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Classici: Athletic Club-Manchester United '12
09 mar 2022
09 mar 2022
Manifesto del calcio di Bielsa.
(articolo)
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«Ricordo di aver parlato con (l'analista del club) Tony Strudwick pochi giorni dopo quella partita e mi ha detto che ha dovuto guardare le statistiche tre volte per crederci. Ha detto che erano fuori scala in termini di corsa, non aveva mai visto nulla di simile all'Old Trafford».

Gary Neville

A fine febbraio Bielsa è stato esonerato dal Leeds: era al punto più basso della sua esperienza inglese. Al termine di quel mese la squadra, con un calendario tosto e molte assenze di uomini chiave, ha incassato 20 gol in 4 partite, sprofondando in zona retrocessione.

Negli anni Bielsa è diventato un'icona, il simbolo di un certo tipo di discorsi, e un suo esonero non lascia indifferenti. I suoi detrattori ricordano i suoi fallimenti con gusto sadico, ma sarebbe come ricordare solo i momenti brutti di una storia d'amore. Quando sono i tifosi delle squadre allenate da Bielsa a parlare, è difficile trovare qualcuno che non rivivrebbe tutto il periodo sotto il carismatico argentino da capo, pur sapendo che finirà male. Anche perché le squadre che ha scelto di allenare in Europa non sono mai squadre semplici: l’Espanyol, l’Athletic Club, l’Olympique Marsiglia, il Lille, il Leeds. E nel caso della sua esperienza nei Paesi Baschi, in Provenza e nello Yorkshire parliamo sempre di piazze calde e con un passato illustre, giganti dormienti per diversi motivi.

Cade in questi giorni il decennale di uno dei punti più alti dell’esperienza Bielsa in Europa, forse il momento in cui il continente si è accorto delle potenzialità del suo modello di gioco. Quel momento è arrivato quando 13 ragazzi baschi (con un'età media di 23 anni) sono andanti a battere il Manchester United di Ferguson a Old Trafford. Non una squadra qualsiasi ma la finalista della Champions League la stagione precedente. Lo hanno fatto giocando il calcio di Bielsa nella versione più pura, creando una di quelle grandi notti del giovedì sera che ancora profumano del loro entusiasmo.

L'Athletic è la squadra più ideologica d’Europa, e sulla sua panchina sedeva l’allenatore più ideologico del calcio contemporaneo. Senza compromessi e dominando ha vinto a casa dei vecchi maestri anglosassoni. Sir Alex Ferguson non ha risparmiato i suoi complimenti a fine partita: «È stata una prestazione eccezionale da parte loro, non solo per la qualità, anche la loro energia è stata incredibile. Hanno le statistiche più alte di qualsiasi squadra che ha giocato all'Old Trafford negli ultimi 10 anni, in termini di distanza percorsa. Sono molto determinati e organizzati, hanno una grande fiducia in sé stessi. Questo è il segno distintivo del loro allenatore. Ha instillato queste qualità nella sua squadra».

Come nel resto della penisola iberica il calcio nei Paesi Baschi è stato portato a fine ottocento dalle navi, sono loro a giocarlo per primi nei porti e a insegnarlo ai locali. Forse per la vicinanza geografica (è la regione più a nord est della penisola), sicuramente per il clima atlantico piovoso, da sempre il calcio basco è il figlio prediletto di quello inglese.

L'Athletic Club, la principale squadra basca, è stata fondata da britannici e il nome stesso è in inglese. Tra le storie che circolano sul perché ha il biancorosso come colori sociali due fanno riferimento all’Inghilterra: una dice che era la maglia del Southampton, la città portuale “gemella” di Bilbao e da dove venivano la maggioranza dei primi britannici in squadra; l’altra è che una volta arrivati i giocatori in Inghilterra per rifornirsi di maglie nuove non hanno trovato quelle bianco-blu che volevano e hanno ripiegato per le più comuni biancorosse. La terza dice che semplicemente le strisce biancorosse vengono dalla fodera dei materassi dell’epoca, il materiale più economico per fare le maglie e già origine delle maglie dell’Atlético di Madrid, la squadra fondata dagli studenti baschi della capitale.

Curiosamente per questa partita l’Athletic non si presenta con la sua prima maglia ma con una seconda, verde, con due bande una rossa e una bianca: un richiamo diretto alla bandiera dei paesi baschi. Una dichiarazione d'appartenenza.

Storicamente il calcio dell’Athletic Club è diretto, grintoso, aggressivo: è questa l'influenza britannica. Per questo l’incontro con Bielsa è stato amore a prima vista: il pressing forsennato, il coraggio col pallone e l’audacia offensiva non potevano non toccare le corde giuste della tifoseria. Pioggia, ritmi alti, 8000 tifosi baschi nel settore ospiti a fare casino: più che una partita di marzo d'Europa League sembra uno scontro d’alta classifica della Premier League. L’ambiente non è da sottovalutare come parte integrante del successo dell’Athletic Club. La scelta ormai centenaria di costruzione della rosa è stranota, come la riassume Wikipedia: «Il club è noto per la sua politica di tesseramento di soli giocatori baschi o di origini basche (sia di Hegoalde che di Iparralde), oppure che si siano formati nelle giovanili di un club basco».

È un piano che mette un tetto allo sviluppo possibile della squadra, ma permette anche un’identificazione totale tra giocatori, squadra e tifosi. Il calcio di Bielsa per poter funzionare al meglio risente tantissimo del fattore mentale e durante la partita si nota come i giocatori sembrano a volte veramente dare un qualcosa extra in termini di sforzo fisico.

Sembrano correre più veloci, essere sempre al punto giusto al momento giusto. Sembrano giocare con un uomo in più in campo. Una sensazione che in Italia abbiamo avuto qualche anno dopo, quando è esplosa l’Atalanta di Gasperini, che pur arrivandoci da un altro percorso è giunto sostanzialmente a vedere il calcio come Bielsa, dalle marcature alle catene di fascia. Questa è la partita che porta sulla bocca di tutti nomi che poi si divideranno tra chi rimarrà e chi andrà via da Bilbao per le grandi squadre del continente: Javi Martinez che andrà al Bayern; Ander Herrera proprio al Manchester United; Fernando Llorente alla Juventus.

Le due squadre si erano incontrate solo un’altra volta, nei quarti di finale della Coppa dei Campioni nel 1957. I baschi avevano vinto 5-3 a Bilbao ma il Manchester United aveva passato il turno col 3-0 al ritorno. Una partita curiosamente giocata al Maine Road, lo stadio del Manchester City perché l’Old Trafford era ancora danneggiato dai bombardamenti nazisti. Poco più di cinquant’anni dopo il Manchester United è una delle corazzate del calcio mondiale, Ferguson è alla sua ventiseiesima stagione alla guida della squadra, ha vinto tutto più volte. La presenza del club in Europa League è un caso: è la squadra campione in carica della Premier League ed è la finalista della precedente Champions League. Per la prima volta però si è fermato al terzo posto nel girone della Champions.

Le azioni principali della partita.

La prima conclusione pericolosa dell'Athletic è al terzo minuto: Llorente da fuori sfiora il palo alla sinistra di De Gea. Muniain controlla male un lancio che l’aveva messo lanciato fronte al portiere, poi c'è una richiesta di rigore per una trattenuta su Llorente. A passare in vantaggio però è il Manchester United alla prima occasione. Al minuto 22 Giggs riesce finalmente in una conduzione prolungata fino in area. Lì serve Hernandez, che con una finta di tiro manda fuori intervento i due avversari che si frapponevano tra lui e la porta e va poi alla conclusione con l’altro piede. Il tiro è strozzato e abbastanza centrale, ma il portiere Iraizoz lo respinge male, poco davanti a lui, proprio sui piedi di Rooney, che segna uno dei gol più facili della sua carriera.

Il gol mostra uno dei problemi strutturali del sistema di Bielsa, figlio stesso del peculiare stile di gioco: «Il principale difetto dell'Athletic è la sua impazienza. Sono troppo ansiosi, cercano la porta avversaria con troppo entusiasmo, cosa che finisce per costare loro imprecisione e molti problemi nella transizione difensiva» scriveva a suo tempo Ecos del Balon. Anche a Manchester, l’Athletic Club è così votato all’attacco da trascurare cose come le marcature preventive. Ogni contrasto pare una questione di vita o di morte. Alcune zone di campo rimangono sguarnite e se salta un intervento viene fuori una transizione difensiva da panico. In questo caso sono in superiorità numerica in area ma comunque vengono tutti mandati a vuoto da una semplice finta di tiro.

È questo entusiasmo, però, a mantenere i ritmi alti e a trasmettere agli avversari un senso di accerchiamento. I giocatori dell'Athletic sembrano arrivare da tutte le parti. Il gol, insomma, non li destabilizza, semmai gli dà un ulteriore carica. L’Athletic Club non solo occupa tutti i corridoi verticali del campo, ma ha i giocatori che si sganciano dalla loro posizione per inserirsi in area se lontani dal pallone. Appena può lancia in verticale, mettendo sotto stress la linea difensiva dello United. Per paura di concedere la profondità, la linea della squadra di Ferguson finisce per schiacciarsi verso la propria porta, compattando le linee. L’Athletic Club continua a sviluppare gioco grazie ai triangoli ravvicinati, arriva fino all’area avversaria e lì manca solo la precisione nell’ultimo passaggio. Anche se sotto nel punteggio il piano gara di Bielsa è quello giusto e alla lunga una delle tante occasioni create porterà al gol.

Il pareggio arriva sul finire del primo tempo. Per l’ennesima volta il terzino destro Andoni Iraola gestisce libero il pallone al limite dell’area, con una pausa permette al compagno Susaeta di ricevere con il tempo e lo spazio giusto per far partire un cross morbido in area per la testa di Llorente.

Andoni Iraola non è un terzino basco classico: certo ha la classica capacità di ripetere lo sforzo e arrivare sul fondo per il cross con continuità, ma ha una tecnica sobria perfetta soprattutto nel gioco corto. Sa gestire il pallone in spazi stretti, è bravo a costruire naturalmente triangoli quando è nella trequarti avversaria: «Alla fine io ho la necessità di associarmi, non posso crearmi da solo la giocata». Un terzino che attrae il pallone in modo quasi naturale, a modo suo la versione basca di Philipp Lahm. Ronaldinho lo aveva nominato come l'avversario più difficile che ha affrontato nella Liga per la facilità con cui gestisce il pallone e fa ripartire la manovra una volta recuperata palla.

Bielsa utilizza la marcatura a uomo per pressare invece che per ripiegare: oggi per noi è normale in Serie A, ma che dieci anni fa sembrava un paradosso tattico che solo un matto poteva pensare di usare contro le grandi squadre. Il Barcellona di Guardiola usava la pressione alta soprattutto dopo la perdita e il Borussia Dortmund di Klopp aveva rivoltato la Bundesliga nell’ultimo biennio spingendo tutto sulla riaggressione. L’idea di pressare a uomo per andare a recuperare alto il pallone in ambito europeo non si era ancora vista. Se negli occhi rimangono le triangolazioni continue e i movimenti in verticale, è il pressing che muove e disordina gli avversari, sottraendoli alla loro zona di comfort.

Iraola è il segreto per nulla nascosto della manovra dell’Athletic Club e per questo Bielsa ha scelto di mettergli davanti un altro giocatore associativo e tecnico, Markel Susaeta, invece di un’ala che dribbla in isolamento. La catena di fascia destra è quella dove si cercano sviluppi più sofisticati; nel mezzo spazio di destra agisce il regista Iturraspe, dal corpo lungo e il passo cadenzato, che gioca passaggi corti a massimo due tocchi. Nel periodo di apogeo della figura di Sergi Busquets ne è sembrato per un brevissimo periodo la risposta basca. Come difensore centrale di destra gioca il campione del mondo Javi Martínez, che in estate passerà al Bayern. La fascia sinistra è quella più diretta, è affidata al talento raggiante di un Iker Muniain, diciannovenne e ancora lontano dal calvario fisico che lo attanaglierà in futuro. Alle sue spalle, a proteggerlo, un terzino più classico come Aurtenetxe.

Nel Manchester United manca per infortunio la difesa titolare storica con Vidic e Rio Ferdinand, sostituiti dalla riserva John Evans e dal giovane Chris Smalling. Davanti a loro un centrocampo peculiare, col 37enne Ryan Giggs al centro accanto all’adattato centrale ventenne Phil Jones, arrivato in estate dal Blackburn. Anche gli altri due principali acquisti estivi sono titolari: De Gea in porta e Ashley Young sulla fascia. Il sistema di gioco è quello con cui il Ferguson post-Cristiano Ronaldo ha comunque mantenuto la supremazia in Premier League: un 4-4-1-1 con Rooney al centro della trequarti a fare pentole e coperchi, una punta davanti a lui a dare profondità, ovvero Chicharito Hernandez, e un grande lavoro fisico delle ali Young e Park. Un netto passo indietro nel potenziale offensivo rispetto alla fluidità del fronte d’attacco con cui ha vinto la Champions League 2008, ma più solidità. È un sistema in cui non si risparmia nessuno nelle coperture difensive: la stella Rooney dà l'esempio in questo senso.

Questa solidità strutturale del Manchester United però ha aiutato il piano gara di Bielsa, perché difendendo col 4-4-2 dalle linee strette tendenti a contenere, la squadra di Ferguson ha lasciato la superiorità numerica all’uscita palla dell’Athletic Club, e al triangolo di destra Iraola-Martinez-Iturraspe. Questo era sempre in situazione di 3 contro 3 per questioni geometriche: Giggs, Park e Rooney arrivano in pressione singola perché non c’era un meccanismo di pressing elaborato. Finivano per essere manipolati e aggirati facilmente.

Ora sarebbe impensabile lasciare incontrastata l’uscita del pallone di una squadra di Bielsa, e forse Ferguson l'aveva sottovalutata, o forse il Manchester United - semplicemente - non si adattava all'avversario. Fatto sta che l’Athletic Club aveva la fonte principale della sua manovra in grado di sgorgare liberamente. Quando arriva al limite dell’area succede sempre qualcosa, soprattutto visto che a ricevere gli assist c'è un Fernando Llorente in forma smagliante.

Il centravanti basco è al picco della sua carriera, l’evoluzione della specie delle prime punte basche fortissime di testa. A 27 anni Llorente è abbastanza tecnico e mobile da poter appoggiare sempre la manovra in verticale ed è sempre abbastanza grosso da essere poi punto di riferimento dei cross in area. La punta perfetta per il calcio di Bielsa. Dirà poi di non aver mai incontrato un allenatore così esigente, e il loro rapporto finì per logorarsi, come successe vent’anni prima tra Sacchi e van Basten.

Il secondo tempo è se possibile ancora più a favore dell’Athletic Club, con lo stesso canovaccio di gioco. Le loro energie sembrano inesauribili, i giocatori arrivano a ripetizione col pallone in area avversaria. De Gea è di gran lunga il miglior giocatore del Manchester United, e nella prima mezz'ora salva due volte un gol fatto di Muniain. Bielsa ha l'aria disperata a bordo campo. Nemmeno i cambi di Carrick, Anderson e Nani a centrocampo cambiano l’inerzia. La frenesia con cui Ferguson fa i cambi, però, col terzo arrivato al minuto 75, dà l'idea del senso di difficoltà.

Pochi minuti prima l'Athletic era passato in vantaggio con l’ennesimo scambio in spazi ristretti al limite dell’area tra tre giocatori, mentre De Marcos taglia verso l’area. Quando questi viene raggiunto da un morbidissimo pallonetto di Ander Herrera a scavalcare la difesa, può impattare libero il pallone e lo incrocia sul palo opposto.

In spagnolo si utilizza l’espressione “aprire la lattina” per rendere l’idea di cosa succede col gol del vantaggio. L’entusiasmo immediato che segue porta i tifosi baschi a sovrastare sonoramente quelli inglesi per il resto della partita. Lo United è stremato ma è obbligato a cercare quantomeno il pareggio; le squadre quindi si allungano: le occasioni arrivano in modo diverso, ma continuano ad arrivare. Sul finale arriva quindi il gol del 3-1: Muniain corregge in porta una respinta di De Gea su un altro tiro incrociato di De Marcos. Lo stato psicofisico dei giocatori dell’Athletic Club rispetto a quelli dello United è impressionante, soprattutto visto che solitamente era secondo Bielsa: «Ferguson mi ha detto che non era sorpreso che l'Athletic avesse vinto, che era all'interno di ciò che era possibile e che lui non era sorpreso di quanto la squadra avesse corso per essere alla pari con loro. Quello che lo sorprese fu che il giorno della partita, la mattina stessa, la mia squadra si era allenata un'ora e mezza. Non ho mai dimenticato questo suo commento».

Il rigore segnato da Rooney nei minuti di recupero salva un minimo la faccia in vista del ritorno a Bilbao. Una settimana dopo il gol di Llorente al minuto 23 mette in chiaro le cose e permette di gestire con maggiore tranquillità l'arrembaggio inglese. Il gol di De Marcos al 66 chiude definitivamente ogni speranza, ancora una volta Rooney accorcia nel finale, ma a giochi già fatti. De Gea a fine partita: «Abbiamo affrontato una squadra superiore in questa eliminatoria. Bisogna congratularsi con l'Athletic Club perché hanno giocato il calcio migliore e hanno meritato di vincere. Se possono batterci, possono battere chiunque e arrivare in finale. Sono una squadra spettacolare. Ci hanno sorpreso molto all'Old Trafford, dove ci hanno attaccato con forza e ci hanno pressato duramente. Non ce lo aspettavamo.»

Il Manchester United perderà all’ultimo minuto dell’ultima giornata il titolo a favore dei rivali cittadini. È la partita del gol di Agüero, che farà sbiadire il ricordo dell'eliminazione in coppa nell'immaginario dei tifosi. Quella successiva sarà l'ultima del leggendario allenatore scozzese. In Inghilterra il suo Manchester United rimaneva la squadra da battere, ma quando si affacciava a livello continentale scopriva di essere impreparato rispetto alle nuove tendenze del calcio europeo. L’anno prima era stato spazzato via dal Barcellona di Guardiola e l’anno dopo l’eliminazione di Bilbao viene vivisezionato dal Real Madrid verticale di Mourinho.

Quel Barcellona e quel Real Madrid erano due tra le migliori squadre degli ultimi 20 anni, l’Athletic Club era un'altra cosa, la loro è stata un'impresa davvero d’altri tempi. Un lampo destinato a non durare, per la natura stessa del calcio contemporaneo e per la natura stessa di Bielsa. Forse proprio per questo è la partita da far vedere a chi non capisce cosa ci sia di tanto affascinante in questo personaggio. Le squadre di Bielsa sanno di non poter vincere sempre, ma trovano sempre il modo per togliersi delle soddisfazioni, rimanendo sempre fedeli alle loro idee.

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