
Ci eravamo lasciati con il trionfo di Tadej Pogacar in maglia rosa, solitario all’ombra del Colosseo dopo un Giro d’Italia corso da dominatore assoluto e incontrastato. Aveva messo le mani sulla Corsa Rosa senza neanche fare troppa fatica: poco più di un allenamento. Il secondo in classifica, Daniel Martinez, a quasi dieci minuti di distacco. Gli altri, sparpagliati ancora più in fondo, a lottare per le posizioni di rincalzo in una lotta per il podio che volente o nolente risentiva della presenza, là davanti, di un Tadej Pogacar che decideva quando e come accendere la corsa.
A un anno di distanza da quella che sarebbe stata la prima tappa di una tripletta epocale con Giro, Tour e Mondiale, lo sloveno che sta dominando il ciclismo contemporaneo non sarà al via di questa edizione 2025 del Giro che partirà dall’Albania. E allora c’è spazio per tutti, in un grande marasma di contendenti pronti a prendersi il proprio posto nella storia, perché una vittoria al Giro d’Italia è pur sempre un grande traguardo, una di quelle cose che possono cambiare la percezione della carriera di un ciclista.
A questa nuova edizione del Giro d'Italia ci siamo preparati anche nel nostro podcast sull'attualità del ciclismo, Fuori Tempo Massimo.
E allora tuffiamoci in queste tre settimane che ci porteranno fino a Roma, il 31 maggio. Da Roglic ai gemelli Yates, da Ayuso a Landa e Bardet, dall’Albania alle montagne della Valle d’Aosta, sarà un Giro d’Italia che potrebbe riportare il ciclismo a una normalità cui non siamo forse più abituati. Sarà un Giro d’Italia combattuto? Cosa aspettarsi da tutta questa incertezza? Di seguito trovate dieci domande intorno alle quali abbiamo provato a ragionare per avere un'idea più chiara sul percorso, sui i favoriti, i possibili outsider e molto altro ancora.
Cominciamo.
COSA ASPETTARCI DAL PERCORSO? QUALI SONO LE TAPPE CHIAVE?
Dopo anni di tira e molla ad aspettare che si sciolga la neve sulle vette più alte dell’arco alpino, Mauro Vegni ha deciso quest’anno di disegnare un Giro d’Italia a bassa quota. La Cima Coppi (la salita più alta della corsa) sarà il Colle delle Finestre alla penultima tappa con i suoi 2178 metri di altezza. Non tantissimi, se pensiamo ai passi dolomitici o alle altre iconiche salite delle Alpi occidentali che la Corsa Rosa quest’anno ha accuratamente evitato di affrontare. Sarà comunque un Giro ricco di salite, anche se a quote più basse; e poca cronometro a far da contraltare: due tappe, una in Albania al secondo giorno di gara di 13,7 chilometri, un’altra la settimana dopo, alla tappa 10, da Lucca a Pisa per 28,6 chilometri. Un totale di circa 42 chilometri che divisi però in due tappe così brevi potrebbero fare meno distacchi di quanto ci si potrebbe aspettare anche se porteranno il Giro a metà della seconda settimana con una classifica già ben delineata.
Difficilmente la prima tappa con arrivo a Tirana farà grandi distacchi: le salite presenti sono piuttosto morbide e le gambe ancora fresche. Sarà però una tappa utile per tagliare fuori i velocisti e regalare la prima maglia rosa a qualche attaccante più in forma degli altri. La terza tappa invece potrebbe già definire un po’ di più il futuro del Giro: ci sarà da affrontare il Passo di Llogara (Qafa e Llogarasë, in albanese), 10 chilometri e mezzo a oltre il 7% di pendenza media, posizionata a circa 40 chilometri dal traguardo di Valona. Una tappa che chiuderà la tre giorni albanese, restituendoci una gerarchia più precisa nella schiera dei favoriti per la vittoria finale.
Il primo arrivo in salita sarà a Tagliacozzo nella tappa 7, una salita però che si indurisce solo negli ultimi due chilometri e per questo difficilmente ci saranno grandi distacchi che invece potrebbero crearsi due giorni dopo, a Siena, nella tappa degli sterrati con gli ultimi 70 chilometri da seguire con attenzione.

Tappa 9, domenica 18 maggio.
La seconda settimana sarà più morbida, con la cronometro di Pisa e varie tappe mosse. Si chiuderà poi con la scalata al Monte Grappa prima del lungo finale verso l’altopiano di Asiago. Sarà la prima tappa in cui si vedrà all’opera il concept di cui gli organizzatori quest’anno hanno abusato: una salita dura per far selezione e poi un arrivo in un lungo falsopiano o su una salita più leggera dove rimescolare le carte o incrementare i distacchi sul passo. Nel caso della tappa 15, il Monte Grappa è addirittura a quasi cento chilometri dal traguardo prima di un lungo fondovalle prima di affrontare la salita che porta a Dori e quindi sull’altopiano di Asiago. Una situazione molto particolare che potrebbe dar vita a una tappa combattuta con azioni da lontano come nei piani degli organizzatori, o a uno stallo alla messicana in cui tutti i grandi favoriti si guardano senza osare attacchi.
La stessa situazione si potrebbe verificare nella tappa 17 con il Mortirolo a fare le veci del Grappa prima del lungo falsopiano verso Bormio. Ma prima del Mortirolo c’è la tappa 16, subito dopo il giorno di riposo, con il primo vero e proprio arrivo in salita degno di nota a Brentonico, in cima al San Valentino al termine di una tappa lunga (poco più di 200 chilometri) e con quattro gran premi della montagna: l’ultimo, il San Valentino, misura più di 18 chilometri con ampi tratti in cui la strada tira su al 10% con punte al 14%.

Tappa 19, 30 maggio, su e giù fra i passi alpini della Valle d’Aosta.
Dopo la volata di Maderno, si chiuderà il 30 maggio in Valle d’Aosta e il 31 maggio sul Sestriere. La tappa valdostana è un continuo su e giù su salite molto lunghe, regolari ma impegnative: se fosse all’ultima tappa sarebbe terreno ideale per attacchi da media distanza, ma dovendo affrontare il giorno dopo il Colle delle Finestre, la salita regina del Giro, il timore è che una tappa così bella possa essere presa un po’ conservativamente dai favoriti. Chi avrà una cartuccia da sparare, darà tutto probabilmente sulle rampe del Colle delle Finestre: un gigante di 18,5 chilometri con gli ultimi 8 in sterrato e pendenze costantemente in doppia cifra. Inserito per la prima volta nel 2005, non ha mai deluso le attese: è una di quelle salite dove la selezione avviene in maniera naturale e lo spettacolo si crea da solo, anche senza troppo impegno. Sarà la salita decisiva del Giro d’Italia: qui si possono perdere minuti a manciate e il Sestriere dopo può fare ancora più danni per chi arriverà in cima al Finestre con l’acqua alla gola.

Tappa 20, l’ultima sfida per la maglia rosa sul Colle delle Finestre e poi l’arrivo al Sestriere.
Un Giro d’Italia che quindi concentra i suoi fuochi d’artificio nella terza settimana, lasciando nei primi due terzi di gara solo alcune tappe per eventuali scaramucce che non porteranno verosimilmente a molti movimenti in classifica. Ci sarà però tanto nervosismo in quelle tappe intermedie per mantenere la posizione e non farsi sorprendere, prima dell’all-in conclusivo.
SI PARLA MOLTO DI UN POSSIBILE DUELLO TRA ROGLIC E AYUSO. CHI PARTE FAVORITO?
Roglic è con ogni probabilità l’uomo da battere di questo Giro d’Italia: negli ultimi anni difficilmente ha fallito l’obiettivo, ha vinto qui nel 2023, nel frattempo ha conquistato la Vuelta 2024 (che va a sommarsi alle altre tre vittorie di fila dal 2019 al 2021). Recentemente ha vinto il Giro di Catalogna proprio contro Ayuso e sembra essere in grande spolvero. Ha a sua disposizione una squadra molto solida, con gregari eccellenti come Daniel Martinez (secondo in classifica lo scorso anno alle spalle di Pogacar) e Jai Hindley (vincitore nel 2022) che come si dice di solito in questi casi sarebbero capitani in qualsiasi altra squadra. È vero che ormai ha 35 anni abbondanti e sarebbe il vincitore più anziano di sempre nella storia del Giro d’Italia (un anno più vecchio di Fiorenzo Magni, che vinse il Giro a 34 anni e 180 giorni nel 1955); ma è anche vero che il suo fisico, avendo iniziato tardi nel professionismo, è meno logoro rispetto a quello dei suoi coetanei e può vantare un’esperienza e una solidità che i suoi avversari non hanno, almeno sulla carta.
Certo, dovrà vedersela con un ragazzo giovanissimo, lo spagnolo Juan Ayuso. Fra i due corrono ben 13 anni ed è una differenza che anche ciclisticamente si vede: il capitano della UAE Emirates è più dirompente nelle sue azioni, corre in maniera più scriteriata in alcuni frangenti, soprattutto quando sente di essere superiore ai suoi avversari. Ha un talento eccezionale, è arrivato sul podio alla Vuelta 2022 da neoprofessionista (come fece anche Pogacar nel 2019) e ha chiuso poi quarto nel 2023 alle spalle dei tre uomini dell’allora Jumbo-Visma. Al Tour 2024 era andato per fare da gregario e accumulare esperienza alla Grande Boucle, ma dopo un diverbio con Pogacar le cose non sono andate come ci si sarebbe aspettato. In questo 2025 è stato da subito insignito dei gradi di capitano in vista del Giro d’Italia e ha a sua disposizione una squadra che è un mix di freschezza ed esperienza: Rafal Majka, Jay Vine, Adam Yates, e poi ancora il giovane messicano Isaac Del Toro. Una squadra sulla carta molto solida, forse un po’ troppo votata alle salite e poco adatta a tenerlo fuori dai guai in pianura o comunque nelle tappe meno impegnative.
Le cronometro brevi potrebbero giocare a favore dello spagnolo, visto che Roglic è sì un ottimo cronoman ma di solito va più forte sulle lunghe distanze. Ayuso invece è arrivato secondo a un soffio da Ganna nella crono inaugurale di 11 chilometri alla Tirreno-Adriatico, corsa che ha poi vinto staccando tutti gli avversari nell’arrivo in salita di Frontignano. All’ultimo scontro diretto al Giro di Catalogna, però, Roglic ha avuto la meglio sul suo giovane avversario beffandolo con un colpo da maestro nell’ultima tappa sul circuito di Barcellona dopo una settimana in cui i due si sono scontrati ad armi pari su ogni salita del percorso. Una settimana di gara che ci ha mostrato quanto ormai il livello fra i due sia pressoché identico, anche se poi un conto è una breve corsa a tappe, un altro conto è gestire la fatica sulle tre settimane in una gara complicata come il Giro d’Italia di quest’anno.
LA INEOS PUO' INSERIRSI IN QUESTO DUELLO? E TOM PIDCOCK?
La Ineos, dopo qualche affanno negli ultimi tempi, vuole tornare ad avere un ruolo chiave nell’economia del Giro d’Italia. Quest’anno torna Egan Bernal, vincitore della Corsa Rosa nel 2021 prima di un gravissimo infortunio che ne ha compromesso la carriera. Il colombiano aveva iniziato bene la stagione, poi un infortunio l’ha un po’ frenato ma è tornato a discreti livelli. Difficile però pensare a lui come a qualcosa più di un parafulmine per il vero capitano, l’olandese Thymen Arensman che a 25 anni è pronto a prendere le redini della squadra dopo due edizioni a far da spalla a Geraint Thomas.
A cronometro va forte, in salita è sempre lì, è giovane ma con una discreta esperienza; viene da due sesti posti di fila dovendosi accollare anche il lavoro di supporto a Thomas. Quest’anno è chiamato a fare un altro salto in avanti per arrivare a rompere le uova nel paniere dei due grandi favoriti. La Ineos sembra aver iniziato bene questa stagione, Arensman è reduce da una bella primavera con un terzo posto alla Parigi-Nizza e il secondo posto al recente Tour of the Alps dove ha anche vinto una tappa con un attacco da lontano di grande classe. Un’attitudine, quella degli attacchi da lunghe distanze, che potrebbe rivelarsi molto utile in un percorso come quello di quest’anno.
Se Arensman sta sbocciando pian piano alla Ineos, Tom Pidcock ha invece deciso alla fine della scorsa stagione di abbandonare la squadra britannica per trasferirsi alla Q36.5 e lasciare quindi il World Tour. L’organizzazione del Giro l’ha comunque voluto portare invitando la sua nuova squadra e Pidcock dovrà quindi dimostrare di che pasta è fatto: se è il ciclista un po’ misterioso, quasi apatico, che era nelle ultime stagioni alla Ineos o se invece è ancora il fenomeno generazionale che si era mangiato la concorrenza al Giro Under 23 del 2020.
In questa primavera ha corso molto, puntando spesso al risultato più che al rifinire la condizione e questo potrebbe pesare sul suo rendimento nel corso del Giro d’Italia. Senza contare che la sua squadra non è di certo una corazzata e lo stesso Pidcock da quando è passato professionista non ha mai dimostrato di poter essere veramente competitivo nelle grandi corse a tappe. Potrebbe essere l’anno della svolta, certo, ma intanto bisogna procedere un passo alla volta, senza fissare aspettative troppo alte che potrebbero finire disattese.
CI SARANNO ANCHE DUE "GRANDI VECCHI": MIKEL LANDA E ROMAIN BARDET. QUALI SONO LE LORO POSSIBILITA'?
Mikel Landa e Romain Bardet arrivano a questo Giro d’Italia con la consapevolezza di avere gli anni migliori della loro carriera alle spalle ma questo non significa che si abbandoneranno necessariamente all’apatia. È probabile che entrambi abbiano voglia di lasciare il segno.
Mikel Landa, come dichiarato ai microfoni del podcast spagnolo A la Cola del Peloton, a inizio anno torna al Giro perché l’Italia gli piace e perché i suoi migliori ricordi sportivi sono in Italia e al Giro d’Italia. Il percorso poi sembra aiutarlo ed è curioso, da questo punto di vista, che due tappe chiave (17 e 20) siano molto simili a quelle tappe dove brillò al Giro 2015, quello della sua rivelazione al grande pubblico e del grande gregariato per Fabio Aru.
La sua partecipazione al Giro è stata dapprima bollata dalla sua squadra come “non destinata alla classifica generale” poi lui stesso ha dichiarato (sempre nella stessa intervista) che non si lascerà scivolare in classifica volontariamente e che proverà a cogliere l'occasione, se si presenterà. La scorsa settimana dal suo ritiro in altura sul Teide ha dichiarato di sognare il podio. Certo, l'età rimane e quella e Landa di certo non è migliorato a cronometro: «Alla mia età ho quello che ho».
Romain Bardet affronterà il suo ultimo Giro d’Italia con la voglia di alzare le braccia al cielo almeno una volta. Fare da chioccia a Poole doveva essere il suo compito l’anno scorso e l’infortunio del suo giovane compagno di squadra hanno solo rimandato di un anno la questione. Anche in questo il percorso sembra benigno: ci sono alcune tappe che sicuramente fanno gola a Bardet e cioè, nello specifico, la 11, la 15 e la 19.
In quelle tappe la sua capacità di cogliere l’attimo vincente potrebbe fare la differenza soprattutto se gli uomini della classifica generale aspetteranno gli ultimi metri per darsi battaglia in vista di abbuoni. L’addio al ciclismo previsto per il Delfinato di metà giugno non ci deve ingannare, Romain Bardet ha la gamba per vincere, almeno una volta in questo Giro d’Italia (o almeno spero).
POTREBBE ESSERE L'ANNO DI UNA GRANDE SORPRESA?
Il bello dell’avere un Giro d’Italia senza dominatori annunciati in partenza è che la lista dei pretendenti al trono è molto lunga e variegata.
Michael Storer ha dichiarato di avvicinarsi al Giro d’Italia «con un mix equilibrato di calma ed eccitazione». Al recente Tour of the Alps ha vinto e convinto anche sorprendendo, come aveva già fatto all’inizio di marzo alla Parigi-Nizza. Quindi la domanda pare d’obbligo: troppo in forma troppo presto? Non è detto. Nei grandi giri l’australiano è solito alternare grandi prestazioni a giorni di buio, e adesso potrebbe aver trovato la costanza necessaria a lottare per traguardi ambiziosi. Peccato che il percorso nelle prime tappe non gli metta a disposizione qualche tappa molto dura per capitalizzare fin da subito l’ottima condizione.
Potrebbe essere il Giro della consacrazione definitiva come uomo da classifica per Derek Gee. In una recente intervista al sito specializzato olandese In de Leiderstrui ha parlato di questo anno tanto particolare in cui tutto in squadra gira intorno a lui e al suo obiettivo del Giro d’Italia: «In questo periodo sto affrontando cose per me nuove, in vista del Giro. Periodi in quota, allenamenti sofisticati, alimentazione, peso… Per la prima volta stiamo valutando, insieme alla squadre, tutti gli aspetti che servono per fare classifica in una corsa di tre settimane nel modo giusto. [...] Ci sono tante cose che ancora non sappiamo di me in una corsa del genere. Per me, entrare nei migliori 5 a fine Giro d’Italia sarebbe un sogno, ma dovrò comunque vedere come andranno le cose giorno dopo giorno. Di certo, per me sarà un bell’esame».
I gemelli Yates arrivano al Giro in due momenti diversi della loro carriera. Se da una parte Adam ha trovato il meglio di sé come ultimo uomo in montagna in una UAE zeppa di campioni ed egoismi, Simon ha cambiato squadra quest’anno per cercare una seconda giovinezza in casa Visma. I risultati di quest’anno non sembrano incoraggianti per nessuno dei due in ottica vittoria finale però entrambi conoscono l’Italia e conoscono il Giro. La loro esperienza può essere un fattore decisivo.
CHE SPERANZE HANNO I CICLISTI ITALIANI?
Negli ultimi anni il ciclismo italiano è andato ossessivamente alla ricerca di un uomo che potesse essere il faro del movimento. Filippo Ganna lo è, in buona parte, ma ha un range forse troppo limitato di corse in cui essere protagonista. E allora bisogna cercare qualcuno che sia davvero competitivo nelle grandi corse a tappe. Per anni ci siamo aggrappati alla speranza di un salto di qualità di Giulio Ciccone, che però all’età di 30 anni sembra essere condannato al ruolo dell’eterno giovane. Ciccone sarà al via del Giro forse più come cacciatore di tappe che non come uomo di classifica, non avendo mai raggiunto una top-10 in carriera in un grande giro. Ancora non ha sciolto le riserve ma è difficile immaginarselo lassù a lottare per le posizioni più alte della generale.
Chi invece ha l’obiettivo di migliorare il quinto posto del 2024 è Antonio Tiberi: l’obiettivo dichiarato del capitano della Bahrain è il podio, ma Damiano Caruso - che sarà quest’anno totalmente a sua disposizione, così come Pello Bilbao - ha lasciato intendere che il sogno è di provare il colpo grosso. L’avvicinamento di Tiberi non è stato esattamente dei migliori, in ultimo il ritiro alla seconda tappa del Tour of the Alps a fine aprile, ma le qualità del 24enne ciociaro sono indiscutibili e la sua regolarità potrebbe essere un fattore nella settimana conclusiva.
Ci sono poi due giovani interessanti da seguire con attenzione: il primo è Giulio Pellizzari (classe 2003), che torna al Giro dopo l’exploit del 2024 quando si mise in mostra sulle salite pur senza riuscire a vincere tappe. Quest’anno sarà al via con la maglia della Red Bull di Primoz Roglic, quindi il suo Giro d’Italia dipenderà in gran parte da quello dello sloveno ed è verosimile che avrà meno spazio di manovra rispetto a quando correva alla Bardiani.
Davide Piganzoli (2002) invece sarà il capitano del Team Polti e dovrà cercare di mettere un altro tassello nel suo percorso di crescita andando a migliorare il 13esimo posto di un anno fa, magari cogliendo quello che sarebbe un ottimo piazzamento in top-10. Si vocifera di un suo passaggio alla Visma nel 2026, che gli consentirebbe di fare un ulteriore salto di carriera nel World Tour; ma intanto il Giro 2025 sarà per lui un banco di prova fondamentale per capire le sue future potenzialità. Rispetto a Pellizzari, Piganzoli è un ciclista meno estroso, meno esplosivo in salita ma molto regolare. Non aspettatevi certo di vederlo scattare sulle grandi montagne, in fuga a caccia di tappe: lo scenario più verosimile è che se ne stia sempre in coda al gruppo dei migliori a stringere i denti e a fare esperienza cercando di cogliere un buon piazzamento.
COSA DOBBIAMO ASPETTARCI DAL GIRO DI WOUT VAN AERT?
È difficile valutare lo stato d’animo di Wout van Aert alla partenza di questo Giro d’Italia. Perché se è vero che la fame di risultati non può che essere uno stimolo per fare grandissime cose, è altrettanto vero che le batoste primaverili nei suoi primi obiettivi stagionali (Fiandre e Roubaix) potrebbero presentare un conto mentale non indifferente.
Abbiamo anche già visto quest’anno come l’eccessiva voglia di vincere l’abbia portato a scelte inusuali (preferire se stesso alla squadra come alla Dwars door Vlaanderen), che col senno del poi possiamo definire per lo meno controproducenti.
Dal punto di vista fisico, non siamo di fronte al miglior Wout van Aert possibile. L’infortunio al ginocchio in seguito alla caduta a La Vuelta dell’anno scorso l’ha fermato per oltre due mesi e durante l’inverno non ha potuto eseguire gli allenamenti di forza necessari per migliorare l’esplosività. Gli ultimi sprint disputati dal belga sono lì a dimostrarlo. D’altra parte però durante le classiche si è anche visto come la resistenza e la capacità di fare sforzi massimali oltre un certo chilometraggio siano ancora molto performanti quindi è lecito aspettarsi un ottimo recupero tappa su tappa che lungo le tre settimane potrebbe portargli vantaggi non indifferenti.
Allo stesso modo la sua duttilità gli potrebbe aprire le possibilità di vittoria in un numero alto di tappe (potenzialmente 16 su 21). Qualora riuscisse a sbloccarsi subito, potrebbe liberarsi di un peso mentale non indifferente e galvanizzarsi. Sappiamo che in un grande giro vincere è la benzina migliore che ci sia.
PARLIAMO DI VOLATE: CHI SONO I VELOCISTI FAVORITI?
In un Giro molto mosso, c’è anche spazio per i velocisti. In particolare sono sei le tappe adatte agli sprinter, anche se l’arrivo di Nova Gorica potrebbe riservare qualche sorpresa nel circuito finale. Cinque tappe, forse sei, quindi: non tantissime ma abbastanza per dare spazio a tutti i protagonisti per mettersi in mostra e cercare di uscire da questo Giro d’Italia con un buon bottino. L’uomo da tenere d’occhio è l’olandese Olav Kooij, ventiquattrenne velocista della Visma - Lease A Bike. Ha già vinto una tappa al Giro nel 2024, proprio a Napoli dove anche quest’anno avrà l’opportunità di fare il bis. La Visma ha anche Van Aert che potrebbe aiutare il suo giovane compagno o mettersi in proprio se le tappe si fanno più dure del previsto. A sfidare i gialloneri ci sarà Mads Pedersen, reduce da un’ottima campagna del nord con tanti piazzamenti importanti e la vittoria della Gand-Wevelgem. L’ex campione del mondo è in gran forma e soprattutto su arrivi più tecnici e movimentati può essere un cliente molto insidioso.
Ci sono poi altri nomi da tenere d’occhio, soprattutto in una disciplina - quella delle volate di gruppo - in cui il fattore caos può mischiare continuamente le carte in tavola. Kaden Groves è il terzo nome più atteso, in assenza di Philipsen è lui l’uomo di punta della Alpecin. L’anno scorso si è piazzato per quattro volte fra i primi tre di tappa, battuto da Milan che però quest’anno non sarà al via e questo potrebbe dare a Groves l’opportunità di rimpolpare il suo bottino di vittorie al Giro. Il belga Gerben Thijssen della Intermarché è invece in cerca di conferme e può approfittare dell’assenza di Biniam Ghirmay per giocarsi le sue chance. C’è poi il vecchio Sam Bennett, l’irlandese che qualche anno fa era fra i top del mondo nella specialità e che ora sta cercando di ritrovare se stesso alla Decathlon. L’età, però, avanza per tutti e i suoi 34 anni pesano sulla sua esplosività. L’alternativa in casa Decathlon è il francese Dorian Godon, che potrebbe dire la sua sugli arrivi più impegnativi.
Chi invece è ancora giovanissimo e in cerca di una sua prima affermazione è il francese Paul Magnier della Soudal - Quick Step. Magnier non nasce come un velocista puro, anche se poi nel corso della sua trafila fra le categorie giovanili si è spesso imposto in volate di gruppo; è comunque un ciclista che sa tenere bene anche in contesti più duri e potrebbe quindi avere più possibilità anche in tappe che per i suoi diretti avversari potrebbero risultare proibitive. Il francese, 21 anni appena compiuti, è un talento cristallino e il Giro d’Italia di quest’anno dovrebbe essere nei piani della sua squadra il trampolino di lancio per emergere.
Fra gli italiani, la speranza è riposta in Matteo Moschetti che sta facendo un’ottima stagione alla Q36.5 e potrebbe piazzare la zampata giusta se dovesse averne l’occasione. L’altro nome caldo è Andrea Vendrame che potrebbe avere spazio nel caso in cui Bennett e Godon non dovessero dare garanzie alla squadra.
IN UN GIRO PIENO DI TAPPE ADATTE ALLE FUGHE, QUALI SONO I NOMI DA CONSIDERARE?
Ci sono tanti giovani di belle speranze da tenere d’occhio e anche ciclisti che magari non saranno protagonisti per la generale ma che partono con l’intenzione di dar battaglia per vincere tappe o la maglia azzurra del miglior scalatore. Fra questi ovviamente non si può non citare Richard Carapaz, vincitore del Giro 2019, che negli ultimi anni ha deciso di lasciare un po’ da parte le sue ambizioni di classifica per togliersi qualche soddisfazione personale andando a caccia di tappe.
Rimanendo in Sudamerica, sarà interessante seguire il Giro del venezuelano Orluis Aular che a 29 anni è alla sua prima stagione nel World Tour. La Movistar è andato a prenderlo dalla Caja Rural dove Aular si era messo in mostra anche in Europa vincendo varie corse di seconda fascia soprattutto in Portogallo. Nella UAE occhi puntati su Isaac Del Toro, vincitore del Tour de l’Avenir nel 2023, scalatore fenomenale che quest’anno sarà al servizio di Ayuso. Nella Jayco AlUla troviamo invece l’australiano Luke Plapp, ventiquattro anni e una carriera da rilanciare dopo un inizio promettente e un’ultima stagione sottotono. Al suo fianco c’è l’italiano Filippo Zana, reduce da due ottime stagioni e che quest’anno è chiamato a un ulteriore salto di qualità.
Spostandoci in Europa troviamo il britannico Max Poole, giovane compagno di squadra di Bardet alla Picnic PostNL, che potrebbe addirittura puntare a far classifica se il francese dovesse dedicarsi alle tappe. Occhio anche al tedesco della EF Georg Steinhauser che già l’anno scorso vinse la tappa del Passo Brocon e quest’anno potrebbe ripetersi. Fra gli italiani, oltre al già citato Zana, il più pronto sembra essere Marco Frigo che ha recentemente vinto una tappa al Tour of the Alps e proverà a ripetersi anche al Giro. Da seguire anche Matteo Busatto, vincitore della Liegi Under 23 nel 2023, e che alla sua prima partecipazione al Giro d’Italia potrebbe mettersi in mostra andando in fuga nelle tappe più mosse. Attenzione anche al gruppo Astana che fra Scaroni, Fortunato, Conci e Ulissi potrebbero proseguire la loro stagione d’oro anche alla Corsa Rosa.
QUINDI CHI VINCE?
Gabriele Gianuzzi: Thymen Arensman
Umberto Preite Martinez: Primoz Roglic