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Fabio Barcellona

La differenza di Messi

Barcellona e Juventus sono ancora in costruzione, le individualità del club spagnolo hanno fatto la…

La sfida tra Barcellona e Juventus è arrivata dopo appena tre partite di campionato e a nemmeno due settimane dalla fine del calciomercato. Quindi, quelle che si sono incontrate ieri vanno considerate come due squadre ancora in piena costruzione, su cui difficilmente si possono trarre giudizi definitivi. Una premessa necessaria, se si vuole analizzare una partita come questa, anche al di là del risultato così netto.

 

Settembre sperimentale

Ernesto Valverde, scelto per sostituire Luis Enrique, avrà il difficile compito di ricostruire alcuni principi di gioco cardine del Barcellona che si erano persi durante la passata guida tecnica, che tendeva ad affidare forse eccessivamente le proprie fortune alla MSN, relegando il centrocampo a un mero strumento di passaggio del pallone per farlo arrivare il più velocemente possibile in attacco. La scorsa stagione, dopo i successi degli anni precedenti, ha certificato il fallimento di questa strategia e la partenza di Neymar ha reso ancora più urgente la necessità di ripensare il Barça.

 

La prima idea di Valverde è stata quella di riportare Messi al centro del palcoscenico, non solo metaforicamente, ricollocandolo al centro delll’attacco. Nelle prime due partite di Liga, con Suarez assente per infortunio, ai fianchi di Messi sono stati schierati Deulofeu e Paco Alcecer (o addirittura Aleix Vidal). Nel derby di sabato con l’Espanyol, invece, Suarez si è ripreso il posto da titolare, giocando quasi da ala sinistra. A partita in corso poi ha esordito Ousmane Dembélé, che ha preso la fascia destra. In queste prime uscite in campionato, i movimenti degli esterni del Barcellona dipendevano di fatto da quelli di Messi: venivano dentro il campo quando Messi arretrava, disegnando una sorta di 4-3-1-2; e rimanevano più aperti se invece il fuoriclasse argentino restava in profondità nel cuore della difesa avversaria.

 

Rispetto al Barca di Luis Enrique, la squadra di Valverde ha utilizzato una risalita del pallone più ragionata, e utilizzando anche meccanismi di catena sull’esterno abbastanza nuovi. Il Barcellona è parso così più compatto e corto in campo, tuttavia ancora acerbo dalla trequarti in su: quando Messi ha svuotato l’attacco la copertura degli spazi offensivi, tramite inserimenti, non sono mai stati precisi e convincenti. Insomma, il Barca è arrivato alla sfida con la Juve in piena fase di costruzione della sua nuova identità, come facilmente preventivabile considerando il precoce momento della stagione e le assenze di Suarez e Dembélé.

 

Nel campo bianconero, come è consuetudine nel metodo di lavoro di Allegri, la prima parte della stagione rappresenta una fase di ricerca del migliore equilibrio possibile tra i giocatori a disposizione. Nonostante la riconferma del 4-2-3-1 come modulo di riferimento, i cambiamenti della rosa e l’esplicita disponibilità del tecnico bianconero a sperimentare altri moduli di gioco per assecondare le caratteristiche dei propri giocatori, hanno reso le prime partite della Juventus il solito esperimento in vivo d’inizio anno. Gli infortuni e le indisponibilità per la partita con il Barcellona hanno ancor più accentuato il carattere sperimentale della Juventus scesa in campo al Camp Nou.

 

Delle due squadre è proprio la Juve quella ad essere maggiormente cambiata rispetto alla sfida di 4 mesi fa in terra catalana. Sono addirittura 6 i giocatori diversi dalla partita di ritorno dei quarti di finale della passata stagione: abbastanza sorprendentemente in campo sono scesi in campo De Sciglio e Rodrigo Bentancur e, a dispetto delle previsioni fatte dopo la lettura dell’XI iniziale, la Juve non si è schierata con un 4-3-3 puro ma, adattando il giovane centrocampista uruguaiano sulla fascia destra, con 4-4-2/4-2-3-1 piuttosto ibrido, con Barzagli e Benatia preferiti a Rugani al centro della difesa e Douglas Costa sull’out di sinistra.

 


Il 4-4-2 in fase di non possesso della Juventus

 

Il Barcellona aveva 2 sole novità in campo: con l’esordio dal primo minuto Dembélé, e il portoghese Semedo nel ruolo di terzino destro. Lo schieramento dei blaugrana, così come nella partita con l’Espanyol, era piuttosto asimmetrico: a destra Dembélé è rimasto largo, accanto alla linea laterale, mentre sulla fascia opposta Suarez si è stretto vicino a Lionel Messi. L’ampiezza sul lato sinistro era garantita da Jordi Alba e, occasionalmente, dai tagli interno-esterno di Suarez e dal movimento incessante di Iniesta.

 


La più consueta struttura posizionale del Barcellona in fase di possesso palla. Busquets effettua la salida lavolpiana per creare superiorità numerica, assieme ai 2 centrali, contro Higuain e Dybala. Dembélé rimane aperto a destra, Jordi Alba a sinistra, Messi arretra

 

Un inizio sotto controllo

La Juventus ha difeso il possesso palla del Barca schierando il suo 4-4-2 a cavallo della linea di centrocampo: Allegri, cioè, ha scelto di difendere il centro del campo, stringendo l’esterno del lato debole sull’interno di riferimento. Sulla propria destra, la densità orizzontale della linea della Juventus faceva incrociare frequentemente la posizione di Bentancur con quella di Iniesta, in un duello che è risultato decisivo per le sorti del match.

 


Bentancur, sul lato debole, stringe molto la propria posizione, finendo col gravitare in zona Iniesta

 

Le uscite della Juve sono state coraggiose e asimmetriche, adattandosi allo schieramento del Barca. Se sulla propria sinistra Alex Sandro e Douglas Costa dovevano controllare una tipica catena terzino-esterno, a destra era De Sciglio ad uscire in maniera aggressiva e in posizione avanzata su Jordi Alba, con Barzagli che accompagnava il suo movimento seguendo Suarez anche nei suoi tagli esterni alle spalle del terzino bianconero.

 

Bentancur rimane stretto in zona Iniesta, De Sciglio esce su Jordi Alba e Barzagli segue sull’esterno Suarez

 

Nella prima parte del match la compattezza della fase di non possesso della Juventus ha impedito al Barcellona di entrare tra le linee dei bianconeri. Messi tendeva ad arretrare per giocare il pallone, permettendo alla linea difensiva della Juventus di giocare in maniera ancora più aggressiva mantenendosi corta su quella di centrocampo.

 

Nelle fasi iniziali il Barcellona non ha trovato la maniera di penetrare palleggiando tra le maglie della Juventus e non è riuscita ad allungare i bianconeri con i movimenti senza palla di Suarez: gli unici pericoli per i bianconeri, peraltro ben gestiti dalla squadra di Allegri, sono arrivati da un paio di accelerazioni palla al piede di Dembélè e Semedo sulla fascia destra.

 

Le difficoltà del Barca nella prima parte del match: la Juve protegge il centro, Jordi Alba non ha la pazienza di palleggiare e regala la palla alla Juve lanciando lungo.

 

La relativa facilità con cui la Juventus ha controllato la fase di possesso del Barcellona, ha pagato buoni dividendi in fase di transizione offensiva, in cui la Juve manovrando è riuscita a giungere con buona fluidità e continuità al limite dell’area avversaria. Nei primi 11 minuti la Juventus è andata al tiro pericolosamente con De Sciglio, Dybala e Pjanic ed è apparsa in generale in controllo del match.

 

In fase difensiva il Barca ha schierato invece una sorta di 4-4-2 con Suarez sulla linea di attacco e discreta aggressività sugli avversari: Iniesta provava a gravitare sempre nella zona di Pjanic, mentre Rakitic si occupava di Matuidi. Le letture però sono state spesso imprecise e confuse lasciando varchi invitanti al palleggio bianconero, che è riuscito con relativa facilità a risalire il campo. In particolare è stato Bentancur, giocando in una posizione ibrida al fianco destro di Pjanic, a ricevere libero con tempo e spazio per le giocate.

 

Iniesta va immediatamente a cercare Pjanic, ma non ha nessuno al suo fianco sinistro dove Bentancur, che gioca stretto può ricevere. La superiorità posizionale ottenuta è trasmessa a catena alle spalle di Busquets dove Dybala può ricevere

 

Lo schieramento posizionale della Juventus in fase di possesso palla era anch’esso asimmetrico: a sinistra Douglas Costa non abbandonava l’esterno giocando sempre largo, mentre Bentancur teneva una posizione stretta a supporto del palleggio della squadra. Sul lato sinistro del campo la Juve ha provato a manovrare combinando con Alex Sandro, Matuidi e Douglas Costa, mentre a destra ha utilizzato i movimenti verso l’esterno di Dybala, supportato dalle avanzate di De Sciglio e dall’appoggio interno di Bentancur.

 


La pass-map della Juventus in cui è ben evidenziata l’asimmetria tra le posizioni (e di conseguenza i compiti) di Bentancur e Douglas Costa.

 

La differenza di Iniesta e Messi

Fino al gol di Messi dell’1-0, era stata la Juventus ad arrivare al tiro con più facilità e in maniera più corale: 6 volte, di cui ben 4 da dentro l’area; mentre il Barça è giunto alla conclusione solo 3 volte, con 2 tiri che hanno avuto origine da uno stesso calcio di punizione dal limite di Messi (con il pallone ribattuto dal muro e calciato nuovamente da Suarez) e l’occasione nettamente più grande è nata sostanzialmente da un errore dell’infortunato De Sciglio che ha servito il pallone dentro l’area a Dembélé. La pericolosità del Barca era appannaggio del talento di Iniesta e Messi che, quando si accendono, regalano sempre meraviglie.

 

E proprio con una prodezza individuale di Lionel Messi il Barcellona si è portato in vantaggio alla fine del primo tempo: nell’azione che porta al gol di Messi, con la squadra in pressing offensivo, Alex Sandro è in leggero ritardo su Dembélé, che riceve il lancio lungo di Piquè e riesce ad entrare dentro al campo. Tuttavia, sullo sviluppo dell’azione, la Juve era riuscita comunque a chiudersi bene e a difendere con ben 7 uomini stretti su Messi e Suarez. Semplicemente, l’argentino si è dimostrato troppo forte, immarcabile anche in spazi molto ridotti.

 

 

Colpita proprio sul finire del primo tempo, la Juventus ha cominciato bene la ripresa, creando una buona occasione con quello che probabilmente sarebbe dovuto essere un tema tattico più ricorrente nella partita: i bianconeri hanno palleggiato bene a destra, spostando il Barca sul proprio lato sinistro, per poi rifinire sul lato debole dove Alex Sandro e Douglas Costa si sono trovati isolati contro Dembélé e Semedo.

 

L’azione che porta al tiro di Dybala era ben congegnata e l’errore di tiro del numero 10 juventino contrasta persino in maniera eccessiva con l’implacabilità di Messi, accentuando il divario tra le due squadre comunque evidente fino a quel momento della partita.

 

 

Il cedimento

La tenuta difensiva della Juventus ha cominciato a scricchiolare pesantemente a causa di errori tecnici individuali, oltre che per il talento inarrivabile di Messi. Prima l’argentino ha colpito un palo – dopo una respinta troppo corta di Barzagli – quindi, approfittando di un grossolano errore di Benatia, ha messo in mezzo il pallone che Rakitic, dopo il salvataggio di Sturaro, ha trasformato in gol.

 


Benatia è comodamente sul pallone, ma, sbagliando il controllo lo lascia a Suarez. Un errore che a questi livelli si paga carissimo

 

Dopo il secondo gol la Juve si è disunita, si è allungata per il campo ed è calata d’intensità. Un errore che i bianconeri non si possono assolutamente permettere e che è stato immediatamente punito dal Barcellona con una ripartenza lunga che ha evidenziato una cattiva gestione iniziale del pallone, scarso equilibrio per affrontare la transizione difensiva e, ancora una volta, un errore di Benatia, troppo piatto e statico nell’affrontare Messi.

 

Se il 2-0 aveva visto colpevolmente la resa della Juventus, a dispetto di 35 minuti di partita ancora da giocare, il 3-0 ha segnato la parola fine sull’intero match che si è trascinato verso in novantesimo con il palleggio sempre più sicuro del Barcellona e le difficoltà crescenti dei bianconeri a rimanere mentalmente e fisicamente dentro la partita.

 

Cosa ci dice la partita su Barça e Juve

Come premesso, ad affrontarsi al Camp Nou sono state due squadre in piena fase di costruzione e la partita ha certificato che per entrambe il processo è ancora in corso e c’è bisogno di tempo. Ha vinto con pieno merito il Barcellona, più solido mentalmente, appoggiandosi sull’enorme talento di Lionel Messi, contro una Juventus troppo imprecisa e che ha abbandonato il match con colpevole anticipo.

 

L’idea di Valverde di schierare Messi al centro dello schieramento d’attacco è potenzialmente vincente, avvicinando il fuoriclasse al cuore delle difese e alla porta avversaria. Ma il sistema pensato dal tecnico blaugrana necessita ancora di parecchi aggiustamenti: nel primo tempo la compattezza della Juventus ha portato Messi ad arretrare molto per giocare il pallone, sguarnendo di fatto la zona d’attacco del Barça. Con Dembélé larghissimo a destra, rimaneva il solo Suarez ad impegnare sul lato sinistro la difesa della Juventus. Troppo poco per l’attacco del Barça che nel primo tempo ha avuto, prima del gol di Messi, molte difficoltà ad avvicinarsi a Buffon e che ha prodotto poco offensivamente.

 

Proseguendo su questa strada Valverde ha il compito di inserire Dembélé dentro la sua cornice tattica. Al suo esordio internazionale, isolato sull’esterno, le accelerazioni del francese sono apparse un corpo estraneo al resto della squadra. Ancora, i movimenti esterno-interno e viceversa di Suarez devono essere perfezionati e integrati a quelli di Messi e, su quel lato, di Andrès Iniesta. L’uruguaiano avrà il compito di riuscire a bilanciare la ricerca della profondità e il conseguente allungamento delle difese avversarie, con la necessità di equilibrare lo schieramento posizionale nella zona di centro-sinistra.

 

Ma, soprattutto il Barca dovrà davvero riuscire a trarre vantaggio dall’impiego di Messi sulla fascia centrale del campo, avvicinandolo alla porta e dispensandolo il più possibile dai compiti di raccordo che lo portano ad allontanarsi troppo dalle difese avversarie. Per fare ciò è necessario che la risalita del pallone verso l’ultimo terzo di campo veda protagonista il palleggio del centrocampo. Ne guadagnerebbe la compattezza della squadra e, soprattutto, Messi si potrebbe concentrare sulla zona calda del campo. La partita contro la Juventus ha dimostrato per l’ennesima volta che lì Messi diventa letale come nessuno al mondo. In ogni caso la strada di Valverde sembra tracciata ed interessante: occorre seguirne gli sviluppi.

 


La pass-map del nuovo Barcellona di Ernesto Valverde

 

La Juventus trova le prime attenuanti nel fatto che è stata costretta ad accentuare il carattere sperimentale della sua formazione per via dell’elevato numero di assenze: Chiellini, Marchisio, Cuadrado, Mandzukic, oltre al nuovo acquisto Höwedes, sono tutti potenziali titolari e la loro indisponibilità ha costretto Allegri a fare esordire dal primo minuto De Sciglio e il pur promettentissimo Bentancur. Nel primo tempo la fase difensiva della Juventus ha retto bene l’urto contro il Barcellona e nonostante una buona fluidità di manovra, che l’ha portata a concludere maggiormente in porta, la fase di finalizzazione è stata di qualità nettamente inferiore a quella degli avversari.

 

Da un punto di vista tattico, è apparso evidente che la squadra di Allegri è ancora troppo giovane, che mancano le connessioni tra i calciatori che l’allenatore livornese è abituato a trovare sperimentando sul campo diverse soluzioni e aumentando col tempo la conoscenza reciproca tra i giocatori. Il punto di incontro tra le caratteristiche dei nuovi acquisti, Matuidi e Douglas Costa su tutti, e il resto del tessuto tattico della squadra è ancora lontano.

 

Il brasiliano ex Bayern Monaco è stato utilizzato come esterno puro, sempre largo sulla fascia, senza mai tagliare al centro. L’intento era probabilmente quello di isolare Douglas Costa contro Semedo sul lato debole e in effetti il meccanismo ha funzionato nelle poche occasioni in cui è stato attivato.

 

Oltre all’occasione per Dybala ad inizio del secondo tempo, l’isolamento di Douglas Costa genera anche questo assist per Bentancur, troppo lento nel concludere a rete.

 

Tuttavia, Douglas Costa è stato chiamato in causa troppe poche volte (solo 39 i palloni toccati dal brasiliano) ed è complessivamente apparso sconnesso dal resto della squadra. Anche il compito assegnatogli e la staticità della sua posizione sono parsi troppo limitanti e hanno aumentato la distanza tattica brasiliano dal resto dei compagni.

 

Blaise Matuidi, invece, ha giocato la sua consueta partita di quantità ed energia, ma le sue migliori qualità vanno ancora inserite all’interno di un disegno più complessivo. In una Juventus attenta a coprire gli spazi le sue capacità di pressing devono essere integrate in una strategia globale, che coinvolga più attivamente l’intera squadra e in particolare Dybala e Higuain, troppo pigri nello svolgimento dei propri compiti difensivi.

 

Matuidi spezza la linea di centrocampo e alza il pressing prima su Busquets e poi su Rakitic, facendo avanzare la propria squadra di 20 metri e, in fin dei conti, provocando il conclusivo recupero palla nella metà campo avversaria

 

Oltre a trovare la giusta alchimia tra i suoi calciatori e a definire le caratteristiche tattiche di fondo della sua nuova Juventus, Massimiliano Allegri dovrà però evitare che la squadra perda di intensità e di conseguenza accumuli errori in determinate fasi delle partite.

 

Gli errori individuali (non i primi purtroppo) di Benatia, sono sempre puniti dalle grandi squadre e in generale la Juventus per sostenere le proprie ambizioni di Champions League non può non interpretare con il massimo della concentrazione e dell’applicazione tattica ogni partita. I percorsi formidabili che hanno condotto alle due finali in tre stagioni sono figli di un rigore e una solidità senza eguali in Europa, a cui la Juve, pur cambiata profondamente nei suoi uomini, non può rinunciare.

 

 

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Fabio Barcellona, chimico e allenatore UEFA B. Scrive di calcio per L'Ultimo Uomo.