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Federico Principi
Nel trionfo Ferrari di Singapore non c'è stato nulla di casuale
23 set 2019
23 set 2019
La Ferrari ha vinto grazie a delle modifiche tecniche che saranno fondamentali anche nel prosieguo della stagione.
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Federico Principi
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Dopo il Gran Premio di Ungheria, ad inizio agosto, con le Ferrari finite terza e quarta appena prima dell'inizio della pausa estiva, il team principal della Ferrari, Mattia Binotto, aveva lanciato l’allarme: «La nostra debolezza è il carico aerodinamico e su questo tipo di tracciato questa lacuna si sente molto in gara rispetto alla qualifica. Nel giro singolo il grip lo puoi ottenere con la gomma nuova ma in gara, sulla distanza, la mancanza di carico aerodinamico verticale si amplifica».

 

Dal weekend ungherese la Ferrari era uscita con l’umiliazione del minuto di distacco accumulato in gara sia da Sebastian Vettel che da Charles Leclerc nel confronti del vincitore, Lewis Hamilton. Ma anche sul giro secco le Rosse non erano riuscite a limitare i danni, con un distacco vicino al mezzo secondo sia dalla pole di Max Verstappen che dal secondo tempo di Valtteri Bottas. Le modifiche tecniche effettuate

 – che avevano reso la Ferrari una monoposto meno sottosterzante ma con un posteriore più ballerino – non erano comunque riuscite a recuperare il carico aerodinamico mancante: non lo avevano fatto né nelle curve lente dell’Hungaroring e nemmeno successivamente in quelle veloci nel secondo settore di Spa oppure nel terzo settore di Monza, vale a dire all’Ascari e alla Parabolica.

 



 

La differenza di carico aerodinamico anche nei curvoni veloci, favorevole alla Mercedes, si era vista già in Spagna. Qui dal confronto dei rispettivi giri buoni della Q3 di Barcellona, in curva 9 Leclerc alza leggermente il piede dal gas mentre Hamilton la percorre in pieno. Il risultato è che l’inglese ha una velocità di percorrenza superiore di circa 3-4 km/h (264-265 km/h contro i 260-261 di Leclerc).


 

È con questa inferiorità di carico aerodinamico in ogni tipo di curva, palesata nel corso di tutta la stagione, che è stata forse un po’ sottovalutata l’incidenza dell’upgrade delle importanti modifiche prima del Gran Premio di Singapore. La Ferrari ha continuato a lavorare soprattutto in vista della prossima stagione, dove per un anno l’impianto dei regolamenti tecnici rimarrà lo stesso di quest’anno, e lo ha fatto in un modo che ha dimostrato, almeno nel giro secco, un salto in avanti di quasi un secondo al giro se paragoniamo le qualifiche di due tracciati non troppo diversi come Budapest e Singapore.

 

Per la Ferrari si tratta anche di una netta inversione storica di tendenza: forse solo nel 2015, negli anni recenti, la "Rossa" aveva dimostrato di riuscire a crescere lungo il corso della stagione dal punto di vista tecnico-aerodinamico. Ma quello di Singapore è stato persino qualcosa di più di un semplice passo in un percorso di crescita: è stato uno degli upgrade più clamorosi tra quelli registrati dalla Ferrari negli ultimi anni, e forse anche dell’intera Formula 1. Alla fine le modifiche sono state capaci di sovvertire un pronostico già scritto, che vedeva Mercedes e Red Bull davanti così come a Montecarlo e Budapest, permettendo alla Rossa di conquistare la prima delle sei pole position stagionali su un tracciato privo di lunghi rettilinei, oltre che, soprattutto, la prima doppietta stagionale.

 

E se a Monza la vittoria resterà scolpita nella memoria più per l’impresa umana

, nel suo capolavoro di velocità e di gestione, il successo in una pista sulla carta estremamente sfavorevole come Singapore è quello della superiorità delle soluzioni ingegneristiche adottate. Insomma, il trionfo di Singapore ci riporta a una delle realtà più sottaciute della Formula 1: e cioè quella dove la ricerca tecnologica sorpassa le qualità dei piloti nella sfida tra scuderie.

 



Per capire come sia intervenuta la Ferrari dal punto di vista tecnico ci possiamo aiutare con questa

di Sky con Matteo Bobbi, che è riuscito a spiegarlo in maniera particolarmente chiara. Innanzitutto, c’è stata una rivoluzione nei piloni di sostegno dell’ala anteriore, con l’obiettivo di incanalare ora molta più aria sotto la vettura stabilizzando anche l’anteriore e combattendo il sottosterzo che la "Rossa" si porta dietro dalla prima gara di Melbourne. Per controbilanciare sul posteriore è stata fatta anche qualche modifica sul fondo, che oltretutto avrebbe dovuto agevolare la gestione del posteriore che tanti problemi ha creato a Vettel nel confronto interno con Leclerc per via dei diversi stili di guida dei due, oltre che causare a Monza qualche lamentela del monegasco e il testacoda del tedesco.

 

Già nelle prove libere 1, a Singapore, dalle prove comparative il pilota che stava indossando il pacchetto nuovo risultava dai 6 ai 9 decimi al giro più rapido del pilota con le vecchie soluzioni. Eppure il grande salto di qualità della Ferrari si è visto nelle prove libere 3 del sabato mattina: forse come avveniva spesso soprattutto nel 2017, e in particolare in Ungheria, i piloti al simulatore – all’epoca Giovinazzi, ora sono in quattro, tra cui due ex piloti Formula 1: Wehrlein e Hartley – potrebbero aver contribuito a lavorare il venerdì sera a Maranello rielaborando alcuni dati emersi e migliorando l’interazione del nuovo pacchetto aerodinamico con il resto della macchina.

 

Sta di fatto che la Ferrari al sabato ha ottenuto il primo e terzo miglior tempo, con Leclerc e Vettel rispettivamente, sia nelle FP3 che poi soprattutto in qualifica, provocando il grande stupore di Hamilton che fino alla Q3 ha forse sottovalutato il nuovo potenziale della "Rossa" non riuscendo a capacitarsene. In particolare, la Ferrari è riuscita a mantenere la superiorità nel primo settore del venerdì arrivando più o meno a equiparare le proprie prestazioni negli altri due settori, molto più guidati, dove soprattutto i cambi di direzione e le chicane strette e lente avrebbero dovuto sulla carta favorire la maggiore precisione dell’anteriore della Mercedes.

 


Così era stato nelle simulazioni qualifica, ma del venerdì. La Ferrari era più veloce nel primo settore per via di due rettilinei, ma poi nel secondo e terzo settore era stata surclassata dalla Mercedes. Diverso il rapporto di forza al sabato, sia nelle FP3 – con secondo e terzo settore piuttosto simili tra Leclerc e Hamilton – sia in qualifica, dove addirittura le Ferrari sono state le più veloci anche nel secondo settore, oltre che nel primo.






Dalle analisi video di Sky di Matteo Bobbi era emerso anche come soprattutto Leclerc, al sabato, risultasse molto più a proprio agio nell’attaccare i cordoli con l’avantreno della vettura. E il maggiore carico all’anteriore ha consentito alla Ferrari in qualifica dove aveva fallito lo scorso anno, cioè nel riscaldamento delle gomme anteriori prima di stampare il tempo buono. È stata anzi la Mercedes, soprattutto nel primo tentativo della Q3, ad aver sofferto di sottosterzo, forse per via delle gomme troppo fredde e non sufficientemente riscaldate. Bottas è arrivato lungo in curva 1 e più in generale dalle immagini onboard è sembrato in difficoltà con l’avantreno per tutto il giro, mentre Hamilton è arrivato invece lungo in curva 7.

 



 

Questo invece è il confronto nel secondo tempo della Q3, quello buono. Leclerc arriva forse con gomme più calde, perché sorprendentemente ha un anteriore più preciso di Hamilton in curve 1 e 3 ed esce meno largo, con meno sottosterzo, in curva 2. Questo gli permette già di recuperare qualche centesimo, come si vede nel confronto tra le vetture stilizzate al centro.


 

Ma la capacità di generare prima la giusta temperatura agli pneumatici anteriori è stata decisiva anche per permettere a Vettel il controverso e decisivo undercut a Leclerc durante la gara. Il tedesco dopo il pit stop è passato dalle gomme soft alle hard, bypassando le medie, e ci si aspettava un immediato miglioramento sul giro, rispetto alla soft usata, decisamente inferiore di quanto avvenuto, anche per la difficoltà di scaldare subito le gomme hard anteriori.

 

Nelle prove libere 2 del venerdì, tra i piloti che hanno provato la hard dopo un run con la soft (Verstappen, Hülkenberg, Norris, Gasly, Kvyat, Giovinazzi, Grosjean e Russell), soltanto Grosjean ha abbassato di più di un secondo il proprio primo tempo con la hard nuova rispetto agli ultimi con la soft in decadimento. In ogni caso il suo miglioramento è stato di 1.9 secondi, ben lontano dai 3.5 che Vettel aveva di ritardo da Leclerc in gara e che gli ha mangiato in un solo giro con la hard nuova, girando più forte del monegasco di 1.8 secondi solo nel secondo settore del giro 20, quello del pit stop di Leclerc.

 

Ma dove la Ferrari deve ancora progredire è senza dubbio nel passo gara, ricalcando proprio le parole e i timori di Mattia Binotto dopo l’Ungheria. Nei ritmi gara delle simulazioni del venerdì il confronto con Hamilton era stato disarmante: con le soft l’inglese girava su un tempo medio di 1:45.026, un secondo più veloce di quello dei primi 4 giri di Leclerc con la stessa gomma (1:46.117) e 8 decimi più rapido del crono più veloce – e non di quello medio – di Vettel sempre con la soft, fermo a 1:45.828. Anche in gara nel primo stint, nonostante il trenino giustamente imposto a Leclerc dal box, Hamilton recuperava costantemente nel secondo settore circa mezzo secondo sul monegasco, che a sua volta si allontanava leggermente nel primo settore che è stato l’unico favorevole alla Ferrari per tutto il weekend per via dei due rettilinei.





Alla fine la Ferrari ha ottenuto la doppietta per via di una strategia rischiosa ma vincente: ha fermato Vettel al giro 19 per proteggerlo dall’undercut di Verstappen e subito dopo ha fatto lo stesso con Leclerc per lasciarlo davanti al compagno di squadra. Una strategia opposta rispetto

, dove era stato lasciato davanti un pilota – in quel caso Vettel – per impedire a un avversario di fermarsi più tardi aspettando una Safety Car per rimanere in testa. Stavolta la Ferrari si è esposta a questo rischio, che avrebbe dato la vittoria a Hamilton, ma per sua fortuna la Safety Car è arrivata troppo tardi, dopo la sosta dell’inglese.

 

Certamente questo episodio contribuisce a riequilibrare psicologicamente gli umori di Leclerc e Vettel, usciti con umori opposti dal Gran Premio di Monza. «Le ultime due settimane non sono state il massimo, ma è stato incredibile ricevere tutto questo supporto, così tante lettere e così tanti messaggi», ha detto Vettel dopo la gara, tradendo una sincera umanità che forse troppo spesso in pista diventa il suo punto debole, sotto forma di impulsività.

 

Leclerc, durante la gara, è parso giustamente arrabbiato e perplesso per una strategia che lo ha sfavorito ma che, forse, era l’unica arma per mettere in mezzo a una gabbia Hamilton che senza dubbio era il più veloce in pista. In ogni caso Leclerc, che comunque è sembrato più tranquillo nel dopo gara (forse rassicurato dalle spiegazioni per la strategia), esce da Singapore con la consapevolezza di essere stato più veloce di Vettel in tutte le sessioni che contavano, sia in qualifica che in gara in entrambi gli stint, sia con la soft che con la hard. E questo è avvenuto sul circuito preferito di Vettel, dove Leclerc – a differenza di altri in cui è andato forte come Bahrain, Austria, Spa e Monza – aveva corso solamente lo scorso anno, e per giunta con un pacchetto nuovo che ha stabilizzato anche il posteriore dando una mano al tedesco a ritrovare le sue migliori sensazioni.

 

Chi esce trionfatore da Singapore, in ogni caso, è tutto il team Ferrari, capace di portare un pacchetto evolutivo in una fase avanzata della stagione come mai fatto prima d’ora. Uno step di livello gigantesco, con pochi precedenti nella Formula 1 recente, capace ora di porre la Rossa in una nuova dimensione sia per queste ultime gare che, soprattutto, in vista del 2020 dove la vettura sorgerà prevalentemente dalla base di quella 2019. «La Ferrari ora funziona bene dappertutto» ha detto Lewis Hamilton, forse con un po’ di pretattica ma senza andare troppo lontano dalla realtà.

 

Le debolezze di gestione della gomma soft posteriore in gara, palesate anche a Singapore, verranno molto probabilmente attenuate sull’asfalto molto liscio e poco abrasivo di Sochi la prossima settimana, dove la Ferrari avrà modo di testare se l’aumento del carico aerodinamico all’anteriore le porterà nuovamente benefici nella fase di riscaldamento delle gomme anteriori, da sempre un fattore determinante in Russia. Poi ci saranno i Gran Premi di Giappone, Messico, Stati Uniti, Brasile e Abu Dhabi, dove la Rossa avrà l’opportunità di sfoggiare nuovamente la sua superiorità in rettilineo e dove, in particolare a Suzuka e Austin, testerà invece se il nuovo pacchetto sarà efficace anche nei curvoni veloci.

 

Le chance per il Mondiale 2019 sono già chiuse, ma le grandi attenzioni ora saranno rivolte agli ultimi sei appuntamenti in calendario, ormai trasformati in una sorta di amichevoli in vista del 2020. E gli ultimi cambiamenti tecnici della Ferrari erano proprio ciò di cui avevano bisogno i tifosi e gli appassionati - un chiavistello per riaprire il dualismo Ferrari-Mercedes, grande assente nella prima metà di questa stagione e negli ultimi anni di Formula 1.

 

 

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