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Bruno Bottaro
Il calcio turco sta tornando?
12 set 2023
12 set 2023
Le difficoltà economiche hanno costretto molti club a cambiare, con alcuni risultati promettenti.
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Bruno Bottaro
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IMAGO / Seskim Photo
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Il campionato turco viene spesso preso a riferimento in Italia come deriva di una tendenza, presente anche nel nostro campionato, di spendere risorse già scarse su profili che al calcio sembrano ormai aver dato tutto. Questo parallelismo è spesso riproposto e raramente messo in discussione, almeno fino qualche giorno fa. Recentemente lo ha fatto per esempio Mario Balotelli - uno che il campionato turco lo conosce abbastanza bene, avendo giocato una stagione all'Adana Demirspor - in un intervento su Youtube a Controcalcio. «L’anno scorso ho guardato un paio di partite di Serie A, e le ho paragonate alle partite che facevamo noi in Turchia. Cioè, il livello è quasi più alto lì, son sincero». In Italia le sue parole hanno toccato una corda che, come abbiamo detto, esiste e infatti sono state riprese da varie agenzie stampa e siti web, lanciando benzina sul fuoco del dibattito sulla decadenza del calcio italiano, e aizzando polemiche, interazioni e condivisioni.

In pochi hanno invece guardato l'altro lato della medaglia di quelle dichiarazioni, che stavano anche cercando di riabilitare ai nostri occhi un movimento, come quello turco, molto spesso ostracizzato e di sicuro poco conosciuto in Italia (d'altra parte la Süper Lig non è mai stata trasmessa in Italia negli ultimi 10 anni, a eccezione di un paio di finali di Coppa di Turchia). «È un campionato sottovalutato», ha infatti aggiunto Balotelli, che a conferma della sua teoria ha citato un pareggio in precampionato per 2-2 con il suo Adana Demirspor, all’epoca, contro il Napoli futuro campione d’Italia.

Certo, non è molto di fronte a segnali che invece sembrano indicare l'opposto, con le tre grandi del calcio turco (Galatasaray in Champions League dopo i preliminari, Beşiktaş e Fenerbahçe in Conference League) come uniche rappresentanti del movimento in Europa in questa stagione. Insomma, è sempre difficile e scivoloso paragonare i campionati, soprattutto in un Paese che vive uno squilibrio evidente tra la passione per il gioco e il numero di affermazioni significative nelle coppe europee (un solo trofeo di prestigio vinto, la Coppa UEFA del 2000 con Fatih Terim e il suo Galatasaray a Copenhagen). Forse allora ci può aiutare il tanto vituperato coefficiente UEFA, che al momento colloca la Turchia al nono posto, sotto il Belgio. Insomma, è difficile negare la crisi recente del calcio turco com'è difficile contraddire la fama che si è fatto acquistando giocatori spesso nella fase calante della loro carriera, arrivati a svernare sul Bosforo dopo essere stati accolti da folle oceaniche all’aeroporto e annunci roboanti.

Non è detto però che, come si dice, da una crisi non possa nascere un’opportunità e gli avvenimenti che hanno riguardato il calcio turco negli ultimi anni sembrano dimostrarlo. Dopo gli anni del favoloso tormentone Come to Beşiktaş, con Pepe e Quaresma protagonisti di una delle gag social più kitsch e di successo nell’epopea infinita del calciomercato, il calcio turco ha infatti vissuto forse uno dei suoi periodi più difficili. Il problema finanziario originale è stato il crollo della lira turca, che negli ultimi cinque anni ha perso oltre cinque volte il suo valore: ormai una lira vale poco più di tre centesimi di euro, ma nel 2018 ne poteva valere anche più di 15. I club turchi si sono così ritrovati con ingaggi stipulati con i giocatori in euro e dollari, mentre le entrate da biglietti e merchandising erano in lire, con tutto ciò che ne conseguiva a livello economico.

A questa situazione si è aggiunta quella del COVID, che ha tolto a queste squadre anche gli introiti da stadio, che in Turchia sono ancora molto consistenti, anche in relazione alle altre entrate. La somma delle due cose ha portato a una vera e propria Caporetto finanziaria, che ha portato poi a un conseguente impoverimento tecnico. Allora ne fece le spese proprio quel Beşiktaş, che nella stagione 2017/18 vinse il suo girone di Champions League prima di finire in una spirale di descrescita infelice.

L’estate del 2018, particolarmente turbolenta in Turchia dopo il duello verbale tra Donald Trump e Recep Tayyip Erdoğan, aveva infatti costretto un club eliminato agli ottavi di Champions dal Bayern a smantellare una rosa di tutto rispetto, con i saluti attesi di Anderson Talisca (direzione Cina), ma anche quelli molto più contestati e controversi del portiere Fabri (rimpiazzato da Loris Karius, che a Istanbul non sarebbe poi riuscito a riscattare le delusioni di Liverpool) e soprattutto di Álvaro Negredo e Pepe, due colonne della squadra nella stagione precedente.

Negredo venne ceduto soltanto a settembre, a stagione ampiamente iniziata, all’Al-Nasr di Dubai, con il giocatore apparso quasi affranto in aeroporto prima di partire. «Amo il Beşiktaş, amo la città, il club. Il momento è complicato», disse poco prima di andarsene. Non sono mancate le polemiche anche attorno all’addio di Pepe, che se ne sarebbe andato nel successivo mese di dicembre, lasciando con un gesto mai dimenticato dai tifosi del Bosforo: appena prima di salutare, il difensore portoghese si sarebbe congedato pagando le mensilità arretrate di cuochi e giardinieri del club, a loro volta vittime della situazione economica.

I titoli storici dell’Istanbul Başakşehir (nel 2020) e del Trabzonspor (2022) raccontano bene come questa congiuntura economica sfavorevole abbia colpito soprattutto le tradizionali tre grandi squadre del Paese, che negli anni scorsi hanno perso campioni stranieri e fatto incetta di debiti.

A guardare l’ultima sessione di mercato pare però che il vento per il calcio turco stia iniziando a cambiare, come conferma anche la campagna europea di tutto rispetto da parte del Fenerbahçe nella scorsa stagione, caduto solo contro i padroni dell’Europa League del Siviglia agli ottavi di finale. Allo stesso modo, in Conference League, non ha sfigurato nemmeno il Sivasspor, eliminato a sua volta agli ottavi di finale dalla Fiorentina (che nel suo doppio incrocio turco in Conference League aveva subito uno scalpo non indifferente ai gironi dal Başakşehir, vittorioso in casa per 3-0 contro “la Viola” e in grande forma prima del Mondiale in Qatar). In un certo senso, anche il ritorno in grande stile del Galatasaray, che pochi giorni fa si è qualificato ai gironi di Champions battendo il Molde, è sembrato un segnale positivo per il calcio turco, soprattutto alla luce dell’interesse generato da Okan Buruk come nuovo e promettente allenatore, e dalla forma ritrovata di Mauro Icardi, comunque ancora in un’età in cui può dire la sua.

Come detto, però, è stato soprattutto il mercato estivo a rinfrescare l’immagine del campionato turco. Certo, sono continuati ad arrivare campioni a fine carriera. In particolare, gli esempi di Marek Hamsik e Dries Mertens, che in Turchia sono riusciti a vincere il tanto agognato primo titolo nazionale in carriera, hanno spinto il Fenerbahçe a buttarsi su Edin Dzeko, che di primavere ne ha già viste 37. L’attaccante bosniaco ha cominciato la sua stagione nel migliore dei modi, segnando con continuità in un attacco ormai d’esperienza, che lo vede protagonista insieme al suo ex compagno a Roma Cengiz Ünder e all’ex Ajax Dušan Tadić. All’apparenza, con il Beşiktaş trascinato da Aboubakar (31 anni) e il Galatasaray guidato dal tandem Over-30 Mertens-Icardi, siamo di fronte alla conferma dei nostri stereotipi e preconcetti. Eppure, a uno sguardo più allenato proprio il Galatasaray campione ci suggerisce che un modello differente di gestione dei club turchi si sta facendo strada.

L’acquisto più costoso del calcio turco si è concretizzato pochi mesi fa, ed è già stato di fatto ripagato. L’occasione di tesserare Nicolò Zaniolo ha dato al Gala un’opportunità ghiotta per fare cassa, comprando a 16 per rivendere potenzialmente quasi al doppio (affare da quasi 28 milioni totali) un giocatore che ha impreziosito una lunghissima rosa piena di talento. I soldi per la cessione di Zaniolo all’Aston Villa sono già stati spesi, con Tanguy Ndombelé e Davinson Sánchez a portare profondità e freschezza - almeno per gli standard del campionato turco - essendo entrambi classe ’96. Nella posizione in campo di Zaniolo, i giallorossi hanno investito anche sul classe 2000 Tetê, arrivato in saldo dallo Shakhtar Donetsk.

Insieme a un’inedita oculatezza sul mercato, il Galatasaray raccoglie anche i frutti degli investimenti fatti nell’ammodernamento del centro sportivo di Florya, dove vengono cresciuti i giovani talenti, tra cui ricordiamo il 2000 Ozan Kabak, centrale difensivo ora all’Hoffenheim dopo aver parzialmente deluso le aspettative tra Liverpool e Schalke. Un altro innesto piuttosto curioso è arrivato per i giallorossi tra i quadri dirigenziali, con il giornalista e fondatore del magazine sportivo turco-tedesco Socrates, Fatih Demireli, diventato sorprendentemente direttore del nuovo dipartimento ricerca e sviluppo del club. Inizialmente contattato dal club per consigli e informazioni dalla Germania, dove viveva, Demireli si è ritrovato pian piano a scambiare pareri sempre più frequenti con il direttivo giallorosso, per poi ricevere un’inattesa offerta ambiziosa tra le mani: ripensare e rifondare le metodologie con cui lavora il club, dal player trading alla formazione di giovani talenti, con uno staff che lavora per lui. E dopo il primo titolo nazionale vinto, la sua figura potrebbe diventare un inatteso esempio per altri club del Paese.

Non solo il Galatasaray, però, anche altri club hanno iniziato a intraprendere nuove strade. Il Fenerbahçe dal canto suo ha pescato un nuovo diamante in fuga dal campionato russo, il polacco Sebastian Szymanski, classe ’99 che nei preliminari estivi di Conference ha già mostrato di avere tutte le carte in regola per poter spaccare la Süper Lig. Potrebbe essere lui la prossima plusvalenza pesante per Fenerbahçe, che negli ultimi anni ha fatto cassa vendendo giocatori come Kim Min-Jae, Eljif Elmas, Bruma e Arda Güler. Non proprio il tipo di giocatori che associamo agli elefanti morenti che tanto ci piace accostare alla Turchia.

Nelle nuove gestioni turche delle ultime stagioni si sta facendo strada un player trading analogo a quello di molti club europei, o campionati ‘concorrenti’ come il Belgio, e i risultati iniziano a farsi vedere. Lo stesso Mario Balotelli, che era arrivato ad Adana gratis per poi essere ceduto al Sion per una cifra vicina ai 3 milioni di euro, in un certo senso lo conferma. Il suo sostituto in Turchia, Cherif Ndoye, acquistato dallo Shanghai Port, è stato appena ceduto alla Stella Rossa generando una plusvalenza. Stiamo parlando di dinamiche che possono sembrare assolutamente normali, ma che per il calcio turco sono una notizia, attanagliato com’era da una pessima reputazione nelle classifiche della FIFPRO (il sindacato internazionale dei calciatori professionisti), che negli anni ha riportato non pochi contenziosi relativi a stipendi non pagati.

Qualcosa è cambiato anche nella gestione dei vivai, con gli esempi virtuosi di Trabzonspor, Gençlerbirliği e Altınordu a testimoniare un cambio di passo a tutti i livelli a prescindere dalla categoria e dalla città. A Trebisonda, il lavoro di anni sull’academy ha dato i frutti proprio nel trionfale 2022, con il titolo che ha visto protagonisti Abdülkadir Ömür (all’epoca 22enne), Berat Özdemir (23) e Uğurcan Çakır (26), tutti titolari nell’11 campione. Ad Ankara, il piccolo Gençlerbirliği ha rappresentato un esempio eccentrico di gestione, con ben 34 giocatori formati e venduti alle grandi del Paese nel corso degli ultimi anni, troppe volte oscurato dalla personalità vulcanica e fuori dagli schemi del presidente Ilhan Cavcav. A Smirne, con la storia unica dell’Altınordu che schiera solo giocatori turchi, formandoli dentro e fuori dal campo, ultimi ma non ultimi Cengiz Ünder e il roccioso difensore dell’Atlético Madrid, Çağlar Söyüncü.

Anche un club celebre in Italia per aver assomigliare a un parcheggio di talenti sfiniti dalla Serie A, il Fatih Karagümrük allenato la scorsa stagione da Andrea Pirlo, quest’anno ha fatto notizia per aver rinnovato la colonia italiana sostituendo Bertolacci, Borini e Matteo Ricci con Lasagna, Ceccherini, Sturaro, ma allo stesso modo bisognerebbe parlare anche dell’acquisto di un classe 2003, Flavio Paoletti, che va in Turchia a 20 anni alla ricerca di minuti da titolare dopo aver fatto la gavetta tra le giovanili della Sampdoria.

Anche in Turchia, così come successo in Italia, il ricorso sempre più massiccio al player trading è stato accompagnato da polemiche legate alle plusvalenze. Il “modello Galatasaray”, per esempio, è stato criticato per la cessione del centrocampista norvegese Midtsjø al neopromosso Pendikspor per 3 milioni di euro. Midtsjø aveva deciso l’andata del preliminare di Champions League contro il Molde, segnando al 93’ su assist di Icardi, e poco dopo è stato imbarcato in fretta e furia verso il sobborgo di Pendik, nella parte asiatica di Istanbul, per far quadrare i conti di un Galatasaray che ha tesserato parecchi nuovi giocatori. Analogamente i giallorossi hanno venduto all’Ankaragücü anche il trequartista romeno Olimpiu Morutan (che forse ricordate per la parentesi italiana al Pisa), ottenendo in cambio altri 3 milioni. Di fronte a queste cifre, così come successo con la Serie A, le tifoserie concorrenti si sono fatte sentire sui social media.

Al di là di queste polemiche, comunque, è vero comunque che il campionato turco, al netto di una situazione economica ancora difficile per il Paese, sta riuscendo finalmente ad attrarre nuovi capitali. È il caso ad esempio della SOCAR (l'azienda petrolifera statale azera), che ha finanziato pesantemente il Galatasaray diventando main sponsor dei turchi in Champions League, o quello del Trabzonspor, che ha stretto un accordo quinquennale record per i naming rights del nuovo stadio con Papara, una banca turca online. Da questo contratto il club del Mar Nero otterrà 1 miliardo e 400mila lire turche, cioè oltre 48 milioni di euro.

Insomma, il calcio turco è in una fase di forte trasformazione, ma prima che arrivi dove dice sia Mario Balotelli, l’impressione è che di strada ce ne sia da fare ancora parecchia. Molto passa proprio da questa stagione, l’ultima prima della “nuova Champions” che partirà l’anno prossimo.

La riforma infatti potrebbe ulteriormente scavare un solco tra i club e i campionati più potenti d’Europa rispetto agli altri, visti i posti ulteriori riservati al cerchio ristretto dei cinque principali campionati europei, e che almeno all’inizio con ogni probabilità andranno soprattutto alla Premier League inglese e alla Ligue 1 francese. La nuova riforma, però, prevede anche uno, se non due nuovi slot (a seconda dalle eventuali qualificazioni direttamente tramite le coppe in altri campionati), per squadre che si qualificano direttamente ai gironi vincendo il proprio campionato. E questo alla Turchia non può non interessare, data la sua assenza nella top ten del coefficiente UEFA per campionati negli ultimi anni che ha costretto per esempio il Galatasaray campione in patria a fare i playoff per arrivare ai gironi di Champions.

Raccogliere punti per il ranking UEFA quest’anno, in cui le squadre turche sembrano finalmente messe bene, diventa quindi cruciale per il futuro dell’intero movimento di un Paese di 80 milioni di persone, dalla cultura e passione sportiva evidente, ma ancora lontano da grandi risultati. Come raccontano basket e pallavolo, forse, ormai è questione di tempo.

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