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Alfredo Giacobbe
Analisi Mondiali: Argentina - Iran
22 giu 2014
22 giu 2014
Dopo la vittoria di misura sull'Iran, l'Albiceleste si è qualificata agli Ottavi. Merito soprattutto del suo numero Dieci, autore di un gol bellissimo e al novantunesimo.
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Alfredo Giacobbe
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INTRODUZIONE La seconda Grande Favorita alla vittoria finale, l'Argentina di Messi, è a punteggio pieno dopo due partite ed è già qualificata per gli ottavi. La prima Grande Favorita, il Brasile di Neymar, deve giocarsi il passaggio del turno con Croazia e Messico. Tutto bene, quindi? No, perché in Argentina infuriano le polemiche sulla Selecciòn e sul CT Sabella. Per la verità, come ci aveva spiegato Emiliano Battazzi nella sua guida, la scelta di ostracizzare Carlos Tévez da tutte le sue convocazioni aveva scatenato già molte polemiche. L’intento di Sabella di costruire una squadra intorno a Leo Messi, dentro e fuori dal campo, è chiaro: cinque sono i reduci della vittoria nel Mondiale Under 20 che rivelò il talento della Pulce al mondo; altri tre provengono da Rosario, la città natale del Dieci. Le prime due partite al Mondiale, contro Bosnia e Iran, hanno mostrato in maniera lampante i difetti della Albiceleste. All’esordio l’Argentina si è presentata in campo con uno strano 5-3-2, modulo che Sabella aveva adottato solo nelle partite di Qualificazione in trasferta e in altura. Con tre difensori centrali di ruolo ed il solo Mascherano a dirigere le operazioni, l’Argentina ha consegnato il centrocampo alla Bosnia, palesemente in superiorità numerica lì in mezzo. Sabella ha bruciato due sostituzioni all’intervallo per tornare al 4-3-3, un modulo gradito soprattutto a Messi. Con Gago che ha rinforzato i numeri della Selecciòn a centrocampo e Higuaín che ha trovato la profondità creando così spazi tra le linee, Messi ha tirato fuori un numero di altissima scuola che ha riempito gli occhi dei tifosi ma non ha cancellato le polemiche dai taccuini dei cronisti. MESSI CONTRO L’IRAN Ieri Sabella ha deciso di affrontare l’Iran con la formazione del secondo tempo appena raccontato: due centrali statici (leggi lenti) come Fernandez e Garay; due terzini muscolari come Zabaleta e Rojo (quest’ultimo gioca come centrale nel suo club); Mascherano, Gago e Di María a centrocampo; Messi, Higuaín e Aguero nel tridente d’attacco. Queiroz presenta la stessa squadra che aveva pareggiato con la Nigeria – stavolta Heydari e Shojaei si scambiano i ruoli di titolare e subentrante – e lo stesso tema tattico: un 4-5-1 estremamente attendista ma pronto a ripartire in contropiede, sfruttando la velocità di Reza Ghoochannejhad e la tecnica di Ashkan Dejagah. Per un tempo si gioca ad una sola porta e il 4-3-3 argentino in campo non si vede mai: in fase di possesso, Gago scala sulla linea di Mascherano con Di Maria che si alza cercando spazio tra le linee. Messi parte dall'out di destra e stringe al centro per ricevere il pallone. Agüero e Higuaín, pur svariando molto, si ritrovano spesso l’uno accanto all’altro. Ne risulta una sorta di 4-2-2-2 nel quale gli unici uomini che possono attaccare lo spazio sulle fasce sono proprio i terzini. Queiroz dimostra di conoscere l’avversario e chiede ai propri uomini maggiore attenzione nel chiudere le linee di passaggio centrali agli avversari più pericolosi. Lo spazio che ne risulta lateralmente non viene mai sfruttato dall’Argentina: i cross di Rojo sono ben controllati dai centrali iraniani – anche perché spesso in area c’è un solo argentino o addirittura nessuno – mentre Zabaleta non viene addirittura servito da un Messi che sembra volerla risolvere da solo. Eppure dalla fascia destra viene l’unica vera occasione del primo tempo e parte dai piedi di Gago: il mediano ex-Roma vede l’inserimento di Higuaín alle spalle di Sadeqi e lo mette davanti al portiere, quest’ultimo è bravo ad uscire sui piedi del napoletano.

Gago vede una situazione potenziale di due contro due e serve Higuaín in profondità.

È una situazione straordinaria – la difesa iraniana non sarà mai così alta – infatti il duo Gago-Mascherano toccherà centinaia di palloni (206 passaggi in due a fine partita), finendo per giocare la palla quasi esclusivamente in orizzontale e lateralmente. Merito dell’Iran che chiude gli spazi al centro, certo, ma anche disabitudine al ruolo di regista puro di entrambi i calciatori. Crea molti più pericoli Angel Di María, il quale riesce a saltare gli avversari sei volte su sette solo nel primo tempo, e cerca veloci combinazioni palla a terra con Higuaín e Agüero. In una di queste, Agüero viene liberato al tiro finalmente all’interno dell’area di rigore e impegna severamente il portiere Haghighi. Di María sembra persino più coinvolto di Messi: isolato sulla fascia destra, la Pulce sbaglia quattro dribbling e per due volte cerca il tiro ribattuto dal muro di difensori e centrocampisti avversari. Dejagah, attaccante del Fulham, fa un figurone in copertura sul Dieci argentino.

Il primo tempo di Di María e Messi a confronto.

E l’Iran? Attende per un tempo intero nella propria metà campo, lasciando agli argentini libertà di impostazione. Riescono a riconquistare palla vicino alla propria porta e l’unico modo per portare pericoli agli avversari è il lancio lungo verso Reza. L’attaccante del Charlton corre nello spazio alle spalle dei due terzini costringendo i centrali argentini ad uscire e a concedere punizioni o calci d’angolo che permettono i suoi di rifiatare e di provare a rendere meno tranquilla la giornata di Romero.

La coraggiosa partita in difesa dell’Iran. A destra i contrasti, a sinistra le palle liberate (quasi tutte ben dentro l’area).

ABBIAMO UNA PARTITA Nel secondo tempo, l’Argentina prova ad aumentare la pressione portando i terzini praticamente a ridosso delle punte, nel tentativo di allargare le maglie delle due linee avversarie. Il bunker difensivo dell’Iran regge, non solo, ma l’Argentina ora rischia di prendere gol in contropiede. In fondo l’Albiceleste difende con pochi uomini (sei) e pochi uomini dell’Iran bastano ad impensierirla (quattro). La prima occasione al cinquantaduesimo quando Shojaei anticipa Rojo all’altezza della propria area di rigore e si mette a fare il Messi: salta Di María con un sombrero e Gago con un destro-sinistro, arrivato sulla trequarti allarga sulla destra per Montazeri. Il terzino fa partire un cross per Reza, che finge di andare sul secondo palo e viene invece incontro, mandando Fernandez in bambola, e colpisce di testa dal dischetto. Romero non trattiene (non una novità) ma quanto meno ci mette una pezza. La seconda, la più clamorosa della partita, arriva al sessantaseiesimo e scopre il velo sulle difficoltà individuali e di reparto della difesa argentina: sul cross dalla trequarti, Dejagah parte dietro Zabaleta ma lo brucia sullo corsa, si tuffa di testa e Romero alza sulla traversa con la punta delle dita.

Garay esce in marcatura sull’Uomo Invisibile, Fernandez è costretto a scalare e non può fornire copertura a Zabaleta.

Nel mezzo l’Iran concede un’occasione a Leo Messi, la vera prima limpida della partita: Messi si fa vedere centralmente e alle spalle dei centrocampisti iraniani, che si erano spinti in pressing troppo in alto rispetto alla loro difesa creando così una voragine. Il fantasista del Barcellona brucia l’erba, attacca la difesa e scocca il tiro dal limite dell’area. Il suo calcio di sinistro, simile nell’esecuzione a quello messo a segno contro la Bosnia, finisce di poco fuori. Sabella cambia entrambe le punte al settantaseiesimo, Palacio e Lavezzi prendono il posto di Agüero e Higuaín. Lavezzi in particolare si posiziona larghissimo a destra, formando così una sorta di 4-2-3-1 iperoffensivo. L’Argentina inizia così a sfruttare anche la fascia destra, fino a questo momento gli unici pericoli erano venuti dalle sortite di Di María. L’Iran ora soffre ma ha ancora un’ultima, grande occasione: Jahanbakhsh, subentrato ad uno sfinito Dejagah, recupera una respinta da calcio d’angolo e lancia Reza nello spazio. Ostacolato dall’ultimo uomo Mascherano, Reza riesce a concludere di sinistro verso Romero che, in due tempi, annulla il pericolo. Al novantunesimo scocca l’ora di Lionel Messi e Reza, migliore in campo tra i suoi, ne è suo malgrado co-protagonista. Messi prende palla ai trenta metri e punta Reza, avanza al piccolo trotto quando in un movimento nervoso sposta la palla con l’esterno sinistro e prepara il calcio. Reza ha combattuto solo contro la difesa argentina per novanta minuti e i suoi muscoli sono carichi di acido lattico, reagisce con una frazione di secondo di ritardo. Tanto basta a Messi per far passare quel pallone oltre il suo piede, oltre la testa del centrale iraniano, oltre il guanto di Haghighi.

Poco da commentare, molto da ammirare nel gol del Dieci.

CONCLUSIONI Guardando l’Iran ho ripensato alle parole di Diego Simeone, a proposito del suo Atletico: “Conosciamo i nostri limiti, scendiamo in campo mettendo il meglio di quello che abbiamo”. Questo Iran non può proporre alcun gioco se non questo: i due centrali e i due mediani sono lenti sì ma forti di testa e affiatati; le due ali e la punta sono veloci, tecnici, generosi. Quanto all’Argentina, la differenza tecnica tra i quattro davanti e tutti gli altri è evidente fino a diventare imbarazzante. Messi è probabilmente il calciatore più forte del mondo, capace a volte di decidere le partite da solo, ma è un leader carismatico? L’atteggiamento in campo suggerirebbe di no – e vi pregherei di guardare il secondo tempo di Germania-Ghana per capire come Ayew abbia letteralmente trasformato la sua squadra. Le partite ad eliminazione diretta forniranno una risposta al mio quesito forse definitiva.

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