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Aritz Aduriz contro il tempo
28 mag 2020
Abbiamo scelto i 10 gol più belli del centravanti basco che si è appena ritirato.
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Foto di Juan Manuel Serrano Arce / Getty Images
(copertina) Foto di Juan Manuel Serrano Arce / Getty Images
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Alla fine neanche Aritz Aduriz ha ingannato il tempo. È di pochi giorni fa la notizia del suo ritiro, arrivato con il calcio fermo e dovuto a un problema all’anca che lo costringerà a un’operazione. «Il mio corpo ha detto basta, è stato un viaggio meraviglioso» ha scritto in una lettera ai tifosi dell'Athletic Bilbao, per cui è un eroe. Aduriz ci aveva quasi illuso del contrario, ma ovviamente il tempo passa per tutti, anche per un attaccante che ha segnato oltre il 70% dei propri gol dopo i 30 anni, arrivando a realizzarne 36 in una stagione quando ne aveva già 35. Certo è un peccato non vederlo lasciare il calcio con indosso un’ultima volta la maglia dell’Athletic, magari nella storica finale di Coppa del Re contro la Real Sociedad, i rivali baschi di San Sebastian, la città in cui è cresciuto giocando a calcio con Xabi Alonso e Arteta, prima di finire nelle giovanili dell’Athletic. Ma come ha detto lui: «Non preoccupatevi per me».

Aduriz ha giocato 780 partite in carriera segnando 285 gol. Nel 2015 ha vinto la Supercoppa spagnola segnando una tripletta al Barcellona e contribuendo a portare un trofeo a Bilbao dopo 30 anni. Il suo nome è strettamente legato a quello della squadra basca eppure in carriera ha giocato anche per Burgos, Valladolid, Maiorca e Valencia. Per tre volte ha lasciato Bilbao, per tre volte è tornato: «Mi ha fatto incazzare dover andare via» ha detto parlando di quelle cessioni e ricordando come non tutte le storie d’amore siano lineari.

L’ultimo ritorno a trentuno anni è stato quello decisivo: per sei stagioni non ha mai segnato meno di 18 gol, riuscendo addirittura a tornare in Nazionale a sei anni di distanza dall’unica presenza e a farsi convocare per l’Europeo del 2016. Aduriz non ha segnato solo in Spagna, ma è stato incredibilmente prolifico anche in Europa League, una competizione dove ripetersi è sempre molto difficile: per due edizioni è stato capocannoniere e a oggi solo Falcao ha realizzato più dei suoi 28 gol.

I gol non raccontano tutto di un attaccante, ma per uno come Aduriz raccontano molto. Questi sono i suoi dieci più belli, ovviamente con la maglia dell'Athletic Club di Bilbao.

Contro il Barcellona

Intervistato dopo questo gol Aduriz aveva detto: «Certe volte il calcio è così incredibile che quando meno te lo aspetti, quella palla scende». Era entrato in campo da appena 65 secondi e quella palla scesa era stato il primo tocco della sua partita. Lo stadio aveva ruggito vedendo Aduriz scherzare così i suoi 39 anni, i compagni gli avevano riservato un lungo applauso quando era rientrato negli spogliatoi. Aduriz aveva appena segnato al San Mames il gol vittoria contro il Barcellona nell’ultimo minuto di gioco della prima partita del suo ultimo anno da giocatore in quel modo, una storia da non credere.

In quel momento non poteva saperlo, ma questo sarebbe stato il suo ultimo gol. Il più bello tra i suoi 285, come l’ha definito durante l’intimo addio al calcio che ha dato in un San Mames deserto.


Contro il Real Madrid

Aduriz è l’ultimo esemplare di una specie immortale: i centravanti baschi forti di testa. Il primo fu Telmo Zarra negli anni ‘40, “la testa migliore d’Europa dopo Winston Churchill” lo chiamavano, gli ultimi Ismael Urzaiz e Fernando Llorente, tutti e due oltre il metro e novanta. Aduriz invece è alto “solo” 182 centimetri, una misura non da specialista, eppure è uno dei giocatori che ha segnato più gol di testa negli ultimi anni in Europa (noi l’abbiamo messo anche tra i migliori colpitori di testa di questo secolo).

Il motivo si capisce bene da questo gol eccezionale segnato al Real Madrid, prendendo il tempo a Pepe come se fosse un bambino con le caramelle. Aduriz è stato un attaccante abilissimo nel muoversi in area di rigore in maniera istintiva e letale, una dote a cui ha abbinato una grande forza fisica. Dal replay si vede bene quanto rimane in aria e quanto è potente il suo stacco, ma anche la forza che riesce a esprimere la parte alta del suo corpo quando frusta il pallone di testa mentre sta già scendendo a terra, riuscendo anche a disegnare una parabola che finisce all’incrocio. Secondo Aduriz - o meglio secondo la madre di Aduriz - questa sua abilità nel colpire di testa deriva dal fatto che da piccolo in montagna si arrampicava su tutti gli alberi possibili, passando tantissimo tempo tra le fronde come un novello Barone Rampante. Le due cose non sembrano collegate, ma sono diversi i racconti di come Aduriz già da bambino fosse fisicamente molto forte. A nove anni, ad esempio, era vice-campione spagnolo di sci di fondo.

In tutta la carriera Aduriz ha segnato tantissimi gol di testa, dimostrando una tecnica notevole. Ha segnato di testa all’Italia il suo primo gol in Nazionale a Buffon, diventando in quell’occasione il più vecchio giocatore a segnare per la Spagna, a oltre 35 anni, primato ritoccato qualche mese dopo. In Liga i gol di testa sono 63 e solo Cristiano Ronaldo ha segnato più di lui così negli ultimi 25 anni, ma insomma certe cose sono inarrivabili.


Contro il Valladolid

Uno dei pochi gol davvero spettacolari segnati da Aduriz nella vita prima, quando ancora non era El Zorro, l’eroe del San Mames. È la stagione 2007/08, la prima senza Urzaiz in attacco. Il ruolo iconico di centravanti dell’Athletic Bilbao viene conteso da Aduriz e Llorente e anche se nessuno dei due brilla particolarmente, a fine stagione è lui a essere bocciato e ceduto al Maiorca. Dopo due anni arriva la chiamata del Valencia di Unai Emery dove però finisce per essere la riserva di Soldado. In quegli anni viene considerato un centravanti versatile, capace di giocare con la squadra ma poco prolifico (nelle prime 7 stagioni in Liga arriva al massimo a 12 gol).

Quando segna questo gol Aduriz ha 26 anni, dovrebbe essere nel prime della carriera. Nei movimenti ricorda un po’ Fernando Torres, la sensibilità nel controllare quel lancio lungo a seguire e la forza fisica con cui lo difende dall’avversario. Il portiere non fa bella figura, ma il tiro di Aduriz è secco e potente, anche del tutto inaspettato. Nei gol che segna in quegli anni, Aduriz sembra già un ottimo attaccante (guardate ad esempio come segna al Barcellona con la maglia del Maiorca). Il repertorio di modi per finire in area di rigore è già vasto e a farlo sembrare diverso dall’Aduriz degli ultimi anni è solo una faccia diversa, con dei capelli più scuri tagliati in maniera discutibile e un mento glabro da bambino.

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Aduriz con la maglia del Maiorca (Foto di Jaime Reina / AFP via Getty Images).

Eppure in questa fase non riesce a emergere: a Bilbao gli preferiscono Llorente, a Maiorca non riesce del tutto a non far rimpiangere David Guiza, a Valencia finisce dietro a Soldado nelle gerarchie.


Contro il Napoli

Nell’estate del 2014 l'Athletic arriva ai preliminari di Champions League contro il Napoli come una specie di Cenerentola, dopo essere arrivata davanti a squadre ben più blasonate in Liga. Aduriz è considerato un attaccante minore rimasto per anni all’ombra di Llorente e che a 32 anni ha avuto la prima stagione davvero positiva in carriera. All’andata gli spagnoli pareggiano 1 a 1 al San Paolo, ma al ritorno passano in svantaggio per un gol di Hamsik a inizio secondo tempo. Ad Aduriz bastano 9 minuti per ribaltare la partita e la qualificazione. Prima controlla un calcio d’angolo lungo e con un sinistro violento batte Rafael, poi segna questo gol qui che apre la porta della Champions alla sua squadra.

Certo Albiol e Rafael ci mettono del loro, ma Aduriz è perfetto nella scelta del tempo per scippare il pallone ai due, dopo uno scatto di quaranta metri. Legge l’indecisione dei due e infila la gamba destra come una lama nella carne. Da questo momento Aduriz inizierà a segnare sempre più spesso e - sempre più spesso - segnerà in partite importanti, scrivendo la storia dell’Athletic Bilbao degli ultimi anni.




Contro il Marsiglia

Sono tantissimi i giovedì sera illuminati da Aduriz. In una partita di Europa League contro il Genk ne ha segnati addirittura 5, entrando a far parte di un gruppo ristrettissimo di giocatori in grado di segnare 5 gol in Europa, ovviamente il più vecchio a farlo. Sarebbe esagerato dire che questa bomba al volo da oltre trenta metri sia un classico gol à la Aduriz, visto che la maggior parte delle sue reti sono arrivate dall’interno dell’area di rigore, tuttavia come le rovesciate, i colpi di testa o le girate al volo, anche questo gol evidenzia una coordinazione assolutamente incredibile, quell’abilità di piegare il corpo nello spazio per restituire forza al pallone che una volta veniva definita da stoccatore.

Aduriz per arrivare sul pallone deve allungare il passo e per colpirlo come vuole, ovvero di collo esterno per dargli una parabola “a scendere”, deve piegare il busto all’indietro, come insomma ti sconsigliano fin dalla scuola calcio. Il risultato è una postura innaturale, di quelle che ti fanno spedire i palloni sulla luna praticamente sempre e che quindi quasi nessuno prova davanti a migliaia di tifosi allo stadio e milioni in televisione. Aduriz però aveva una grande confidenza con il proprio corpo - in questo caso forse incoscienza - perché non ci pensa neanche un attimo alle conseguenze e in queste circostanze è spesso il segreto per segnare gol così belli.


Contro l’Eibar

Aduriz non è l’unico attaccante ad aver espresso il suo miglior calcio dopo i trent’anni, ma è obiettivamente difficile capire come sia riuscito a battere il declino fisico in maniera così evidente. Giocatori come Di Natale e Quagliarella lo hanno fatto grazie a una sensibilità superiore, Cristiano Ronaldo lo ha semplicemente sconfitto con il lavoro. Per Aduriz è sempre sembrato più facile appellarsi alla mistica del vino buono quando invecchia o alla fantascienza bohemien di Benjamin Button.

Per il suo ultimo allenatore, Gaizka Garitano, Aduriz è «un animale competitivo», per Valverde «pretendeva tanto da sé stesso così come dagli altri ed è riuscito a mantenersi a un livello altissimo nel corso degli anni». Di certo per fare questi gol bisogna stare bene con il corpo e con la testa, bisogna volerlo. Se per il corpo serve il lavoro, per la testa ad essere importante è anche il contesto. Aduriz per tutta la prima parte di carriera non è stato sicuro titolare nelle squadre in cui ha giocato, fino a quando la scelta dell’Athletic di mettere fuori rosa Llorente non gli ha lasciato lo spazio di cui probabilmente aveva bisogno.

Aduriz non ha solo segnato la maggior parte dei suoi gol dopo i 30 anni, ma ha anche segnato quelli più belli e difficili. Questa rovesciata contro l’Eibar, ad esempio, è un gol perfetto segnato in una stagione che chiuderà con 36 reti, la migliore della sua carriera. Nel momento dell’impatto Aduriz sembra una statua greca. La sua sforbiciata ricorda veramente tanto quella di Parola che Panini ha messo sulle sue figurine, un’immagine di calcio così bella da essere diventata un logo immortale.




Contro il Valladolid

L’anno in cui Aduriz ha segnato 18 gol in Liga, Cristiano Ronaldo ne segna 48, l’anno dopo Aduriz si migliora arrivando a 20, ma Suarez ne fa 40. A leggere la classifica dei marcatori degli anni migliori di Aduriz davanti c’è sempre qualcuno di imprendibile. Le copertine della Liga se le sono prese dei veri fenomeni, gente come Messi, Ronaldo, Bale, Griezmann, Benzema. Anche per questo Aduriz è rimasto confinato al grado di attaccante provinciale, perché segnare 25 gol a stagione in Spagna non era abbastanza per far parlare di sé (un destino riservato ad altri giocatori tipo Iago Aspas).

Forse per questo ormai trentasettenne, a pochi giorni dal Natale 2018, Aduriz ha pensato di tirare questo rigore, consapevole di come nell’epoca dei social media avrebbe fatto parlare di lui più dei gol segnati in una intera stagione. Alcuni lo hanno paragonato ai rigori senza rincorsa di Signori, ma è molto differente: Signori partiva con i piedi uniti a un passo dal dischetto per poi piantare il piede d’appoggio e calciare, Aduriz invece prima pianta il piede d’appoggio, poi muove il destro indietro come per contare i passi della rincorsa, ma invece calcia subito di piatto per prendere sul tempo il portiere. Il suo rigore è un trucco, un inganno in cui collabora tutta la postura del corpo, addirittura tiene lo sguardo basso sul pallone per non far capire al portiere le proprie intenzioni.

Aduriz non è stato un giocatore “matto” o particolarmente fantasioso, di quelli da cui ti saresti aspettato questa esecuzione (io per dire ogni volta che lo vedo penso a Cassano). È stato però un giocatore estremamente carismatico e con una grande fiducia nei propri mezzi, quella che serve per pensare di tirare questo rigore in una partita vera.


Contro la Real Sociedad

Dopo quelli fatti colpendo il pallone in aria - di testa, in rovesciata, spaccata o in girata - l’altra specialità della casa è il pallonetto. Aduriz ne ha realizzati tanti in carriera purgando portieri in uscita con la sensibilità del suo tocco sotto. Questo contro la Real Sociedad forse non è il più bello esteticamente, ma è il più beffardo, che in fin dei conti è quello che cerchiamo da un pallonetto soprattutto in un derby, quando l’avversario lo vuoi prima di tutto umiliare. Come nel rigore, Aduriz segna ragionando fuori dagli schemi, scegliendo una soluzione non banale che dimostra una velocità di pensiero notevole, ma è anche la soluzione migliore: quante probabilità di segnare avrebbe avuto con un tiro normale avendo davanti tre giocatori?

C’è il rischio di pensare che Aduriz fosse uno specialista, uno che segnava di testa e quando poteva tirare delle bombe, ma in realtà lo spagnolo è stato un attaccante estremamente completo, «un finalizzatore nato» come lo ha definito Valverde, l’allenatore che forse lo ha fatto rendere meglio. Prima di fare sul serio con il calcio, Aduriz giocava sulle spiagge di San Sebastian e su quei campi precari ritiene di aver costruito questo suo talento nel segnare in maniera controintuitiva: «Chiunque abbia giocato a La Concha è cresciuto molto in fretta. Lì è diverso rispetto ai campetti artificiali perché ci sono tante cose che aumentano la difficoltà: superfici allagate, sabbia asciutta, vento, il rimbalzo irregolare del pallone. Non c'è nulla di simile».


Contro il Barcellona

È curioso come alcuni dei momenti più notevoli della carriera di Aduriz passino proprio dal Barcellona, la squadra che ha rivoluzionato l’idea di centravanti escludendo proprio i tipi come lui dalla formula. Certo è un’esagerazione, il numero 9 non è scomparso dai campi della Liga dopo l’avvento di Guardiola, eppure nel 2012 la Spagna vinceva l’Europeo schierando Fabregas centravanti, mentre Aduriz si preparava a tornare a Bilbao dopo una stagione fallimentare al Valencia, la squadra dove forse sperava di svoltare la sua carriera.

Nell’estate del 2015 Aduriz è ormai diventato uno dei migliori centravanti spagnoli, anche se del Bosque gli preferisce Diego Costa, nazionalizzato con l’idea che con la sua forza fisica sarebbe stato il perfetto complemento di una squadra piena di talento nel controllare le partite e Morata, più giovane e fresco. Il Barcellona di Luis Enrique viene dalla sua stagione più incredibile degli ultimi anni e vincendo la Supercoppa di Spagna metterebbe in piedi il secondo sextete della sua storia, ovvero la vittoria in tutti i sei trofei disponibili nel corso dell’anno solare.

Nella partita d’andata però Aduriz segna 3 gol in 13 minuti, indirizzando il trofeo verso la bacheca dell’Athletic. Il primo, ovviamente, lo realizza di testa. Avrei potuto inserire tra i suoi 10 gol più belli un altro al Barcellona, segnato due anni prima, in cui aveva scherzato Dani Alves al limite dell’area di rigore e poi segnato con un preciso tiro di piatto sul palo lontano. Mi sarebbe anche servito meglio a spiegare quanto Aduriz non fosse un attaccante monodimensionale, ma i suoi gol di testa sono quasi sempre davvero belli. C’è una certa grazia nella violenza bruta con cui affossa Mascherano come una sigaretta nella sabbia. È un gol che rimanda un senso di potenza unico, Aduriz saltava prima, più a lungo e meglio degli avversari. Vederlo colpire di testa con quella precisione, le spalle larghe e il busto rigido è una gioia per gli occhi. Aduriz è stato uno di quegli attaccanti che ha reso il colpo di testa un’arte, che ti faceva pensare che forse segnare di testa fosse più soddisfacente che farlo con i piedi.


Contro il Villarreal

Cercando i migliori gol di Aduriz mi sono stupito di quanto fosse a suo agio nella trequarti avversaria. Qui non deve neanche guardare la porta, gli basta lo spazio per portarsi il pallone sul destro, evitare l'opposizione dell'avversario e scaricare un tiro d’interno collo all’incrocio dei pali, con il portiere che neanche ci prova a prenderlo.

Aduriz ha giocato a cavallo tra due epoche calcistiche molto differenti, riuscendo ad emergere paradossalmente nel momento in cui la presenza di grandi centravanti si assottigliava, strozzata dalle difficoltà di un mestiere che richede sempre di più. Non sapremo mai se Aduriz sarebbe stato in grado di fare il salto di qualità richiesto ai migliori interpreti del ruolo, magari dopo aver segnato 36 gol in una sola stagione. Per una grande squadra investire tanti soldi per un centravanti di 35 anni era un rischio troppo alto e nessuno se l’è sentita di correrlo. Aduriz non è mai sembrato dispiaciuto della cosa, preferendo continuare a rendere felici i tifosi dell’Athletic fin quando a potuto. A gennaio il suo nome è spuntato tra i possibili acquisti del Barcellona dopo l’infortunio di Dembélé, Aduriz si è fatto una risata dicendo di «essere troppo vecchio», come quella famosa battuta in Arma Letale.

Come si ribaltava per impattare un cross, Aduriz ha ribaltato l'idea temporale della carriera di un calciatore. L'ha fatto con calma, trovando il suo tempo e il suo spazio. Spesso per i calciatori molto forti che non arrivano al top si parla di rimpianti, di qualcosa che è andato storto. Per Aduriz il discorso sembra diverso, il suo concetto di tempo è diverso. Come diceva Borges: «Il tempo è un fiume che mi trascina, ma io sono il fiume; è una tigre che mi sbrana, ma io sono la tigre; è un fuoco che mi divora, ma io sono il fuoco».


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