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Il bello dell’Europa League 2019 vol. 8
22 feb 2019
22 feb 2019
Il meglio del ritorno dei sedicesimi di finale della nostra coppa preferita.
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https://twitter.com/EuropaLeague/status/1098921255519088641

 

Oggi alle 13:00 abbiamo assistito ai cervellotici sorteggi degli ottavi di Europa League, grazie alle possenti mani di Palop. Ecco le nostre impressioni sugli accoppiamenti, messe in una scala da 1 a 20.

 















Partita più equilibrata di quello che potrebbe sembrare. Il Red Bull Salisburgo sembra costruito solo per scivolosi turni di Europa League dove può giocare a mille all’ora, soprattutto in casa (ne sa qualcosa la Lazio). Il Salisburgo è il secondo miglior attacco dell’Europa League (22 gol), il Napoli ha sicuramente molto più talento ed equilibrio. La squadra di Ancelotti può passare il turno se arriverà mentalmente pronta ad affrontare 180’ di pura locura.

















Discorso simile al Napoli: l’Eintracht è il miglior attacco dell’Europa League e in casa sembra quasi ingiocabile, in uno stadio caldissimo (ancora una volta, ne sa qualcosa la Lazio). La sfida con lo Shakhtar ha però evidenziato come le cose dietro non vadano benissimo e l’Inter dovrà concretizzare le occasioni che avrà.

















La Dinamo Kiev è una squadra perfetta per l’Europa League: giovane e scapestrata, maglia molto fica. Il Chelsea tuttavia non può proprio buttare alle ortiche l’ultimo vero obiettivo stagionale e passerà 180 minuti con il pallone tra i piedi, fiducioso che l’attacco più talentuoso della competizione possa portare a casa la qualificazione.

















Croazia contro Portogallo, mare chiuso contro mare aperto, klapa contro fado, Josip Broz Tito contro António de Oliveira Salazar. Tutto questo perché non abbiamo molto da dire nel merito di un confronto tra due squadre non di primo piano, che ben rappresentano l’Europa League e tanto hanno da dare alla cultura di questa competizione. Speriamo in un ottavo aperto e divertente, ma non siamo sicuri possa davvero accadere.

















A Leverkusen il Krasnodar ha consumato forse l’upset più incredibile di questo turno d’Europa League. Più incredibile anche nella forma, visto che le due squadre sono arrivate quasi alla fine dei 180’ senza segnare gol, pur creando tantissime occasioni. Il Leverkusen aveva segnato 16 reti nella fase a gironi del torneo. Il Krasnodar quindi è forse la più grande sorpresa dell'Europa League, che tra l’altro contiene diversi caratteri perfetti per il torneo: una provenienza misteriosa e afferente a un generico est; un undici titolare composto al 100% da giocatori sconosciuti; un logo affascinante con diverse sfumature di kitsch.

 

Il Valencia invece è una delle candidate alla vittoria finale, di sicuro una delle squadre dall’identità più definita, in una competizione in cui la dimensione tattica è spesso considerata un lusso inefficace contro il puro caos. Il Valencia è una squadra ostica, fondamentalmente difensiva e fisica, che gioca con dei principi chiari ed efficaci, anche se nei momenti peggiori diventa scolastica e prevedibile. Contro il Krasnodar dovrà snaturarsi e giocare un calcio di dominio che avrebbe le qualità per fare ma non certo l’abitudine. Magari è una partita più aperta di quanto potremmo credere.

















La squadra che più volte ha vinto questo torneo contro la cenerentola degli ottavi. L’esito sembra scontato, ma mai dare per vinto lo Slavia Praga. La vittoria per 1-4 in casa del Genk ha rimesso la chiesa al centro del villaggio: ora tutti sappiamo che il capitano Skoda è fortissimo e che Ibrahim Traoré è nel picco della sua carriera. Il Siviglia, al contrario, nel ritorno contro la Lazio ha rischiato molto più di quanto non dica il punteggio, dimostrando di avere grandi limiti, e che un centrocampo Sarabia, Roque Mesa e Vazquez è favoloso, ma anche perforabile. Basterà? Probabilmente no.

















Nella sfida titanica tra i due colossi hipster della competizione, Betis e Rennes, i francesi ne sono usciti vittoriosi. Una vera battaglia a chi voleva perdere meno. Il Rennes non è una squadra dal pedigree hipster, ma quest’anno ha fatto il calciomercato all’American Apparel dei talenti perduti, formando una squadra che è un sapiente equilibrio fra giocatori finiti, giovani talentuosi e semplici utopie. Schiera contemporaneamente Hatem Ben Arfa, Clement Grenier, Ismaila Sarr, M'Baye Niang. Come potete immaginare non ha equilibrio difensivo, gioca in maniera sfrontata e può segnare e prendere gol in qualsiasi momento.

 

Data la velocità dei suoi giocatori, Sarr in particolare è davvero un treno in corsa, è temibile in transizione e l’Arsenal dovrebbe cacarsi sotto, visto che è una squadra particolarmente incline ai problemi difensivi e, più in generale, al suicidio. Alla fine il Rennes sembra però una squadra tenuta insieme con lo scotch, addirittura undicesima in Ligue 1: sarebbe assurdo eliminasse la squadra dello Zidane dell’Europa League, ovvero Unai Emery. In ogni caso è forse una delle sfide più divertenti da seguire agli ottavi, anche per la quantità di talento che vedremo in campo, con alcuni casi di giocatori che potrebbero davvero morire da un momento all’altro.















 

La sfida più enigmatica degli ottavi: da una parte la prima classificata del campionato russo, dall’altra la penultima in classifica del campionato spagnolo. Eppure il reale valore dello Zenit non è mai facile capirlo, contro il Fenerbahce è riuscita a spuntarla all’ultimo grazie a un gol di Azmoun e al tifo caldissimo dei suoi sostenitori, che sembrano davvero gli unici a credere a una vittoria dello Zenit.

 

https://twitter.com/SkySport/status/1098650599812411394

Come i tifosi dello Zenit hanno accompagnato i giocatori allo stadio per la partita con il Fenerbahce, in quel confine tra pazzia e stoicismo tipico dei russi.


 

Dall’altra parte il Villarreal, pur in crisi, è pieno di giocatori disegnati appositamente per l’Europa League: il centravanti Ekambi, potente e sgraziato; il funambolo Fornals, il cui gol contro lo Sporting è stato decisivo, e il saggio Cazorla, il cui ritorno a casa è una storia commovente. Forse non la sfida più interessante da seguire in questi ottavi, sicuramente quella di cui sbaglierete il pronostico.

 

 







 

A cosa vi fa pensare la Bielorussia? Intanto vi dico a cosa fa pensare me:

- Pistole

- Depressione post-sovietica

- Aglio

- Architettura brutalista

- Vodka scadente

 

Non siamo lontani dalla realtà. Fra i paesi ex-sovietici la Bielorussia è senz’altro fra i più oscuri e senza apparenti punti di interesse. Un altro modo per chiamare la Bielorussia è “Russia Bianca”, anche se non è del tutto chiaro a cosa si faccia riferimento. Forse il colore degli abiti tradizionali di lino grezzo; forse il tutto nascerebbe da un’associazione tra colori e punti cardinali, secondo cui il bianco farebbe riferimento agli slavi dell’ovest (ad esempio Belgrado è la “città bianca”, proprio perché è a ovest). Gli altri punti cardinali sono il rosso per il sud, il nero per il nord e il verde per l’est. In ogni caso il popolo bielorusso nascerebbe da un’unione fra i popoli russi, slavi e baltici - e la radice “balt-” significherebbe proprio “bianco”.

 

Dalla sua fondazione la Bielorussia ha lo stesso primo ministro, il maresciallo Aljaksandr Ryhoravic Lukashenko, da molti definito “l’ultimo dittatore in Europa”. Per inquadrare bene lo stato di salute della democrazia in Bielorussia valgono forse due informazioni:

 

a) Nel 1995 tre mongolfiere partecipanti a una rassegna internazionale entrarono nello spazio aereo bielorusso: una pessima idea. L’aeronautica sparò a una, uccidendo due cittadini americani, e costrinse le altre ad atterrare, arrestando le persone sopra.
b) la Bielorussia è l’unico paese con ancora in funzione il KGB.

 

Bene, ora che avete un’idea di massima di quanto bene si stia in Bielorussia, passiamo al calcio. La società più blasonata del paese, come molti di voi sapranno, è la Dinamo Minsk. Ma la sua egemonia è stata messa a repentaglio dalla fondazione, nel 1973, del BATE Borisov, che da quando esiste è riuscito a vincere 15 campionati nazionali, di cui 13 consecutivi. Oggi il BATE Borisov vanta anche diverse partecipazioni alle competizioni europee, fra cui la Champions League, dove ha fatto anche discrete figure (

la vittoria in casa contro la Roma). Borisov, nata vicina al fiume Berezina, è il principale centro industriale del paese e la quantità delle sue fabbriche - di ogni genere, dalle piante ai cristalli - arriva a impiegare più di 30mila operai. Eccovi uno dei suoi snodi principali, dove si staglia un monumento all’Unione Sovietica: sembra un paesello della bassa emiliana.

 



 

In squadra, al BATE, sono passati i migliori giocatori della storia Bielorussa, stranamente accomunati dai capelli osceni: Aleksandr Hleb (ancora oggi al BATE), Yuri Zhevnov e Vitali Kutuzov.

 

Il BATE ha dato all’Arsenal più filo da torcere di quanto fosse lecito aspettarsi. È riuscito in qualche modo a vincere l’andata in casa per 1-0, mettendo seriamente in discussione il passaggio del turno dei "Gunners", che però ieri hanno vinto largamente spedendo a casa questo sprazzo di luce nella Russia Bianca.

 



 


 



 

L’attaccatura si ritira dalla fronte e scappa all’indietro, facendo spuntare una frangetta divisa su quattro ciuffi che sembrano piccoli tentacoli, piuttosto distanti dalle sopracciglia.

 


 



 

Quanti di voi ricordano che Kutuzov ha bazzicato il Milan? In quel periodo i suoi capelli si erano compattati come cementati dal DAS. L’effetto è quello di un omino della Lego.

 






 

Il punto è che Kutuzov si tagliava i capelli da solo: non esistono in Italia barbieri che non sanno fare una minima scalatura ai capelli, che finiscono per scendere dritti e senza vita come quelli di una parrucca.

 



 

Stiamo tutti invecchiando. Tutti tranne Fatih Terim, sempre uguale nella sua giacca aperta su una camicia aperta sul petto abbronzato, e la faccia abbronzata, e i capelli radi. Gli occhi intensi incorniciati dalle sopracciglia sempre dubitative. Giriamo sulla diretta gol di Europa League e la telecamera a un certo punto lo coglie all’improvviso, eternamente sulla panchina del Galatasaray, eternamente su di giri. Ogni volta che lo vediamo è una vertigine, un paradosso sullo scorrere del tempo: Terim sempre uguale come il mausoleo di Ataturk ad Ankara.

 

Fatih Terim non cade, non se ne va, non invecchia. La sua carriera, esclusa la parentesi utopica in Italia, si è alternata fra i ritorni al Galatasaray (4) e i ritorni sulla panchina della Nazionale turca (4), come se lui e queste squadre fossero legati da un incantesimo che non li tiene mai distanti.

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Foto di Terim in periodi diversi di tempo, sempre uguale.


 

Terim ha sconfitto il tempo.

 



 

Dopo Rennes-Betis, probabilmente la partita più divertente e interessante dei sedicesimi di Europa League è stata Shakhtar-Eintracht Francoforte. L’andata in Ucraina era finita 2-2 e il gol di Luka Jovic che ha aperto la partita di ritorno sembrava aver chiuso i giochi, figuriamoci dopo il 2-0 su rigore di Haller.

 

Nel 2-0 invece lo Shakhtar di Fonseca - una delle squadre rivelazione della scorsa Champions League - si è alzato sul campo e ha cominciato ad attaccare e al 62’ ha accorciato le distanze, e a quel punto è andato molto vicino a segnare il gol del 2-2 che avrebbe provocato i supplementari. Ecco una breve sintesi dei minuti in cui la partita poteva girare, e non è girata.

 



 

Il nostro eroe converge da destra verso sinistra col suo solito movimento da Robben sovrappeso, poi lascia partire un interno sinistro che va dritto sulla traversa.

 



 

Quasi tutte le azioni dello Shakhtar sono arrivate dalla fascia sinistra, dove agiva il terzino Ismaily, uno degli esterni bassi più creativi in circolazione. In quest’azione però lo Shakhtar va a destra da Bolbat, nuovo entrato, che mette la palla in mezzo. Si inserisce il capitano degli ucraini, Taison, che di testa colpisce di nuovo la traversa quasi dal limite dell’area.

 



 

Nell’azione successiva Marlos porta palla all’ingresso dell’area di rigore a destra, prova un tunnel con l’elastico su un difensore, ma perde palla, e l’Eintracht riparte in contropiede e arriva al gol con Sébastien Haller.

 



 

Anche se non aveva tantissime chances di passare il turno, perché dopo uno 0-2 in casa ci sarebbe voluta proprio un’impresa, o forse proprio in virtù di questo, il Celtic si è presentato al Mestalla con una maglia dalla

, sperando che almeno una delle due caratteristiche l’avesse potuta salvare dall’impasse. Fluorescenza però ce n’è stata poca, più sbiaditezza, va detto: eppure quella sfortunata maglia ha avuto il pregio di farsi madelaine e rievocarci il pensiero di una squadra eminentemente Europa League prima ancora che l’Europa League esistesse, vale a dire il Borussia Dortmund Primi Anni Novanta.

 

Difficilmente ci ricorderemo di qualche giocatore sceso in campo con la maglia dei Celtic ieri sera: al contrario, chi non si ricorda di questi alfieri del BVB cool già prima che fosse cool? Siamo sicuri che per voi, amici che amate l’Europa League, sarà un gioco da ragazzi. (Le risposte sono in fondo)

 



Stéphane Chapuisat e Karl-Heinz Riedle.

 



Ned Zelic.

 



Michael Schulz e Gerhard Poschner.





 

Ieri sera, poco impegnato a dire il vero, tra le pieghe di Arsenal - BATE Borisov abbiamo rivisto Petr Cech, uno dei migliori portieri degli ultimi quindici anni, con il suo ormai inseparabile caschetto stile rugby, che indossa ormai dal 2007. Qualche settimana fa Cech ha annunciato che questa sarà la sua ultima stagione e che a giugno

. Considerando che il titolare dell’Arsenal in campionato è ormai Leno e che i "Gunners" sono fuori da tutte le altre coppe, a Cech sono rimaste solo partite di Europa League.

 

Perché allora non renderle memorabili? Ecco altri caschi che Cech potrebbe usare per far ricordare a tutti che ciao, tra poco è finita.

 





Oggettivamente scomodo, perché credo vada indossato con asta e rotelle al seguito, potrebbe spiegarlo come un gesto femminista (anche se, a ben vedere, sembrerebbe proprio il contrario).

 





Non cambierebbe molto, ma sarebbe molto più cool agli occhi delle gang di motociclisti che tifano Arsenal.

 



 

Alcuni contadini macedoni vedendo Alessandro provato dalla sete del mezzogiorno, presero un elmo e lo riempirono d’acqua. Egli prese l'elmo, ma vedendo la sua cavalleria bramosa restitui l’elmo e disse: «Se bevo solo io, questi uomini perderanno coraggio». Lo trovate a 10€

.

 



 

Molto pesante, ma potrebbe sfruttare due cose: incuti vero timore agli avversari, a questo punto restii ad avvicinarsi all’area di rigore; può bucare il pallone, invece di pararlo.

 





Poche parate, molta house.

 



 


 



 

Fai nascere David Luiz 13 anni dopo, nella piccola borghesia di Exter - profondo sud inglese - invece che nel cattolicissimo Brasile. Togli Dio e metti Bob Marley, togli il Churrasco e metti lo Shepherd’s pie: ecco che David Luiz, difensore del Chelsea diventa Ethan Ampadu, difensore del Chelsea.

 


 



 

Conoscete la storia secondo cui Charlie Chaplin perse a una gara di sosia di se stesso?

 


 



 

Košice è sede della Corte costituzionale slovacca, di due università, dell'accademia aeronautica slovacca, di un'arcidiocesi di rito romano, di un'eparchia di rito bizantino ed è il luogo che ha dato i natali ad Alex Kral, la persona che potreste tranquillamente scambiare per David Luiz in un pub di Praga, se magari avete bevuto 3 o 4 birre.

 

Alex Kral è un prospetto interessante, che ieri ha brillato nella grande vittoria dello Slavia Praga, ma a noi non ce ne frega niente, perché è davvero troppo simile a David Luiz che non ha ancora preso 7 gol da Brasile.

 





Compagno di Alvaro Morata e Dani Carvajal nelle giovanili del Real Madrid, Fran Sol non ha avuto lo stesso successo e ha finito per girare tutte le leghe minori, senza mai rinunciare a quell’aspetto da spagnolo perennemente in infradito e costume. Dopo un fruttuoso biennio al Willem II, Fran Sol è approdato alla Dinamo Kiev, senza però abbandonare quello spirito da amante delle discoteche che sparano reggaeton a tutto volume. Ecco 5 locali di Kiev in cui se andate, magari lo incontrate dopo aver segnato un gol decisivo in Europa League

 



 



 

Più balera che discoteca, Fran Sol ama il Cubano Boom perché può ballare tutta la musica latina che vuole senza dover pagare 10€ per cocktail annacquati.

 



 

Una recensione del dicembre 2018 dice che il “Caribbean era la discoteca degli Italiani a Kiev. Musica Latina, buon cibo e drinks, belle ragazze alla ricerca dello straniero”. Oggi pare che sia scaduto, come tutti i locali nelle recensioni, ma questo a Fran Sol non interessa.

 

Il 24 febbraio c’è il

, il 25 c’è l’

, mentre il 26 c’è il

. Noi non abbiamo capito bene la differenza, ma Fran Sol sicuramente sì.

 



 

A pochi passi dal fiume Dnipro, D.Fleur

come dice il motto stesso del locale. Prezzi alti, età media abbastanza alta, qui viene solo quando i compagni di squadra lo costringono a uscire con loro.

 







 

Fran Sol lo ritiene il locale più elegante d’Europa, ci porta la ragazza quando lo viene a trovare, indossa sempre una camicia nera con il colletto gigante.

 





Il ritorno dei sedicesimi di Europa League è il momento dell’anno in cui iniziamo a chiederci

e

. La disperazione con cui squadre ai confini dell’impero cercano di sovvertire le piccole gerarchie del calcio può essere vista come eroica o malinconica, esaltante o deprimente. La sfida più divisiva questa volta è stata quella tra Bayer Leverkusen e Krasnodar, una battaglia manichea tra le forze dell’esterno che provano a spingere quelle dell’interno. Se anche voi avete passato la notte a chiedervi “sono il Krasnodar o il Bayer Leverkusen” questo è il quiz per voi.

 



 

1. Entri in un locale, mentre gli altri si divertono, cosa leggi sul tuo kindle?
a) Q di Luther Blisset
b) Limonov di Emmanuel Carrère

 

2. Entri in un locale, mentre gli altri si divertono, tu cosa guardi sul tuo abbonamento Netflix?
a) La puntata di Chef’s Table con il cuoco argentino
b) Una puntata di Black Mirror

 

3. Entri in un locale, mentre gli altri si divertono, tu che rivista online leggi?

 

a) NOT - NERO on Theory
b) it

 

4. Entri in un locale, mentre gli altri si divertono, tu cosa guardi su YouTube?

 

a) Alessandro Barbero che parla dello Ius Primae Noctis
b) Dario Bressanini che parla di zucchero

 

5. Entri in un locale, mentre gli altri si divertono, cosa ascolti nelle tue cuffie?

 

a) Nu Guinea - Nuova Napoli
b) La colonna sonora di Suspiria di Thom Yorke

 

: complimenti, siete il Krasnodar! Siete alla periferia del mainstream, non sapete se restare fuori o entrare. Un oligarca comprerà la vostra anima e la riempirà di brasiliani di medio talento.

 

: complimenti? siete il Bayer Leverkusen! Il vostro scopo principale è divertire i lavoratori del campo chimico-farmaceutico. Lo fate con passione e impegno, ma perennemente schiacciati da un capitalismo più formale e di successo. Siete pieno di talento giovane e speciale che vi tradirà alla prima occasione.

 



















Dopo essere stato uno dei migliori giocatori del Mondiale e aver movimentato le notti dei tifosi interisti in estate, Ivan Perisic ha pensato bene di segnare 2 gol nelle prime 3 partite di campionato e poi più niente. Prestazioni medie o mediocri, un gol al Chievo, niente a che vedere con il giocatore visto nella scorsa stagione.

 

Sul risultato di 2-0, contro una squadra che non aveva davvero nulla da dire, Antonio Candreva lancia Perisic in uno spazio colpevolmente enorme e sguarnito, in sospetto fuorigioco. Il croato non accelera, corre verso la porta pieno di tracotanza e quando il portiere gli si fa incontro lo salta con un semplice tocco verso destra. A quel punto - però - due poveri difensori del Rapid hanno recuperato la distanza da Perisic e si sono affannati a chiudergli lo specchio.

 

Perisic però è la tartaruga e loro sono Achille: non possono mai davvero colmare il gap tra la loro ingenuità e la strafottenza di Perisic. Il tocco sotto con cui li scavalca, costringendo il secondo a un denigratorio tuffo dentro la propria porta, è tanto bello quanto malvagio, ingiusto, mefistofelico.

 

Perisic ci ha ricordato che anche l’Europa League ha questa componente tragica, dove calciatori fuori scala vengono a fare i bulli con i difensori del Rapid Vienna.

 

















 

A Magomed-Shapi Suleymanov sono bastati 12 minuti per segnare il primo gol della sua vita in Europa League, contro il Lyngby, nei preliminari dell’edizione 2017/18. Ad appena 17 anni, 7 mesi e 11 giorni era stato il più giovane calciatore russo a trovare la rete in una competizione UEFA.

 

Ora di anni ne ha 19 e ieri non ha tremato neanche per un secondo mentre piazzava il pallone a circa 25 metri dalla porta del Bayer Leverkusen e con un sinistro - Ferrari bianco, sì Miami Vice - regalava al Krasnodar gli ottavi di finale di Europa League.

 

https://twitter.com/RFN_David/status/1098701047286112258

 

Shapi, così recita la sua maglia numero 93, è nato a Machačkala, la capitale della Repubblica autonoma del Daghestan, una zona al confine meridionale della Russia, ultimamente conosciuto per i suoi lottatori di MMA (Khabib Nurmagomedov il più famoso) e per essere uno dei posti più pericolosi d’Europa.

 

Suleymanov ci è cresciuto senza arrivare ai 170 centimetri, a 6 anni è entrato nelle giovanili del RSDYUSHOR-2, un’accademia dell’Anži Machačkala, per poi traslocare appena 14enne a Krasnodar, sulla stessa linea del Caucaso, ma quasi 900 chilometri distante. Oggi è una bella speranza del calcio russo, domani chissà.

 



Magomed Ozdoev è un centrocampista centrale ceceno, ventiseienne, dal volto eminentemente caucasico: uno che nella mediana dello Zenit San Pietroburgo, negli ultimi anni terreno di conquista di argentini, non ti saresti mai aspettato di vedere. A cavallo tra il 2014 e il 2015, mentre rimbalzava tra Lokomotiv Mosca e Rubin Kazan, era entrato anche nel giro della Nazionale, quello sfavillante caravanserraglio che avrebbe fatto la figura che ha fatto agli Europei di Francia (lui s’è salvato perché non è stato neppure convocato). Se la cava benissimo nella danza lezgi, casomai foste

.

 

Ieri sera ha segnato una rete molto pesante, dopo quattro minuti, il gol con il quale lo Zenit ha pareggiato subito i conti con il Fenerbahce prima di mettere la freccia. Nonostante questo non è neppure il Magomed (che è la versione cecena di Mohammed) più importante della serata, visto che Suleymanov si è preso lo scettro regalando il passaggio del turno al Krasnodar. E nell’azione del gol la finalizzazione non è neppure il gesto tecnico più bello, superato dall’assist di petto di Sardar Azmoun.

 

https://twitter.com/lanetbahisler/status/1098644904849350663?s=21

 

Non vi sarà sfuggito che dopo aver segnato, anziché correre in maniera sfrenata, si è arrestato di colpo, ricongiungendo le mani nel gesto della preghiera. Una posa molto mistica, decisamente Europa League, della quale però non si capisce bene la ratio. Noi ci siamo fatti tre idee plausibili.

 

1) Sta pregando che dopo questo gol così importante la sua quotazione non schizzi oltre i cinque milioni di euro, cioè il valore di mercato più alto raggiunto durante la sua carriera. Come tutti saprete, Ozdoev ha militato per un semestre nella squadra della sua città natia, il Terek Grozny, che oggi si chiama Achmat ed è la squadra preferita (nonché prorietà) di Ramzan Kadyrov, leader paramilitare della Cecenia. Tra i calciatori di Grozny vige la regola non scritta che non è possibile superare sul mercato il prezzo del bagno di servizio della Moschea Akhmad Kadyrov, intitolata al gran mufti omonimo, padre peraltro di Ramzan. La stessa regola secondo la quale a Washington non si possono edificare grattacieli più alti dell’obelisco.

 

2) Nel tempo libero Magomed si diletta nello studio esegetico della figura di Eustazio di Antiochia, cardine della dottrina ortodossa, la cui ricorrenza cade il 21 Febbraio. Secondo questa interpretazione, le mani giunte valgono anche come espiazione del panorama infernale dipinto dai tifosi dello Zenit all’arrivo dell’autobus allo stadio.

 

https://twitter.com/zenit_spb/status/1098647150483984386?s=21

 

3) Magomed sta in realtà chiedendo scusa a Sardar Azmoun per aver suggerito simpaticamente al magazziniere di stampare sulla sua maglia il nome nella grafia sbagliata, Serdar.

 





Tutti noi abbiamo avuto un momento della vita in cui abbiamo creduto che Bruno Petkovic fosse veramente forte. Poi abbiamo dovuto ammettere pubblicamente che ci eravamo sbagliati, anche se dentro di noi abbiamo continuato a credere che fosse forte per davvero.

 

Quelli contagiati dalla febbre di Petkovic probabilmente hanno viste diverse sue partite con la maglia del Trapani di Serse Cosmi, dove Petkovic sembrava uno Zlatan Ibrahimovic meno egois

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