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Che succede alla Ferrari?
13 lug 2020
13 lug 2020
L'inizio della stagione è stato disastroso.
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L’ultima volta che entrambi i piloti della Ferrari si erano qualificati in griglia oltre il nono posto per due Gran Premi consecutivi era il 2005. Una statistica che ci suggerisce come la scuderia di Maranello stia attraversando un periodo ancora peggiore rispetto a stagioni considerate nefaste negli ultimi dieci anni, come quelle del 2011, 2014 e 2016. I motivi di questa crisi così delicata sono diversi, ma in qualche modo tutti collegati tra loro. Un momento culminato con il grottesco scontro tra Vettel e Leclerc alla terza curva del Gran Premio di Stiria, un'immagine che rappresenta il punto più basso toccato dalla Ferrari almeno dalla metà degli anni Novanta.

Per risalire alle difficoltà del Ferrari di questa stagione è necessario ripartire da alcune dinamiche della scorsa, fondamentali per comprendere perché, al di là della situazione spinosa della presenza di Vettel da separato in casa, il principale problema nasca da una vettura non all'altezza.

Le difficoltà della rivoluzione aerodinamica

Si è parlato parecchio dei problemi tecnici della nuova SF1000, il principale dei quali sembra essere la scarsissima velocità in rettilineo. C’è chi la attribuisce alla mancanza di potenza del propulsore, la nuova power unit Ferrari 065, e chi, invece, punta il dito su un’eccessiva ricerca di carico aerodinamico nel telaio, un’operazione che avrebbe sbilanciato ulteriormente i già fragili equilibri della vecchia SF90.

Più che gli errori tecnici singoli però, gli ingegneri Ferrari sono incappati in uno sbaglio ben più grande sul progetto complessivo, puntando su una scommessa che non ha pagato. Già dallo scorso anno infatti in Ferrari sembravano aver ragionato sull’opportunità di investire gran parte del budget per la rivoluzione tecnica inizialmente prevista per il 2021, sacrificando l’inseguimento alla Mercedes nell’immediato. La pandemia ha però fatto posticipare di un anno l'introduzione delle nuove regole, inizialmente fissata per il 2021, regole su cui la Ferrari aveva basato molto del suo progetto.

Ciò non toglie però che gli errore tecnici sono stati evidenti. La Ferrari 2019 fino a Singapore aveva mostrato poco carico aerodinamico, veloce nei rettilinei ma tendente al consumo delle gomme a lungo termine. Per il 2020 gli ingegneri della Rossa hanno deciso per una rivoluzione totale: ricerca del carico aerodinamico e del grip meccanico ad ogni costo, anche quello – come realmente avvenuto – di finire in fondo alle classifiche delle velocità di punta in rettilineo.

La telemetria mostrata su Sky da Federico Albano mostra la comparazione dei migliori tempi Ferrari nelle FP2 in Austria nel 2019 e nel 2020. La Ferrari 2020 è un po’ più veloce nelle curve lente (primo e secondo settore), decisamente più veloce nelle curve veloci (terzo settore) ma molto più lenta in tutti i tratti rettilinei (9 km/h di velocità prima di curva 4).

Negli ingegneri c’era l’idea che il carico aerodinamico fosse più facile da eliminare progressivamente una volta trovato, che non da ricercare durante la stagione. Ma questo cambiamento radicale si è rivelato fatale, scombinando i delicati equilibri raggiunti nel 2019, quando almeno nei circuiti veloci e in qualifica la macchina dava alcune certezze (Leclerc è stato il pilota con più pole position ottenute lo scorso anno).

Dopo la rivoluzione aerodinamica la Ferrari ha guadagnato solo in minima parte velocità in curva rispetto all’anno precedente, dimostrandosi comunque ancora una vettura tendente al sottosterzo, come lamentato da Leclerc già nei test pre-stagionali di Barcellona, soprattutto sulle curve medio-veloci. Non basta quindi infarcire la vettura di carico aerodinamico per trovare immediatamente gli equilibri nella distribuzione dei flussi e nel bilanciamento degli assetti: per questo motivo la Ferrari SF1000 è un progetto in fase ancora molto arretrata rispetto alle altre vetture di punta.

Confronto dei migliori giri (simulazione qualifica) delle prime FP2 dell’anno tra Vettel e Ricciardo. La Renault è avanti nel tratto veloce, di circa 3 decimi prima di curva 4. Nel settore finale poi, quello più guidato, Vettel recupera tutto il gap.

Alcune modifiche sono stato apportate già a partire dal Gran Premio di Stiria, aggiungendo ulteriore carico attraverso il nuovo fondo e togliendone un po’ per guadagnare velocità in rettilineo grazie alla nuova ala anteriore. Nelle prove libere queste modifiche avevano funzionato, ma in qualifica la pioggia ha rimescolato le carte e gli assetti, trovando forse la Ferrari impreparata sul set up improvvisato, rivelando però ancora una volta una vettura fragile dal punto di vista della guidabilità.

Nel grafico qui sotto la telemetria di Federico Albano mostra come, nel raffronto delle FP1 tra i Gran Premi di Austria (AUT) e Stiria (STI), le modifiche apportate nel secondo abbiano reso la Ferrari più veloce in tutte le curve, soprattutto quelle veloci e lunghe (6, 9 e 10) ma molto più lenta sul rettilineo in salita (di ben 9 km/h). Segno che dalla direzione tecnica si stanno sicuramente muovendo, ma non è ancora tempo di portare in pista soluzioni che rappresentino un’evoluzione e un compromesso efficace in tutte le situazioni.

La vecchia power unit era illegale?

Le difficoltà aerodinamiche non sembrano però sufficienti a spiegare i due weekend fallimentari in Austria, almeno dal punto di vista tecnico. Forse la Ferrari ha davvero anche un deficit di spinta della power unit: Roberto Chinchero ha parlato di voci nel paddock che parlano 50 cavalli in meno rispetto al propulsore Mercedes; Matteo Bobbi ha notato anche qualche carenza di coppia in trazione in uscita di curva. Osservazioni che trovano conferma in pista e nei dati e che si ricollegano con le indiscrezioni secondo cui la power unit Ferrari 2019, così forte in rettilineo e in qualifica, fosse stata dichiarata illegale.

Prima del terzultimo Gran Premio del 2019, ad Austin, la FIA aveva inviato una direttiva che precisava i termini di utilizzo del flussometro della benzina e dell’uso di olio in camera di combustione, due fattori che contribuiscono in modo determinante a sprigionare potenza dal motore. Dopo tale direttiva sia dalla Red Bull che dalla Mercedes si sono ritenute soddisfatte, riferendosi evidentemente a qualche dinamica della power unit Ferrari.

Le irregolarità del propulsore Ferrari 2019 non sono mai state rese pubbliche, ma alcuni dati sono incontrovertibili. Dopo il pacchetto rivoluzionario portato a Singapore la Ferrari si è dimostrata altamente competitiva anche su circuiti che richiedono carico aerodinamico e grip meccanico – Singapore, Sochi, Suzuka, Città del Messico – ma proprio ad Austin ha improvvisamente perso molto a livello di prestazioni. Il fatto che la velocità di punta fosse rimasta molto elevata anche ad Austin e in Brasile aveva fatto pensare che la direttiva non avesse intaccato la potenza della power unit, eppure la vettura nei tratti più lenti, soprattutto il secondo settore in Brasile e il terzo ad Abu Dhabi, è sembrata andare molto più lenta che in analoghe sezioni in Gran Premi precedenti. È quindi possibile che la Ferrari abbia ulteriormente scaricato gli assetti negli ultimi weekend di gara per recuperare il deficit di potenza venutosi a creare dopo la direttiva FIA.

Che la power unit Ferrari si sia indebolita è possibile dedurlo anche dal confronto delle velocità di punta in Austria tra 2019 e 2020: lo scorso anno la classifica delle top speed in qualifica – in cima al rettilineo in salita – vedeva 2 motori Ferrari nelle prime 2 posizioni, 3 nelle prime 5 e 4 nelle prime 7. Quest’anno in qualifica soltanto le due Alfa Romeo sono risultate nelle prime 8 posizioni, principalmente per una loro filosofia aerodinamica a basso carico. Anche in gara le velocità osservate nel Gran Premio di Stiria sono piuttosto simili in cima al rettilineo tra Alfa Romeo e Mercedes – tra i 296 e i 300 km/h – ma con un carico aerodinamico nettamente più elevato sulle vetture di Hamilton e Bottas.

Le velocità di punta non bastano certamente a spiegare le performance di un motore, ma in ogni caso resta diffusa la sensazione che, almeno nel confronto con Mercedes, la power unit Ferrari fosse molto più vicina nel 2019 e che la coperta della SF1000, da qualunque lato la si guardi, sia estremamente corta. Una sorta di versione B attesa per il prossimo weekend in Ungheria dovrebbe dare risposte più attendibili sul futuro che attende la Ferrari almeno fino a fine 2021.

Confronto tra Bottas e Leclerc alla prima qualifica dell’anno. La Mercedes è avanti di circa mezzo secondo già prima di curva 3. Merito anche della power unit.

Il disastro comunicativo

A preservare l’immagine esterna e l’armonia interna della scuderia non hanno certamente aiutato gli errori commessi nella gestione del caso Vettel. La decisione di non rinnovare il contratto al primo pilota Ferrari dopo il 2020 è stata sbagliata per tempistiche, anche se non è colpa di nessuno se la stagione è iniziata a luglio, ma anche nel modo in cui è stata comunicata, tradendo una certa debolezza che si è ritorta contro i vertici di Maranello.

Al momento di salutare Vettel, lo scorso 12 maggio, la Ferrari si è trincerata dietro un mancato accordo economico che ha fatto comprensibilmente indispettire il tedesco, il quale alla prima occasione utile - la prima conferenza stampa di questa strana stagione - ha prontamente rivelato come non ci fosse nessun disaccordo sulle cifre semplicemente perché l’offerta non c’era stata. Sollecitato sulla questione, il team principal Mattia Binotto non ha contraddetto Vettel adducendo i motivi del mancato accordo a generici cambi di piani del team dopo la pandemia.

Di certo la Ferrari non è tenuta a spiegare i motivi reali della sua rinuncia a Vettel, che possono essere diversi e sicuramente comprendono la fragilità del pilota e la sua incostanza nella gestione della vettura. L’errore è stato tuttavia di non prendersi la responsabilità di questa separazione, forse per paura di deludere buona parte della tifoseria, da sempre innamorata di Vettel. È difficile anche capire come pensavano di cavarsela: forse pensavano che Vettel rivelando pubblicamente la mancata offerta avrebbe screditato ulteriormente il proprio valore contrattuale con altre scuderie e che quindi avrebbe preferito tacere. Tuttavia nascondersi dietro una bugia è stato un errore di comunicazione molto grave: bastava spiegare la decisione motivandola come la necessità di un cambio generazionale e di una modifica dell’equilibrio del team, che poi tutto sommato sono i motivi reali che hanno spinto la Rossa a puntare su Sainz.

I problemi politici

Il risultato di questa disastrosa gestione comunicativa ha influito anche sul tragicomico incidente in curva 3 della gara di ieri, per le modalità con cui si è generato. Senza dubbio il sottile equilibrio tra i due piloti Ferrari si era ulteriormente incrinato dopo la notizia dell’addio di Vettel e probabilmente nessuno dei due avrebbe tentato un attacco così improbabile, come quello di Leclerc, in un altro momento.

Leclerc poteva buttarsi in quel modo solo se non ci fossero state altre vetture intorno, ma al primo giro – in mezzo a tutto quel traffico – doveva stare più cauto e immaginare che Vettel avrebbe fatto la sua traiettoria.

La Ferrari sa che ovviamente è Leclerc ad avere l’interesse esclusivo sugli sviluppi futuri del team, ed è infatti a lui che ha affidato le nuove modifiche in FP1 chiedendone i feedback. Anche Leclerc, però, è al suo secondo anno in rosso e ha bisogno di trovare una maggiore continuità, limitando gli errori che hanno caratterizzato la stagione passata. Oltretutto per la prima volta avrà la responsabilità totale del lavoro di sviluppo di una macchina partita nel peggiore dei modi, guidando un percorso tecnico per una vettura che ha già mostrato problemi in sottosterzo, proprio quello che Leclerc non digerisce e che a inizio 2019 gli aveva dato fastidio nel confronto con Vettel, a eccezione del Bahrain.

Per questo motivo Leclerc dovrà calarsi in una dimensione diversa all’interno del team, dopo aver corso per due stagioni con compagni più esperti nello sviluppo. La Ferrari si è presa un bel rischio, forse troppo presa dalla fretta di non farsi scappare l’occasione di firmare Sainz, cioè un profilo affidabile ma non straordinariamente veloce. La scuderia di Maranello dovrà anche stare attenta nella gestione delle nuove dinamiche di scuderia, con il rischio dietro l'angolo di una fine prematura del rapporto con Vettel, che porterebbe ad un debutto di Antonio Giovinazzi.

Il popolo ferrarista ha già iniziato a chiedere le teste del management, in quella che sembra la classica sollevazione collettiva di pancia in assenza di risultati soddisfacenti, senza un’attenta e circostanziata valutazione delle logiche interne che spiegano i problemi della Ferrari oggi. È chiaro però che una gestione diversa, sotto tutti gli aspetti, avrebbe giovato ai risultati e che la direzione sportiva è chiamata ora a un lavoro di ricostruzione che ha pochi precedenti nella storia della Ferrari.

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