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Il calciatore di novembre 2019: Luis Alberto
05 dic 2019
05 dic 2019
Il trequartista della Lazio è il vincitore del premio “Calciatore del mese AIC”.
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Lazio, Inter, Cagliari e Juventus sono le squadre che hanno raccolto più punti nelle quattro giornate che si sono giocate a novembre (compresa l'ultima, che per la verità è iniziata a novembre e finita a dicembre), e quindi era naturale che i quattro candidati al premio di giocatore del mese fossero giocatori di queste squadre. Per una bella coincidenza, tutte e quattro sono piccole storie di rinascita, e di rinnovata centralità.

Lukaku con i suoi tre gol in campionato, che lo hanno portato a rivaleggiare con Immobile per il titolo di capocannoniere, ha definitivamente legittimato la sua importanza all'interno dell'Inter, ed è tornato sul palco delle migliori prime punte al mondo dopo essere stato scartato dal Manchester United. Nainggolan ha definito il suo ruolo di demiurgo del nuovo Cagliari di Maran, e adesso è di nuovo uno dei migliori centrocampisti del campionato, per come riesce a combinare intensità e qualità creative e realizzative. Novembre è stato anche il mese in cui abbiamo riscoperto l'incredibile talento di Dybala, tornato a splendere nel contesto associativo disegnato da Sarri. Alla fine, però, l'ha spuntata Luis Alberto, che a novembre, con tre assist e un gol, ci ha ricordato cosa lo aveva reso speciale due anni fa, quando l'avevamo scoperto per la prima volta. Quella del trequartista spagnolo è forse la più catartica di queste storie di nascita, in primo luogo perché è la seconda da quando è in Italia.

La carriera di Luis Alberto, infatti, sembra andare avanti come un’onda sinusoidale e ogni stagione negativa sembra prepararne una positiva, e viceversa. La Lazio lo aveva acquistato a un anno dalla scadenza del contratto dopo un’ottima stagione al Deportivo la Coruña, per poi vederlo sparire quasi del tutto dal campo al primo anno con Inzaghi in panchina. Una stagione da appena quattro partite da titolare che però era stata propedeutica all’incredibile annata 2017/18, in cui Luis Alberto aveva messo a segno 12 gol e 18 assist stagionali ed era stato scelto come “giocatore più migliorato”. A questo punto penso che avrete capito come funziona con lui e quindi vi sarete spiegati l’opaca scorsa stagione (“solo” 5 gol e 6 assist tra campionato ed Europa League) e questi primi mesi di fuoco.

Il rendimento di Luis Alberto sembra espandersi e contrarsi in maniera molto regolare mentre attraversa la storia della Serie A, come il nuoto di una medusa nel mare. E proprio come se fosse una vera medusa, possiamo misurare queste variazioni nel suo stato di forma utilizzando un parametro molto preciso, e cioè il numero degli assist. Luis Alberto è, insieme forse a Lorenzo Pellegrini, il trequartista più creativo della Serie A, e probabilmente l’unico a preferire l’assist al gol, come ha detto lui stesso.

In queste prime 14 partite di campionato ha messo insieme 44 passaggi chiave e 5 Expected Assist, da cui ha ricavato un totale di 9 assist. Una cifra assurda che non può vantare nessuno nei cinque campionati europei a parte Kevin De Bruyne. Di questi 9 ne ho quindi scelti 5 per capire cosa rende speciale Luis Alberto - un uomo potrebbe creare occasioni da gol anche con dei pesi alle caviglie o vestito con l’abito da cerimonia che per qualche ragione i calciatori utilizzano per arrivare allo stadio.

5. La palla avvelenata che ha provocato l’autogol di Belotti

Capisco che è un po’ brutale considerare come assist un calcio d’angolo deviato in rete da un avversario - mi sale il senso di colpa ogni volta che rivedo il disappunto sulla faccia da neonato di Belotti dopo che ha messo la palla in rete, alle spalle di Sirigu. In realtà non è nemmeno esatto, perché per la verità l’assist di Luis Alberto in questa partita è un altro – questo, ovviamente per Immobile. Del legame speciale che lega questi due giocatori, però, parleremo dopo.

Quello che mi interessa dire adesso con questo “assist” è qualcosa di banale ma necessario per sviluppare un discorso su qualcuno che nella vita si è posto come obiettivo quello di far segnare i compagni, e cioè che Luis Alberto calcia davvero bene il pallone. Anzi, lo calcia talmente bene che a volte il fatto che sulla traiettoria ci sia un compagno o un avversario è quasi irrilevante.

Non voglio sottovalutare l’errore di valutazione di Belotti, ma mi sembra comunque rilevante il fatto che l’attaccante del Torino non tenti un intervento disperato ma che semplicemente venga ingannato da una traiettoria su quel primo palo che teoricamente era preposto a difendere. Insomma: era stato messo lì dove di solito vengono messe le prime punte grosse e forti di testa proprio per evitare che accadesse quello che poi è accaduto. E quindi forse non è così assurdo considerarlo anche un assist di Luis Alberto, che riesce a far cadere la palla esattamente alle sue spalle e in maniera sufficientemente forte e tesa da impedire a Sirigu di intervenire in presa alta.

Se avete visto qualche partita della Lazio saprete che Luis Alberto tenta questa traiettoria almeno una volta a partita. Una scommessa che ti può costare qualche improperio mentale da parte dei compagni che aspettano la palla in area, ma che può pagare dividendi molto alti. Ma solo se sai calciare il pallone con la sensibilità e la malizia di Luis Alberto, ovviamente.


4. Lo scavino inatteso per la corsa di Immobile

Luis Alberto, insomma, è anche uno che gioca d’astuzia – un calcolatore. D’altra parte, il trequartista spagnolo ha un fisico normale, e non può quindi allargare e restringere il campo a piacimento, o mettersi gli avversari in tasca come Milinkovic-Savic, e non è nemmeno inserito in un contesto che gli permetta di dominare gli avversari costantemente con il pallone. E quindi per forza di cose deve ritagliarsi il tempo e lo spazio per le sue giocate con altri mezzi, ricavandolo con la pura tecnica anche da situazioni grigie, smangiucchiate, come questa punizione a sorpresa sulla trequarti per il gol di Immobile contro la Sampdoria – il primo della stagione 2019/20 della Lazio.

Una punizione guadagnata da Milinkovic-Savic dopo una goffa spinta di Murillo (a proposito di mettersi avversari in tasca), e battuta talmente a sorpresa che non esistono replay ufficiali della battuta di Luis Alberto. Dal primo piano che la regia aveva dedicato al difensore colombiano dopo il fallo vediamo sullo sfondo Immobile fuggire in profondità, che è il riflesso pavloviano che ha imparato a sviluppare ogni volta che il trequartista spagnolo alza la testa per cercare una linea di passaggio.

Possiamo solo immaginare che Luis Alberto abbia messo giù il pallone con la mano per battere la punizione e poi l’abbia scavato dal basso dolcemente per superare la difesa della Sampdoria, come si fa a golf per mettere la pallina nel green, che in questo caso è quella zona dentro l’area di rigore in cui Immobile riuscirebbe a segnare anche se in porta ci fossero due portieri. E se possiamo immaginarlo è proprio perché l’attaccante napoletano, dopo aver superato Audero con un facile pallonetto, torna sui suoi passi per abbracciare Luis Alberto. I due, come detto, hanno un rapporto speciale.


3. Un altro assist per Immobile

Luis Alberto e Immobile, quindi. I due in campo sembrano avere lo stesso rapporto che nel football americano c’è tra il quarterback e il ricevitore subito dopo che il primo ha ricevuto il pallone dal centro e la linea offensiva è intenta a bloccare la pressione della difesa avversaria.

Prendete questo gol contro il Parma, che sembra davvero un’azione d’allenamento di football americano. Luis Alberto riceve un bel lancio di Strakosha, che dalla propria area piccola riesce a raggiungerlo direttamente a centrocampo, e lo mette giù facilmente con il petto. A quel punto può alzare la testa senza alcuna pressione e, nonostante nell’inquadratura Immobile non ci sia più, sappiamo benissimo che sta già correndo come un pazzo alle spalle della linea difensiva di D’Aversa. La cosa tecnicamente più sorprendente di questo assist è che non stiamo parlando davvero di un lancio, cosa che lo allontana dalla metafora del quarterback, ma di un filtrante preciso e lunghissimo, che scorre sul pelo dell’erba con un leggero effetto ad uscire, come una palla da bowling sul parquet. Un passaggio talmente ben calibrato che a Immobile basta controllarlo solo un altro paio di volte per arrivare ai limiti dell’area piccola, senza davvero aver bisogno di modificare la traiettoria.


2. L’esterno archetipico per Correa

Se il mondo fosse un posto giusto, e il calcio uno sport che premia solo la bellezza (e io una persona che si fa meno remore a mettere un altro assist che non è un assist) adesso non staremmo parlando di questo facile esterno per Correa, lasciato inspiegabilmente libero dentro l’area dalla non irreprensibile difesa del Lecce, ma di questa splendida imbucata per Immobile contro il Milan, sempre d’esterno.

Ma come sappiamo abbiamo scambiato la fine del mondo per le macchine a diesel, e mentre il tiro di Immobile è sbattuto sulla traversa rimbalzando fuori, il diagonale di Correa è andato ad imbucarsi facilmente nell’angolo in basso alla destra di Gabriel. La costante tra le due azioni, comunque, è la capacità di Luis Alberto di manipolare la capacità d’intervento dei difensori avversari e di darsi quindi il tempo della giocata dissimulando perfettamente le sue intenzioni con la coordinazione del corpo.

Quando è al limite dell’area del Milan e sta conducendo il pallone con quel ritmo sincopato da jogging che non abbandona mai, ad esempio, Luis Alberto sembra voler quasi andare verso la linea del fallo laterale – e quando accenna la coordinazione per servire il pallone a Immobile tutti si aspettano un facile esterno sui piedi dell’attaccante napoletano, compreso Calabria che scatta immediatamente per coprire quel passaggio. Ma quel passaggio, semplicemente, non esiste: all’ultimo istante disponibile, Luis Alberto colpisce il pallone con l’esterno per andare in verticale con uno schiaffo simile ad un rovescio tennistico che mette di fronte alla porta Immobile, che ovviamente si era mosso in profondità al momento giusto.

Adesso forse guarderete con altri occhi l’assist contro il Lecce, e proverete un po’ più di pietà per il povero Rossettini, che si era staccato dalla linea difensiva perfettamente convinto che Luis Alberto sarebbe andato dritto per dritto per tirare direttamente in porta. E proprio nel momento in cui aveva preso questa infausta decisione, il trequartista spagnolo lo ha infilzato con lo stesso esterno.


1. Il tocco delicatissimo per Caicedo

Insomma, a Luis Alberto basta pochissimo per mettere un compagno nelle condizioni di poter segnare, e a volte i suoi tocchi sono talmente leggeri da assottigliare fino all’inverosimile il confine tra ciò che è un assist e ciò che non lo è.

Nella quinta delle ultime sei vittorie consecutive della Lazio in campionato, ad esempio, Luis Alberto sta conducendo palla nella trequarti avversaria con la solita frequenza di corsa che sembra non dover portare a niente, tanto più che è praticamente l’ultima azione della partita e l’incontro sta per spegnersi sull’1-1. Il trequartista spagnolo si sta addentrando nella zona di maggiore densità di avversari e Locatelli lo sta letteralmente aspettando al varco. Proprio nel momento in cui la sua corsa sembra essersi infilata in un vicolo cieco, però, Luis Alberto sfiora la palla d’esterno per servire Caicedo e lascia Locatelli pietrificato alle sue spalle.

Il numero 20 di Inzaghi gli restituisce palla con un po’ di fatica, interrompendo l’incredibile fluidità che sembra caratterizzare ogni azione di Luis Alberto, e il possesso sembra destinato a infrangersi sulla linea difensiva del Sassuolo, che ha portato quattro giocatori in zona palla. Eppure, nonostante il tempo per poter servire un compagno sia ridotto ai minimi termini, il trequartista spagnolo riesce comunque a ricavarsi un tocco in più per controllare il pallone. È una trappola per convincere Marlon a uscire su di lui e liberare quindi Caicedo, che serve nell’esatto momento in cui il difensore brasiliano ci casca, con un tocco talmente leggero con l’esterno da sembrare quasi impalpabile. La palla cammina lentamente ai limiti dell’area del Sassuolo e l’attaccante ecuadoriano non deve nemmeno controllarla: gli basta farla scorrere, proteggerla con il corpo e calciarla in maniera nemmeno troppo potente o precisa per metterla in porta.

Senza quasi nessun mezzo atletico, senza nemmeno aver bisogno di accelerare mai il passo, Luis Alberto è incredibilmente riuscito a costruirsi una propria comfort zone in un calcio che cerca sempre di più di restringere lo spazio, e quindi il tempo, per eseguire le giocate. Anzi, con la tecnica e il gusto di manipolare gli interventi dei difensori, ha usato quelle armi contro i suoi stessi avversari, facendo sembrare giocatori più esplosivi e più fisici di lui incredibilmente macchinosi e ingenui. Fa quasi tenerezza vederli impietriti di fronte a questo trequartista così trasandato, quasi trascurato, che sembra passeggiare per il campo più che correre, e che nelle sue stagioni migliori rappresenta un modello per tutti quei giocatori che hanno l’ambizione di sopravvivere all’intensità con la tecnica e l’intelligenza.




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