4 minuti dall’eliminazione, anche con metri di spazio da prendere.

 

Chissà cosa sarebbe cambiato nella partita, se il Manchester City non avesse dovuto fare a meno di Kompany dopo 8 minuti. Il City eludeva la pressione del Real più spesso dal lato del capitano belga, che riusciva a trovare una traccia verso Jesus Navas, posizionato a metà strada tra Isco e Marcelo. Inoltre la pressione degli interni di centrocampo sui palleggiatori del Madrid era più efficace, perché con Kompany in campo la linea di difesa restava più alta, riuscendo a tenere compressi gli spazi. L’infortunio del capitano belga ha contribuito al crollo del castello di carte messo in piedi da Pellegrini.

 



 

La rivincita di Pellegrini, cacciato dal Real per far posto a Mourinho nel momento in cui aveva la miglior percentuale di vittorie di sempre per un allenatore dei Blancos, non c’è stata. Colpisce che la squadra degli sceicchi sia arrivata a questo punto della stagione con nessuna alternativa sulla mediana, se non il vecchio Yaya, e con un ’96, Iheanacho, come unica carta da spendere in attacco a partita in corso. E anche difficile capire ora come ora su quali elementi di questa rosa si possa fare affidamento per il prossimo progetto tattico. Buona fortuna Pep, ne avrai bisogno.

 

Il Real Madrid ha vinto questa sfida, tra due squadre che hanno dato l’impressione di preferire che l’altra avesse la gestione del pallone. Il controllo della partita, se non passa dal possesso, deve necessariamente passare dall’occupazione degli spazi. E il Real non sembra riuscire né nell’uno né nell’altro fondamentale. A San Siro, il prossimo 28 maggio, il Madrid affronterà i maestri del controllo dello spazio, l’

di Simeone, nel replay della finale 2014. Per una volta i Blancos non avranno i favori del pronostico: com’è accaduto ieri con Modric, o con Cristiano Ronaldo contro il Wolfsburg, Zidane dovrà solo sperare nella serata di grazia di uno dei suoi campioni, per prevalere su un sistema estremamente più organizzato ed evoluto del suo.

 

 

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