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Come cambierà il calciomercato dopo il coronavirus
19 mag 2020
19 mag 2020
I club dovranno fare affidamento su nuove risorse per rimanere competitivi.
(articolo)
18 min
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Sono ormai passati oltre due mesi da quando la pandemia di Covid-19 e le conseguenti norme di contenimento hanno fermato il calcio e tutto lo sport in generale. In uno scenario incerto e senza precedenti, si sta faticosamente provando a ricominciare.

In vista di una possibile ripresa a giugno, i calciatori di Serie A hanno appena ricominciato a riallenarsi nei rispettivi centri sportivi, seppur individualmente e con tutte le misure di prevenzione previste. Anche Liga e Premier League hanno fissato delle date di massima di ripresa, a cui si aggiunge ovviamente la Bundesliga, che ha già ricominciato a giocare questo weekend. La ripartenza delle competizioni è ovviamente centrale per tutto l’ecosistema calcio e pone una serie di dilemmi finanziari, logistici, regolamentari e legali di difficile soluzione: dai diritti televisivi alle sponsorizzazioni, dagli stipendi dei calciatori ai contratti in scadenza, dai pagamenti dei premi per la classifica alla qualificazione alle coppe europee.

Economicamente parlando le conseguenze di una mancata conclusione della stagione potrebbero essere disastrose. Secondo KPMG Football Benchmark, per dire, il calcio europeo perderebbe intorno ai 4 miliardi di euro qualora la stagione dei cinque campionati fosse cancellata e tra i 0,8 e gli 1,3 miliardi di euro nel caso si riuscissero a terminare tutti i campionati (eventualità già tramontata visto che la Ligue 1 ha già messo fine alla sua stagione assegnando il titolo al Paris Saint-Germain).

Tra i tanti aspetti che potrebbero rimanere coinvolti nel pesante ridimensionamento che l'intero settore dovrà inevitabilmente affrontare, una delle preoccupazioni principali è quella relativa al conseguente impoverimento del calciomercato, elemento fondante dell’intero sistema che rischia di essere compromesso dalle ripercussioni economico-finanziarie che si stanno già concretizzando con i mancati guadagni di questi due mesi e le conseguenti potenziali crisi di liquidità di cui le società potrebbero risentire.

Il crollo delle valutazioni e l’importanza della creatività

La situazione è molto più complicata di quello che si potrebbe pensare. Non ci si può semplicemente rassegnare a compravendite di calciatori sotto ai prezzi di mercato di due mesi fa: i conti dei club sono infatti indissolubilmente legati alle valutazioni dei calciatori e una svalutazione al di sotto del valore contabile rischia di scatenare una emorragia difficilmente arginabile.

Il report di KPMG ha anche preso in esame un campione di oltre quattromila calciatori da dieci campionati europei e rispetto al proprio modello di valutazione ha stimato un crollo medio pari al 26,5% nel caso i campionati fossero cancellati e al 17,7% se si riuscisse a completare la stagione.

Ancora più pessimistiche le proiezioni del CIES Football Observatory, che ha considerato una svalutazione media del valore dei calciatori militanti nei cinque maggiori campionati europei pari al 28% per un controvalore pari a 9,3 miliardi di euro (da 32,7 a 23,4 miliardi complessivi). Questo tipo di valutazioni sono basate su un algoritmo, e non saranno necessariamente conformi ai valori di mercato su cui spesso influiscono distorsioni ed esternalità. Eppure il taglio negativo è credibile. Per citare alcuni esempi, secondo l’osservatorio svizzero, il valore di Paul Pogba sarebbe sceso da 65 a 35 milioni di euro; quello delle rose di Inter e Juventus sarebbero diminuiti rispettivamente di 276 e 222 milioni di euro. Anche Transfermarkt, che aggrega le valutazioni della community per misurare il valore dei calciatori, ha tagliato tutte le valutazioni del 20% (solo del 10% per i calciatori nati prima del 1998), per una svalutazione complessiva di 9,2 miliardi di euro.

Sono ovviamente stime che nello specifico lasciano il tempo che trovano, ma aiutano a farci un’idea di massima dell’impatto che potrebbero avere queste svalutazioni sui bilanci delle squadre. Ovviamente vanno prese in analisi anche altre variabili, come l'età dei calciatori, la lunghezza residua dei contratti e la distribuzione dei ricavi del club di appartenenza, ma una delle conseguenze più probabili di tutta questa situazione è che oltre al prezzo medio di scambio, diminuisca anche il numero complessivo delle transazioni.

Per le squadre, quindi, oltre all'effettiva capacità di spesa aumenteranno di importanza altri elementi, come per esempio la creatività dei DS delle squadre, come d'altra parte ha dichiarato anche il CFO della Juventus Fabio Paratici ai microfoni di Sky Sport.

Foto di MARCO BERTORELLO/AFP via Getty Images.

Cosa si intende con creatività in questo campo? Per esempio la possibilità di ricorrere ai prestiti lunghi potrebbe consentire ai club di posticipare l’acquisto a titolo definitivo dei calciatori, nella speranza di poter beneficiare di un eventuale miglioramento del quadro finanziario di medio-lungo periodo. La possibilità di scambi tra calciatori, invece, consentirebbe alle squadre di limitare gli esborsi cash e al contempo di iscrivere a bilancio valutazioni reciproche concordate, permettendo di aggiustare i bilanci e di registrare plusvalenze in grado di coprire le perdite della gestione operativa.

Come sta lavorando la rete scout

Un altro aspetto da considerare è quello delle routine che di solito scandiscono il lavoro dei singoli club. Indipendentemente dalle date di svolgimento dei campionato e dalle finestre ufficiali, la maggior parte delle squadre è attiva sul calciomercato per tutto l’anno solare sia in ambito scouting sia anticipando le trattative, ma è proprio dal mese di marzo in poi che le attività si intensificano ulteriormente e il processo decisionale viene portato a termine delineando strategie e obiettivi, sia in entrata che in uscita.

Data la situazione, né dirigenti né osservatori possono viaggiare: un problema non da poco considerato che di norma gli osservatori professionisti viaggiano almeno 3 weekend al mese e riescono a coprire oltre un centinaio di gare all’anno dal vivo. Senza nuove partite da vedere, quindi, non c’è stata altra possibilità se non orientare il lavoro esclusivamente sul video scouting.

Nell’era dello streaming on-demand, piattaforme video dedicate come Wyscout e Instat hanno permesso di implementare facilmente il video scouting nel processo di reclutamento, ma con diversi gradi. Alcuni club operano principalmente osservando video e poi intensificando l’osservazione live man mano che gli obiettivi vengono scremati. Altri invece si affidano ancora a una vasta rete di osservatori e coprono con il video scouting le aree geografiche che i propri collaboratori non riescono a supervisionare di persona.

Ma l’osservazione dagli spalti di un calciatore rimane decisiva per capire a fondo un calciatore. Ci sono aspetti e caratteristiche che non si possono apprezzare da un video prodotto da una TV. Erling Haaland, da quando aveva 16 anni, è stato osservato dal vivo almeno 28 volte dagli emissari del Borussia Dortmund, e lo stesso Matthias Sammer lo ha visionato più volte anche in allenamento. Al momento, ovviamente, questa fase del processo di scouting è del tutto annullata.

In questa situazione di incertezza, anche l’impiego delle analytics può aiutare i club, aiutandoli nel processo di decision-making in una fase in cui prendere decisioni accurate è obiettivamente più difficile. Ma se l’impiego del video scouting è ormai comune, l’impiego delle analytics non lo è altrettanto, nonostante non manchino conclamati casi di successo, come il Liverpool di Klopp. In molti club l’adozione dei dati e di strumenti predittivi è molto limitata o comunque di recente introduzione, e quindi non particolarmente integrata nella gestione strategica. Probabile dunque che la situazione acceleri la spinta innovativa, anche sull’onda dell’importanza che l’impiego consapevole dei dati può avere sulla gestione dell’epidemia.

Il rischio, però, è che questi nuovi strumenti possano complicare ulteriormente il quadro decisionale piuttosto che snellirlo. Un ostacolo che potrebbe presentarsi soprattutto per i club che non avevano mai utilizzato strumenti del genere, favorendo invece chi ne ha già dimestichezza. In ogni caso, l’implementazione di un approccio “data-driven” sarà inevitabile e questi due mesi di inattività potrebbero essere stati preziosi per affinare la consapevolezza e la comprensione delle tecnologie disponibili. D’altronde, in tutti i campi le crisi sono anche un’opportunità di apprendimento e crescita.

A questo proposito, per comprendere meglio se i club europei siano effettivamente pronti ad affrontare le sfide che il prossimo calciomercato comporterà, ho raccolto i pareri di Ted Knutson e Tor-Kristian Karlsen.

Ted Knutson ha lavorato per oltre 10 anni nel mondo delle scommesse sportive con diversi ruoli strategici in PinnacleSports. Dal 2014 ha trasferito il suo approccio analitico e l’expertise accumulata nel mondo del calcio professionale, assumendo il ruolo di Head of Player Analytics a Smartodds, società responsabile per il reclutamento e la gestione data-driven del Brentford e del Midtjylland. Dopo aver lasciato Smartodds nel 2016 ha trasformato il blog che aveva fondato, StatsBomb, in una società di consulenza calcistica specializzata nello scouting e nel reclutamento data-driven. A partire dal 2018, StatsBomb raccoglie e fornisce dati proprietari coprendo oltre 70 competizioni e ha sviluppato la propria piattaforma di analisi, StastBomb IQ.

Tor-Kristian Karlsen è un ex dirigente sportivo norvegese con oltre vent’anni di esperienza nel mondo del calcio. Ha cominciato come osservatore nella seconda metà degli anni ’90, lavorando per Grasshoppers, Watford e Bayer Leverkusen. Dal 2004 al 2006 è stato capo osservatore all’Hannover 96, per poi diventare direttore sportivo del Fredrikstad. Dopo un’esperienza allo Zenit, dal 2011 al 2013 è stato prima Direttore Sportivo e poi CEO dell’AS Monaco promosso in Ligue 1. Negli ultimi anni è stato direttore sportivo dell’IK Start in Norvegia e del Maccabi Haifa in Israele. Attualmente lavora come consulente indipendente e analista per il sito di ESPN.

Ted Knutson, tra i due, è quello che in un certo senso ha anticipato i cambiamenti che stiamo vedendo oggi. Già nel 2016, infatti, con la sua presentazione "The death of traditional scouting", delineava l’evoluzione del reclutamento dovuta all’introduzione nei processi di scouting delle analytics e delle piattaforme calcistiche di video on-demand. Ho dunque chiesto proprio a lui se e come sia ulteriormente evoluto il modello a distanza di quattro anni e se effettivamente i club abbiano introdotto elementi innovativi nei loro metodi di scouting o se siano ancora focalizzati su un modello tradizionale.

Knutson ha sottolineato come quel titolo fosse “prima di tutto pensato per attirare l’attenzione”, e che effettivamente le conclusioni della presentazione erano che lo scouting di per sé rimane quanto mai prezioso, ma può essere reso “più efficiente ed efficace tramite l’utilizzo dei dati”. Ma ha anche aggiunto che da quando ha proposto quella presentazione, ha visto club innovativi in tutta Europa “incorporare sempre più dati e elementi analitici nei loro processi di scouting”. E che se è vero che sono ancora poche le squadre che nel reclutamento fanno un importante affidamento sui dati, “è sicuramente qualcosa che abbiamo visto crescere negli ultimi quattro anni”.

Come ha twittato di recente, la pandemia ha poi irrimediabilmente accelerato il processo e i club saranno costretti ad adattarsi. È allora lecito domandarsi se questo nuovo scenario determinerà un cambiamento strutturale permanente o solo temporaneo. Su questo aspetto, Knutson ha pochi dubbi. "Credo che il cambiamento fosse già in corso, ma la pandemia lo sta certamente accelerando. Una volta che i dati vengono adottati, non vedo un mondo in cui la maggior parte dei club ritorni attivamente ai metodi tradizionali puri. La ragione di ciò è che commettere errori sul calciomercato rimarrà incredibilmente costoso, e l'utilizzo dei dati insieme allo scouting tradizionale aiuta le squadre ad evitare errori".

Foto di Paolo Bruno/Getty Images.

Era facile ipotizzare, quindi, che in un momento come questo servizi come StatsBomb potesse incrementare il numero di acquirenti potenziali e quindi di clienti. Knutson mi conferma che in queste settimane «l’interesse è stato enorme, principalmente perché non c’è calcio giocato quindi i professionisti non hanno molto altro da fare in questo momento». Certo, convertire l’interesse per uno tecnologia innovativa in un contratto richiede sempre tempo, ma StastBomb «ha fatto di tutto per rendere la propria piattaforma facile da usare, e dato che ora raccoglie dati su più di 70 competizioni in tutto il mondo, è in grado di offrire i dati più granulari sul mercato in quasi tutte le aree geografiche in cui le squadre professionistiche reclutano calciatori». Knutson mi ha anche rivelato che a febbraio si è aggiunta ai clienti una squadra di Champions League che è immediatamente diventata l’utenza più attiva su StatsBomb IQ.

Anche Karlsen pensa che nella realtà calcistica post-COVID-19 assisteremo sicuramente a un’impennata nell’utilizzo da parte dei club di analytics e video scouting. "Molte squadre con cui ho parlato hanno confermato di aver sfruttato questa pausa forzata per capire come trarre vantaggio dall’impiego dell’analisi dei dati nei loro sistemi di reclutamento. E se i video erano già profondamente integrati nelle strutture di scouting dei club, è probabile che diventino ancor più importante considerato quanto sarà più complesso e costoso viaggiare".

Secondo Karlsen, però, non ci sarà un grande impatto sulla gestione delle trattative: come ha ha spiegato nella sua recente analisi, il calcio è un business fortemente basato sulle relazioni. "A mio modo di vedere nella maggior parte dei casi le negoziazioni verranno comunque condotte faccia a faccia. Solo in un incontro di persona è possibile instaurare il contatto personale e toccare le giuste corde fondamentali per la buona riuscita di una trattativa". Il cambiamento, insomma, se ci sarà, non sarà a breve: "In tutti i campi, gli affari sono stati portati avanti con questa modalità per migliaia di anni e non penso sia possibile alterare una caratteristica che ha a che fare quasi con la sua stessa evoluzione in pochi mesi. Forse i primissimi contatti o meeting preliminari verranno condotti online, ma nella quasi totalità dei casi un incontro faccia a faccia sarà sempre il requisito fondamentale per concludere un accordo".

Insomma, se non sembra molto probabile che le negoziazioni siano concluse via Zoom o Skype, i club europei dovranno comunque farsi trovare pronti a sposare un nuovo modello in cui le analytics e il video scouting sono predominanti. Ed è più che lecito chiedersi se i club abbiano già nella loro struttura persone con le competenze per accompagnare queste inevitabili innovazioni, o se dovranno reclutare nuovi professionisti per far fronte a questo cambiamento operativo e strategico. Non mancano esempi di successo di ex-blogger che hanno fatto il salto al professionismo, ma potrebbe esserci spazio per accademici, data-analyst impiegati in altri settori e anche imprese di consulenza specializzate.

"Tra i nostri clienti", mi ha confidato Knuston, "quelli che hanno avuto il maggior successo hanno assunto persone provenienti da blog e social media che avevano già messo in mostra il loro lavoro e la loro comprensione delle statistiche e del calcio online". Il motivo è presto detto. "Proprio come il reclutamento tradizionale, ci sono un sacco di potenziali trabocchetti a cui si deve prestare attenzione quando si è agli inizi. Assumere persone con una certa esperienza pregressa in questo settore può aiutare a evitare questi primi errori, per poi assumere persone con competenze più accademiche o analitiche man mano che i dipartimenti crescono. Direi che la parte più impegnativa di tutto ciò è l'esecuzione e l'integrazione nei processi decisionali dei club. Il solo fatto di avere più informazioni e di essere più intelligenti non aiuta se non si ha intenzione di agire in base a tali informazioni".

Anche Karlsen ha un’opinione simile, e ritiene che alcuni club "abbiano già cavalcato la rivoluzione tecnologica e dunque già reclutato uno staff competente a loro disposizione mentre altri stanno cercando di formare i propri osservatori per adattarsi a metodi nuovi".

Detto ciò, anche Karlsen pensa che nel mondo del calcio "ci saranno opportunità crescenti per una nuova generazione di professionisti 'tech savvy'". Se di norma "le società sono solite affidarsi al proprio network professionale per cercare nuovi possibili candidati, in questa situazione non mancheranno occasioni per mettersi in mostra anche per profili con nessuna precedente esperienza nel mondo del calcio. La chiave è la qualità del lavoro e la capacità di sviluppare modelli pragmatici e di conseguenza funzionali per il club".

Vista la sua pluriennale esperienza da direttore sportivo, nonché da CEO del Monaco, ho chiesto a Karlsen di esprimere il suo pensiero anche sui futuri equilibri economici-finanziari del calcio. Il divario tra i super-club e il resto delle società diventerà ancora più ampio, o vista la situazione potrebbero esserci nuove opportunità per ribaltare gerarchie consolidate?

"È ancora presto per dirlo. Un aspetto è come i club sopravviveranno agli effetti immediati della pandemia, ma un altro è come faranno fronte alle ripercussioni di lungo periodo determinate dalle conseguenze economiche, locali e globali, che inevitabilmente seguiranno. Fin quando le TV rimarranno solide e i tifosi continueranno a pagare gli abbonamenti televisivi, penso che il calcio sia abbastanza al sicuro. Le emozioni di una partita vissuta allo stadio non andranno mai fuori moda e le esperienze collettive come il calcio sono quelle su cui la gente fa affidamento nei momenti difficili".

Se Karlsen è ottimista sulla solidità del calcio di alto livello, saranno le realtà più piccole ad avere più difficoltà come probabilmente avverrà in tutti i settori dell’economia: "In generale, i grandi club, i grandi “brand” se vogliamo, verranno fuori bene da questa situazione, mentre saranno i club medio-piccoli a doversi adattare".

Ma questa prospettiva incerta potrebbe essere anche l’occasione per giungere ad un modello sportivo e industriale in cui le risorse siano impiegate con maggiore lungimiranza. "Certo, gli stipendi dei calciatori e le cifre pagate per i trasferimenti subiranno un colpo, ma non è necessariamente una cosa negativa e di sicuro non avrà alcun impatto sulla qualità del gioco. Si potrebbe persino dire che i club non sono gestiti in maniera particolarmente efficiente e che la crisi potrebbe forzare misure che, in tutta sincerità, dovevano essere implementate già da tempo".

Allora cosa ne pensa delle parole di Paratici? Quali potrebbero essere i futuri trend strategici dei club europei? "Paratici è uno dei migliori dirigenti d’Europa e la sua opinione va sempre tenuta in alta considerazione e ascoltata con attenzione. Di certo, l’esperienza e il 'savoir-faire' sono risorse inestimabili in tempi di crisi. Il calcio italiano e i suoi operatori sono sempre stati creativi e hanno trovato nuove modalità di risolvere le sfide anche nei momenti più complessi e in effetti nei momenti di avversità, emerge chi è in grado di adattarsi ed essere flessibile".

Per Karlsen l’approccio dei club, insomma, dovrà essere sempre più pianificato e razionale: "Sono sicuro che ci sarà più enfasi nello sviluppare i propri giovani e maggiori investimenti sulle risorse umane, così da ottenere di più dai propri calciatori e staff utilizzando anche metodologie di allenamento mentale e psicologico, piuttosto che arrendersi se un calciatore se non riesce a imporsi alla prima occasione. E anche i nuovi arrivati che saranno aggiunti alla rosa subiranno uno scrutinio sempre più approfondito rispetto al passato".

Foto di Emilio Andreoli/Getty Images.

Per Karlsen quindi i club dovrebbero usare questo periodo come un’occasione: "Forse ci sarà persino più pazienza per implementare processi durevoli e solidi, con un’enfasi sull’ottenere il meglio dalle persone - il management, lo staff, i calciatori - e non sulla semplice compravendita. In effetti penso che il calcio abbia una chance per uscirne ragionevolmente bene. Potrebbe venir fuori una situazione addirittura migliore".

Il ricorso al calciomercato è stato in effetti spesso il modo più semplice, ma anche più costoso, per provare a risolvere le criticità tecnico-tattiche e migliorare i risultati sportivi. Non sempre però i nuovi acquisti sono la panacea di tutti i mali. Anzi, sono innumerevoli gli esempi in cui acquisti sbagliati hanno ulteriormente aggravato la situazione sportiva e finanziaria delle squadre europee. Il margine di errore è tanto limitato sul rettangolo verde, quanto durante la campagna trasferimenti.

Nuovi problemi richiedono nuove soluzioni, e favoriscono cambiamenti più rapidi e di maggior impatto: c’è margine per sperimentare, vedere cosa succede e poi sperimentare ancora. In questo senso l’uso massiccio del video scouting e l’impiego dei dati rappresentano strumenti in grado di ampliare le possibilità informative e di meglio considerare il rischio. L’obiettivo è sempre quello: minimizzare gli errori. Il momento attuale sarà probabilmente l’inevitabile e forse persino provvidenziale acceleratore di un processo innovativo che nella maggior parte dei club non è ancora decollato.

Come sottolineato da Karlsen, è al contempo auspicabile che in una situazione in cui il ricorso al calciomercato potrebbe essere più complesso e potenzialmente più rischioso, la progettualità non resti un miraggio e i club europei cerchino per prima cosa le risorse per migliorare al proprio interno, investendo su persone e infrastrutture.

Il cambiamento fuori dal campo deve essere necessariamente coerente con quello avvenuto sul campo. Negli ultimi anni il calcio ci ha offerto squadre sempre più proattive, con un approccio tattico complesso ed evoluto. Il gioco è diventato sempre più stratificato e vario. È giunto il momento che il piano gestionale sia all’altezza di questa complessità, non limitandosi a cercare di reagire ai colpi della crisi con misure di breve termine, ma costruendo un futuro sostenibile.

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