Esclusive per gli abbonati
Newsletters
About
UU è una rivista di sport fondata a luglio del 2013, da ottobre 2022 è indipendente e si sostiene grazie agli abbonamenti dei suoi lettori
Segui UltimoUomo
Cookie policy
Preferenze
→ UU Srls - Via Parigi 11 00185 Roma - P. IVA 14451341003 - ISSN 2974-5217.
Menu
Articolo
Chimaev è il nuovo Khabib?
18 ago 2025
A UFC 319 è iniziato il dominio del campione ceceno.
(articolo)
6 min
(copertina)
IMAGO / ZUMA Press Wire
(copertina) IMAGO / ZUMA Press Wire
Dark mode
(ON)

Per tutti quelli che credevano nella “sorpresa” (paradossale, visto che si parlava comunque del campione in carica) che Dricus Du Plessis avrebbe potuto riservare al mostro Khamzat Chimaev, è arrivato il momento di affrontare la dura realtà. Chimaev è il nuovo campione dei pesi medi UFC, ancora imbattuto dopo quindici incontri da professionista.

Il match con Du Plessis è stato diverso nella durata, rispetto agli incontri precedenti del ceceno, ma non nelle modalità: a Chicago, Illinois, Khamzat Chimaev ha dato vita a una prestazione solida e dominante, pur senza aver creato dei danni evidenti all’ex campione, mostrando però qualità e abilità tecnica nel grappling che definire da manuale sarebbe riduttivo. È stato un match di controllo, più che di demolizione, ma si può dire che Khamzat Chimaev ha fatto quello che ha voluto di Dricus Du Plessis.

Ma torniamo un attimo indietro. Come tanti commentatori, anche chi scrive non era pienamente convinto del valore di Du Plessis, ma solo finché non l’ho visto finalizzare Israel Adesanya. Da lì in poi è stato abbastanza chiaro che il sudafricano aveva la stoffa per diventare campione e stabilirsi come forza dominante. Alla vigilia di quest’incontro Du Plessis era riconosciuto come un fighter strano, mutevole ed adattabile, che avrebbe potuto trovare una chiave per la vittoria contro Chimaev.

E invece: ventuno minuti e quaranta secondi di dominio, su venticinque totali. Un’eternità. Ci ha messo appena 8 secondi Chimaev a capitalizzare il suo primo takedown. Ha poi passato la gran parte della durata del round in pressione sull’ex campione, limitandolo nei movimenti prima, e chiudendolo poi in un crucifix che si è visto più volte nel corso del match. Du Plessis ha dovuto fare gli straordinari per limitare il ground and pound e liberare il braccio intrappolato tra le gambe del ceceno, che attraverso colpi rapidi, anche se non potenti, ed un controllo asfissiante e continuo, è riuscito a ottenere round dopo round una vittoria schiacciante con un punteggio unanime da parte dei giudici di 50-44.

Cartellini brutali, ma corretti, che hanno sottolineato un dominio innegabile dal punto di vista del controllo e dell’avanzamento nella posizione. Tutti e tre i giudici hanno visto un dominio schiacciante specialmente nel terzo, tanto da dare un punteggio unanime di 10-8. Fino alla quinta, tutte le riprese sono state la fotocopia della prima, col picco, appunto nel terzo. Diversi i tentativi di double-leg takedown, spesso a segno; e le volte in cui Du Plessis riusciva a difendersi, Chimaev, grazie a un controllo double under al corpo, passava sulla schiena, costringendo con i quattro appoggi a terra l’ex campione, e mettendo i ganci alla gamba esterna per farsi pesante prima di lavorare per la rear-naked choke.

Du Plessis non è un fighter sprovveduto e ha capito subito che restare in mezzo all’ottagono, con Chimaev che non pareva stancarsi, lo avrebbe portato a subire danni concreti. Perciò, più volte, si è avvicinato alla parete e ha provato a sfruttarla per limitare Chimaev. Va detto che Chimaev ha usato la sua solita strategia, ma finora si è mostrato tre spanne sopra qualunque avversario affrontato finora, ad eccezione di Burns - essendo, Burns, un campione mondiale di Jiu-Jitsu, con una particolare predisposizione al combattimento al suolo, e nella fattispecie nel lavoro di guardia, è stato l’unico a gestire il lavoro di Chimaev, e anzi a dargli seri problemi.

Si pensava che il punto debole di Chimaev potesse essere il cardio, non è stato così. Ma è vero che rimane forse l’unico punto veramente evidente sul quale il campione ceceno può lavorare: dopo quattro round di dominio subìto, Du Plessis non sembrava del tutto privo di energie e, anzi, ha dato il tutto per tutto nell’ultimo arrivando a fare quantomeno qualcosa dal punto di vista offensivo.

Eppure anche nel momento migliore di Du Plessis, Chimaev ha trovato il modo di mostrare il suo controllo, anche con una certa ironia…

A un minuto e mezzo dalla fine l’arbitro Marc Goddard ha fatto rialzare i due contendenti (a suo avviso inattivi) e Du Plessis ha trovato il bersaglio con un trittico di colpi dritti al volto. Chimaev ha poi tentato il solito jab e takedown, stavolta in single-leg, che però, dopo lo sprawl, si è trasformato in un ultimo ribaltamento per Du Plessis, che ha tentato un’ultima disperata rear-naked choke. Il fighter sudafricano si è però reso conto subito di essere troppo alto e i suoi tentativi di colpire in ground and pound sono stati velleitari, prima del suono della campana.

Adesso Chimaev è comodamente seduto sul trono dei pesi medi. I possibili sfidanti non sono molti. A fungere da back-up fight in questa occasione c’era il brasiliano Caio Borralho, un fighter moderno, forte, per certi versi imprevedibile, che si sta facendo strada nella categoria e che è imbattuto in 7 match in UFC - 9 se si contano le partecipazioni alle Contender’s Series - e che può contare successi su Paul Craig e Jared Cannonier.

Anche Reinier De Ridder, dopo aver perso i suoi due titoli ONE Championship uno dopo l’altro contro lo stesso avversario, il russo Anatoly Malykhin, si è trasferito in UFC ed è tornato nella categoria nella quale combatteva a inizio carriera (il titolo dei medi ONE corrisponde a quello dei massimi-leggeri UFC ed è disputato al massimo delle 205 libbre), collezionando vittorie importanti, come quella sul forte Bo Nickal e sull’ex campione Robert Whittaker. De Ridder ha una buonissima base da grappler, ma per quello che ha fatto vedere Chimaev, sembra veramente un’impresa trovare un fighter che possa batterlo sul suo terreno.

Certo, sembra un’impresa ancora più disperata quella di trovare un avversario capace di arginare il suo gioco ed imporre il proprio, anche se, come ormai abbiamo imparato a capire, nessuno è imbattibile per sempre nello sport delle MMA. Chimaev - di cui scriviamo ormai da molto tempo - oggi è il fighter più vicino al sole, quello che tutto ciò che ha promesso ha mantenuto, regalando grandissime prestazioni al pubblico e facendo passare campioni navigati per novellini. Dopo questo incontro si è presentato nell'ottagono con le spalle coperte dalla bandiera degli Emirati Arabi Uniti, dove si allena e di cui ha ricevuto la cittadinanza all'inizio di quest'anno, secondo il suo allenatore di Jiu Jitsu perché era in possesso solo di un passaporto russo con cui era sempre più difficile spostarsi. Chimaev ha poi ringraziato tutti, chiesto i suoi soldi a Dana White e speso belle parole per Du Plessis, definendolo «un vero leone africano» difficile da battere.

Il fatto che anche lui abbia una madre lo rende meno spaventoso? No.

Il campione ceceno ha detto che la cintura per lui non è troppo importante, ma che lo è per il suo Paese, e che non aveva un vero e proprio piano, ma che fa quello per cui si allena in palestra. Du Plessis è stato più interessante nella sua analisi: ha detto che più che troppo forte fisicamente, Chimaev lo è stato tecnicamente: «È come se sapesse prima i movimenti che stavo per fare, era sempre un passo avanti».

Dobbiamo ora pensare che il modello di combattimento di Chimaev - un modello cioè totale, tra parete e suolo - diventerà condizione fondamentale per dominare nello sport da combattimento più completo? Al di là dell’annosa questione della noia, possiamo aggiungere che la ciclicità storica di questo sport ci dice che quando i grappler si evolvono aprono lunghi periodi di dominio. Khamzat Chimaev è l’ultimo e più certosino rappresentante di questa scuola e il suo regno è appena iniziato.

Imbattuto, dominante a terra, asfissiante, Chimaev ha molti punti in comune con Khabib Nurmagomedov (forse è persino più sicuro quando deve scambiare in piedi) ma la sua parabola è stata più bruciante e immediata, e il suo personaggio più in linea con i gusti del pubblico contemporaneo rispetto a quanto lo fosse Khabib, specie all’inizio. Il suo regno potrebbe durare a lungo.

Attiva modalità lettura
Attiva modalità lettura