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Dario Pergolizzi
Come l'Argentina ha sorpreso la Croazia
14 dic 2022
14 dic 2022
Forse la migliore partita dell'Albiceleste in questo Mondiale.
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Dario Pergolizzi
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Peter Dovgan/UK Sports
(foto) Peter Dovgan/UK Sports
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Qatar 2022 si porta dietro questioni problematiche. In questo articolo abbiamo raccolto inchieste e report che riguardano le morti e le sofferenze ad esso connesse.

Quattro anni fa, nella seconda partita del girone dei Mondiali russi, un’Argentina in totale confusione veniva schiacciata per 3-0 dalla Croazia che poi avrebbe conquistato la finale. Nonostante il passaggio del turno sia poi stato conquistato, si è trattato forse del momento più basso di quel Mondiale per l’Albiceleste. È ironico, forse anche significativo se vogliamo, che oggi possiamo dire con ragionevole certezza che le scorie di quel mondiale nervoso e malinconico sono state del tutto smaltite dopo una vittoria dell’Argentina per 3-0 sulla Croazia.

La partita è iniziata in un contesto forse inaspettato, con la Croazia che è riuscita sin dai primi minuti a controllare il pallone decisamente più dell’Argentina. La squadra di Dalić, nonostante sia stata spesso esaltata per la sua solidità difensiva, anche nel corso di questo stesso Mondiale aveva già mostrato la sua capacità di palleggio. Quello che forse non era troppo scontato, però, era che riuscisse a imporlo a scapito dell’Argentina, una Nazionale certamente imperfetta e non asfissiante col pallone, ma altrettanto incline al possesso. Difficile dire se si sia trattato più di un’imposizione di carattere e qualità dei croati, di una difficoltà della squadra di Scaloni nel recuperare il pallone o di una scelta strategica consapevole, ma di fatto l’Argentina si è trovata a trascorrere la maggior parte del tempo in assetto difensivo, senza peraltro sembrare di poter impensierire in ripartenza l’avversario, né di riuscire a interromperne il flusso dei passaggi, avendo però il merito di non farlo entrare in area praticamente mai.

Durante la costruzione della Croazia, l’Argentina si disponeva con un 4-4-2 che vedeva MacAllister e De Paul come esterni della seconda linea, pronti a saltare verso i terzini croati. Alvarez aveva molte più responsabilità di Messi in termini di schermatura del vertice basso della Croazia, Brozovic, mentre Enzo Fernandez e Paredes cercavano di orientarsi su Modric e Kovacic.

Quando il possesso era argentino, invece, la Croazia portava Pasalic in ripiegamento sull’avanzamento del terzino sinistro Tagliafico e abbassava Perisic sulla linea dei centrocampisti, lasciando il solo Kramaric davanti. De Paul si portava al centro del campo, formando un trio con Paredes davanti alla difesa ed Enzo Fernandez sulla sinistra, e sullo stesso lato di quest’ultimo MacAllister si alzava stringendo la sua posizione.

Di questa partita abbiamo parlato anche nel nostro podcast riservato agli abbonati, Che Partita Hai Visto. Se non lo avete ancora fatto, potete abbonarvi andando qui.

Fino alla metà del primo tempo nessuna delle due squadre è riuscita a creare opportunità serie nell’ultimo terzo di campo. Da un lato, l’atteggiamento difensivo dell’Argentina sembrava più incline al negare opportunità di progressione che alla creazione attiva di ripartenze; dall’altro, la circolazione sicura dei croati non è riuscita a trovare sfoghi tra le linee o in profondità, mentre lateralmente si trovava chiusa dai raddoppi dei due giocatori di fascia dell’Albiceleste.

Sia per la Croazia che per l’Argentina, la zona più attiva nella circolazione del pallone è stata quella a sinistra, con delle differenze che raccontano anche delle caratteristiche delle due squadre. I croati palleggiavano portando a volte tutti e tre i suoi centrocampisti sul lato forte, privilegiandone le connessioni a scapito di un’occupazione simmetrica degli spazi, con Modric che aveva libertà di interpretare la situazione scegliendo se aspettare il cambio gioco sulla destra o avvicinarsi. A inclinare il campo verso sinistra c'era anche il fatto che la Croazia potesse contare da quel lato sulla presenza di Gvardiol, che tendeva ad allargarsi e partecipare al palleggio come soluzione sicura per il riciclo. Come si vede in questo lungo possesso, la Croazia riusciva a tenere palla trovando a tratti anche delle ricezioni interessanti negli spazi tra i giocatori argentini, senza però riuscire mai a orientarsi in maniera funzionale per portare l’attacco alla linea difensiva.

I centrocampisti croati tutti vicini al pallone.

Scivolando verso sinistra, anche Perisic andava spesso incontro al pallone o comunque verso l’interno del campo, con Sosa che avanzava. A esaltarsi in questo contesto sono stati soprattutto il solito Modric e Kovacic, gli unici croati che sembravano davvero in grado di far saltare lo stallo con una giocata illuminante o con una conduzione tagliente in qualsiasi istante. La densità attorno al pallone in questa zona, inoltre, non rendeva semplice per l’Argentina ripulire il possesso una volta riconquistato. Nonostante tutto questo, la Croazia non è però riuscita però a essere produttiva.

Anche l’Argentina, come detto, inizialmente non è riuscita a trovare giocate illuminanti, sia per la compattezza della Croazia che per diverse imprecisioni di esecuzione. I possessi della prima parte di gara iniziavano soprattutto sul lato sinistro del campo, con Messi che, come ha scritto una volta Simon Kuper, sembrava più occupato a scansionare le dinamiche di gioco di compagni e avversari che a gestire il possesso. Gradualmente, però, il numero 10 dell'Argentina si è calato nella partita, scendendo più spesso a raccogliere palla.

Le diverse dinamiche di uscita da dietro dell’Argentina in base al lato di sviluppo.

Quando invece l’Argentina provava a salire da destra, De Paul si allargava spesso nello spazio lasciato libero dall’avanzata di Molina, cercando di aprire una linea di passaggio diretta verso Messi, che però l’Albiceleste non è riuscita a sfruttare fino a vantaggio ampiamente acquisito, soprattutto perché la Croazia era abile a stringere sul numero dieci, oscurando o sporcandone le ricezioni e spingendolo indietro.

In questo contesto, insomma, sembrava difficile immaginare l’Argentina trionfare così come ha fatto alla fine dei novanta minuti. Se però è vero che tutte le partite possono cambiare all’improvviso, lo è tanto di più in una semifinale mondiale. Così succede che una delle coppie difensive più performanti del torneo, durante una partita fino a quel momento in controllo, va in tilt su un’azione apparentemente leggibile dai cui sviluppi nasce poi un rigore. L’azione è iniziata in maniera un po’ confusionaria dall’Argentina, con Otamendi che porta palla sul centrosinistra e Paredes che gli va incontro fino quasi a scontrarcisi. Il passaggio del difensore del Benfica, forse indirizzato a Mac Allister, viene sporcato da Modric e il rimpallo va a finire sui piedi di Enzo. È a questo punto che iniziano i guai per la Croazia.

La squadra di Dalic infatti ha un attimo di distrazione e non riesce a pensare di reparto. Lovren, che si era allargato leggermente per dare copertura all’uscita di Juranovic su Enzo, scappa immediatamente all'indietro, forse aspettandosi di essere coperto da Gvardiol alle spalle. Gvardiol però è proprio distratto e rimane passivo: forse a quel punto un difensore più reattivo di Lovren, o meglio estremamente reattivo, avrebbe potuto capire la situazione e fare un passo in avanti invece che indietro, mettendo Alvarez in fuorigioco. Ma lo stesso si può dire dei suoi compagni che a loro volta avrebbero potuto adeguarsi alla sua scelta, tanto più che potevano vedere tutto lo sviluppo dell’azione. Un’incompatibilità di scelte generale forse propiziata proprio dalla carambola del pallone su Modric, oppure dalla stanchezza accumulata durante il Mondiale, non possiamo saperlo. In ogni caso è in questo modo che si è aperta una corsia preferenziale verso la porta per Julian Alvarez.

Il 2-0, arrivato pochi minuti dopo, partito da un contropiede su un calcio d’angolo per la Croazia, rappresenta ancora una volta la caparbietà verticale di Julian Alvarez e l’eleganza di Messi nel crearne i presupposti. È stato il numero 10 infatti a saltare la pressione di Brozovic, e sebbene gli sviluppi successivi siano stati rocamboleschi, si è trattato forse dell’azione che ha cambiato anche i paradigmi offensivi del resto della gara.

Da quel momento, infatti, la gestione difensiva della Croazia è stata molto più difficile, forse anche per una nuova insicurezza: Messi ha iniziato a sbucare da ogni lato e schivare i contrasti di Gvardiol, Julian Alvarez ha continuato a muoversi come una scheggia, stirando le distanze, Mac Allister alle loro spalle si muoveva in loro funzione rimanendo pronto per riaggredire. A nulla sono servite le sostituzioni offensive di Dalić, che aveva provato a passare a un 4-2-3-1 con Perisic terzino e Orsic, Petkovic e Vlasic dietro Kramaric sostituendo Sosa, Pasalic e dopo pochi minuti Brozovic. L’Argentina è riuscita infine a mantenere l’inerzia dalla sua parte, anche grazie al passaggio alla difesa a tre con l’inserimento di Lisandro Martinez. A quel punto mancava solo l'ultimo assolo di Messi: l’assist a rimorchio per Alvarez dopo aver volteggiato su Gvardiol partendo dalla linea laterale ad altezza trequarti.

Al di là del talento di Messi, comunque, per l'Argentina l'aver neutralizzato una squadra ostica come la Croazia giocando una partita con un atteggiamento a tratti in discontinuità con quanto mostrato nelle precedenti è sicuramente un’affermazione forte in vista della finale, dove la squadra di Scaloni troverà una tra Marocco e Francia. Dimostrando di saper gestire la partita anche contro un avversario in fiducia e abile nel muovere il pallone, l’Argentina ha potuto permettersi di attendere il momento propizio, e ha saputo esaltare il momento straordinario di Messi, che ha colmato il gap tecnico con la Croazia e con le sue giocate ha messo la partita mentalmente in discesa.

Quello tra Messi e l'Argentina è un rapporto inscindibile, la squadra per il singolo e il singolo per la squadra. Una base di partenza necessaria per poter giocare nel migliore dei modi una finale di Coppa del Mondo. Gli avversari, qualsiasi essi siano, sono avvertiti.

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