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Federico de Feo
Breve storia dell'half time show
09 feb 2024
09 feb 2024
Oggi è uno degli spettacoli più importanti al mondo ma non è sempre stato così.
(di)
Federico de Feo
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IMAGO / USA TODAY Network
(foto) IMAGO / USA TODAY Network
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Si può comprendere l’evoluzione culturale di uno sport attraverso lo stato dell’entertainment? Come sia diventato sempre più un’unica e rivoluzionaria forma di storytelling? Oggi la funzione narrativa e commerciale della musica è sempre più importante per tutti gli sport americani. Gli effetti sonori in game sono diventati un fattore nel rafforzamento del brand di una determinata franchigia, forse perché hanno una capacità di rimanerci addosso che nemmeno le parole o addirittura le immagini hanno. È un altro riflesso della cultura dello spettacolo che negli Stati Uniti la fa da padrona praticamente da sempre, figuriamoci nell'evento sportivo principe dello sport americano. Mai come quest’anno, tra la relazione tra Swift e Kelce, e le teorie del complotto che vedrebbero la stessa Taylor Swift artefice di una finta relazione per diventare il volto della propaganda democratica, il centro della scena (letteralmente) se lo prenderà ancora una volta il Super Bowl, allo stesso tempo finale narrativo e colonna sonora della NFL.

Ma come nasce l’halftime show? Come è arrivato a rappresentare l'incontro più significativo tra sport e cultura pop? Come racconta il giornalista Bryan Meler una delle prime forme di intrattenimento sportivo, che sarebbe diventata in parte la struttura di ciò a cui oggi assistiamo durante l’intervallo, venne ideata nel 1922 dal proprietario dei “leggendari” Oorang Indians, Walter Lingo, per promuovere i suoi allevamenti di cani di razza Oorang. L’imprenditore, originario di La Rue, Ohio, alla continua ricerca di nuovi sponsor, decise di acquisire la franchigia per creare una squadra di soli atleti nativi americani capitanati e allenati da uno dei più grandi atleti americani del 900, Jim Thorpe.

Non avendo a disposizione un proprio stadio locale gli Indians, e la compagnia di artisti al suo seguito, iniziarono un tour che li avrebbe resi protagonisti dei primi halftime show della NFL in cui, inscenando i classici spettacoli del selvaggio west e applicando ad essi anche una campagna pubblicitaria apposita, mettevano in mostra le abilità di tutto l’arsenale canino di cui disponeva Lingo. Il tutto attraverso balli indigeni tradizionali e riproduzioni in parte fedeli della Prima Guerra Mondiale. Secondo le statistiche raccolte da Chris Willis, capo ricercatore della NFL Films e autore di un libro sugli Indians (Walter Lingo, Jim Thorpe, and the Oorang Indians) la NFL aveva una media di 2.537 tifosi a partita nel 1922 e 2.870 tifosi nella stagione successiva. In questo contesto, le esibizioni degli indiani Oorang hanno registrato una media di 3.188 spettatori e hanno attirato una folla di oltre 4.000 persone in 11 diverse occasioni.

Se nel tempo è vero che questa manifestazione è stata sostituita a partire dal 1965 al Los Angeles Memorial Coliseum dall’esibizione delle bande universitarie locali, prediligendo una visione più conforme a quelli che avrebbero dovuto essere gli ideali sportivi di inclusione e rispetto, la struttura narrativa dello show a cui oggi assistiamo risente molto di ciò che Lingo aveva studiato.

Ogni halftime show che si rispetti ha avuto nel tempo un grande performer che rispecchiasse la cosiddetta "anima del Paese" in quel determinato momento storico, adattandosi a ciò che doveva essere pubblicizzato ma diventando allo stesso tempo veicolo di un messaggio sociale e politico. Come analizza la docente di Marketing e Comunicazione dell’EU Business School, Elisa Paz, Il Super Bowl viene trasmesso in tutto il mondo, ma il numero di persone che guardano effettivamente la partita all'estero non è paragonabile al numero di persone che assistono all'halftime show (lo show di Rihanna nel 2023 è stato visto da 121 milioni di spettatori rispetto alla partita che ne ha avuti in media 113 milioni diventando il secondo evento televisivo con più spettatori nella storia degli Stati Uniti). Il football americano è giocato e fruito principalmente negli Stati Uniti, mentre l'halftime show di solito presenta star globali che hanno un fascino mondiale, il che contribuisce alla popolarità internazionale dello spettacolo. L'halftime show ha importanti implicazioni culturali, poiché è una vetrina della cultura popolare americana e una rappresentazione emblematica dell’identità nazionale.

Se fino al 1992 gli show cercavano di raffigurare anche gli aspetti folkloristici dello stato in cui il Super Bowl veniva organizzato, con l'aiuto anche di grandi media come Disney (e i suoi rispettivi personaggi), è con il coinvolgimento di Michael Jackson nel 1993 che cambia il modo di produrre l’evento dell’anno. “La NFL preventivò un budget di $2,2 milioni per lo spettacolo – circa il doppio previsto alla fine degli anni ’80. In una nebbia fitta, Jackson apparve vestito con una giacca militare nera griffata d'oro, suonando tutte le sue canzoni di maggior successo. Gli ascolti televisivi erano più alti per la performance di Jackson che per il gioco vero e proprio, che attirò un numero record di spettatori. I Paesi in cui non si sarebbe mai esibito lo guardavano suonare in un concerto forse per la prima ed ultima volta”.

Lo spettacolo dell'intervallo di Jackson, combinato con le apparizioni ai Grammy e agli American Music Awards, contribuì a spingere Dangerous, un album che aveva pubblicato due anni prima, dalla top 100 di Billboard alla top 10. Fu l'inizio di una tendenza: gli U2 videro le vendite di tre album più che raddoppiare dopo una performance fatta all'intervallo del Super Bowl XXXVI, così come gli album di Dr. Dre ed Eminem entrarono nella top 10, per la prima volta in più di un decennio, quando si esibirono nel 2022. Ed è stato un fattore crescente per tutti gli artisti che si sono esibiti negli ultimi 31 anni sfruttando l'importanza della propria produzione discografica, come nei casi di Prince, Paul McCartney, Rolling Stone e Bruce Sprigsteen, o del loro potere contingente, come Beyoncé, Lady Gaga, Coldplay, Rihanna o Katy Perry.

Forse l'informazione più interessante che non tutti conoscono riguardo al Super Bowl è che gli artisti coinvolti non vengono pagati per esibirsi. Certo, questo si può spiegare con la promozione degli album e l'incremento degli streaming, ma sarebbe una motivazione limitante. In un video realizzato da Hustle viene spiegato come oggi il motivo per cui molto artisti partecipano all’halftime show è quello di rafforzare il rapporto con i propri fan, che ormai è legata anche e soprattutto ai propri sponsor. Rihanna, ad esempio, durante una pausa dal suo show ha utilizzato in diretta la cipria della sua linea di cosmetici Fenty Beauty trasformando lo spazio dell’halftime show in uno spot pubblicitario itinerante. Ci sono artisti che si considerano imprenditori del proprio marchio e, partecipando a un evento di portata mondiale dove i brand svolgono un ruolo strategico, fanno sì che loro stessi diventino il veicolo della pubblicità. Calcolando che la maggior parte dei marchi paga in media 7 milioni per comprare uno spazio televisivo durante la serata non stupisce che siano gli stessi artisti a investire nella produzione del loro show (si pensi ai casi di The Weeknd e Dr. Dre).

Secondo Ricky Kirshner, executive producer dell’halftime show del Super Bowl dal 2007 al 2020, intervistato da Hustle, è offensivo affermare che la conformazione dello spettacolo sia unicamente legato al suo intento promozionale. «È la pietra miliare della propria carriera, non ci arrivi se non te lo sei meritato. Sono orgoglioso nel dire che sia diventato un evento a cui tutti aspirano a partecipare almeno una volta nella loro vita». Forse tale effetto si denoterà ancor di più da quando Apple, a discapito di Pepsi, ha ottenuto la direzione artistica dell’evento mettendo ancora di più in risalto l’aspetto musicale in concomitanza con l’aspetto mediatico e pubblicitario.

Ma cosa succederà quest’anno? Ufficialmente nell’halftime show del 56° Super Bowl di Las Vegas, si esibirà Usher, che ha dichiarato che per realizzare ciò che metterà in mostra domenica notte ci sono voluti ben tre anni di lavorazione, in turbinio musicale che vedrà farla da padrone sia al gospel che all’r&b. È probabile, però, che il suo spettacolo verrà in qualche modo oscurato da Taylor Swift. La cantante di Nashville, in tour in Giappone, cercherà di arrivare giusto in tempo da Tokyo per assistere al match del suo compagno Travis Kelce, tight end dei Kansas City Chief, e questo inevitabilmente creerà uno spettacolo nello spettacolo.

L'influenza culturale di Taylor Swift farà sì che il Super Bowl di domenica sera sarà diverso dai precedenti. Parte della stagione della NFL è stata raccontata attraverso la liaison tra Taylor Swift e Travis Kelce tanto da attirare una nuova tipologia di pubblico che mai si era interessata al football americano. Le tappe della loro relazione sono state raccontate attraverso le vittorie dei Kansas City Chief, tanto che lo stesso team ha utilizzato delle canzoni di Swift per esaltarne le gesta. Le stesse dichiarazioni di Kelce durante il media day di lunedì sembrano parlare di come il regno delle swifties - come vengono chiamate le fan di Taylor Swift - e dei Chiefs abbiano perfettamente saldato i due lati dell'intrattenimento generato del Super Bowl: quello musicale e quello sportivo. “La combinazione di Taylor Swift e Travis Kelce, della musica pop femminile e delle gare atletiche maschili, crea un vortice di contenuti divorante, una supernova di fama a quattro quadranti”.

Vedremo come tutto questo influenzerà l'half time show, che in questa edizione si preannuncia come un'esaltazione della sua essenza, tra sport, soldi e spettacolo, come vuole ogni grande storia americana.

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