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L'Inter si può migliorare col mercato invernale?
13 gen 2021
13 gen 2021
È un momento fondamentale per la storia sportiva dell'Inter.
(articolo)
11 min
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Lo scorso 25 novembre l’assemblea dei soci dell’Inter si è riunita per approvare il bilancio 2019/2020. Oltre alla perdita complessiva intorno ai 102,4 milioni di euro, il dato principale emerso è il calo del 19% nel fatturato netto (cioè al netto del player trading e della capitalizzazione dei costi del vivaio) rispetto all’esercizio precedente. Dal bilancio 2013/2014 a oggi, cioè dalla stagione dell’avvicendamento tra Moratti e Thohir, il fatturato dell’Inter era cresciuto di anno in anno senza battute d’arresto, e parallelamente era cresciuto lo spessore tecnico della rosa dell’Inter.

La contrazione delle risorse economiche nel mondo del calcio è una realtà con cui praticamente ogni società si sta trovando a dover fare i conti, ma per l’Inter cade in un momento particolarmente delicato della sua gestione economica e sportiva, cioè mentre sta scadendo il contratto con Pirelli e la dirigenza è alla ricerca di un nuovo main sponsor, mentre il governo cinese disincentiva gli investimenti all’estero e in particolare nello sport, forzando l’integrazione di un nuovo azionista di minoranza che possa tamponare i problemi di liquidità (secondo quanto riporta Calcio e Finanza, l’Inter avrebbe «chiesto e ottenuto dai giocatori di pagare a febbraio gli stipendi di luglio e agosto scorsi»).

È una premessa dolorosa ma indispensabile per tracciare le strategie della dirigenza interista in questo mercato di riparazione, e quindi, senza giri di parole: come mai una squadra seconda in classifica e con una prospettiva concreta di lottare per il titolo nazionale che manca da 11 anni sta provando in tutti i modi a liberarsi di Eriksen ma non disdegnerebbe un ritorno di Éder?

Cosa non ha funzionato con Eriksen

Mettendo da parte tutto quello che sappiamo o possiamo ipotizzare sul rapporto fra il tecnico e i calciatori, l’Inter sembra avere principalmente bisogno di un innesto che aggiunga qualità tecnica, che si assuma responsabilità in fase di rifinitura, e che vada ad alleggerire almeno in parte la mole insostenibile di palloni che Lukaku è chiamato a ricevere e difendere spalle alla porta.

Le scelte di formazione di Conte, però, sono sempre andate nella direzione opposta: Eriksen ha giocato pochissime partite da titolare, quando ne ha avuto l’occasione non ha mai brillato (ad eccezione, forse, del primo tempo di Cagliari, che comunque l’Inter ha chiuso in svantaggio per 1-0), quando è stato inserito dalla panchina ha avuto sempre una manciata di minuti a disposizione per svoltare partite già compromesse, e di fatto non ci è mai riuscito.

Conte non è mai stato troppo chiaro nel dire pubblicamente cosa mancasse ad Eriksen, che del resto è ancora sotto contratto per la sua squadra. In parte lo hanno fatto i giornali per lui: per esempio Gazzetta ha scritto che, nel sistema di Conte, Eriksen non è adatto al ruolo di mezzala perché «per il salentino non ha l’intensità e il dinamismo giusti, caratteristiche che non mancano ai due titolari». Una valutazione che combacia con le frasi di Conte dopo la vittoria contro il Gladbach, quando ha parlato di «tanta qualità ma poca interdizione».

Le peculiari caratteristiche tecniche di Eriksen hanno poi generato incomprensioni dal punto di vista tattico, compromettendo la relazione tra tecnico e calciatore fin dai primi mesi all'Inter. Quando gioca Eriksen si ha l’impressione che gli spazi sulla trequarti vadano ingolfandosi perché vuole sempre il pallone sui piedi, cerca spesso la ricezione spalle alla porta al di là della linea di centrocampo avversaria, e così facendo va a occupare la linea di passaggio per Lukaku che è poi la più ricercata nella costruzione manovrata dell’Inter. Conte al contrario chiede alle sue mezzali di allargarsi, occupare gli spazi di mezzo e svuotare il campo al passaggio diretto per le punte. È anche per questo, forse, che ieri Conte ha dichiarato di volerlo provare regista contro la Fiorentina in Coppa Italia: «Ci sono momenti favorevoli e meno in stagione per un calciatore, bisogna avere carattere per uscirne alla grande: abbiamo avuto modo e tempo di lavorare nel nuovo ruolo, nella posizione di play, quella che riveste Brozovic: domani mi aspetto delle grandi risposte da lui in questa posizione». Un ruolo che non ha mai rivestito in carriera, ma che almeno dal suo punto di vista non dovrebbe creare problemi tattici aggiuntivi alla squadra.

Nel frattempo come si potrebbe sostituire, eventualmente, Eriksen? Probabilmente non con Paredes, che non andrebbe granché a migliorare la fase di interdizione dell’Inter. Il nome dell’argentino era spuntato fuori nell’ottica di un possibile scambio con il PSG, che ha da poco annunciato l’ingaggio di Pochettino, l’allenatore più importante per lo sviluppo del trequartista danese. Se anche non fosse Paredes l’innesto nel centrocampo dell’Inter, è verosimile che per spostare un ingaggio come quello del danese l’Inter debba ricorrere a un’operazione del genere: uno scambio tra giocatori ai margini con una squadra ricca che possa permettersi l’ingaggio di Eriksen.

Per questo motivo il nome di Eriksen è stato fin qui accostato a soluzioni che viaggiano tra il suggestivo e l’improbabile, scambio con l’Arsenal per Xhaka, scambio con il Real Madrid per Isco, scambio con il Siviglia per Luuk de Jong, scambio con il Milan per Kessié. Il comune denominatore tra queste voci sembra essere la necessità di liberarsi di Eriksen, della sua figura ingombrante e del suo stipendio insostenibile, senza troppo badare agli incastri tattici e alle necessità della rosa.

Il centrocampo dell’Inter, in ogni caso, sembra già così sufficientemente coperto per portare a termine la stagione, tanto più dopo l’eliminazione dalle coppe europee che ha ridotto gli impegni sulla strada, tanto più dopo il recupero (si spera definitivo) di Stefano Sensi che ha subito dato nuova linfa alla trequarti interista. Allora può avere molto senso utilizzare Eriksen come pedina per arrivare a colmare almeno uno dei tre grandi buchi della rosa: il portiere titolare, l’esterno sinistro titolare, l’attaccante di riserva.

Come può migliorare l’Inter

L’Inter è la diciottesima squadra del campionato per dribbling tentati a partita (13,3, meglio solo di Spezia e Benevento), è l’ultima squadra del campionato per dribbling riusciti a partita (7,2) ed è ancora terzultima nella percentuale di successo dei dribbling (54,1%, meglio solo di Genoa e Bologna). Sono numeri del tutto fuori scala per quella che rimane comunque la quarta squadra per possesso palla medio e ancora la quarta per tiri in porta tentati, e che quindi tiene tanto il pallone tra i piedi senza però riuscire a generare vantaggi sensibili, specialmente in contesti chiusi, se non attraverso la conquista alta del pallone.

Il giocatore con più dribbling riusciti in stagione è Lukaku, dopo di lui c’è Hakimi. L’Inter avrebbe bisogno di un giocatore come Hakimi anche sulla fascia opposta, dove Ashley Young fa fatica a gestire i ritmi di gioco, dovendo giocare sempre a piede invertito. Il suo sostituto naturale è Perisic, anche lui un destro con licenza di rientrare verso l’interno, anche lui con un impatto sulla stagione dell’Inter tra l’impalpabile e il nefasto. È entrato in campo in tutte le partite ad eccezione della vittoria contro il Napoli, sempre rallentando e congelando la manovra dell’Inter, peggiorandone la solidità difensiva, risultando impreciso nei passaggi e nelle scelte di gioco.

1 anno fa ... 😱



Pubblicato da Federico Dimarco su Giovedì 7 gennaio 2021

Nel frattempo Dimarco fa notare sommessamente che un gol identico a quello segnato al Torino lo aveva realizzato un anno fa davanti allo staff tecnico dell’Inter.

Non è chiaro però chi possa riempire questa casella perché tutti i nomi più prestigiosi si sono fatti da parte: Tagliafico ha appena rinnovato con l’Ajax, Nuno Mendes ha appena rinnovato con lo Sporting Clube, Marcos Alonso sembra destinato all’Atletico Madrid, Emerson Palmieri di conseguenza dovrebbe restare al Chelsea, mentre Marcelo sarà più raggiungibile in estate, quando mancherà solo un anno alla scadenza del contratto con il Real. Nel frattempo il Rennes ha già deciso che non riscatterà il prestito di Dalbert e gli sta cercando un’altra squadra con cui concludere l’annata. Chissà, che in questo tempo di ritorni e ripescaggi, le strade dell’Inter e del brasiliano non possano incrociarsi prima del previsto.

Un altro dato preoccupante per Conte: il rapporto di conversione tra gol concessi e tiri concessi è quello di una squadra di media classifica. Non è un indicatore diretto della qualità di un portiere, ma nella stessa tabella il Milan risulta primo ed è facile attribuire a Donnarumma una buona fetta del sorprendente primato dei rossoneri. Il dato da incrociare in questo caso è la qualità delle conclusioni concesse: se la qualità fosse scarsa e la percentuale di conversione fosse alta, allora ci sarebbe sicuramente un problema con il portiere e la ricerca di una soluzione sarebbe più rapida. Purtroppo per l’Inter non è così, dal momento che la squadra di Conte risulta anche la quinta squadra peggiore (dietro Spezia, Crotone, Benevento e Bologna) per qualità delle conclusioni concesse.

Quindi c’è un problema generale di equilibrio, a cui Conte sta provando a mettere una pezza ruotando la disposizione dei centrocampisti, senza però ricavare grandi risultati. L’Inter ha subito almeno 2 gol in ben 10 occasioni quest’anno (6 nel solo campionato). In proiezione sta andando peggio dell’anno scorso e molto peggio rispetto all’ultima stagione di Spalletti, quando l’Inter subì 2 gol soltanto in 9 occasioni, di cui 7 in campionato. Le carenze strutturali dell’Inter però non nascondono lo scarso rendimento di Handanovic, anzi lo hanno amplificato fino a rendere la ricerca di un nuovo portiere una priorità per la dirigenza interista nelle prossime finestre di mercato.

La lista dei potenziali nomi, in questo caso, è fortemente concentrata sul mercato interno: Musso, Gollini, Cragno, Silvestri, fino al nome più esotico: il portoghese Rui Silva del roccioso Granada. Anche questa trattativa è però destinata a concludersi in estate per una serie di fattori: sarebbe necessario un esborso tra i 15 e i 30 milioni di euro, impraticabile per l’Inter allo stato attuale; sarebbe complicato intavolare una trattativa di scambio con ciascuna di queste società, sia per le difficoltà che avrebbero nel sostituire il portiere titolare a metà stagione, sia per l’impossibilità di intavolare uno scambio che coinvolga, per esempio, pedine dall’ingaggio elevato come Eriksen o Perisic. Quindi Handanovic sarà ancora il portiere titolare almeno fino al termine della stagione, quando queste valutazioni torneranno ancora di attualità.

E allora in che modo può concretamente migliorarsi l’Inter, se può permettersi solo prestiti dall’ingaggio accessibile o reietti di grandi squadre a cui piazzare a sua volta i propri? Può pescare qualche idea dal playbook dei mercati invernali di Marotta e Conte, che durante il mese di gennaio sono sempre intervenuti per puntellare la rosa. Curiosamente hanno sempre acquistato un attaccante, spesso cedendo a qualche stravagante suggestione low cost: il primo anno arrivò Borriello, il secondo anno arrivò Anelka, il terzo anno arrivò Osvaldo. Seguendo questo filone è perfettamente coerente ragionare sull’aggiunta di Pellè o di Éder, due giocatori che devono ad Antonio Conte una buona fetta della loro reputazione.

Pellè avrebbe più senso da un punto di vista tattico, perché l’Inter fa veramente fatica a risalire il campo senza una punta a cui appoggiarsi come ha dimostrato nel primo tempo contro la Sampdoria. Éder è l’attaccante che in questo momento garantisce le condizioni economiche più vantaggiose, come ha detto Luca Marchetti di Sky: potrebbe essere prelevato in prestito con l’ingaggio diviso a metà tra l’Inter e lo Jiangsu, l’altra squadra di proprietà di Suning Holdings Group. Nell’ultima stagione del campionato cinese ha condotto lo Jiangsu al titolo nazionale con personalità e colpi di classe, come la punizione decisiva nella finale contro il Guangzhou Evergrande. Poi ha perso la finale di coppa nazionale proprio contro lo Shandong di Pellè, che di testa in torsione ha firmato il 2-0.

È difficile in questo momento per l’Inter trovare sul mercato una combinazione migliore di questa: giocatori a basso costo, con esperienza, conoscenza dell’allenatore, del campionato e della lingua, anche in un buon momento di forma fatta la tara con il livello di atletismo richiesto dal campionato cinese. Aiuteranno a vincere le partite? Probabilmente no, ma faranno rifiatare Lukaku, a cui in questo momento vengono semplicemente richieste troppe cose tutte insieme perché possa arrivare lucido nei finali delle partite importanti, e per l’Inter è troppo importante poter contare sulla lucidità di Lukaku.

Rimane il problema dei dribbling, dell’aridità creativa di una squadra che riesce a sbloccare le partite principalmente con la forza. Servirebbe trovare un’altra opportunità a basso costo, un altro giocatore esperto, che abbia ormai completato la transizione da estroso trequartista a pivote davanti la difesa. Che conosca il campionato italiano avendoci giocato tre stagioni, e in quel periodo abbia già visto il fatturato dell’Inter calare drasticamente di anno in anno. Un uomo adatto per attraversare tempi di crisi e mari in tempesta, nonché uno dei migliori dribblatori dell’Inter nell’ultimo decennio (fa ridere ma fa anche riflettere).

Negli ultimi due mesi ha giocato con regolarità mettendo insieme due assist e tre gol, tutti con il mancino, tutti su calcio di punizione, tutti obiettivamente impressionanti. Con il Vélez Sarsfield si sta giocando le semifinali della Copa Sudamericana e l’accesso alla prossima Sudamericana attraverso la Copa Maradona (un torneo di emergenza organizzato in sostituzione del campionato, che ripartirà a Marzo 2021). Se stiamo davvero prendendo sul serio un possibile ritorno di Éder, cosa ci impedisce di sognare un ritorno di Ricky Álvarez?

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