Esclusive per gli abbonati
Newsletters
About
UU è una rivista di sport fondata a luglio del 2013, da ottobre 2022 è indipendente e si sostiene grazie agli abbonamenti dei suoi lettori
Segui UltimoUomo
Cookie policy
Preferenze
→ UU Srls - Via Parigi 11 00185 Roma - P. IVA 14451341003 - ISSN 2974-5217.
Menu
Articolo
La Serie A nel mondo parallelo vol. 10
18 mag 2020
18 mag 2020
Arrivati alla penultima giornata i verdetti possono essere molto pesanti.
(articolo)
15 min
Dark mode
(ON)

La Serie A è ferma ma noi non ci arrendiamo e da ormai due mesi la mandiamo avanti su FIFA, come fosse un mondo parallelo in cui l’emergenza del Coronavirus è passata e possiamo tornare a concentrarci sulla nostra passione per l’ansia di Chiesa e la flemma di Balotelli.

Mancano due giornate e i verdetti cominciano a piovere: in zona Champions alla Roma manca di fatto un punto per qualificarsi matematicamente tenendo fuori l’Atalanta. In cima, Juventus e Lazio si continuano a fronteggiare in attesa di un’ultima giornata che le vedrà scontrarsi con alcune rivali storiche. Sempre che non sia questa la giornata a rivelarsi decisiva.

Occhio soprattutto in coda: le sentenze per le retrocesse potrebbero arrivare direttamente in questa giornata.

Vi ricordo le regole: abbiamo simulato condizioni meteo e orari di gioco (secondo una calendarizzazione fatta da noi ma che prova a seguire i normali criteri della Serie A). Abbiamo settato due tempi da 6 minuti e tenuto “campione” come difficoltà. Abbiamo però abbassato leggermente la capacità dei portieri e alzato la precisione dei tiri degli attaccanti. Il realismo di FIFA ha finito infatti per far diventare il gioco più noioso della realtà e ci è voluta una spintarella per non far finire tutte le partite zero a zero, in un delirio utopico uscito dalla testa di Brera. Per quanto riguarda le formazioni, purtroppo, non abbiamo potuto fare scelte: se lasci che sia il computer a giocare vuole il diritto a scegliersi la sua formazione, e mi pare giusto.

Sabato alle 15: Fiorentina-Bologna 2-1

Anche se lo spettro della retrocessione era ormai evitato, a Firenze gravava sullo Stadio Classico una strana depressione, forse persino più del cielo di piombo che opprimeva la città. I tifosi Viola sembravano ripetere i cori meccanicamente, senza convinzione, come se fossero registrati - i giocatori di Montella sembravano aver perso qualsiasi interesse per il risultato finale. Regnava, insomma, quel senso di vuoto e di entropia senza senso delle partite senza alcuna ragione di classifica di fine Serie A, quelle che ti mangiano l’anima e sembrano riflettere la mancanza di senso dell’esistenza. Nonostante questo, Montella continuava a sfoggiare il suo sorrisetto da incosciente.

L’aeroplanino ha deciso ancora una volta di non cambiare il 3-5-2 ereditato da Iachini, «sicuramente un modulo buono per ogni stagione» secondo Stefano Nava, che però non sembrava più dare alcuna sicurezza ai suoi giocatori. In realtà c’è voluto un gol nei primi minuti del Bologna (un bell’inserimento di Soriano in area concluso da un tiro a fil di palo) a svegliare la Fiorentina. Che non ha iniziato a giocare bene, ma per lo meno da quel momento ci ha messo la cazzimma. Il pareggio di Cutrone, su ribattuta del palo, non a caso è stato segnato dal giocatore con più cazzimma di tutti.

Nel secondo tempo le squadre hanno anche smesso di fare finta di crederci e lo spettacolo è diventato desolante. Inevitabili, come ogni anno, sono arrivate quindi le malelingue a parlare di un possibile risultato combinato a favore degli scommettitori. Secondo i complottisti, la teoria sarebbe confermata dallo strano conciliabolo, con tanto di stretta di mano, tra Chiesa (autore del 2-1) e Tomiyasu, che con una sua sbavatura ha favorito il gol decisivo della Fiorentina.

[@portabletext/react] Unknown block type "imageExternal", specify a component for it in the `components.types` prop

«Gli stavo chiedendo com’era possibile che in Giappone i contagi da covid avessero avuto un’impennata subito dopo l’annuncio dello slittamento delle Olimpiadi», si è giustificato Chiesa, non convincendo nessuno.




Sabato alle 18: Parma-Atalanta 0-3

Per quanto improbabile, il Parma aveva ancora una remota possibilità di poter arrivare a quel sesto posto che significava qualificazione all’Europa League. L’Atalanta, quindi, non era l’unica a giocarsi qualcosa e questo rendeva la partita stranamente tesa. Gian Piero Gasperini, con la solita sensibilità, aveva chiamato Roberto D’Aversa “il Salvini della Serie A” per il suo modo di giocare reattivo e inevitabilmente l’Arena d’Oro di Parma non si era fatta sfuggire quest’occasione per trasformare la partita in una gara all'insulto più creativo nei confronti del tecnico dell’Atalanta. Insomma, c’era un bel clima peperino.

A peggiorare ulteriormente la situazione ci si è messo anche il subitaneo vantaggio di Zapata, con un taglio interno-esterno in area concluso da un tiro a fil di palo - un pattern di gioco che stiamo vedendo sempre più frequentemente in Serie A e la cui ripetitività sta facendo uscire fuori di testa gli esperti, che ancora non riescono a spiegarsela.

[@portabletext/react] Unknown block type "imageExternal", specify a component for it in the `components.types` prop

Con il cielo così pesante e scuro le differenze tra Mordor e Parma si assottigliano fino quasi a sparire.

Al di là degli «sfottò», comunque, il Parma non è sembrato essere sufficientemente motivato per dare quest’ultima decisiva frustata alla sua classifica. L’Atalanta ha avuto le occasioni migliori ed è sembrata una squadra superiore da tutti i punti di vista. Il 2-0 poi è stato umiliante: dopo un uno-due sulla trequarti il “Papu” Gomez ha tirato una bomba sulla traversa e la ribattuta, in una selva di giocatori del Parma, è finita di nuovo sui suoi piedi, che l’hanno messa in porta. Il 3-0, poi, è stato pure peggio, con una splendida azione collettiva che ha portato Ilicic a segnare a un paio di metri dalla porta vuota. Insomma, non c’è stata partita.

Nel dopo partita Gasperini, rinfrancato dalla bella vittoria, ha provato a spegnere le polemiche che lui stesso aveva acceso. «Io l’avevo detto in senso buono», ha dichiarato il tecnico piemontese «Salvini è un politico a cui va la mia stima, come D’Aversa. Però, al momento, lo vedo in calo nei sondaggi».




Sabato alle 20.45: Sampdoria-Milan 0-2

Cosa avevano ancora da chiedere, Sampdoria e Milan, da questo campionato che le ha viste come grigie non protagoniste? Una stagione cominciata in modo mediocre e finita in modo mediocre.

A Genova piove forte. Il primo giorno di pioggia nella nuova Serie A post-Covid. “Il terreno di gioco sembra comunque buono. Anche se cominciano a formarsi delle pozzanghere, qua e là” nota il sempre puntuale Stefano Nava. Era difficile per i giocatori più tecnici mettersi in mostra: tranne per quei giocatori che si trovano benissimo a far brillare la propria tecnica in contesti sporchi. Tipo Hakan Calhanoglu, che ha sbloccato il risultato con una mezza volèe di destro che ha fatto acquaplanning sul terreno bagnato. Il Milan in fondo doveva continuare a spingere per una qualificazione in Europa distante appena due punti.

Il Milan ha controllato il pallone saggiamente. Pioli sembrava un uomo tranquillo al comando: sapeva già del suo esonero per far posto al visionario, nichilista Roger Schmidt, scelto da Rangnick. In fondo non aveva più nulla da perdere né da chiedere. “Non mi aspetto più niente dal calcio” aveva detto con un sorriso deluso prima della partita. Calhanoglu l’ha nascosta a tutta la difesa della Samp nel secondo gol. Impressionante la finta di corpo con cui ha mandato al bar l’avversario prima di scaricare per Ibra. Per Nava, Calhanoglu «è diventato un punto di riferimento per tutta la squadra». L’unico giocatore, forse insieme a Rebic, davvero rigenerato da Pioli.

Sarà probabilmente al centro anche del nuovo Milan di Schmidt, che del resto è stato suo mentore ai tempi del Leverkusen.




Domenica alle 12.30: Verona-SPAL 2-0

Con la SPAL in Serie B e il Verona già fuori dall’Europa si giocava per la gloria. E per le sgroppate di Lazovic, e per gli anticipi di Rahmani, e per il sinistro magico di Petagna, e per l’ambizione di Reca. C’era proprio tutti, del resto non si infortuna mai nessuno in questo calcio post-Covid, ci avete fatto caso?

Nel primo tempo non dico non si siano visti tiri in porta, o gol, non si è visto quasi niente che avesse a che fare col calcio come disciplina sportiva. Poi forse è arrivata una chiamatina dall’alto per rendere lo spettacolo più sopportabile: sennò non si capisce la dinamica del gol dell’1-0 di Murgia, il Kakà dell’EUR, con Rahmani che in scivolata ha passato la palla a Murgia e messo contemporaneamente fuori gioco Silvestri.

Stranissimo.

[@portabletext/react] Unknown block type "imageExternal", specify a component for it in the `components.types` prop

Missiroli appena convertitosi all’Islam.

Rahmani voleva farsi perdonare, con un tiro violento poco dopo. Ma Berisha è nella sua solita forma Mundial. Lo abbiamo visto poco dopo su un tiro di Pazzini che sarebbe stato gol col 99% dei portieri al mondo. A pochi minuti dalla fine la SPAL segna il 2-0 con Di Francesco, che prosegue col suo grande stato di forma e aumenta i rimpianti: con un portiere così e un fantasista così era poi così impossibile salvarsi?




Domenica alle 15: Sassuolo-Genoa 3-1

Era l’ultima possibilità per il Genoa, l’ultima partita che poteva evitargli un’amarissima retrocessione. Dopo 5 minuti, però, era già sotto. Stefano Nava prima dell'inizio aveva detto che bisogna fare molta attenzione alla classe in zona gol di “Ciccio” Caputo, e aveva ragione: “Ciccio” si è sfilato dalla marcatura sulla trequarti, ha aspettato l’inserimento dietro di lui di Hamed Traoré e lo ha messo da solo davanti al portiere.

Ci voleva un episodio per far tornare il Genoa in partita, e quell’episodio è stato il rincoglionimento di Filippo Romana, che ha servito un assist perfetto per Sanabria al centro dell’area. Una partita impazzita sin dalle prime battute, in cui il Sassuolo è tornato in vantaggio con una strana determinazione: a segnare è stato "Mr. Class" - o meglio: "Mr. Bug" - Manuel Locatelli, con un tiro violento lungolinea.

Il movimento tatticamente decisivo è stato però di nuovo quello di Caputo, sempre lo stesso: ricezione incontro sulla trequarti e filtrante alle sue spalle. Praticamente Totti.

Il Genoa doveva sperare di non rimpiangere il momento in cui Sanabria stava per segnare il gol dell’anno, con un tiro al volo di destro con una coordinazione alla Icardi. La palla è uscita di un paio di centimetri, poi ha segnato Traoré bucando le mani di Perin con un tiro incrociato di sinistro.

Adesso il Genoa è matematicamente retrocesso in Serie B, una notizia che avremmo preferito non darvi. I giocatori sono andati a chiedere scusa in lacrime sotto il settore ospiti, verso quei tifosi che non hanno lasciato la squadra sola neanche oggi e che li hanno applauditi, cantando cori in mezzo a una bella sciarpata. Un bel momento, nonostante la tristezza, per la storia della nostra Serie A recente.




Domenica alle 15: Torino-Roma 1-0

Il Torino doveva assolutamente evitare di perdere per evitare lo spettro della retrocessione. Longo, a riguardo, nella conferenza pre-partita aveva dichiarato che avrebbe tastato con mano «l’anima della squadra» e che avrebbe mandato a casa tutti quelli che non possedevano un «vero cuore granata».

Non sappiamo esattamente cosa intendesse, quello che sappiamo invece è che il cuore vero di due anziani tifosi del Toro ha ceduto dopo i primi cinque minuti di partita in cui la Roma è andata a un passo dal gol del vantaggio prima con Dzeko (fermato da un grandissimo intervento con le punta delle dita di Sirigu) e poi con Kluivert (fermato dalla sua stessa inettitudine).

Poi, però, è arrivato il gol del vantaggio di Belotti, quasi letteralmente di gobba, e il mondo per il Torino è sembrato finalmente sorridere.

C’è da dire che in casa Roma non tirava una buona aria, forse per via delle voci sempre più insistenti delle cessioni di Zaniolo e Pellegrini. Un primo chiaro segnale di nervosismo è arrivato alla fine del primo tempo, quando Cengiz Ünder si è girato rabbiosamente a Santon, che gli aveva passato il pallone praticamente sulla linea del fallo laterale (secondo alcuni rumor, sembra gli abbia detto: «Se lo rifai ti faccio mandare in Siria»).

Poi lo strano cambio punitivo di Fonseca, che ha tolto Kluivert già al 52esimo rifiutandosi di dargli la mano: la giovane ala olandese si è rabbiosamente messa a piangere in panchina. In queste condizioni era difficile che i giallorossi potessero recuperare lo svantaggio. E infatti non ci sono riusciti.

Mentre esplodeva la festa del Torino, sopravvissuto a un anno infernale, Fonseca apriva definitivamente il caso Roma. «Non ho fatto la guerra in Ucraina per venire in Italia a farmi prendere per il culo», ha detto il tecnico portoghese svelando il suo lato più mourinhesco «Se dopo questa stagione l’idea della società è quella di smantellare la mia famiglia - perché questa squadra, per me, è come una famiglia - allora tanto vale che me ne torno in qualche altra zona di guerra».




Domenica alle 15: Udinese-Lecce 0-3

Due motivi di interesse principali su questa partita: era l’ultima in casa per l’Udinese nel campionato italiano. Dal prossimo anno la squadra giocherà infatti nel campionato austriaco, in seguito al feroce litigio di Pozzo con la FIGC e la Lega Serie A. Per il Lecce c’erano da fare invece gli ultimi punti per una bellissima salvezza, ottenuta col cuore ma soprattutto con le idee.

È grazie alle idee che è arrivato il gol del vantaggio salentino. Il gol è di Mancosu, ma bisogna per forza sottolineare il tocco di prima di Lapadula, geniale e complicatissimo. Già al Pescara avevamo apprezzato le doti associative del numero 9 del Lecce, che si è ripetuto a fine primo tempo con un assist delizioso per Falc, che ha segnato il 2-0. Nel secondo tempo c’era aria di festa tra i tifosi giallorossi. Il Lecce ha giocato sul velluto - Nava ha definito “imbarazzante” la prestazione di Okaka (poraccio) - ed è addirittura andato sul 3-0, con i friulani usciti dal campo e dall’Italia, mentre i suoi tifosi cantavano la Marcia di Radetsky sugli spalti.

[@portabletext/react] Unknown block type "imageExternal", specify a component for it in the `components.types` prop

È stata un’inattesa grandissima stagione quella di Marco Mancosu in Serie A, coronata da questa prestazione.

Il Lecce è salvo, l’Udinese espatriata. Strana questa Serie A post-covid.




Domenica alle 18: Inter-Napoli 2-0

Dato che non c’erano grandi motivazioni di classifica dietro questa sfida, la Lega Serie A ha deciso che Inter-Napoli sarebbe stata una grande vetrina per il rilancio del nostro campionato e del nostro Paese nel mondo.

Prima della partita Brozovic e Mario Rui hanno sfilato su una pedana installata al centro del campo vestiti delle ultime collezioni di Armani e Gucci. Poi è stata la volta di Renzo Piano, introdotto al centro del campo a spiegare l’importanza di un nuovo stadio per Milano, nonostante l’amore che tutti noi provassimo per San Siro. Il noto architetto è stato accolto da cori di entrambe le tifoserie: «Un capitano c’è solo un capitano», e poi: “RE-NZO, RE-NZO, RE-NZO”.

Infine, immancabile turno della politica con Fontana e Gallera mano per la mano a fare il giro di campo, mentre i maxi schermi trasmettevano lo spot della regione Lombardia: «Una regione resiliente».

[@portabletext/react] Unknown block type "imageExternal", specify a component for it in the `components.types` prop

Non tutti l’hanno presa bene.

Il campo, invece, non ha detto molto: il surreale gol di Lautaro Martinez (in realtà un rimpallo tra il palo e la schiena di Ospina), le solite grandi parate di Handanovic, l’anemia diffusa tra le fila del Napoli. Il solito, insomma.

A fine partita, però, il fulmine a ciel sereno: Marotta ha annunciato l’ingaggio di Pep Guardiola per la prossima stagione, esonerando Vecchi persino prima dell’ultima giornata di campionato (non erano state apprezzate le sue parole nelle partite precedenti). Per la partita che chiuderà la stagione dell’Inter la guida tecnica sarà affidata a Vecino, nel ruolo di allenatore-giocatore.




Domenica alle 20,45: Cagliari-Piemonte calcio 1-3

Piemonte calcio e Lazio appaiate in testa alla classifica, che giocano in contemporanea, con i destini di un intero campionato che cambiano di minuto in minuto: la Serie A sembra tornata a qualche anno fa, alle emozioni di una volta.

Sulla strada del Piemonte calcio di Sarri c’era il Cagliari di Walter Zenga, una squadra che non aveva più nulla da chiedere al campionato da almeno due mesi. E infatti si è visto: dopo un quarto d’ora i rosanero erano già sullo 0-2 e su internet impazzavano furiosi i commenti dei tifosi laziali sul presunto scarso impegno dei sardi, in primis di "Radja Scansolann”, com’era stato rinominato dall’utente Twitter @Aquila1915.

Critiche che sono sembrate fondate quando Olsen invece di respingere la palla con le mani è intervenuto di testa.

O quando Ionita ha di fatto passato il pallone agli avversari su una pericolosa punizione dal limite.

Poi, però, l’imponderabile: prima l’1-2 di Simeone, poi i miracoli di Olsen e gli errori sottoporta del PIPITA Higuain, infine il clamoroso palo di Khedira. Sembrava dovesse cambiare tutto, ci si aspettava un grande colpo di scena, ma in quel caso che colpo di scena sarebbe stato?

E infatti poco dopo EL PIPITA Higuain ha sigillato il risultato sull’1-3 con un bel rasoterra a fil di palo. Tutto è bene quel che finisce bene? Nel secondo tempo tutte le orecchie erano dirette verso Roma.




Domenica alle 20,45: Lazio-Brescia 0-0

La partita di ritorno tra Lazio e Brescia è cominciata come quella di andata: con Balotelli che provava in tutti i modi a rovinare la vita ai biancocelesti, ma per qualche ragione non ci riusciva. La ragione, in questo caso, è sempre la stessa: Thomas Strakosha, miglior portiere della Serie A post-covid.

Poi ci si è messo anche lo scarso senso del Brescia per il fuorigioco, vista la costanza con cui si ostinava a cercare di mandare in porta giocatori chiaramente davanti alla linea difensiva avversaria.

E la Lazio? Che fine ha fatto la Lazio?

Per Nava, Ciro Immobile «sembra quasi fare un favore a stare in campo».

[@portabletext/react] Unknown block type "imageExternal", specify a component for it in the `components.types` prop

Si racconta di un discorso leggendario di Simone Inzaghi alla fine del primo tempo, con varie citazioni di Braveheart, e infatti la Lazio è tornata in campo ricordandosi che c'era uno scudetto da vincere. Come sarebbe stato ricordare una stagione buttata per una partita in casa contro il Brescia?

La Lazio ha cominciato a mettere tanta pressione offensiva, anche se in maniera scomposta e disordinata. Alla fine sono state poche le occasioni a cui appellarsi nel rimpianto, giusto un tiro di Immobile all’inizio della ripresa.

La squadra di Inzaghi può solo rimproverare sé stessa. Il tecnico non ha nascosto l’amarezza a fine partita: «pensavamo di aver già vinto. La mentalità vincente non si costruisce in un giorno. Ho ricordato ai miei ragazzi la partita di Perugia, tutto può succedere all’ultima giornata».




Gli awards della giornata

La parata più bella: Olsen con la mano di richiamo sul missile sul palo lontano di CR7.

Il miglior giocatore: Matteo Mancosu

La miglior frase della telecronaca: «Eh sì», Stefano Nava chiosando una lunga riflessione di Pardo su Thomas Strakosha e il fatto che rappresenti una sicurezza per la difesa.

Il miglior portiere: Robin Olsen.

Il miglior gol: Il tiro a giro di Dybala a Cagliari.


La classifica aggiornata

Piemonte Calcio 85

Lazio 83

Inter 68

Roma 62

Atalanta 58

Milan 52

Napoli 51

Sassuolo 47

Parma 46

Cagliari 46

Verona 44

Bologna 44

Fiorentina 42

Udinese 41

Sampdoria 39

Torino 38

Lecce 38

Brescia 32

Genoa 31

SPAL 31




Attiva modalità lettura
Attiva modalità lettura