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Emanuele Atturo
Il derby di Hakan Calhanoglu
18 mag 2023
18 mag 2023
La sua parabola narrativa si è sublimata nel derby di Champions.
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Emanuele Atturo
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Il Milan ha perso, è stato eliminato, ma alla fine il suo incubo peggiore non si è materializzato: Hakan Calhanoglu non è riuscito a segnare al derby. Il suo tiro poderoso da 30 metri, nel derby d’andata, scagliato come se fosse sbucato dalle fiamme dell’inferno, ha colpito il palo con un suono freddo e tagliente, che ha restituito il sollievo e la paura dei tifosi del Milan. Con il gol sarebbe la squadra di Pioli sarebbe precipitata nell’abisso, e invece l’emorragia - emotiva e calcistica - del Milan ha trovato in quel palo un punto di sutura.È stata però una magra consolazione: Calhanoglu ha brillato, tra andata e ritorno, come uno dei migliori in campo. Ha giocato mediano davanti alla difesa, in un ruolo che teoricamente non avrebbe dovuto appartenergli, e lo ha fatto alla grande, sul palcoscenico più prestigioso, in quello emotivamente più probante. Ha pressato e resistito alla pressione; ha protetto la difesa con scrupolo e poi si è lanciato in attacco, quando il centrocampo del Milan si apriva come le acque del deserto.Calhanoglu ha lasciato il Milan due anni fa per andare all’Inter. Tra le due squadre di Milano c’è sempre stata una certa promiscuità di giocatori, ma forse non si era mai consumato un tradimento di questa portata. Non si tratta di un calciatore scambiato, trattato da scarto commerciale, come succedeva negli anni ’90, ma di uno che senza contratto ha deciso spontaneamente di firmare per la rivale cittadina. Calhanoglu era un giocatore chiave del Milan di Pioli e la trattativa per il rinnovo è stata lunga e ruvida. Cosa sappiamo, o almeno cosa sanno i tifosi? Che la dirigenza del Milan arrivava a offrirgli 4 milioni, e lui ha preferito l’offerta dell’Inter a 4,5 (a salire a 5 nelle due stagioni successive). «Se ne è andato all’Inter per mezzo milione in più» dice pieno di veleno uno dei tifosi che ho sentito per scrivere questo pezzo. Tifosi a cui ho chiesto un parere, razionale o sentimentale, su Calhanoglu.In nerazzurro Calhanoglu non ha tenuto il profilo basso. Il giorno del primo derby col Milan ha pubblicato sui social una foto di lui con la maglia rossonera e un’altra con la maglia nerazzurra, lanciando un messaggio ambiguo, e riuscendo nell’impresa di farsi insultare da tutti. Durante la partita ha preso il pallone in mano e ha deciso di calciare un rigore che si era guadagnato ma che non doveva spettargli. Dopo averlo trasformato è andato sotto la Curva Sud del Milan e si è portato le mani alle orecchie, per assaporare tutto il loro odio. Era già il nemico numero uno, e dopo quel gesto si è trasformato in una piccola ossessione. Un gesto che gli si sarebbe, in un certo senso, ritorto contro.Il giorno della vittoria dello scudetto del Milan stavo vedendo la partita col Sassuolo in un pub di Bologna. I rossoneri sono andati sopra 3 a 0 dopo poco più di mezz’ora, e hanno potuto trascorrere il resto della partita a far fermentare la felicità, e a pensare a come celebrarla. Al fischio finale, dopo il grido più spontaneo, nel pub si è alzato il coro “Calhanoglu figlio di p**tana”. Il primo pensiero di alcuni tifosi neo-campioni d’Italia, quindi, è stato il giocatore che pochi mesi prima li aveva traditi per la rivale cittadina. Si era spostato all’Inter per vincere, dopo aver contribuito a costruire il ciclo del Milan, e si era fatto scucire lo Scudetto dal petto. Nelle interviste del resto era stato lo stesso Calhanoglu a presentare quel passaggio come un miglioramento: «L’Inter è una bella squadra che ha vinto l’ultimo scudetto e più derby durante la mia esperienza rossonera. Ho scelto di venire qui perché nella mia carriera mi piace affrontare nuove sfide». E poi «All’Inter abbiamo giocatori migliori rispetto al Milan».Un altro ingrediente dell’odio che i milanisti provano per Calhanoglu è più sottile. Durante i suoi primi due anni in rossonero era stato un enigma, e comunque una delusione. Era arrivato con le aspettative di un numero 10 in grado di cambiare le partite attraverso il suo genio e la sua qualità balistica, ma dentro sistemi compassati che gli chiedevano di ragionare erano venuti fuori i suoi limiti. Quelli di un giocatore che si esalta nella confusione ma va in confusione nella calma. Un rifinitore, certo, ma soprattutto quando si può correre in transizione, il cervello si spegne e si può giocare seguendo l’istinto. Le cose per Calhanoglu sono cambiate dopo il lockdown, dentro quello strano campionato estivo giocato dentro stadi vuoti e dentro partite silenziose. La sua rinascita ha coinciso con quella del Milan di Pioli, che si è strutturata come una squadra intensa, verticale, di transizioni. Una squadra che è fiorita attorno allo strabiliante talento tecnico e atletico di Theo e Calha. Giocava trequartista centrale, a raccogliere le seconde palle generate dalla presenza di Ibra, o esterno sinistro quando il Milan passava dal 4-2-3-1 al 4-3-3. Il turco era diventato l’arco che lancia le frecce, il numero 10 che invece che mettere la pausa accelera. Una macchina di filtranti in verticale, di tiri dalla lunga distanza, di calci d’angolo velenosi. Il giocatore che aveva sempre promesso d’essere, forgiato nel calcio auto-distruttivo accelerazionista di Roger Schmidt al Bayer Leverkusen. Calhanoglu ha vinto il premio di calciatore del mese a luglio. Nella stagione successiva il Milan ha confermato la sua crescita, è arrivato secondo. Calhanoglu, allontanato dalla porta e da Ibrahimovic, ha disputato una stagione più discontinua, condizionata da problemi fisici e più divisiva anche nei giudizi. In ogni caso è stato il giocatore che ha creato più occasioni in Europa. Con la qualità del suo piede, o anche solo con la sua rapidità di pensiero, Calhanoglu creava sempre qualcosa. Il suo contratto andava in scadenza e l’Inter, durante l’estate, si è resa conto che non poteva più contare su Christian Eriksen. «Dopo un paio di giorni abbiamo pensato subito a Calhanoglu. Ho trascorso più tempo al telefono con Hakan che con i miei familiari» ha raccontato Simone Inzaghi.«È andato lì per mancanza d’alternative» mi dice un altro tifoso del Milan, con un risentimento più distaccato. Un’idea non lontana da quella espressa da Ibra nel suo ultimo libro, in cui ha detto che il turco ha approfittato della situazione d’emergenza dell’Inter per ottenere un contratto che altrimenti non avrebbe avuto. Ibra che definisce Calhanoglu una sua creatura, che non avrebbe fatto quei numeri senza di lui. Ibra che usciva con Calhanoglu in moto, ma che durante la festa scudetto ha esplicitato incitato i cori dei tifosi rossoneri contro di lui. Veramente un amante ferito.

A Calhanoglu sembra piacere apparire controverso. Ama il conflitto, non si fa problemi a essere scomodo e poco diplomatico. Tutte cose che contribuiscono a definirne la figura del supercattivo. Ha detto chiaramente che i tifosi dell’Inter sono meglio di quelli del Milan: «Al Milan nessuno gridava il mio nome come invece fanno qui, lo fanno anche solo mentre mi sto scaldando per entrare». Ha detto che Inzaghi è stato importante per portarlo all’Inter, ma al contempo gli ha addossato la croce della sconfitta nel derby fatale dello scorso anno: «Eravamo in vantaggio 1-0, poi abbiamo perso 2-1. Inzaghi ha sbagliato in quella occasione e anche lui ha contribuito alla sconfitta». Dopo il derby vinto in Supercoppa, pochi mesi fa, ha detto: «Li abbiamo mangiati: 3-0 e a casa…». Forse in fondo essere così spigoloso gli offre qualche stimolo in più. Come notava Daniele Manusia un anno e mezzo fa, è stato proprio quel rigore nel derby a sbloccare il rendimento di Calhanoglu: "Dopo quattro mesi in nerazzurro Calhanoglu non solo è lanciato per realizzare la sua miglior stagione da quando è in Italia per quanto riguarda gol e assist (rispettivamente 6 e 7 al momento; 9 e 9 due anni fa) ma qualcosa sembra essersi sbloccato in lui proprio il derby. Ovvero: nelle ultime 7 partite di campionato ha segnato 5 gol e realizzato 5 assist. Tra cui 3 assist e 1 gol da calcio d’angolo. Se si sommano gol e assist (13) ha realizzato o assistito un gol ogni novanta minuti".Dopo quella fase di fuoco il rendimento offensivo di Calhanoglu si è normalizzato, ma quello complessivo è rimasto altissimo. L’impressione, davvero disturbante per i tifosi del Milan, è che all’Inter il turco sembra aver limato alcuni suoi difetti storici. È diventato un giocatore più complesso, più capace di alternare registri, più sensibile nel capire il contesto attorno a lui. Nel 3-5-2 del Milan era stato un disastro, nel 3-5-2 dell’Inter ha subito funzionato. La squadra gli ha dato tante responsabilità offensive e lui se l’è prese, facilitato da un contesto comunque molto codificato che gli chiedeva letture più limitate rispetto a quanto gli era richiesto al Milan (una squadra che vive delle intuizioni, dell’estro, della forza delle sue individualità). Mentre in rossonero era lui in prima persona a dover disordinare le linee difensive avversarie, all’Inter è il sistema, fluido in fase di possesso, a farlo. Allora Calhanoglu può limitarsi a prendersi gli spazi che si aprono. Ma è più di così, perché il turco è oggettivamente migliorato, dimostrando un’applicazione e una disciplina tattica che non si poteva dare per scontata.Lo ha dimostrato soprattutto quando i problemi fisici di Brozovic hanno costretto Simone Inzaghi a schierarlo da regista. Un ruolo in cui non solo non aveva mai giocato, ma uno che non sembrava adatto a lui - giocatore monopensiero e a monovelocità - che era costretto per forza a ragionare in modo complesso. Un ruolo che poteva esporre i suoi limiti molto facilmente, e invece non lo ha fatto. Inzaghi si è preso i meriti di questa scelta: «È stata un'intuizione, ci è venuto a mancare Brozovic e ho pensato che potesse essere lui la soluzione», ma i meriti vanno soprattutto a Calhanoglu, che alla soglia dei 30 ha saputo evolvere verso la direzione meno pronosticabile. Contro il Porto, in una partita che ha messo pressione su tutti i suoi limiti difensivi, è stato il giocatore dell’Inter che ha recuperato più palloni, e ha vinto il premio di MVP. Calhanoglu migliore in campo di una partita finita zero a zero, grazie all’equilibrio portato in campo: chi lo avrebbe detto? Dopo quella partita scrive «Voglio dare tutto per questo club che lo tengo nel cuore».La sua interpretazione del ruolo resta più diretta e frettolosa rispetto a quella di Brozovic. Si muove meno e peggio senza palla, e assicura meno controllo all’Inter. Tocca meno palloni del croato, e passa la palla con una percentuale peggiore. Con lui davanti alla difesa però la squadra di Inzaghi è diventata più pericolosa in transizione. È come se Calhanoglu avesse aggiunto quel disordine che a una squadra a volte troppo razionale serviva per diventare più imprevedibile. Contro il Millan le mezzali riuscivano a portare sempre via dalla loro zona i mediani, aprendo uno spazio centrale su cui Calhanoglu poteva banchettare, ricevendo la sponda delle punte. [gallery columns="5" ids="91645,91646,91647,91648"] Secondo un tifoso dell’Inter che ho sentito Calhanoglu è stato un regalo «che va a compensare gli scambi scandalosi di vent’anni fa. Seedorf, Coco, Pirlo gridavano vendetta. È fortissimo». Secondo lui la finale è arrivata anche grazie al suo gol col Barcellona, un’altra partita in cui è stato premiato da migliore in campo.

Quando Milan e Inter si scambiavano i giocatori, nei primi anni del 2000, ci sembrava di avere a che fare con una secolarizzazione dei sentimenti del calcio, o almeno a una loro laicizzazione. Avremmo vissuto in un mondo senza rivalità, in cui i calciatori passano da una squadra a quella rivale nell’indifferenza generale? La storia di Calhanoglu ci dimostra che siamo lontani da quell’idea di laicità. Hakan Calhanoglu è stato protagonista di entrambe le rinascite dei club di Milano e la sua parabola nel derby di Champions sembra aver fatto il giro completo: le orecchie dopo il rigore nel derby, i cori contro di lui dopo lo Scudetto e questa doppia grande prestazione in semifinale di Champions League. Una partita che ribalta, almeno in parte, la narrativa europea delle due squadre di Milano. Come del resto il suo arrivo sembra aver invertito la fortuna degli scambi tra le due squadre, da cui vent’anni fa l’Inter usciva sempre tonta e indebolita.Nei suoi primi due anni a Milano Calhanoglu sembrava un bidone. Era difficile immaginare che sarebbe diventato un protagonista così intenso della storia della rivalità tra Milan e Inter. Lui in questo ruolo di supercattivo sembra essere perfettamente a suo agio. Al 7' della partita d'andata ha preso la palla in mano e si è avvicinato alla bandierina del calcio d'angolo: è il palcoscenico in cui i presunti traditori vanno a raccogliere l'odio; l'angolo in cui Luis Figo si è preso la testa di porco al Camp Nou. I tifosi del Milan hanno cominciato a ricoprirlo di fischi e insulti, lui non li ha guardati. Si è asciugato le mani sui pantaloncini, ha alzato il braccio per chiamare lo schema, e ha mandato in area una delle sue palle velenose. Dzeko ha fatto il resto, segnando il gol che ha fatto partire la slavina.

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