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Dario Saltari
Cosa è cambiato attorno a Kvaratskhelia
20 ott 2023
20 ott 2023
Come spiegarsi il difficile inizio di stagione del georgiano?
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Dario Saltari
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IMAGO / sportphoto24
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Domenica la Georgia scende in campo contro Cipro, già sicura di un posto nei play-off che potrebbero portarla agli Europei del prossimo anno. Il suo cammino nelle qualificazioni è stato incolore - una vittoria, un pareggio e tre sconfitte prima della sfida di ritorno contro Cipro - ma la vittoria della Lega C della Nations League, l’anno scorso, la mette al riparo per ora da un’eliminazione che sarebbe stata dura da digerire. È strano scrivere una cosa del genere sulla Nazionale caucasica eppure il calcio georgiano sta vivendo il suo rinascimento e può contare su uno dei migliori giocatori al mondo, Kvicha Kvaratskhelia. Che occasione persa sarebbe non riuscire a qualificarsi agli Europei? Contro Cipro, che ha perso tutte le partite del girone e ha una differenza reti di -23, la partita non ha importanza se non quella di mostrare Kvaratskhelia al pubblico di Tbilisi. Il CT della Georgia, che incredibilmente è Willy Sagnol, schiera un 3-5-2 in cui l’ala del Napoli è l’ultima propaggine offensiva. Kvaratskhelia viene avvicinato il più possibile alla porta, ma ha anche la libertà di fare quello che gli pare. Abbassarsi in mediana, allargarsi a sinistra, cercare di dribblare tutti gli avversari o passeggiare in mezzo al campo. La Georgia è il suo salotto di casa e a tutti va bene così, perché senza Kvaratskhelia forse la casa non avrebbe nemmeno il tetto.

L’atmosfera, dentro lo stadio Mikheil Meskhi di Tbilisi, non è però rilassata come il contesto suggerirebbe. Nonostante ci sia poco da giocarsi, tutti si aspettano qualcosa da Kvaratskhelia e appena tocca palla la temperatura si alza, dagli spalti iniziano a sentirsi quegli urli di estasi mista a terrore che lanciavano le fan dei Beatles. Lo stesso Kvaratskhelia non sembra tranquillo, anche se va detto che raramente lo sembra. Gioca con lo stesso nervosismo di sempre, lo sguardo fisso verso l’obiettivo, sembra un predatore che è appena scattato alla rincorsa della sua preda. La palla però non scorre sui suoi piedi con la stessa fluidità di sempre. Al primo possesso non si capisce con un compagno e manda il pallone in fallo laterale. Poi ha diversi momenti in cui prova a dribblare più avversari in sequenza senza riuscirci, quelle fasi della partita in cui Kvaratskhelia sembra pensare di poter sfondare la linea difensiva a spallate. Il gol dell’1-0 riassume bene il suo momento. Kvaratskhelia riceve palla nel suo angolo preferito, quello destro dell’area di rigore avversaria, e inizia a condurre con l’esterno, mentre i difensori di Cipro lo fronteggiano a distanza, come se stessero cercando di accalappiare un cane randagio impazzito. Kvaratskhelia finta un paio di volte il tiro poi, arrivato dentro la lunetta, tira il freno a mano per spostarsi il pallone sul sinistro ma è troppo lento a caricare il tiro e comunque ha almeno tre avversari che gli coprono lo specchio. Il suo tiro, ribattuto all’indietro, viene raccolto da Kiteishvili che, di prima, lo manda all’angolino in basso a sinistra con il piatto, sorprendendo il portiere di Cipro.

Alla fine comunque Kvaratskhelia è riuscito a segnare e a firmare anche un assist, una prestazione che è stata letta dal Corriere dello Sport e da altri giornali italiani come un “messaggio” nei confronti di Rudi Garcia. Tipo: “occhio a cambiarmi la prossima volta”, o forse, più semplicemente, “attenzione che sto tornando". C’è da dire però che quello contro Cipro era il suo primo gol in questo percorso di qualificazione agli Europei. Con la Georgia per Kvaratskhelia si è creato uno strano parallelismo con la sua situazione a Napoli, con una grande stagione passata (in cui ha segnato i 5 gol che hanno permesso alla Georgia di vincere la Lega C della Nations League, tenendola di fatto in vita per la qualificazione agli Europei a più di un anno di distanza) a cui ne è seguita un’altra non all’altezza delle (forse irragionevoli) aspettative che aveva creato.

Anche a Napoli il suo primo gol in campionato è stato atteso con un’ansia molto più palpabile di quella burocratica con cui ormai si attende lo scioglimento del sangue di San Gennaro. Già a fine agosto, nonostante Kvaratskhelia non fosse ancora mai sceso in campo, si parlava di “digiuno che dura da troppo tempo”, prendendo in considerazione anche la seconda metà della scorsa stagione, dove l’ultimo gol su azione risaliva all’11 marzo. La questione ha assunto toni melodrammatici dopo la sconfitta casalinga contro la Lazio e soprattutto dopo il pareggio in extremis contro il Genoa, alla fine del quale l’ala georgiana non era riuscita a contenere il suo disappunto mentre veniva sostituito all’89' da Alessio Zerbin, mentre il Napoli era all’affannosa ricerca della vittoria. Il gol segnato due giornate dopo contro l’Udinese, in una partita vinta nettamente per 4-1, sembrava davvero un sospiro di sollievo. Una rete bellissima che toglieva la polvere sul suo talento, in una partita in cui il Napoli sembrava essersi messo alle spalle la crisi di risultati e le incomprensioni tra l’allenatore e i suoi giocatori. «Abbiamo capito che dobbiamo continuare a vincere, non vincevamo dalla partita con il Sassuolo», ha dichiarato Kvaratskhelia dopo quella partita «Parlando con l'allenatore ci siamo detti che era importante tornare a giocare in questo modo, tenendo il pallone e facendolo girare».

Oggi sappiamo che la vittoria con l’Udinese era solo un fuoco di paglia. Nemmeno due settimane dopo il Napoli ha perso dolorosamente con la Fiorentina, facendo scendere un’atmosfera a metà tra l’apocalisse e l’amministrazione controllata, con De Laurentiis fisso a Castel Volturno per controllare a vista Rudi Garcia, come due personaggi di un film di Sergio Leone. In molti in queste settimane si sono chiesti cosa fosse successo al Napoli dominante della scorsa stagione e quasi tutti si sono risposti che il problema era l’allenatore francese, probabilmente anche lo stesso De Laurentiis che lo avrebbe cambiato volentieri se l’assenza di alternative convincenti sul mercato non l’avesse dissuaso dal fare un cambio in corsa. È un’interpretazione che ovviamente ha il suo fondamento, perché come ha scritto Fabio Barcellona basta veramente poco perché una squadra perda la sua brillantezza (e passare da Spalletti a Rudi Garcia non è poco), ma che forse nasconde una parte della realtà, soprattutto alla luce del fatto che per adesso il Napoli, almeno da un punto di vista statistico, non sembra davvero in involuzione.

Forse allora bisogna tornare alla scorsa stagione, ai problemi che in nuce erano già presenti nella squadra di Spalletti, e che hanno germogliato in questa stagione con l’arrivo di Rudi Garcia. Per Kvaratskhelia questo significa principalmente tornare al doppio confronto con il Milan in Champions League, e in particolare a due momenti. All’andata quando, dopo una manciata di secondi, con la porta priva di Maignan, aveva colpito Calabria con un tiro a botta sicura da dentro l’area piccola, iniziando ad inclinare il piano della qualificazione verso la squadra di Pioli. E al ritorno quando, con il Napoli già sulla via del panico, aveva trasformato la partita in una specie di gigantesco duello individuale con Davide Calabria, uscendone sconfitto. Due momenti che pensavamo figli della contingenza drammatica della partita e che invece ci stavano rivelando qualcosa sul futuro che stiamo vivendo oggi, in cui il contesto di difficoltà li sta facendo riemergere con maggiore chiarezza.

Il primo momento, in particolare, ci parla dei limiti di Kvaratskhelia che ancora non conoscevamo, e che stanno diventando visibili a contrasto con i problemi tattici in cui si sta ritrovando a giocare. Il passaggio da Spalletti a Rudi Garcia per l’ala georgiana sta significando in primo luogo molte più ricezioni al centro della trequarti e soprattutto in area, quasi come se agisse più da seconda punta che da ala vera e propria. Se si prendono i passaggi ricevuti in queste zone di campo da Kvaratskhelia nelle ultime otto giornate prima della vittoria dello scudetto a Udine e nelle prime otto di questa stagione si noterà subito la differenza. Se la scorsa stagione Kvaratskhelia riceveva quasi esclusivamente nel mezzo spazio di sinistra o nel già citato angolo destro dell’area di rigore, in questa le sue ricezioni sono molto più distribuite su tutta la trequarti e ce ne sono molte più in area. Statisticamente, i tocchi in area di Kvaratskhelia sono quasi raddoppiati (da 5.84 a 9.25 per 90 minuti, tutte le statistiche sono di Statsbomb).

Ora, è difficile sapere dove inizi l’indicazione tattica di Rudi Garcia e finisca la ricerca del gol di Kvaratskhelia, che potrebbe aver cercato più o meno inconsciamente di entrare più spesso in area avversaria, come un animale costretto a cercare cibo in nuovi territori per via di un clima che cambia. Sappiamo dai bordocampisti di DAZN che Garcia gli ha chiesto spesso di accentrarsi, e questo spiegherebbe anche la scelta di un terzino più canonico per attaccare l’ampiezza come Oliveira. Guardando le partite, è chiaro che Kvaratskhelia si accentri sistematicamente in determinate situazioni, per esempio nella fase di prima costruzione del Napoli, dove praticamente va ad affiancarsi ad Osimhen, e in fase di pressing, quando chiude verso il centro la linea di passaggio dal centrale di destra verso il terzino da quel lato. Tutto questo porta inevitabilmente Kvaratskhelia a ricevere più spesso in zone centrali della trequarti, e il gioco più diretto impostato da Garcia potrebbe aiutarlo ad arrivare più facilmente in area.

Fatto sta che questa nuova propensione ad occupare il centro e ad attaccare l’area sta portando Kvaratskhelia a ritrovarsi molto più spesso ad avere occasioni pericolose. L’ala georgiana tira molto di più rispetto alla scorsa stagione (i tiri tentati sono passati da 2.82 a 4.89 per 90 minuti) e gli Expected Goals sono più che raddoppiati (da 0.21 a 0.50 per 90 minuti). Questo di per sé non sarebbe una cattiva notizia, e anzi, con Kvaratskhelia più centrale si sono viste diverse belle associazioni con Zielinski e Raspadori su cui forse si potrebbe costruire un Napoli diverso in futuro. Il problema, però, è che la lucidità del georgiano sotto porta non sembra essere più la stessa. L’accuratezza di tiro, cioè la percentuale di tiri che finiscono nello specchio della porta, è calato (passando dal 35 al 21%), mentre il tasso di conversione, ovvero la percentuale di tiri che viene trasformata in gol, è proprio crollato (passando dal 12 al 4%). Il risultato è questo: un solo gol da 28 tiri e 2.9 Expected Goals.

C’è stata un’azione, nell’ultima partita di Champions contro il Real, che ha mostrato quasi tutto. Al 66', sul risultato di 2-2, il Napoli ha recuperato una palla a centrocampo dopo una respinta di testa corta di Tchouameni ed è partito immediatamente in verticale. Il pallone è passato velocemente da Anguissa a Zielinski e da Zielinski a Kvaratskhelia, che ha ingannato Carvajal fintando di allargarsi sull’esterno per poi tagliare verso l’area, alle sue spalle. Il numero 77 è così entrato in area con lo specchio della porta completamente libero ma al momento del tiro inspiegabilmente ci ha pensato un momento di troppo, permettendo a Rüdiger di respingergli la conclusione.

Ovviamente questo è solo un momento e il calcio è fatto di momenti che si susseguono. Nulla esclude che le percentuali realizzative di Kvaratskhelia inizino a migliorare già dalla prossima giornata così come nulla esclude che il gioco offensivo del Napoli inizi a deteriorarsi altrettanto velocemente. Insomma non è impossibile che il georgiano inizi a segnare gol più difficili avendo meno occasioni. D’altra parte, è quello che il palo terrificante preso con l’Udinese sembra suggerire.

È vero però che questo primo scampolo di stagione ci lascia l’impressione di conoscerlo un pochino meglio, al di là dei singoli momenti delle partite (d’altra parte ce l’abbiamo sotto gli occhi da poco più di un anno). Kvaratskhelia cerca sempre di caricarsi il peso del mondo sulle spalle, ma quando le cose si fanno difficili ci prova con ancora più forza e ostinazione, isolandosi dal resto della squadra nel tentativo di fare cose sempre più difficili. C’è un senso di solitudine nella generosità di Kvaratskhelia, che cerca la giocata risolutiva con sempre maggiore insistenza quando sente che il Napoli ne ha più bisogno. Arrivato al picco di claustrofobia in queste prime giornate, anche Rudi Garcia ha cercato di scuoterlo: «Se pensa ossessivamente solo al gol, non lo farà. Deve giocare con leggerezza e aiutare la squadra». Lui stesso ha ammesso che «non segnare per sei mesi rende nervosi». Sono stati diversi i momenti, in questo inizio di stagione, in cui Kvaratskhelia ha provato a passare attraverso i corpi, provando a dribblare tre o addirittura quattro uomini contemporaneamente per arrivare in porta.

Sarebbe ingeneroso farne però solo una questione psicologica, di personalità, quando il problema ha anche radici in campo. Da questo punto di vista di certo Rudi Garcia non aiuta. Non aiuta psicologicamente perché cerca di responsabilizzare i suoi giocatori chiedendogli di mostrare chi sono in campo, che abbiamo capito è la cosa da non dire a Kvaratskhelia (ma nemmeno a Osimhen). Ma non aiuta nemmeno tatticamente perché in effetti non è colpa solo dell’ostinazione se Kvara è più solo in campo. Rispetto alla scorsa stagione manca un terzino più propenso a venire a giocare dentro il campo come Mario Rui, come ha fatto notare anche l’agente del portoghese (certo, non proprio un’osservazione disinteressata). Manca, quando il Napoli si schiera con un più rigido 4-2-3-1, una mezzala da quel lato come Zielinski, che gli permetta di avere un appoggio al centro e un fulcro creativo che gli dia la possibilità di andare oltre la linea difensiva avversaria. Manca, e questa è forse l’assenza più sottovalutata, anche un centrale da quel lato come Minjae, che con la sua progressione palla al piede si spingeva anche in zone inesplorate della trequarti, dove contribuiva a distogliere le attenzioni dal georgiano. In generale manca una struttura che permetta al Napoli di giocare più in alto sul campo, con più uomini vicino al pallone, che aiuti persino un dribblatore fenomenale come lui a non dover trovare una soluzione nuova ogni volta. Il paradosso di un sistema basato sull’ordine e sull’occupazione razionale degli spazi che viene in aiuto di un giocatore istintivo che fa dell’improvvisazione il suo punto di forza.

Forse è inutile parlarne ora che tutto questo non c’è più. Non c’è Spalletti, con il suo gioco codificato, che lo aiutava a mascherare i suoi limiti. Non c’è nemmeno Rudi Garcia, per quello che ne sappiamo, sostituito da una strana entità bifronte - metà allenatore francese, metà produttore cinematografico romano. Per il prossimo mese e mezzo non ci sarà nemmeno Osimhen, messo fuori da un infortunio muscolare. In questo vuoto, ora più che mai nei momenti di bisogno, tutti dentro al Maradona alzeranno lo sguardo in direzione di Kvaratskhelia, nell’attesa che faccia qualcosa.

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