Risurrezione
ri·sur·re·zió·ne/
sostantivo femminile
Mi piacerebbe non dover rispiegare, visto che siamo giunti alla terza edizione; che in questa Pasqua la Risurrezione beccasse pure me, come autore, che voi ricordaste il formato; come successo a Beverly Hills Cop III, a cui nessuno a chiesto lumi intorno a Beverly Hills Cop I e II.
Ma io non sono Eddie Murphy e questi non sono gli anni ‘80, quindi mi preme (ri)spiegarvi che resurrezione non vuol dire tornare indietro dalla morte, ma passare attraverso la morte, che non è solo quella vera, ma anche quella metaforica del fallimento, della caduta, della polvere. E chi cade in maniera più rapida e netta dei calciatori? Esseri umani che vivono su di un filo sottile, atleti a cui basta un attimo per perdere il nesso, la voglia, lasciarsi andare – per fisico o per testa – e decadere, afflosciarsi, sfiorire.
A chi si è spento dedichiamo quindi le prossime righe, il nostro pensiero, il nostro augurio: risorge Cristo, risorge la primavera, sono mesi in cui si può – si deve – provare a risorgere. Ecco chi contiene in sé il seme della resurrezione e deve solo capirlo, applicarsi, per passare attraverso e tornare a noi, più luminoso di prima.