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Emanuele Atturo
Annamaria Serturini: divertirsi facendo il lavoro più bello
22 lug 2023
22 lug 2023
Abbiamo intervistato la talentuosa attaccante della Roma.
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Emanuele Atturo
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Foto di Giuseppe Romano
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Il torneo che si giocherà in Australia e Nuova Zelanda sarà un’altra pietra miliare dello sviluppo del calcio femminile, che negli ultimi anni ha conosciuto una crescita enorme, anche in Italia. Questo grazie alle atlete che fanno grande il movimento, e agli investimenti di sponsor come Nike, che fin dall’inizio supporta il calcio femminile. Con i kit disegnati sul corpo delle donne e la tecnologia che le aiuta nelle performance.Abbiamo intervistato quattro grandi calciatrici italiane, parlando con loro del momento del calcio femminile e di quanto Nike sia importante in questa crescita.Dopo Elisa Bartoli e Valentina Bergamaschi, è il turno di Annamaria Serturini, attaccante della Roma campione d'Italia, intervistata da Emanuele Atturo e ritratta dalle foto di Giuseppe Romano.La storia del calcio femminile, in Italia, è una storia di pioniere. Una storia di ragazze partite dalla provincia italiana per inventare strade, costruire ponti, rompere barriere. Annamaria Serturini ha raccolto quest’eredità e la sta portando avanti. Ha vissuto l’età antica di questo sport, ma anche il suo progresso, e ora gioca nei maggiori stadi internazionali. Ha giocato sui campi di cemento, cadendo sulla sabbia, sbucciandosi le ginocchia. Ha giocato all’Olimpico davanti a 40mila persone e al Camp Nou davanti a 60mila. Ha fatto gol su campi periferici incastonati tra un parcheggio e l’altro, in mezzo alle case popolari; e ha segnato sullo stesso prato perfetto calcato da Ronaldinho, in un quarto di finale europeo. Ha iniziato a giocare indossando maglie da uomo, e ora veste quelle che Nike ha disegnato attorno al corpo femminile. Ha segnato il primo gol del suo club, la prima doppietta. È stata la prima calciatrice a raggiungere le 100 presenze: ha solo 25 anni. È giovane e veterana, ha già raggiunto molto ma è ancora ambiziosa. La storia di Annamaria Serturini è la storia degli ultimi anni di calcio femminile in Italia, ed è una storia partita da Alzano Lombardo, un paese della Val Seriana di 900 persone dove a calcio giocavano solo maschi. I suoi genitori le compravano le bambole e lei le staccava la testa per giocarci a calcio. «I miei genitori hanno capito subito che di bambole era meglio non comprarne. Appena entravano in casa le prendevo a calci, allora hanno capito che dovevano comprarmi un pallone». Siamo nel primo decennio del 2000, la calciatrice per una donna non è ancora un lavoro. Però il cugino di Anna gioca a calcio e suo fratello fa il portiere, le trasmettono questa passione ma non è semplice. Cosa deve fare una bambina che vuole giocare? [gallery columns="8" ids="93378,93379,93380,93381,93382"] «A 12 anni dovevo andare a Bergamo che era molto distante, quindi mia mamma ha dovuto fare una scelta, ha deciso di lasciare il suo lavoro e mi ha dato questa possibilità. Mi ha permesso di cominciare il mio percorso». Ogni giorno sua madre la accompagna a Bergamo, e poi ancora più lontano, a Brescia, dove fa un anno di Primavera e tre di prima squadra. «Se sono arrivata qui lo devo tanto ai miei genitori, a mio zio, a mia mamma che ha deciso di lasciare il lavoro per aiutarmi a dedicarmi a questo sport». Era sempre la più forte della squadra, segnava sempre 3 o 4 gol a partita. Lei è piccola, ma sente che c’è qualcosa di speciale: «Mi davano la fascia da capitano e sentivo i genitori delle altre squadre dire “Ci sta una femminuccia”…». Ha appena 15 anni quando esordisce in Serie A, oggi ne sono passati 10. A Maggio del 2017 diventa maggiorenne. Viene convocata per l’Europeo Under-19 ma deve prendere una decisione importante sulla sua carriera. Decide di andare a Bari: «Ero sicura della scelta perché avevo parlato col presidente del Bari e con tutta la società. Mi volevano fortemente, ero all’interno di questo progetto. Non è stato facile; è stato come andare all’estero, erano più di mille chilometri! Lo rifarei mille volte; a Bari sono cresciuta calcisticamente ma soprattutto sono cresciuta come donna». I primi giorni a Bari, per la prima volta lontana dalla sua famiglia, sono stati difficili: il momento più duro della sua carriera finora. «Ma avevo le compagne, avevo la dirigenza e avevo un obiettivo, quello di rincorrere il mio amato pallone». Poi Serturini è arrivata a Roma. Il giorno della presentazione della società ha sceso le scale di Piazza di Spagna mano nella mano con i giocatori della prima squadra, e forse non immaginava di diventare una delle giocatrici più importanti della storia del club. O di tatuarsi, qualche anno dopo, il nome della città al contrario - AMOR - o di vincere lo Scudetto.

«Sono arrivata a Roma quando è nata questa società. C’era ambizione ma non pensavamo di fare tutto in cinque anni». Prima della vittoria del campionato era arrivato il successo in Coppa Italia, poi la qualificazione in Champions League. «Sono passaggi necessari per una squadra creata con delle giocatrici prese sia all’estero che in Italia, giovani e meno giovani. Ci vuole tempo per amalgamare le differenze di età e di nazionalità. È stato un percorso duro, non semplice, ricco di difficoltà, ma bellissimo». Mentre la squadra vinceva e cresceva, le tribune dello Stadio Tre Fontane si affollavano sempre di più, a dimostrazione di un interesse crescente attorno alla squadra, e al calcio femminile in generale. Nell’ultima di campionato, nella partita che ha consacrato la squadra campione d’Italia, si è battuto il record dell’impianto, con 2767 spettatori presenti. «Questa stagione è stata fantastica perché a ogni partita aumentavano i tifosi. Neanche il tempo di mettere i biglietti sul sito ed erano già sold-out. L’atmosfera è cambiata totalmente. È normale che se vinci la gente viene, si appassiona». Ma non c’entrano soltanto le vittorie, c’è un’empatia che scorre tra giocatrici e pubblico che va oltre i risultati: «Siamo un gruppo di ragazze stupende. A fine partita ci fermiamo sempre con i tifosi, che ci fanno sentire parte integrante di questa squadra e di questa città. La foto a fine partita con loro è il nostro rito». Standoci dall’inizio, Serturini ha potuto osservare l’evoluzione del movimento del calcio femminile in Italia. Molti pregiudizi devono ancora cadere, ma tanti sono già caduti, e come sappiamo l’ingresso dei club professionistici ha alzato il livello professionale, ma ha anche facilitato l’avvicinamento del pubblico. «Sicuramente con l’entrata delle società professionistiche qualcosa è cambiato. Dobbiamo migliorare ancora tanto rispetto ad altre nazioni, ma penso che partite come quella all’Olimpico o quella al Camp Nou, le partite negli stadi con tanta gente non saranno un’eccezione ma diventeranno la normalità. [gallery columns="6" ids="93384,93385,93386"] Serturini si sente dentro un percorso storico: «Le ragazze grandi ci hanno spianato la strada e noi cerchiamo di alzare sempre di più il livello. Spero che un giorno le bambine di oggi possano avere ambizioni ancora più alte. L’Italia merita di stare in alto anche nel calcio femminile». Il movimento è stato aiutato naturalmente anche dall’arrivo degli sponsor, e Nike è stato quello che ha investito prima e di più sul calcio femminile. «Nike è stato il primo sponsor entrato nel calcio femminile. Io ho firmato per la mia squadra e pochi mesi dopo ho firmato per Nike. Quando è successo ero super felice perché so quanto dà al calcio femminile». Nike ha introdotto dei design specifici attorno al corpo femminile, visto che prima le donne indossavano lo stesso abbigliamento tecnico degli uomini. Una questione estetica, ma anche di professionalizzazione: riconoscere il calcio femminile come qualcosa con pari opportunità, che Nike fa concretamente pensando a dei modelli all’altezza delle calciatrici di oggi. La cura del dettaglio fa la differenza, e Nike lavora su tecnologie e materiali cuciti sulle esigenze e i movimenti delle calciatrici. Nella prossima grande competizione verranno sperimentati nuovi prodotti all’avanguardia, in particolare Nike Leak protection, per proteggere le atlete durante il ciclo mestruale, e Nike Stealth Evaporation, pensata per nascondere il sudore. «A questi livelli i dettagli sono importanti e Nike cura ogni dettaglio» dice Serturini. «Io porto da cinque anni le “Superfly” e ho notato un grande perfezionamento. Nel mio ruolo devo spingere molto con l’avampiede e la scarpa mi aiuta. Sembrano cose piccole ma quando è arrivato il carbonio sulle scarpe il miglioramento è stato evidente. L’evoluzione è continua». [gallery columns="9" ids="93387,93388,93389,93390,93391,93392"]

Dopo lo scorso Europeo le calciatrici dell’Inghilterra avevano fatto notare che con i pantaloncini bianchi il periodo del ciclo mestruale può rappresentare un problema per le atlete. Nike offre Leak Protection è una fodera ultrasottile e assorbente che aiuta a proteggere le atlete dal ciclo mestruale.

Serturini dal primo luglio è professionista, e oggi gioca nei campi migliori al mondo, indossando materiale tecnico all’avanguardia. Come detto, però, è partita però dai campi in cemento di Alzano Lombardo e non se lo dimentica: «O giocavo lì o non avrei giocato. Quei tagli, quelle scivolate sulla sabbia, sono stati un percorso di crescita che mi hanno portato ai campi e alle strutture che abbiamo ora». Secondo Johann Cruyff tutti i bambini dovrebbero iniziare giocando su cemento, perché la superficie irregolare ti insegna la tecnica e la paura di cadere ti insegna l’equilibrio. Serturini è una delle giocatrici più tecniche e spettacolari del nostro campionato; gioca esterno alto, a destra o più spesso a sinistra, e il suo compito è creare sempre qualcosa col pallone. Ha il baricentro basso e le gambe forti, ha frequenza di passo e sensibilità tecnica. Quando porta palla è imprevedibile, perché può scartare a destra o a sinistra, e può tirare più o meno da ogni posizione. Ha lavorato molto sul suo stile di gioco, e su un aspetto in particolare: «Prima ero più offensiva mentre adesso lavoro tanto anche in difesa. Elisabetta Bavagnoli mi ha detto subito “sei brava in fase offensiva ma se vuoi giocare a livelli alti dobbiamo migliorare la fase difensiva”. Ora posso giocare sia esterno alto che quinto, e ricoprendo più ruoli ho più possibilità di aiutare la squadra». È cresciuta col mito di Cristiano Ronaldo, di cui ancora oggi guarda i video. «Un esempio per la sua etica lavorativa. È uno meticoloso, sull’alimentazione, sul riposo, per la sua capacità di migliorarsi giorno dopo giorno. Quando me ne sono andata di casa, mia madre era contenta perché così ha potuto togliere tutti i poster di Ronaldo in camera. Per me è un idolo. Quando ha giocato all’Olimpico ero in trasferta e non l’ho potuto incontrare da vicino. Era un sogno che avevo». E quando le chiedo in cosa deve migliorare diventa seria e mi dice che non è retorica: «Ogni giorno vado al campo col pensiero di migliorare. In palestra, nei passaggi, nell’esercizio situazionale. So che devo migliorare il colpo di testa, per esempio. Ci sto lavorando e continuerò a farlo. A livello personale lavoro veramente ogni giorno, non sarò davvero mai stanca». Ci sono cose che invece non deve migliorare, come il tiro. Poche giocatrici calciano meglio di lei, e se volete capire in che senso forse vi basta guardare il gol segnato contro la Viola due anni fa, che lei considera il più bello della sua carriera. Un tiro così preciso e improvviso da aver lasciato ferma il portiere. Anche se il gol più emozionante è un altro, e lo ha segnato il 29 aprile al Camp Nou contro il Barcellona. Quella sera ha portato palla fino al limite dell’area, mentre la difesa del Barcellona indietreggiava, spaventata dalla sua velocità; e allora Serturini ha incrociato un tiro secco e deciso. «Onestamente quel gol rimarrà un gol unico. Perdere 5-1 fa sempre male, figuriamoci per me che non voglio perdere nemmeno quando gioco a carte. Però segnare al Camp Nou è stato incredibile, unico. Voglio fare un tatuaggio col 29: ho segnato il 29 aprile e vinto lo scudetto il 29 maggio».

Per la prima volta in carriera, Serturini ha vissuto l’impatto della massima competizione europea. Guardando le partite, è difficile non accorgersi della differenza di livello che c’è tra una partita del nostro campionato e una europea. «Anche a Glasgow, in Scozia, abbiamo percepito la differenza rispetto al campionato italiano. Il ritmo innanzitutto. Il ritmo è più alto, l’attenzione tattica e tecnica è più elevata. Esiste un gap da colmare, ma abbiamo anche dimostrato che col lavoro, l’umiltà e la dedizione questo gap si può assottigliare sempre di più». La differenza fisica, in particolare, era notevole. Serturini definisce “colossi” alcune avversarie affrontate. Nel percorso ha trovato sia Wolfsburg che Barcellona, che poi si sono sfidate in una finale incredibile e spettacolare. «Sono contentissima di aver giocato contro entrambe le finaliste, e soprattutto avere la sensazione di avere comunque tenuto testa». Per una che viene da così lontano, giocare un quarto di finale europeo contro il Barcellona è un traguardo. Giocare in un Olimpico da 40 mila persone - record di spettatori paganti in Italia per una partita femminile - è qualcosa che era inconcepibile solo fino a pochi anni fa. Nessuno ha potuto preparare Annamaria Serturini per una situazione simile, nessuna calciatrice ci era passata prima di lei. Come ci si deve sentire? «Prima di quella partita non ho dormito tre notti. È stato il peso di giocare la prima gara all’Olimpico, e in più di farlo contro il Barcellona. L’agitazione c’era: il giorno della partita e anche i giorni prima. Ero in camera con Elisa (Bartoli ndr) e non so chi tra me e lei era più agitata». È una cosa che non potevano aspettarsi: «All’Olimpico siamo rimaste sorprese, a essere oneste. Passare da 3 mila persone a 40 mila è qualcosa di indescrivibile. E poi non 40mila qualsiasi: conosciamo il pubblico a Roma, il suo calore. Rigiocherei entrambe le partite perché potevamo fare qualcosa in più. Soprattutto nella partita in casa, siamo state bloccate dall’emozione». Eppure Serturini sogna di tornare a giocare davanti a quel pubblico, e magari in un contesto ancora più importante di un quarto di finale. Quando le chiedo quali sono i suoi sogni, i suoi obiettivi per il prossimo anno, non esita: «Riconfermarsi. Vincere è difficile, ma riconfermarsi lo è ancora di più. La prossima stagione dobbiamo riuscirci. E poi vogliamo arrivare più avanti in Champions. Siamo arrivate ai quarti, è vero, ma è poco. Questa squadra e questa città meritano ancora di più. Bisogna sempre guardare avanti e se siamo arrivate ai quarti allora significa che possiamo fare di più. Voglio arrivare in semifinale di Champions League». È grazie a Serturini, e a questa generazione di calciatrici, e a quella che l’ha preceduta, che oggi le bambine possono sognare di giocare a calcio come lavoro. Cosa direbbe a una bambina che vuole fare la calciatrice professionista? «È il lavoro più bello del mondo. E soprattutto possiamo dire che è un lavoro, dal 1 luglio 2022. Ora possiamo dire che è un lavoro, prima non lo era. Ci vuole tanto sacrificio, tanta voglia, tanta testa, tanta umiltà. È grazie a questo che io sono arrivata qui - e così voglio arrivare ancora più in alto. Insomma, le direi di divertirsi facendo la cosa più bella di tutte: giocare a calcio».Foto: Giuseppe RomanoAssistente Fotografia: Andrés Juan SuarezHair Stylist: Martina De Paolis x RiccioCapriccio @beauty.riot_Make Up: Giulia SbarzellaStylist: Camilla Carè

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