Questa appena conclusa era la seconda stagione di Allyson Swaby con la maglia della Roma. Gioca al centro della difesa, è forte fisicamente e aggressiva, abile in anticipo come in recupero, precisa tecnicamente. Ha ventitré anni, è nata negli Stati Uniti ma gioca per la nazionale giamaicana, il Paese originario di entrambi i suoi genitori. Quando qualche settimana fa George Floyd è stato ucciso da un poliziotto a Minneapolis, e in piena pandemia milioni di persone sono scese in strada per protestare contro la violenza e il razzismo delle forze dell’ordine, Swaby ha condiviso sui social la propria esperienza personale, fatta di micro-aggressioni e discriminazioni, diciamo così, “scherzose”. La Roma ha condiviso le sue parole e ha deciso di aggiungere un patch in sostegno del movimento Black Lives Matters sulla maglia della squadra maschile (che venderà all’asta, devolvendo il ricavato ad associazioni che lottano contro il razzismo e Roma Cares).
Con lei abbiamo parlato di questi temi, del suo percorso per diventare professionista e delle difficoltà che ancora oggi incontrano le donne che vogliono giocare a calcio per vivere. Dopo la sospensione dovuta all’emergenza coronavirus il consiglio federale della FIGC ha deciso di interrompere definitivamente la stagione e assegnare anticipatamente lo Scudetto alla Juventus, senza sentire il parere dei club che avrebbero preferito ripartire (si ricomincerà il prossimo 22 agosto – stranamente in contemporanea, e quindi in competizione, con le fasi finali della Champions League femminile).
Perché le calciatrici in Italia siano considerate professioniste bisogna invece aspettare la stagione 2022-23, quella che precede il prossimo Mondiale, e intanto si continuano a sentire gli stessi pregiudizi e luoghi comuni su un tema che oltre a interessare un pubblico in crescita (a novembre Fiorentina-Juventus è stata guardata da più di un milione di telespettatori, per non parlare del grande successo del Mondiale) riguarda soprattutto quelle giovani atlete che vorrebbero potersi allenare e giocare in un contesto il più competitivo possibile.
Cosa ti ha spinto a raccontare pubblicamente la discriminazioni che hai subito ai tempi in cui frequentavi il Boston College?
"If you think racism only exists in the darkest of places… I'm sharing my story for you."@ASRomaWomen defender @allysonswaby10 with a powerful, personal message about the racism she has faced – and what we can all do to be better.
[Thread… 1/4] pic.twitter.com/0IRJN8eTYP
— AS Roma English (@ASRomaEN) June 5, 2020
Dove eri quando ha iniziato a circolare il video dell’omicidio di George Floyd, in Italia o negli Stati Uniti?
Per una donna nera e americana cosa significa vedere immagini di quel tipo?
Come hai reagito, sei scesa in strada?
Pensi che questo tipo di reazione possa cambiare le cose in meglio?
In un’intervista hai detto che le diverse reazioni dei club calcistici mostrerà quali sono le loro vere idee a proposito del razzismo. Sei orgogliosa di come ha reagito la Roma?
Tu sei nata e cresciuta negli USA, che rapporto hai con le tue origini giamaicane?
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Happy Birthday Breonna Taylor 🎈Please swipe to read some of my story and thoughts.
Sei stata in Jamaica, anche prima di giocare per la Nazionale?
Avevi un calciatore o una calciatrice che ti faceva da modello?
Hai parlato di Maya Moore, che proprio in questi giorni ha scelto di mettere in pausa la propria carriera nel basket per concentrarsi su una battaglia civile (per seguire il caso giudiziario di un afroamericano accusato ingiustamente di omicidio: potete leggere la sua storia qui): quanto pensi che conti il coinvolgimento di figure di spicco del mondo dello sport, nella discussione pubblica?
Con la splendida maglia della Jamaica hai partecipato all’ultimo Mondiale, quale è stata l’attaccante più difficile da marcare?
Prima di venire in Italia sei passata per sei mesi in Islanda. Come hai scelto una destinazione del genere?
È interessante perché quando si parla di calcio femminile non si considera quanto sia difficile anche solo iniziare una carriera. Dopo poco, però, nel novembre 2018, a quasi un anno dal Mondiale quindi, hai ricevuto l’offerta della Roma.
Come sei cambiata in questo anno e mezzo in Italia?
Lo scorso novembre Eni Aluko, ex giocatrice della Juventus (adesso Direttore Sportivo dell’Aston Villa), ha scritto sul Guardian del razzismo quotidiano che ha dovuto sopportare in Italia, a Torino. A te come è andata a Roma in questi mesi?
Rispetto agli Stati Uniti hai notato qualche differenza in questo tipo di conflitti, diciamo, “soft”?
In Italia qualcuno ha sminuito il tipo di esempi fatti da Aluko, che raccontava di come in un negozio le venisse chiesto di lasciare la borsa e fosse stata seguita perché considerata potenzialmente come una “ladra”, sostenendo che non fossero cose poi così gravi. Che il “vero” razzismo è un altro. Ma per chi subisce un attacco così profondo e ripetuto alla propria identità c’è davvero differenza tra episodi di questo tipo e altre offese più chiaramente razziste?
E invece con qualcuno che sminuisse il calcio femminile ti è capitato di parlare qui in Italia?
Gli italiani che hai conosciuto, a cui hai detto che sei una calciatrice, come hanno accolto la notizia?
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Hey you 👀 We’re in this together! 👫 #ASSIEME #RomaCares #stayhome #staysafe
Come hai vissuto il periodo di lockdown, sei riuscita ad allenarti?
Che ne pensi della decisione della Serie A di interrompere il campionato femminile?
Con la Jamaica com’è la situazione, fino a qualche tempo fa se non sbaglio avevate problemi a farvi pagare.
A molte persone sfugge che quando si parla di “equal pay”, in realtà, si sta parlando anche di realtà molto diverse da quella americana. Come questa.
Cosa serve al movimento del calcio femminile?