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Gabriele Anello
70 pezzi di 70 anni di Samp
12 ago 2016
12 ago 2016
Abbiamo ripercorso i 70 anni di storia blucerchiata attraverso i suoi momenti e personaggi più rappresentativi.
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Gabriele Anello
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È molto complicato celebrare un anniversario. Ogni volta si prova a non esser patetici senza essere aridi, rimanendo in equilibrio su quel filo sottile che separa l’epica dalla retorica.

 

Come disse Paolo Mantovani durante la sua presidenza, la Samp «non è una squadra, ma uno stile di vita». In occasione dei 70 anni della società blucerchiata, ho scelto altrettanti momenti che potessero identificarla.

 

 



 



 

A spingere l’Andrea Doria e la Sampierdarenese alla fusione è stato più che altro l’istinto di sopravvivenza. In seguito alla Seconda Guerra Mondiale, le attività delle due sezioni calcistiche vanno a rilento a causa di problemi economici che avrebbero potuto portare entrambe al fallimento.

 

La società avrebbe dovuto avere un nome diverso. L’Andrea Doria disponeva grandi risorse economiche, mentre la Sampierdarenese poteva vantare un posto nella massima serie. L’Andrea Doria preme per la denominazione “Doria-Samp”, ma i sampierdarenesi alla fine fanno valere il loro maggiore prestigio e alla fine il club si chiamerà Sampdoria.

 

Piero Sanguineti ha la tessera numero uno ed è il primo presidente del club, mentre Galluzzi è il primo allenatore: l’esordio arriva in un Roma-Samp 3-1 del 22 settembre 1946, match disputato al Flaminio.

 

 



 



 

Il “Bacciccia” con barba e pipa sul logo del club, quelle strisce che da sempre definiscono la maglia della Samp. Lo scudo di San Giorgio viene ereditato dall’Andrea Doria e rappresenta Genova. La maglia della Samp ha attraversato tante diverse epoche storiche e sponsor che l’hanno esaltata o maltrattata. Dai picchi di indie raggiunti

o da

di inizio 2000, fino ai momenti pacchiani toccati negli ultimi anni, con i loghi dei film di Ferrero appiccicati sul petto.

 

L’unicità della maglia del Doria rimane un vanto.

 

 


 




 

Il suggestivo nome di “Derby della Lanterna” deriva dal faro che svetta sul porto di Genova, la città che può vantare un soprannome come “La Superba”. Il bilancio storico

sia nelle singole partite che nei piazzamenti finali in A, ma gli ultimi anni sembrano aver messo in discussione la superiorità “blucerchiata" guadagnata negli anni ’80 e ’90.

 

Insieme a Roma-Lazio, è il derby più sentito, e a testimoniarlo non solo l’atmosfera folle che lo circonda, e che trasforma Marassi in un catino di lava e fuoco, ma anche il fatto che pochi giocatori hanno azzardato di rompere il tabù di giocare su entrambe le sponde. Difficile scegliere il momento più bello a tinte blucerchiate in un derby. Se dovessimo fare un tentativo, la scelta ricadrebbe forse sul

: quell’anno si sono disputati tre derby, tutti vinti dalla Samp tra Coppa Italia e Serie B. Il tris di successi – firmato Zivkovic e Conte – avvicina la Samp al ritorno in A e il Genoa alla retrocessione in C (evitata poi dal caso Catania).

 

 


 

Il primo blucerchiato a segno in una partita ufficiale, nonché la prima di diverse bandiere transitate per Genova.

soffre talmente tanto la tensione della competizione da vomitare prima delle partite. Ancora oggi ha segnato in Serie A (149) più gol di attaccanti del calibro di Vieri, Pulici, Montella, Pruzzo e Vialli.

 

 


 



 

L’attacco della storia della Samp nell’immaginario è associato a coppie di punte che riuscivano a instaurare un’intesa a livelli alchemici, perfetta complementarità tecnica e umana. Sebbene siano stati soprattutto Vialli e Mancini a sedimentare questa idea, i primi furono Bassetto e Baldini (quest’ultimo si macchiò anche di passare al Genoa, salvo tornare). Un appellativo guadagnato poi anche da Flachi-Bazzani e Cassano-Pazzini.

 

 


 

I presidenti della Samp sono stati 17: il primo di un certo rilievo è stato l’uomo a cui oggi è dedicato un torneo giovanile che riceve sempre molte attenzioni a Genova.

 

 


 

“Tito” è stato un’ala mancina rimasto cinque anni alla Samp, dove è arrivato già 31enne. La vita gli ha tolto il piacere di invecchiare – è morto per incidente stradale a 44 anni – ma con lui i tifosi blucerchiati hanno potuto divertirsi. Uno dei maggiori gruppi di ultras blucerchiati porti il suo nome in omaggio a quegli anni.

 

 


 

Se escludiamo l’età d’oro a cavallo tra anni ’80 e ’90, il miglior piazzamento della Samp è un quarto posto ottenuto due volte. La prima arriva nel 1960-61: il trio offensivo è composto da Skoglund, Cucchiaroni e Brighenti, in regia il grande centrocampista austriaco Ernst Ocwirk. In panchina Eraldo Monzeglio, uno degli eroi dell’Italia bi-campione del Mondo nel ’34 e nel ’38.

 

 


 



 

Giocatore blucerchiato per due stagioni a inizio anni ’60, il serbo diventa poi l’allenatore della Samp per sei anni, quelli della

. Torna per una parentesi nel 1997-98, ma rappresenterà una guida eterna per tutti i tifosi doriani.

 

Fra i diversi aforismi famosissimi di Boskov, a definirlo più di tutte una frase meno iconica e ricordata. Quando lo accusarono di far decidere la formazione a Vialli e Mancini: «Questi discorsi non mi facevano né caldo né freddo. L'unica cosa che mi dà fastidio è la sconfitta». Una durezza senza la quale non avrebbe vinto in Italia e in Europa.

 

 


 

Il Doria ha giocato 11 stagioni in cadetteria. Le retrocessioni dalla A sono state quattro: la prima nel ’66 dopo una gara contestata. La palma per la più dolorosa delle discese in B, però, forse è da dividere in due altre annate.

 

 


 

Pochi club hanno potuto vantare nei loro ranghi un Pallone d’Oro. La Samp ne ha avuti addirittura due, sebbene entrambi a fine carriera. Luisito Suarez, che a Genova ha chiuso una lunga e vincente carriera, e Ruud Gullit, che ha ritrovato al Ferraris smalto dopo un periodo d’appannamento al Milan.

 

 


 

 

https://www.youtube.com/watch?v=AdJk1il9hAw

 

Questa data a tanti non dice nulla, ma è

: Paolo Mantovani acquista la Sampdoria. Lui era già stato in società in qualità di addetto stampa negli anni ’70, ma la pessima gestione targata Lolli Ghetti gli aveva tolto la passione per quel mondo.

 

Il sogno del nuovo presidente sembra campato in aria: vincere uno scudetto dopo aver riportato il Doria in A. «Alla Sampdoria non c'è limite al meglio, perciò non c'è apprezzamento per i risultati intermedi».

 

 


 

Nato nel 1954, è entrato nella Samp

come impiegato. Oggi è un simbolo del Doria: diventato team manager nel 1997, è vicino ai quarant’anni di militanza.

 

 


 

Dalla Samp sono passati diversi dirigenti che hanno potuto farsi un nome grazie a quanto fatto nella Genova blucerchiata: Nassi, Borea, Marotta, Paratici. L’ultimo della nidiata è Riccardo Pecini, che però a oggi è il direttore sportivo del settore giovanile: si attende la promozione.

 

 


 

Nell’estate del 1980 arrivano i primi pezzi di quella che sarà la “Sampd’oro”: Pellegrini, Salsano, Bistazzoni.

 

 


 


“Ha i muscoli anche sulle orecchie” Maradona su Wierchowod.



 

Il più importante di quegli arrivi è Pietro Vierchowod. Roccioso, arcigno, scontroso anche nelle espressioni del viso. Anche se acquistato nell’estate del 1980, Mantovani lo gira prima alla Fiorentina, poi alla Roma in prestito. Quando gioca la sua prima gara con la Samp, ha già vinto uno scudetto e un Mondiale.

 

Lo chiamano “lo Zar” perché il padre era un ex soldato dell’Armata Rossa, ormai trasferitosi in Italia dopo esser rimasto prigioniero nella Seconda Guerra Mondiale. Dopo 12 stagioni con la Samp, ha vinto anche la tanto sospirata Champions con la Juve e continuato a giocare fino ai 40. A oggi, è secondo per presenze con la maglia del Doria.

 

 


 

Una cosa che si è persa col tempo è stata la relazione tra la Sampdoria e la Gran Bretagna. Negli anni ’80, a Genova arrivano

(decisivo in una

), Greame Souness e Liam Brady; nel decennio successivo, transitano sotto la Lanterna David Platt e lo sfortunato Lee Sharpe.

 

 


 

https://www.youtube.com/watch?v=rsb8brgE43A

 

Nonostante i suoi trascorsi blucerchiati, Mancini non è mai stato lontanamente vicino ad allenare la Samp. Mentre da giocatore ha lasciato un’eredità incredibile: 566 presenze, 171 gol.

 

Il suo addio nell’estate del 1997 ha diviso per sempre la tifoseria tra chi lo ama e chi lo detesta: pur avendo un contratto da rispettare, Mancini ha lasciato Genova a zero, si dice in base a una promessa strappata a Paolo Mantovani negli anni d’oro. In ogni caso, per molti anni, si può dire che a livello tecnico Mancini è stato la Sampdoria.

 

 


 

L’appellativo che la Samp ha ricevuto per i suoi risultati storici. La Coppa Italia apre e chiude un ciclo straordinario: dal 1984 al 1994, arrivano sette trofei su 15 finali giocate. La consacrazione in Italia, i viaggi europei. A ripensarci oggi c’è quasi da non crederci.

 

 


 

Otto anni di quel decennio straordinario vedono in squadra uno degli attaccanti più forti nella storia del calcio italiano.

nella storia a vincere le tre competizioni UEFA, delegittimato solo dallo scarso successo in Nazionale. Vialli è stato la colonna della Samp dal 1984 al 1992.

 

Per averlo, la Juventus arriva a offrire quattro miliardi di lire e ben quattro giocatori (Serena, Corini, Zanini e Bertarelli): Vialli ha continuato a vincere anche a Torino e Londra (sponda Chelsea), ma il 9 nel suo

si è visto sotto la Lanterna.




 



 

Una leggenda che ha trascorso sei anni al Doria, che sembrano pochi se non li rapportiamo al fatto che era arrivato a 37 anni in condizioni tecnico-fisiche ottimali, una cosa che forse oggi sarebbe impensabile per un centrocampista. Lasciata la Samp nel ’92 Cerezo è tornato in Brasile con il San Paolo riuscendo a vincere una Copa Libertadores e due Coppe Intercontinentali.

 

 






 

Il Ferraris, nei suoi 115 anni di vita, ha sempre viaggiato sul doppio binario tra bellezza e arretratezza. Amato per il suo fascino di stadio all’inglese, è stato spesso fonte di problemi. Per la gestione, per il rinnovamento in vista di Italia ’90 (che lasciò la Samp con il pubblico dimezzato), per la sua antichità.

 

 




https://www.youtube.com/watch?v=QJSPQtkxeCE

 

Dopo un tentativo andato a vuoto solo un anno prima, la Samp alza il suo primo (e unico) trofeo europeo. Lo fa a Goteborg nel maggio 1990: il cammino in Coppa delle Coppe è stato trionfale (Vialli è già capo-cannoniere prima della finale) e all’ultimo atto di Goteborg c’è l’Anderlecht allenato da de Mos, che aveva vinto la competizione nel 1988 con il Mechelen.

 

La gara si risolve in un

, ma l’Anderlecht – che ha in squadra Keshi e diversi nazionali belga – resiste in una qualche maniera. L’ingresso di Salsano ai supplementari cambia l’inerzia della partita: una doppietta di Vialli (un gol per tempo) chiude la pratica, suggellando l’unica affermazione europea del Doria in uno stadio vuoto (per qualche ragione, la tranquilla Goteborg riempirà solo 20mila dei 40mila posti disponibili).



 




https://www.youtube.com/watch?v=Mzl5ZJlHuMo

 

Lombardo con i capelli (

). La capovolta di Vialli. La corsa di Cerezo. Il bolide di Mannini. Mantovani che

. In 12 anni, il presidente ha realizzato quanto promesso. E forse non ci crede nemmeno lui, anche se in passato era stato profetico: «I nostri nemici non stanno a Genova: stanno a Firenze, a Milano, a Torino. Sono quelli che hanno paura che noi poi si finisca per scalzarli in classifica. Perché sanno che li scalzeremo».

 

Quel 19 maggio è solo il capitolo finale di un lungo viaggio, iniziato dall’acquisizione della Samp da parte di Mantovani e passato da un campionato strano. Ci sono prestazioni maiuscole (quattro vittorie tra andata e ritorno con le due milanesi, il doppio 4-1 al Napoli campione d’Italia) e cadute inspiegabili (il 2-1 per il Genoa nel derby d’andata, la caduta a Lecce, la sconfitta in casa contro il Torino), forse dovute alla pressione di giocarsi il titolo, stavolta per davvero e non solo sulla carta. La Samp vede sfuggire il titolo d’inverno sul finale del girone d’andata, ma dalla 25° giornata non mollerà più la vetta.

 

Vialli sintetizza per tutti: «Questo scudetto non è una rivincita: sono sette anni che siamo innamorati di questa bella ragazza chiamata Sampdoria e finalmente siamo riusciti a farle partorire lo scudetto. Sembrava dovessimo smobilitare visti i nostri cronici difetti, ma chi è rimasto ha meritato questo traguardo.

».

 

 


 

Per celebrare lo scudetto del 1991 i fratelli De Scalzi hanno creato un cd con

. Tra queste la canzone che è ancora oggi un simbolo della tifoseria blucerchiata, la “

” che viene intonata ogni pre-gara al Ferraris.

 

 


 

Se in campionato non arriva la conferma del titolo, la Samp vola in Coppa dei Campioni. Si comincia a credere nella vittoria della coppa il 1° aprile ’92, la sera in cui i blucerchiati volano a Belgrado:

campione d’Europa. La stessa squadra che ha in campo Mihajlovic, Savicevic, Darko Pancev.

 

 




https://www.youtube.com/watch?v=5BgwKsKaFhE
 

La Samp ha disputato tre finali europee, vincendone una. Le altre due le ha perse contro lo stesso avversario, a distanza di quattro anni l’una dall’altra: il Barcellona. Se fu la conseguenza di molte assenze, l’atto finale di Wembley del

è la perdita dell’innocenza.

 

La Samp ha diverse occasioni – tra cui soprattutto un pallonetto di Vialli che sibila di qualche centimetro dal palo – ma la partita non si sblocca. Finché Ronald Koeman non trova un jolly dalla distanza e regala la prima Coppa dei Campioni ai blaugrana. È la fine di un’era: partono Vialli, Pari e Cerezo, mentre Boskov lascia la panchina.

 

 


 

L’era Mantovani senior non si chiude per una decisione autonoma ma per una malattia che lo uccide il 14 ottobre ’93: gli subentra il figlio Enrico, ma non sarà la stessa cosa. «Quando ho preso la Sampdoria ho assunto anche tre impegni. Uno di carattere personale; il secondo non sentire più i tifosi urlare "serie A"; il terzo riempire lo stadio. Credo di averli onorati tutti e tre».

 

 


 

Nonostante la sua morte, Paolo Mantovani lascia in eredità un’ultima stagione da favola. Un Oscar postumo, certificato dal terzo posto della squadra guidata da Sven-Goran Eriksson e dall’ultimo trofeo,

in finale contro l’Ancona.

 

 






 

La gestione di Mantovani jr. regala comunque qualche sprazzo di luce. La stagione 1996-97 viene ricordata per l’attacco atomico di cui la Samp ha potuto fregiarsi: Mancini-Montella davanti (37 gol insieme), Veron alle loro spalle. I blucerchiati realizzeranno più gol di tutti (

, nove in più della Juve campione d’Italia).

 

 


 

Fausto Coppi, vincitore di cinque Giri d’Italia e due Tour de France, è stato spesso

. Da qui l’abitudine dei tifosi del Genoa di chiamare i sampdoriani “ciclisti”, anche per una maglia che richiama

.

 

 


 

Enrico Mantovani non ha mai avuto la stessa passione del padre per la Sampdoria. Ereditata dopo la morte di Paolo, Enrico ha per un po’ mantenuto la linea della precedente gestione.

 

Poi la decisione di ridimensionare gli investimenti (accusando gli altri club di “doping amministrativo”), il palazzo contro di lui e la retrocessione del ‘99. Allo scoppio di Calciopoli, Mantovani non ha esitato a ricordare che quella discesa in B è stata secondo lui

. Finito il periodo da presidente nel 2000, Mantovani rimane proprietario fino a che non subentra Riccardo Garrone.

 

 


 

Il 10 è una maglia difficile da portare. Ancora di più se chi l’ha appena lasciata è il simbolo della storia di quel club. Voluto da Luis César Menotti (il tecnico dell’Argentina Mondiale nel ’78), Morales lascerà poco o nulla a Genova, se non tanti rimpianti e

.

 

 


 

Il

: la Samp si gioca la salvezza al Dall’Ara e deve vincere per sperare ancora. Una doppietta di Montella apre la porta della salvezza, ma un rigore concesso al Bologna e trasformato da Ingesson spedisce la Samp in B. Sia

che

ammetteranno poi che il penalty fosse inesistente.

 

Quattro mesi più tardi, in una gara di Coppa Italia a Genova, la Gradinata Sud lancia

. Nella porta di fronte c’è Gianluca Pagliuca, ex blucerchiato allora portiere degli emiliani. L’ultimo episodio significativo è la giornata finale del campionato 2004-05: il Bologna deve salvarsi, la Samp andare in Champions.

con tre legni dei blucerchiati e tanti rimpianti.

 

 


 

L’altra partenza eccellente di quell’estate è quella di Mannini. Arrivato quasi per caso dal Como nell’estate dell’84 (Mantovani era presente a un’amichevole Como-Samp per visionare Galia, che poi sarà comunque in blucerchiato), giocherà 15 anni a Genova e sarà il secondo per presenze nella storia doriana. Le liti con Spalletti – allenatore nell’anno della retrocessione del ’99 – lo spingeranno lontano da Genova.

 

Un anno al Forest e poi una presenza simbolica con l’Imola, squadra della sua città-natale. Quella da cui tutto era iniziato, perché la Sampdoria fa venire in mente Vialli, Mancini e tanti altri grandi giocatori, ma se volete un

, Moreno Mannini è il vostro uomo.

 

 




https://www.youtube.com/watch?v=qRKXcHyUbyA

 

Nell’estate della discesa in B, arriva un giocatore che diventerà decisivo nella storia della Samp. Nella classifica all-time dei marcatori della Samp, è terzo con 111 reti: davanti solo Mancini e Vialli. Ancora oggi Francesco Flachi ricorda l’esperienza doriana come la

, tanto che lo portò a rifiutare il trasferimento nel Monaco di Deschamps.

 

 


 

Dopo due anni in B, Mantovani si è già disimpegnato, almeno come presidente. Si parla di tanti possibili nuovi padroni: Del Vecchio della Luxottica, Diego Della Valle e addirittura Enrico Preziosi, all’epoca presidente del Como. Non arriverà nessuno e i debiti rischieranno di travolgere la Samp.

 

 




https://www.youtube.com/watch?v=YdqUWx_SM5U
 

La situazione di difficoltà vissuta in quella stagione 2001-02 è rappresentata dal volto di Gianfranco Bellotto. Ex giocatore doriano proprio nell’era Mantovani sr. e poi allenatore durante quella terribile annata, legge una lettera al termine di Samp-Messina, conclusasi 2-1.

 

«La vittoria è dedicata a tutti quelli che ci hanno sostenuto e di quelli che ci hanno consegnato al mattino il loro messaggio d'amore. Leggo quelle parole e capisco che avere tifosi così è davvero il massimo per una squadra di calcio». I tre punti eviteranno la retrocessione. Non è un’esagerazione affermare che la Sampdoria è stata vicina alla scomparsa.

 

 


 

Riccardo Garrone non è mai stato un grande amante del calcio, ma in quanto proprietario dello storico sponsor blucerchiato – la ERG – ha sentito il dovere di salvare la squadra. Marotta e Novellino faranno il resto, con la risalita immediata in Serie A.

 





Angelo Palombo è arrivato alla Sampdoria nel silenzio generale, dopo il fallimento della Fiorentina: una trattativa-lampo condotta da Marotta all’aeroporto di Malpensa. A parte sei mesi in prestito all’Inter, il legame dura da 14 anni.

 

Mediano spigoloso e difensore centrale in situazioni d’emergenza, verrà usato da Mazzarri come playmaker nel suo 3-5-2. Oggi non è più lo stesso degli anni d’oro, ma è ancora alla Samp. Il suo contratto scadrà l’estate prossima e il rinnovo potrebbe non arrivare, anche perché la sua importanza in squadra dalla retrocessione del 2011 è diminuita e il rapporto non è più idilliaco come prima. Anzi, forse l’esser stato schierato anche quando non era più il caso (vedi

dell’anno scorso) lo sta bruciando agli occhi dei tifosi.



 

Una delle migliori stagioni nella storia blucerchiata parte con i presupposti peggiori. Il 2004-05 vede pochi investimenti di Garrone, per lo più a parametro zero: Pisano dal Brescia, Tonetto dal Lecce, il ritorno di Marcello Castellini da Parma, il prestito di Fausto Rossini e la metà di Kutuzov dal Milan.

 

La Serie A impazzisce – andate a riguardarvi la

– e la quadrata Samp di Novellino ne approfitta. Calciopoli ce l’avrebbe restituita sostanzialmente terza, ma il quinto posto effettivo non ne ha sminuito la portata.

 

 


 

Proprio in quella stagione la Samp si trova dal lato sbagliato della storia. Può capitare se vieni rimontato di tre gol negli ultimi cinque minuti.

 

https://www.youtube.com/watch?v=ykRDJUHffPI

Dalla mia testa non è mai andata via l’intervista post-gara a Mancini su Rai Sport. Domanda: «Potete ancora competere per lo scudetto?».





 


 



 

Christian Vieri ha giocato per 13 squadre nella sua ventennale carriera. Nella lista ci sarebbe dovuta essere anche la Samp, lo stesso club che ha accolto il padre negli anni ’60. E di cui Vieri

(anche se è difficile associare Vieri a una fede o a qualcosa di romantico).

 

Invece, a contratto firmato, salta tutto per i problemi al ginocchio di Bobo, che ha paura di non riprendersi ed è distratto da altri pensieri. Tornerà poi con l’Atalanta, ma quel

in campo non si è mai visto.

 

 


 

Con gli anni poi ci ha abituato a certe cose, ma Fabio Quagliarella nell’estate del 2006 ha tre gol all’attivo in A con l’Ascoli. Poco o niente. Anzi, arriva in uno scambio sconveniente per il Doria: metà del suo cartellino e Mirko Pieri (idolo) in cambio della metà del promettente Foti (

a 28 anni per i troppi infortuni).

 

La realtà ha poi mostrato altre valutazioni: il suo addio alle buste peggiorerà l’astio dei tifosi blucerchiati nei confronti dell’Udinese. Ma soprattutto è stato uno dei giocatori dal miglior rapporto – inversamente proporzionale – tra tempo trascorso al Doria e

: è tornato lo scorso inverno dal Torino.

 

 


 

Dopo due presenze in A (una con il Perugia nel 2004, l’altra con l’Udinese nel 2006), Saadi Al-Gheddafi veste la maglia della Sampdoria. Non scenderà mai in campo, ma tanto basta per scatenare mille domande.

 

 


 

https://www.youtube.com/watch?v=HpfJAknDG9s

 

Credo che non ci sia frase migliore per fotografare il personaggio di Antonio Cassano di qu

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