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Foto di Marco Rosi / Getty Images
Calcio Daniele V. Morrone 4 giugno 2018 4'

Il giocatore più migliorato: Luis Alberto

Il premio a chi ha fatto il salto di qualità più grande va al fantasista della Lazio.

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Ognuno ha in mente la propria idea di miglioramento: è più da premiare il passaggio da giovane speranza a stella o quello da giocatore marginale a protagonista? Oppure va premiato il giocatore che riesce a rinascere dopo una fase di apparente calo? In questo senso si capiscono le candidature tanto differenti tra loro: ognuno dei giocatori rispecchiava un differente modo di incarnare il miglioramento.

 

Il miglioramento di Ilicic, ad esempio, è stato evidente anche a livello numerico. Lo sloveno quest’anno ha messo a referto 11 gol e 8 assist, contro i 5 e 4 di quella passata. Un miglioramento imprevedibile a 30 anni, dove è riuscito a dare una base solida alle grandi giocate che prima si vedevano a luce alternata. I picchi di Ilicic sono stati più alti e i bassi meno frequenti. La migliore stagione della carriera è arrivata nel momento in cui sembrava semplicemente assurda la sua presenza in una squadra dinamica e solida come l’Atalanta di Gasperini.

 

Tra i candidati c’era anche Skriniar, che alla necessità di alzare il livello e la continuità richieste delle sue prestazione passando dalla Samp all’Inter, ha risposto mostrandosi come un candidato al ruolo di miglior centrale del campionato. C’era poi Alisson su cui c’è poco da dire, visto che è stato eletto MVP della stagione dopo che in quella passata era il secondo portiere della squadra.

 

A vincere il premio però è stato Luis Alberto, che ha chiuso l’anno con 11 gol e 14 assist (più di tutti in Serie A). A 25 anni, con una carriera che faticava a decollare, dopo una stagione in cui aveva giocato solo 9 partite (di cui 4 da titolare), improvvisamente Luis Alberto è diventato un titolare inamovibile della Lazio e il miglior rifinitore della Serie A, di certo non solo dal punto di vista statistico.

 

14 – Luis Alberto ha fornito 14 assist in questo campionato, l’ultimo giocatore a servire cosi tanti passaggi vincenti in una singola stagione di A è stato Hamsik nel 2012/13. Altruismo. #LazioAtalanta pic.twitter.com/jfbWmdDv9k

— OptaPaolo (@OptaPaolo) 6 maggio 2018

 

Luis Alberto un anno fa era un giocatore più che marginale nel contesto della Lazio, figuriamoci rispetto alla Serie A intera. Solo chi ha seguito il precampionato della Lazio si è accorto di come il suo status all’interno del progetto di Inzaghi era cambiato: ha iniziato il ritiro giocando come regista per sostituire Biglia, per poi passare sulla trequarti all’arrivo di Lucas Leiva. Il grande pubblico ha cominciato a conoscerlo nella Supercoppa contro la Juventus, dove è andata in scena la nuova versione di Luis Alberto. In quella partita è emersa subito la differenza di approccio: «Ora rischio di più, provo cose che prima non avevo il coraggio di poter fare», una frase simbolo, a cui va legata questa di settembre in cui lui stesso si incolpa del primo anno passato a vuoto: «Era colpa mia, non capivo il calcio italiano, ora mi sento un altro».

 

In mezzo c’è stato il periodo della depressione, dell’incapacità di uscire da una spirale che lo aveva quasi portato al ritiro anticipato. Vederlo giocare questa stagione, così sicuro si sé e così influente nella squadra, restituisce l’idea di quanto davvero si possa migliorare in breve tempo.

 

Luis Alberto adesso è perfettamente cosciente del propiro talento e in campo tenta cose che un calciatore medio non rischierebbe, come provare a segnare da calcio d’angolo quasi in ogni partita. È riuscito, per la prima volta in carriera e in modo totalmente inaspettato, a far emergere la sua tecnica incurante del contesto.
Luis Alberto è un giocatore verticale e si è esaltato in una squadra come la Lazio che sapeva sfruttarne l’attitudine sia quando si trattava di passare la palla che quando bisognava portarla. Il suo filtrante taglia-linee rasoterra in verticale è diventato un’opzione che la Lazio ha riscoperto dopo aver pensato di averla persa con la partenza di Biglia. Tra la precisione nell’ultimo passaggio e quella nei calci piazzati Luis Alberto ha dotato la squadra di una produzione continua di rifinitura. Lo spagnolo ha portato in dote 3 passaggi chiave per 90’.

 

La società che si è creata in maniera naturale con Milinkovic-Savic e Immobile è stata la più bella da vedere della Serie A: due giocatori tecnicamente sublimi che grazie a movimenti coordinati manipolano le difese avversarie e permettono alla Lazio di assestarsi in attacco posizionale e da lì trovare un attaccante dinamico come Immobile. Luis Alberto con le sue pause e la sua precisione tecnica è stato l’ingrediente fondamentale per rendere l’attacco della Lazio davvero imprevedibile. L’assist per Lucas Leiva contro il Bologna ne è l’esempio perfetto, un giocatore che permette alla Lazio di muovere i propri pezzi senza perdere il controllo della situazione e trasforma un attacco a difesa schierata con la palla a più di 30 metri dalla porta, in un tiro dai pressi dell’area piccola.

 

 

Luis Alberto porta il pallone a un ritmo sincopato e la capacità di giocare il pallone con qualsiasi parte del piede lo rende imprevedibile.Un avversario non può mai sapere cosa farà dopo, se arriverà un filtrante o un cross o un tiro. Luis Alberto è un giocatore appagante da vedere e tremendamente efficace in quello che fa.

 

Volendo prendere due istantanee dal suo repertorio di questa stagione per unire la bellezza del gesto all’efficacia dello stesso ci sono: il gol alla SPAL, in cui pettina il pallone con la suola e con l’interno, trattandola come un vaso prezioso prima di piazzarla accanto al portiere e l’assist contro il Benevento in cui accarezza il pallone prima di alzarlo d’esterno per mandare in porta Caicedo. Luis Alberto ha mostrato un calcio differente rispetto a tutti i giocatori del campionato, fatto di padronanza tecnica totale e ambizione. Un mix che accontenta sia gli esteti che i pragmatici, e quindi la maggioranza dei tifosi della Serie A.

 

 

Tags : lazio luis albertoultimo uomo awards

Daniele V. Morrone, nato a Roma nel 1987. Laureando in economia, amante del "calcio di posizione" di Cruijff e Guardiola, segue con attenzione l'evoluzione del calcio asiatico.

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