Dicembre, le strade si riempiono di luci, gli scaffali dei supermercati di torroni e panettoni. Si compra il pesce per il 24, si decora l’albero e si modella la cartapesta per il presepe, Davide Ballardini torna sulla panchina del Genoa per la quarta volta nella sua carriera. La seconda negli ultimi tre anni. Solo quattro volte? Eppure ci sembrava di più. Ballardini sembra incatenato alla panchina del Genoa come gli invitati della cena dell’Angelo Sterminatore di Bunuel. Dopo aver cenato non sembrano volersene andare, poi quando si decidono, ormai il mattino dopo, si accorgono che non possono e sono costretti a rimanere nel salone. Così Ballardini probabilmente non vorrebbe accettare di allenare il Genoa, sa che le cose non possono andargli bene – a chi è andata bene con Preziosi? – ma un incantesimo lo costringe ad accettare ogni volta.
Forse esiste anche una specie di tensione autodistruttiva, come quella di Frodo e Bilbo nei confronti dell’anello: questo li corroderà, ma loro hanno ormai immolato la propria vita a esso. Ballardini e la panchina del Genoa ormai si appartengono, sin da quando nel 2010 il tecnico ci si è seduto per la prima volta.