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04 set 2025
Storia del rapporto tra Massimiliano Allegri e Adrien Rabiot.
(articolo)
10 min
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IMAGO / Fotoagenzia
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«Vieni, che ti passo tuo papà».

Così, ha raccontato Adrien Rabiot, lo apostrofava il club manager dell’Olympique Marsiglia, Giovanni Rossi, quando doveva passargli al telefono Massimiliano Allegri. Il centrocampista francese ha raccontato questo aneddoto in un’intervista alla Gazzetta dello Sport del 2 giugno, quando il rapporto tra lui e il nuovo allenatore del Milan, così simbiotico da imitare quello tra padre e figlio, sembrava ormai far parte dell’Arcadia, quello spazio ideale e perfetto ma fuori dal tempo della mitologia greca. Sembrava così saldamente un giocatore dell'OM da poter ammettere candidamente che «se mi chiama io sarò sempre disponibile a parlarci».

E invece, lo sappiamo, in quelle parole gentili si nascondeva una predizione o forse semplice intuito. Quante volte avranno parlato Allegri e Rabiot nei giorni scorsi? E cosa si saranno detti? Avranno parlato come padre e figlio o come allenatore e possibile giocatore? Sappiamo che, dopo il litigio/scazzotata con Rowe, Rabiot è stato messo fuori rosa e sul mercato, ma sappiamo anche che la spaccatura tra lui e il Marsiglia sembrava poter rientrare. Qualcosa però negli ultimi giorni di si è inserito nel mezzo, e quel qualcosa potrebbe essere stato proprio Allegri.

Ancora alla vigilia di Lecce-Milan, Allegri negava di essere in contatto con il suo ex giocatore. Alla domanda se avesse sentito Rabiot dopo l’esclusione dalla rosa del Marsiglia, aveva risposto cauto: «No, non da prima delle vacanze. Adrien è un ragazzo al quale sono affezionato. È un giocatore del Marsiglia. Sono legato affettivamente a lui perché abbiamo lavorato insieme». Era un bluff da abile giocatore di poker? Probabile.

È difficile non pensare che sia stato lui in prima persona a tessere le fila, a convincere Rabiot a non ricucire i rapporti con il Marsiglia e a spendersi con i dirigenti del Milan per riportarlo alla nuova casa del padre (putativo), tanto da fargli fare uno strappo alla regola del limite dei 5 milioni di euro per gli stipendi dei calciatori (Rabiot ne prenderà 5.5, diventando così il più pagato della rosa, più di Leao e Nkunku).

La cessione di Musah e l’infortunio di Jashari hanno facilitato l’affare, ma l’arrivo di Rabiot rimane comunque particolare, per le modalità e per come cambia la strutturazione del centrocampo dei rossoneri. Per capire gli aspetti tattici ci sarà tempo eppure è già chiaro che il Milan sarà Rabiot e altri dieci, così come la Juventus era Rabiot e altri dieci.

Allegri ha allenato il francese per 128 partite in tre stagioni, il calciatore più impiegato in quel triennio. Lo ha messo in campo praticamente sempre quando disponibile: 45 presenze il primo anno, 48 il secondo e 35 il terzo. Il risultato sono stati 16 gol e 11 assist in totale, con la vittoria della Coppa Italia come unico trofeo, nella famosa serata dell’Olimpico in cui Allegri aveva, come si dice in gergo, sbroccato, finendo per essere esonerato il giorno dopo. Rabiot era stato uno dei primi a dedicargli un post sui social, con una dichiarazione per nulla artefatta (nonostante gli errori): "Sarai ricordato come uno dei allenatori più vottoriosi della storia della Juventus. Meritavi un addio diverso. Grazie di tutto Mister e in bocca al lupo ❤️".

Eppure, ci si può azzardare a dire che, all’interno del racconto della Juventus di quegli anni, Allegri e Rabiot avrebbero dovuto essere antitetici. Il francese era arrivato a Torino subito dopo la fine del primo ciclo dell’allenatore, appena sostituito da Sarri. Col suo calcio elegante e forgiato in un tempio del calcio di posizione come quello del PSG, Rabiot era stato visto come uno dei possibili protagonisti del passaggio dal calcio risultatista di Allegri a quello giochista di Sarri. Come sappiamo però quella rivoluzione era fallita e, due stagioni dopo, Allegri era tornato sulla panchina della Juventus.

Appena saputa la notizia, Rabiot si era affrettato a dire che lui, in realtà, due anni prima aveva firmato «anche perché sapevo che c’era lui in panchina. Allegri è un allenatore che con la Juve ha vinto tantissimo». Una dichiarazione che all’epoca magari era sembrata una sviolinata al nuovo capo, ma che oggi fa tutto un'altro effetto. Rabiot già sapeva ancora prima di conoscere Allegri che sarebbe stato il suo allenatore ideale?

Anche Allegri, nella prima conferenza stampa da allenatore (bis) della Juventus, aveva citato Rabiot, inserendolo nella lista dei nomi di calciatori della rosa «con gol nelle gambe» insieme agli attaccanti. Poco dopo avrebbe raccontato anche come, in realtà, fosse stato lui a volere il francese alla Juventus nel 2019, prima di lasciarlo in dote a Sarri (che non aveva apprezzato). Rabiot nei primi due anni alla Juventus si era già guadagnato il soprannome di "Cavallo Pazzo", merito di una telecronaca di Caressa, e etimologicamente affine alle passioni di Allegri.

Forse per quello fin da subito ne ha fatto uno dei suoi pretoriani, nonostante prestazioni non sempre all’altezza. Il 25 febbraio 2021 sulla Gazzetta dello Sport usciva l’articolo "Fisico e potenzialità: perché Rabiot piace ad Allegri, nonostante gli errori". All’interno Giovanni Albanese scriveva che Rabiot “continua ad alternare buone cose a momenti dì blackout imperdonabili, peccando in termini di continuità e dunque rimanendo sempre al di sotto delle aspettative. Il suo impiego però resta altissimo, quasi da imprescindibile”. A fine stagione Rabiot segna zero gol, ma gioca 3,352 minuti in totale, meno solo di Szczesny e de Ligt. Addirittura Allegri per una parte della stagione lo adatta come esterno di centrocampo, prima di provarlo mediano, pur di averlo sempre in campo.

Ma è nella seconda stagione insieme che il rapporto tra i due diventa quello che conosciamo oggi. Paradossalmente per tutta l’estate il francese, in scadenza di contratto, è vicino alla cessione allo United. «Ci ho parlato prima del possibile trasferimento», racconterà poi Allegri, «gli ho detto che da noi era stimato e che io lo considero un grande giocatore con margini di miglioramento importanti». Rabiot rifiuta la corte inglese e inizia la stagione alla grande, mostrando effettivi margini di miglioramento. Allegri lo benedice con una delle sue frasi mistiche: «Ha un motore diverso dagli altri». Pochi giorni dopo il francese segna una doppietta al Maccabi e dice: «Sto dando sempre il cento per cento sul campo e in allenamento, per questo il mister si fida di me: per lui è importante avere un giocatore che può dare equilibrio alla squadra».

Il rapporto tra i due diventa sempre più simbiotico. Rabiot parte per il Mondiale invernale in Qatar con la Francia e ci tiene a ringraziare pubblicamente Allegri: «Lui per me è molto importante, mi aiuta a progredire e migliorare nel gioco. È lui che mi spinge spesso ad attaccare. Ripete spesso che sono un giocatore che può fare tanti gol ed essere decisivo». Al suo ritorno c’è però un problema: il contratto di Rabiot è in scadenza e il rinnovo sembra impossibile. Le buone prestazioni al Mondiale spingono il club a metterlo sul mercato, per non perderlo a zero, ma Allegri non vuole privarsene. Ai microfoni lo elogia sempre più spesso, forse sono messaggi a Rabiot, forse alla società. «È molto bravo sia in fase realizzativa che d’interdizione», dice dopo una vittoria con un suo gol alla Fiorentina.

Rabiot resta (“Allegri accontentato”, titola la Gazzetta), ma è una stagione difficile per la Juventus: il club viene penalizzato per le plusvalenze fittizie, poi la penalizzazione viene tolta, poi rimessa. Tra infortuni e un mercato malriuscito, Allegri dal suo ritorno arriva a 98 formazioni diverse in 98 partite. L’unica certezza? Ovviamente il francese, che è il più impiegato sia per partite che per minuti, assente solo in caso di squalifiche e infortuni. Contro lo Sporting segna l’undicesimo gol della sua stagione, decisivo per accedere alle semifinali di Europa League. Allegri è raggiante: «Ha le qualità ma può ancora migliorare, a volte arriva vicino all'area e non tira. Deve migliorare, ma lo ha fatto nel palleggio ed è diventato importante, straordinario».

A fine stagione è il secondo miglior marcatore della squadra dopo Vlahovic (11 gol, più 6 assist), ma l’esclusione definitiva dall’Europa per via della penalizzazione mortifica le speranze di Allegri (e del club) di trattenerlo a Torino. Rabiot passa l’estate a parlare coi club di Premier League, poi sorprendentemente si convince ad accettare l’offerta di rinnovo di un anno (per sfruttare l’ultimo anno con i vantaggi fiscali) della Juventus. Quando arriva in ritiro, ha parole al miele per il suo allenatore: «Mister Allegri ha capito chi sono e cosa posso dare in campo. Mi lascia anche questa libertà in campo e mi ha dato tanto da quando è arrivato due anni fa, insistendo anche in allenamento sul fatto che io potessi fare tanti gol. Per me è stato importante per la fiducia che mi ha dato, facendomi giocare con continuità e spronandomi ogni giorno. Per me è un allenatore incredibile, anche con i giocatori giovani con il quale si prende la briga di fermarsi e spiegargli le cose».

Segna alla prima giornata contro l’Udinese e tutto sembra doversi ripetere uguale («È nel pieno della sua maturità calcistica, è uno che ha dei gol nel motore. Sa giocare a calcio», dice Allegri dopo la partita), ma poi Rabiot rallenta. Nonostante le difficoltà, o anzi proprio per quelle, Il 21 ottobre Allegri gli dà per la prima volta la fascia di capitano, curiosamente pochi giorni prima di un incontro con la società per trattare il rinnovo. In quella partita contro il Milan, Allegri finisce per dare vita a una delle sue classiche sfuriate nei minuti di recupero. Rabiot la commenta sorridendo: «Il mister è così. Ha sempre voglia di vincere e di dare il 100% fino alla fine. Ci dà energia così, è bravo il mister».

Allegri giustifica la fascia affidata a Rabiot (sarà capitano per 8 partite) dicendo che «è giusto che salga nelle gerarchie». La crescita vocale del francese di quei mesi è forse il segno più evidente del rapporto di stima e fiducia tra i due. Sempre molto schivo e riservato, diventa all'improvviso il megafono dei messaggi della società e dell’allenatore. È lui il primo a parlare di Scudetto, mentre la squadra è impegnata in una lotta serrata al vertice con l’Inter, a riprendere pubblicamente sui social Gagliardini che dopo il pareggio del Monza aveva fatto lo splendido, è sempre lui a sbottare dopo la sconfitta contro l’Inter che pregiudica la stagione scrivendo che “è difficile giocare in 11 contro 12”.

Dopo quella sconfitta la situazione per la Juventus si fa complicata. Inizia a perdere rapidamente punti in classifica arrivando a rischiare il quarto posto, e anche la posizione di Allegri inizia a vacillare. Rabiot è uno di quelli che predica calma e lo fa con parole che, se non specificassi che sono sue, potrebbero sembrare tranquillamente quelle di Allegri: «Dobbiamo cercare di stare tranquilli soprattutto perché c’è una finale da giocare mercoledì. Possono capitare queste situazioni nel calcio. Il gruppo è un po’ giovane e inesperto, quindi ci sta. Il calcio è così, è una cosa mentale, non è una roba tecnica».

È curioso come queste siano le sue ultime dichiarazioni da calciatore della Juventus e calciatore allenato da Allegri. Tre giorni dopo sarebbe arrivata la vittoria della Coppa Italia e l'esonero dell'allenatore. In estate, nonostante si dicesse che Thiago Motta fosse molto interessato ad averlo in rosa, Rabiot aveva declinato le offerte della Juventus, finendo poi al Marsiglia a settembre inoltrato. Un anno di separazione forzata e ora il ritorno da Allegri al Milan.

Sono diversi gli allenatori ad avere dei calciatori-figliocci, basti pensare al rapporto tra Conte e Lukaku, oppure a quello che c’era tra Guardiola e Thiago Alcantara, ma questo tra Allegri e Rabiot è più particolare come rapporto. Sia perché riguarda due esseri umani apparentemente molto distanti - un ex trequartista indolente e magrolino livornese, con la passione per il mare e i cavalli e un elegante e possente centrocampista francese che sembra vivere in un mondo tutto suo.

La loro relazione si è costruita ovviamente in campo, sulla tattica e l'allenamento diciamo, ma sembra anche funzionare su un piano più immateriale, quello dell'amicizia, per non dire della parentela. Allegri e Rabiot, quasi amici.

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