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Classici: Barcellona-Manchester United '11
11 set 2020
11 set 2020
Una finale che ha avuto un grande impatto sul calcio contemporaneo.
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Sopra Wembley il cielo è terso, il sole filtra dalle tribune. Dentro l’attesa ha la forma del rumore. I cori dei tifosi del Manchester United si mischiano a un brusio indistinto che sa di eccitazione, sembra l’accordatura di un’orchestra pronta a suonare. Tra i tifosi del Barcellona la regia internazionale inquadra uno scarno cartellone con una scritta nero su bianco: «Quando fischiano un calcio di punizione, fate tirare Koeman». Manca poco alla cerimonia d’apertura della finale di Champions League.

 



Sopra Wembley il cielo è terso e la tensione si taglia a fette, come si dice. Nel secondo tempo supplementare Barcellona e Sampdoria sono ancora ferme sullo 0-0. È una partita bloccata dalla paura: la squadra di Cruyff attacca senza dare l’impressione di poter segnare; quella di Boskov si difende in maniera sempre più disperata. Al minuto 110 un retropassaggio troppo corto di Stoichkov verso Eusebio al limite dell’area si trasforma velocemente in una contesa a terra con Invernizzi che l’arbitro trasforma in fallo. In panchina Vialli sembra piangere tenendosi il viso tra le mani sotto un asciugamano. Forse non vuole vedere il futuro che arriva: la bomba di Koeman alla destra di Pagliuca, le maglie arancioni del Barça che esultano sotto la tribuna, le mani sugli occhi del giocatore olandese. Nel ricordo di quella partita scritto qualche tempo fa da Emiliano Battazzi su queste stesse pagine

: «Così il Barça vinse la sua prima Coppa dei Campioni: un momento decisivo, perché senza quella prima vittoria forse non sarebbero venute le altre (di quanta fiducia avrebbe goduto Cruyff, e la sua idea di calcio? E quanta credibilità avrebbe avuto, il Guardiola allenatore?»”.

 



Guardiola perde il suo esordio da allenatore del Barcellona in casa del Numancia per 1-0. Nel documentario

Jordi Cruyff ricorda di aver visto quella partita a casa del padre Johan, che alla fine dei novanta minuti a quanto pare disse: «È una delle migliori partite [del Barcellona] degli ultimi anni».

 

https://www.youtube.com/watch?v=wqgszjFouKQ

 

A quella partita seguì un pareggio per 1-1 in casa contro il Racing Santander. Per rivedere vincere il Barcellona al Camp Nou in campionato bisognerà attendere il 24 settembre, quando all’80esimo la squadra di Guardiola riuscì a strappare un soffertissimo 3-2 contro il Betis. Eidur Gudjohnsen, ricordando il suo gol vittoria, ha dichiarato: «Se avessimo pareggiato quella partita, avrebbero iniziato a sollevarsi i punti di domanda».

 



Per provare a mettere un punto a una delle peggiori stagioni della sua storia recente - la prima senza trofei dal 2014 - il Barcellona ingaggia Ronald Koeman come nuovo allenatore. Il club blaugrana aveva già licenziato Eric Abidal dal suo ruolo di segretario tecnico per mettersi alle spalle l’umiliante 8-2 subito in Champions League dal Bayern Monaco ma il passato non voleva passare. È il terzo anno di fila che il Barcellona esce in maniera imbarazzante dalla principale coppa europea, dopo le incredibili rimonte subite da Roma e Liverpool, e le cose vanno di male in peggio.

, appena arrivato, Koeman chiede un incontro con Messi in cui gli dice che i suoi «privilegi all’interno della squadra sono finiti» e che adesso dovrà «fare tutto per la squadra». Poche ore dopo il numero 10 argentino si convince a chiedere la cessione forzando una clausola che gli permette di liberarsi a parametro zero alla fine di ogni stagione.

 



Eric Abidal torna tra i titolari del Barcellona in Champions League dopo quasi tre mesi d’assenza, per via dei trattamenti necessari per curare un tumore al fegato. Lo scopriamo dalle grafiche della UEFA che mostrano le formazioni delle due squadre, sullo sfondo delle coreografie preparate dalle due tifoserie. Da una parte quella blaugrana con la scritta gialla: “

”. Dall’altra quella rossa con la scritta bianca: “

”.

 



A Wembley, davanti a un pubblico quasi del tutto amico, il Manchester United vince la prima Coppa dei Campioni della sua storia contro il Benfica, a dieci anni dal disastro aereo di Monaco che ha decimato la sua squadra e ridotto in fin di vita il suo allenatore, Matt Busby. Sembra la consacrazione definitiva di George Best, che ai supplementari segna il 2-1 che inclina la partita dalla parte degli inglesi. Best ha 22 anni e sembra destinato a grandi cose. Si ritirerà per la prima volta quattro anni dopo, a cui seguirà una seconda volta e infine un definitivo e doloroso addio allo United quando di anni non ne aveva nemmeno 28. Da quel giorno molti giocatori sono stati investiti più o meno consciamente di completare la sua storia tronca con i “

".

 



Ryan Giggs ha 18 anni. Ha appena segnato al Tottenham

, controllando una palla vagante con l’esterno, superando l’ultimo difensore con un tunnel con cui si è messo da solo davanti al portiere. Una parte del tifo lo incorona come nuovo George Best, perché il gol è simile a quello che il leggendario numero 7 segnò nella finale di Coppa dei Campioni del 1968 contro il Benfica. O forse è per il modo con cui sembra poter andare in verticale palla al piede semplicemente schivando gli avversari. O forse è per il numero 11 sulle spalle, quello che Best ha indossato più spesso dopo il 7.

 



Ryan Giggs ha 37 anni. Porta ancora il numero 11 sulle spalle ma con i capelli bianchi sulle tempie nessuno sembra ricordarsi più della missione di cui era stato investito da giovane. È l’ultimo superstite nel Manchester United della cosiddetta classe del 1992 (ci sarebbe anche Paul Scholes, ma è in panchina), quel gruppo di giocatori che tra gli anni ’90 e i 2000 ha vinto tutto con Alex Ferguson. Giggs viene schierato al centro del campo, accanto a Carrick nel rigido 4-4-2 dei “

”. Il suo compito è quello di far risalire il pallone velocemente e con qualità, associandosi con Rooney che scende sulla trequarti mentre “

” Hernandez prova ad abbassare la difesa del Barcellona scattando in profondità. Sarà una delle peggiori partite della sua carriera.

 


 

 



Al Bernabeu nasce Messi falso nove. Guardiola si accorge che i centrali del Real Madrid non salgono mai sulle punte che ricevono tra le linee e allora scambia la posizione di Eto’o con quella di Messi, chiedendogli di abbassarsi sulla trequarti a formare una specie di rombo con Xavi, Iniesta e Busquets. Domenec Torrent, storico collaboratore dell’allenatore catalano, prova a dissuaderlo a fare un esperimento così importante prima di una partita decisiva ma Guardiola non si lascia convincere e tira dritto. La partita finisce 2-6 per il Barcellona.

 



Nell’ultimo discorso prima della semifinale d’andata di Champions League contro il Real Madrid, Guardiola dice alla sua squadra: «Siamo la squadra migliore e vi porterò in finale». Siamo all’apice della sua rivalità con Mourinho, che allena i “

”, e della parallela rivalità tra Messi e Cristiano Ronaldo. È il terzo dei quattro Clasico che si giocheranno tra il 16 aprile e il 3 maggio di quell’anno, quello prima del quale Guardiola definirà Mourinho «

». La partita è bloccata e nervosa, sembra impossibile che qualcuno possa segnare almeno fino al 61esimo, quando Pepe viene espulso tra le proteste di tutti i giocatori del Real Madrid. Poi l’assolo di Messi che chiude la contesa: l’1-0 con cui finalizza il cross in area di Afellay dopo una grande azione corale; il 2-0 con cui parte palla al piede dal cerchio di centrocampo per segnare da solo davanti a Casillas. Qualche tempo fa di quel gol Daniele Morrone

: «È un gol che rappresenta nella maniera più chiara in cosa consistesse il talento di Messi, il motivo per cui era soprannominato la pulce».

 



Il Barcellona prova a cambiare pagina dopo una stagione deludente. I blaugrana sono arrivati terzi in campionato a 18 punti dal Real Madrid campione e l’era Rijkaard si è conclusa il 7 maggio con un umiliante 4-1 nel Clasico di ritorno, al Bernabeu. Dopo un lungo ballottaggio tra Mourinho e Guardiola, il presidente Laporta decide di optare per la soluzione interna. In un pranzo con quello che sarà il suo nuovo allenatore, Laporta fa la più classica delle domande: «Perché dovrei assumerti?». La risposta: «Perché con me vincerai tutto».

 



Il Manchester United comincia bene, mettendo in difficoltà il Barcellona con un pressing confuso ma intenso. Al decimo minuto, dopo una lunga costruzione dal basso, Busquets prova a trovare Messi tra le linee, alle spalle di Giggs e Carrick, mentre Vidic rinuncia a seguirlo fino a centrocampo. Messi però sbaglia il primo controllo e il Manchester United prova subito a ripartire in verticale: Carrick si appoggia a Giggs, che vede Hernandez scattare in profondità. Il centrocampista gallese evita prima il ritorno di Busquets con l’esterno, poi, con una palla tagliata con la punta del piede, riesce quasi a servire lo scatto alle spalle della difesa blaugrana di Hernandez. Piqué riesce ad anticiparlo e a servire all’indietro Valdes, che però era uscito proprio per arrivare sulla palla. Il portiere del Barcellona deve chiudere le gambe all’ultimo per evitare un clamoroso autogol.

 



Dopo il primo quarto d’ora di sostanziale equilibrio, il Barcellona ha preso il centro del palcoscenico. Adesso i giocatori di Guardiola non sbagliano praticamente più niente. Al 43esimo del primo tempo Busquets, lasciato completamente libero di ricevere e girarsi da Rooney, sale fino ai pressi del cerchio di centrocampo, alza la testa e trova Messi libero alle spalle di Giggs, che si era mosso in avanti a prendere Iniesta. È l’unica volta di tutta la partita in cui Vidic sale fino al centrocampo a prendere il numero 10 argentino. Il risultato è questo qui sotto.

 


 

 



Il Manchester United non ha la minima idea di come pressare la prima costruzione della squadra di Guardiola, che può arrivare facilmente sulla trequarti. Qui il centrocampo di Ferguson è in costante imbarazzo sul da farsi tra il controllo del rombo centrale disegnato da Busquets, Xavi, Iniesta e Messi, e la difesa dell’ampiezza, attaccata costantemente da Abidal e Dani Alves. Il tecnico ha provato a scambiare di posizione Giggs con Park Ji-sung per avere un giocatore più intenso e tatticamente disciplinato al centro ma non è cambiato niente. Quando le ali seguono i terzini blaugrana, trasformando il modulo dello United in un 6-2-2 di fatto, per il Barcellona è fin troppo semplice attaccare la difesa dei “

” passando per vie centrali.

 



 

Questa, per esempio, è la situazione da cui parte il Barcellona per arrivare al gol del 2-1 di Messi. Con Park Ji-sung e Carrick lasciati soli da Giggs e Valencia a coprire l’intero campo in orizzontale, al Barcellona non serve nemmeno far partecipare Busquets alla fase di definizione. Con la semplice superiorità numerica garantita da Messi in posizione di mezzala, Iniesta può liberarlo fronte alla porta con un passaggio orizzontale che lo mette nelle condizioni di battere un van der Sar posizionato malissimo.

 



Anche quando riesce a fare densità centrale, però, il Manchester United è di fatto impotente a causa della sovrannaturale capacità di giocare in spazi stretti di Xavi, Iniesta e Messi. Al 65' un passaggio leggermente troppo lungo di Busquets per Iniesta rischia di fargli perdere il pallone a favore di Giggs, che gli sta arrivando come una furia alle spalle, ma il numero 8 del Barcellona lo tocca all’ultimo momento con la punta verso Messi, innescando un’azione che lo porterà quasi a segnare di tacco a porta vuota dal limite dell’area piccola.

 


 

 

Forse il Manchester United semplicemente non aveva scampo.

 



Messi si riaggrega alla rosa del Barcellona per gli allenamenti dopo giorni in cui sembrava a un passo dal trasferirsi al Manchester City. Guardiola sta per iniziare la sua quarta stagione a capo della squadra inglese - ne sono passate dieci ormai da quella 2010/2011 che cambiò per sempre il calcio contemporaneo. Da quella finale con il Manchester United non è mai stato nemmeno lontanamente vicino a vincere la Champions League di nuovo, come il frontman di un gruppo che dopo un grande album di esordio non è mai più riuscito a ripetersi.

 

Dopo quella partita si è arrivati ad aspettarsi talmente tanto da lui che il fallimento è diventato l’unico prisma attraverso cui leggere la sua storia, al punto che il suo possibile ricongiungimento con Messi non lasciava altra possibilità di interpretazione. Se avesse vinto di nuovo la Champions League con Messi sarebbe stato un fallimento perché avrebbe dimostrato di essere dipendente dal talento del suo numero 10. Se non l’avesse fatto, be’, avrebbe voluto dire che aveva perso la capacità di vincere persino con il più grande calciatore di tutti i tempi a sua disposizione.

 

Mentre eravamo di fronte a questo bivio senza uscita, il mondo del calcio ha seguito a tal punto le sue idee che oggi sarebbe impensabile trovare una squadra senza meccanismi di pressing organizzati o che lasciasse uomini liberi tra le linee o che non cercasse di ostacolare la superiorità numerica o posizionale degli avversari. Oggi tutte le squadre del mondo si ispirano a quel Barcellona, ma nessuna gli assomiglia davvero.

 



Nell’ultimo discorso alla squadra prima che la finale contro il Manchester United cominci, Guardiola dice solennemente: «Vi ho detto che se mi avreste portato fino a qua vi avrei fatto vincere la finale. E ve la farò vincere».

 

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