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Richarlison ha stupito il mondo
25 nov 2022
Nessuno si aspettava da lui un gol così.
(articolo)
8 min
(copertina)
Alex Livesey - Danehouse/Getty Images
(copertina) Alex Livesey - Danehouse/Getty Images
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Qatar 2022 si porta dietro questioni problematiche, in questo articolo abbiamo raccolto inchieste e report che riguardano le morti e le sofferenze ad esso connesse.

Cercando informazioni su Richarlison si scopre una persona istrionica. Ci sono foto di lui vestito alla araba con un falchetto accanto, video mentre canta canzoni brasiliane a petto nudo nella sua stanza di hotel, momenti buffi in conferenza stampa, scherzi e lazzi con i compagni di squadra. Ma il brasiliano è anche ambasciatore di un programma che in Brasile promuove la vaccinazione e altri progetti per combattere la pandemia (in un Paese in cui il presidente in carica fino a poche settimane fa agiva all’esatto opposto). Tra i calciatori della Seleçao che si sono esposti, è l’unico convintamente contro Bolsonaro. Un paio di mesi fa, mentre giocava un amichevole con il Brasile al Parco dei Principi, qualcuno gli ha lanciato una banana ma lui non se n’è accorto, «grazie a Dio, altrimenti non so come avrei reagito». Del razzismo e dell'estrema povertà in Brasile ha parlato sempre in maniera molto equilibrata e convinta, una realtà molto diversa da quell’apparenza da bulletto menefreghista che si porta dietro.

Se in Inghilterra il giudizio su di lui è un po’ ambiguo - Everton e Tottenham hanno speso oltre 50 milioni per averlo, ma oggi a Londra non è amatissimo - in patria è considerato come uno dei giocatori più carismatici della Nazionale. I compagni lo trovano divertente, tutti ne parlano bene come calciatore e con affetto come persona. Tite ne ha fatto un suo uomo, dandogli fiducia anche ieri, in un esordio mondiale che non era banale, contro una Serbia mai così centrata come nell’ultimo anno. Lui lo ha ripagato con due gol che sanno di predestinazione.

Richarlison è entrato nel giro del Brasile in un momento di difficoltà sul ricambio generazionale, subito dopo il Mondiale in Russia. Era saldamente il Brasile di Neymar ma i calciatori intorno a lui non ne avvicinavano il livello. Il centravanti era Firmino, ma non stava funzionando, Gabriel Jesus era ancora immaturo e allora Tite aveva provato a mettere Richarlison lì, per quanto strano potesse sembrare, visto che nominalmente non è neanche un centravanti. Un’idea che ha pagato: nella Copa America vinta nel 2019, con Neymar assente, è stato lui a calciare il rigore all’ultimo minuto della finale col Perù per chiudere la sfida. Era il suo primo gol nella competizione, ma Richarlison era sembrato il numero nove carismatico del Brasile da sempre. Due estati dopo è andato a Tokyo e ha vinto l’oro olimpico da capocannoniere e fuori quota, non era scontata questa sua dedizione alla causa verdeoro.

Anche ieri Tite lo ha preferito a Gabriel Jesus, che per anni è stato la grande speranza del Brasile. Gabriel Jesus, numero nove del City di Guardiola e della Nazionale più forte del mondo: nelle giornate buone della sua carriera sembrava un destino già scritto, ma non è andata così. Eppure a vedere le prestazioni dei due in Premier in questa stagione - uno gioca nell’Arsenal, l’altro nel Tottenham - Gabriel Jesus sembra un calciatore migliore, sicuramente più completo, più adatto a un Brasile che è arrivato in Qatar con l’idea di vincere nascondendo il pallone agli avversari. E il primo tempo contro la Serbia era sembrata confermare questa idea. Perché Richarlison stava giocando?

Il primo pallone lo ha toccato ricevendo una rimessa laterale, il secondo per sporcare in spaccata su una spazzata di Veljkovic, il primo vero passaggio lo ha fatto che erano passati quasi 9 minuti. Dopo è arrivata una palla persa e un passaggio affrettato al compagno più vicino. Intanto era passato abbondantemente il ventesimo e i suoi compagni stavano provando a venire a capo di un enigma più intricato di quello che si poteva pensare. La Serbia è partita giocando bene, coraggiosa nel pressing, difensivamente molto solida. In mezzo a una difesa fatta da giganti, Richarlison era sembrato sparire, come una moneta in una tasca. Anche le occasioni che il Brasile ha avuto, non lo hanno mai riguardato da vicino. Tolto il calcio d’inizio, nel primo tempo ho contato 5 passaggi.

Messa così, vederlo come terminale di una squadra che alle sue spalle può permettersi Neymar, Vinicius Jr, Paquetá e Raphinha è quasi offensivo. Che ci fa lì un giocatore che ama così poco il pallone, in una squadra che fa della tecnica individuale una questione di sangue? Quello che non si è visto del suo primo tempo, però, è stato il lavoro quando gli altri hanno il pallone. Richarlison è un calciatore dai grandi mezzi atletici, e che fa lavorare questi mezzi nella partita. Ieri ha pressato tutti, da Vanja Milinkovic-Savic ai tre difensori centrali, ha provato a fare a spallate con difensori grandi il doppio. Il pressing che fanno lui, Vinicius Jr e Raphinha è quello che Tite vuole da loro, anche se poi rischia di rendergli la vista opaca e le gambe stanche sotto porta.

Nel secondo tempo, comunque, le cose non sembravano poter migliorare per Richarlison quando il Brasile provava a servirlo. Col primo pallone toccato è partito in conduzione, ha ignorato Vinicus Jr libero alla sua sinistra ed è andato a sbattere, letteralmente, addosso a Milenkovic. I compagni, intanto, hanno iniziato ad avvolgere l’area della Serbia con la loro tela. Se il primo tempo era stato combattuto, dall’inizio del secondo gli attacchi del Brasile sono diventati più lucidi ed efficaci. Anche Richarlison ha iniziato a toccare più palloni, conseguenza del dominio territoriale acquisito. Ma erano giocate un po’ così: una sponda decente, una sbagliata, un filtrante sballato. Poi è arrivato il gol.

Merito suo? Assolutamente no. L’azione è stata innescata da una finta geniale di Neymar, l’unica grande giocata della sua partita, che ricevendo spalle alla porta in mezzo a una nuvola di maglie rosse ha illuso tutti che avrebbe controllato e invece si è lasciato sfilare il pallone accanto per scappare alla sua sinistra. Da lì è arrivato il tiro di Vinicius Jr, la respinta di Milinkovic-Savic e il tap-in vincente di Richarlison, fatto con lo stinco.

Ma i gol in un Mondiale non si giudicano, si pesano. Passati due terzi di partita, il Brasile aveva bisogno di segnare per non rischiare di rimanere impantanato in un esordio sterile contro un’avversaria difficile (dal 2010 contro le squadre europee al Mondiale sono arrivate 3 vittorie, 2 pareggi e 4 sconfitte). Un risultato diverso dalla vittoria avrebbe condizionato anche le prossime due partite. Richarlison ha segnato e la partita si è inclinata verso di loro in maniera non più controllabile per la Serbia.

Complice anche la voglia dei serbi di rientrare, e l’ingresso di un secondo centravanti per un centrocampista, il Brasile ha preso il largo. Nell’ultima mezz’ora è sembrato potessero segnare a ogni azione, gli scambi tra i giocatori si sono colorati di quella magia che può avere solo il Brasile quando gioca da Brasile in un campionato del mondo. Eppure, anche il 2-0, lo ha segnato Richarlison, il più scarso tra gli attaccanti in campo. Ed è stato un gol meraviglioso.

A partire dal cross improvviso di Vinicius Jr, come guidato da un senso d’urgenza, fatto d’esterno, in corsa, a mezza altezza. Un cross che Richarlison ha controllato con il piatto sinistro, perpendicolare alla porta, con il pallone che si è alzato sopra la sua testa. È stato un controllo sbagliato? È difficile definire quanto intervenga il caso in gol di questo genere e quanto anche il caso sia in realtà legato a una memoria motoria eccezionale che i calciatori nascondono da qualche parte. Richarlison aveva segnato con una mezza rovesciata anche qualche giorno fa, durante un allenamento del Brasile. «Proviamo le cose in allenamento e poi in partita» ha detto lui commentando il suo gol, che però in quel caso era arrivato al volo su un cross da destra.

L’eccezionalità di questa rete, invece, non sta solo nel gesto tecnico in sé, ma nell’attimo che l’ha preceduto, come quel silenzio assoluto prima che l’orchestra inizi a suonare. Il pallone gli è sceso dietro alla spalla, uscendo dal suo campo visivo, ma guardare non serve: il corpo di Richarlison conosce il suo destino, è nato per girarsi così e colpire in sforbiciata dando le spalle alla porta. È un gol che ha radici profonde, che mentalmente potremmo segnare tutti nei nostri sogni. Anche lo stadio ha capito, si è contratto mentre Richarlison disegnava il suo arco, ha aspettato a bocca aperta ed è stato ripagato. Sono questi i momenti che danno colore al Mondiale, lo fissano nelle vite dei tifosi, nei ricordi dei semplici appassionati.

Non è neanche detto che Richarlison continui a giocare sempre titolare Gabriel Jesus potrebbe avere il suo momento nelle prossime partite, oppure Tite potrebbe tornare all’idea di usare Neymar come falso nove (caviglia permettendo). Un Mondiale per i giocatori è più lungo di quanto si pensa. Toccare appena 25 palloni (e 16 passaggi), meno della metà dei tuoi compagni di reparto, potrebbe diventare un problema quando il gioco si farà duro, ma non ora. Richarlison e Tite ci hanno ricordato che, specialmente per una Nazionale, non è solo l’ammasso di talento a fare il risultato, ma piuttosto la ricerca di un piano. Paradossalmente si può dire che un giocatore debole coi piedi sia più adatto a giocare come ultimo riferimento di una squadra dove tutti gli altri potrebbero scambiare tra di loro anche dentro a un aeroporto affollato in un giorno d’agosto.

Per Tite è il primo difensore di una squadra che non concede nulla (appena 5 gol nelle 17 partite di qualificazione, anche ieri Alisson si è visto appena). Nelle ultime sette partite con il Brasile ha segnato nove gol. Forse non ne segnerà mai più di così belli, gol che fanno pensare al calcio come a una cena di gala, ma potrebbe segnarne altri sporchi come il primo, stincate decisive, tap-in fortunati. Essere decisivi in un Mondiale è anche stare dalla parte giusta della storia per puro caso.

In questa prima uscita, il Brasile è sembrato non essere solo "il Brasile di Neymar". Accanto al 10 c'è una squadra pronta, con individualità ma anche coesione di gruppo, tatticamente molto raffinata, forse anche troppo come viene accusata in patria, dove qualcuno vorrebbe una Nazionale più libera, più brasiliana. Una squadra in grado di battere nettamente la Serbia nonostante, appunto, Neymar abbia giocato una partita appena discreta (anche se è stato decisivo nel primo gol). In tutto questo Richarlison è stato allo stesso tempo il giocatore meno coinvolto e quello più decisivo. Che versione vedremo contro la Svizzera? E nelle partite successive? Rispondere ora è impossibile, ma Tite e il Brasile credono in lui.

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